Il diritto all'abitazione nello schema locativo
35 La norma applicabile anche alle locazioni abitative per le quali è ancora in vigore – prevedeva la nullità del contratto quanto alle clausole contrastanti con le
3.5 La stabilità del rapporto locativo
Se la regimazione del canone continua a rivestire un polo di indubbia centralità nella complessiva articolazione delle locazioni ad uso abitativo - posto che le modalità della sua determinazione sono suscettibili di incentivare o meno il ricorso allo schema contrattuale -, è vero altresì che l'avvenuta liberalizzazione dello stesso ha indotto gli operatori del diritto a concentrarsi su aspetti ulteriori - ma non meno secondari - relativi alle forme di godimento del bene, fra tutti le implicazioni della qualifica di “contratto ad esecuzione continuata o periodica”: la riconduzione della locazione entro la categoria - volgarmente detta - dei “contratti di durata”59, infatti, pone
significative esigenze di tutela in relazione alla stabilità del rapporto
locativo. In questa direzione, il legislatore assegna rilievo primario
all'interesse del conduttore alla permanenza nel tempo del contratto: il durevole godimento del bene, infatti, garantisce la continuità della
58 Cfr. Cfr. V. CUFFARO, Locazione e imposta di registro, cit., pp. 324 ss, che richiama V. PAGLIANTINI, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto
nullo, Giappichelli Editore, Torino, 2007.
59 Per un esame approfondito di siffatta qualifica e delle relative conseguenze in ordine alla concessione del bene in godimento, cfr. G. GABRIELLI, F. PADOVINI,
residenza personale - l'ambiente ove la persona esplica e sviluppa la propria personalità - o la continuità della sede dell'impresa - in caso di locazione di immobili commerciali60: ne risultano, dunque,
salvaguardate le esigenze di vita e di lavoro che presuppongono la permanenza nello stesso immobile.
Ecco che la tutela della stabilità del rapporto, trovando una prima giustificazione diretta nel soddisfazione dell'interesse abitativo61,
diviene struttura portante dell'intera disciplina. L'obiettivo è legislativamente perseguito attraverso una pluralità di strumenti tesi ad estendere la durata minima del rapporto: l'introduzione di un termine finale con clausole di rinnovazione automatica e la limitazione del potere di disdetta in capo al locatore.
3.5.1 Durata del rapporto, rinnovazione e recesso del
locatore
La tendenza alla continuità del rapporto trova il precipuo referente di protezione nelle regole - in parte già esaminate - relative alla durata minima: la perdita del carattere di imperatività della disciplina locativa - e la conseguente riespansione dell'autonomia negoziale nella determinazione del canone - fa salve, infatti, le prescrizioni in ordine alla prosecuzione nel tempo del contratto, pressoché le sole a
60 Cfr. F. PADOVINI, Diritto all'abitazione fra beni e persona, cit., pp. 73-74. 61 In questo senso E. BARGELLI, Locazione abitativa e crisi economica, cit., pp. 276-277, secondo cui alla tutela dell'interesse abitativo si affianca una giustificazione che risiede nel perseguimento di una strategia di “turnover minimizing”:<< non esporre il conduttore agli alti costi di transazione legati alla ricerca di una nuova abitazione e al trasloco; impedire gli effetti delle locazioni di breve durata sull'entità del canone; dal lato del locatore (sopratutto se non professionista), limitare le spese causate dalla ricollocazione dell'immobile sul mercato e dall'avvicendarsi dei conduttori >>.
mantenere il tratto della inderogabilità. Si ripropone, in tal senso, la - già vagliata - distinzione dicotomica tra le due tipologie contrattuali - nell'ambito della locazione ad uso abitativo - introdotte dalla legge 431 del '98 -, che, se in un caso rimettono alla libera determinazione delle parti il contenuto del contratto - e in particolare quello relativo al canone con una durata minima più ampia -, impongono nell'altro il ricorso ad una fonte regolatrice esterna, incentivato però da agevolazioni fiscali e dal poter scontare una durata più breve del rapporto.
Così nei contratti ordinari - ai sensi dell'art. 2, comma 1 - il rapporto ha una durata minima di un quadriennio, allo scadere del quale il contratto si rinnova automaticamente per un periodo di ulteriori quattro anni. E' fatta salva, alla prima scadenza, la possibilità per il locatore di di negare il rinnovo, ma solo ove ricorra una delle cause tassativamente indicate all'articolo 362 e nel rispetto delle formalità
previste. Il conduttore conserva, invece, al termine dei primi quattro anni la facoltà di disdetta esercitabile ad nutum63, fermo restando
62 Rinviando ad altra sede la compiuta disamina del quadro dei motivi che giustificano il recesso del locatore alla prima scadenza del contratto, sembra tuttavia opportuno sottolineare come l'art. 3 della legge di riforma - pur riprendendo le cause indicate nell'art. 29 della vecchia legge del '78 - sia pervenuto ad allargare la sfera di applicazione delle esigenze del locatore considerate rilevanti per legittimare la disdetta alla prima scadenza. La complessiva articolazione dei motivi è, così, suscettibile di ricondursi a tre gruppi differenziati: quelli relativi all'uso dell'immobile - lett. a e b - compresi i casi di c.d. decadenza dalla proroga - di cui alle lettere c ed f; i motivi relativi alle opere sull'immobile - di cui alle lettere d ed e; ed infine il nuovo motivo della vendita dell'immobile - lett. g - che riconosce al conduttore il diritto di prelazione e di riscatto, cfr. G. GABRIELLI, F. PADOVINI, La locazione di
immobili urbani, cit., pp. 504-509; C.M. VERARDI, Il diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza ed il recesso del conduttore, in Le locazioni ad uso di abitazione, V. CUFFARO (a cura di), Giappichelli Editore, Torino, 2000, pp. 231 ss.
63 Tale facoltà si ritiene sussistente in capo al locatore nonostante la dubbia formulazione dell'art. 2, comma 1, che fa esclusiva menzione del potere di disdetta del locatore per i motivi di cui all'art.3. L'omissione legislativa aveva fatto sorgere il dubbio circa la sussistenza del potere di disdetta in capo al conduttore. A dissipare l'apparente contraddizione contribuisce il riferimento testuale alla “rinnovazione” del contratto, la quale presuppone una volontà in tal senso, sia pure tacitamente manifestata, di ambedue le parti: sulla base del richiamo all'art. 1597 c.c., dunque,
l'esercizio della medesima facoltà in qualunque momento - quindi, anche nel corso dei primi quattro anni del rapporto, come sancisce il comma 6 dell'art.13 - in presenza di “gravi motivi”64.
Quale contrappeso per la limitazione dell'autonomia negoziale nel fissare l'importo del canone - circoscritto entro le fasce di oscillazione individuate in sede di accordi locali -, nei contratti con contenuto
parzialmente eterodeterminato - ai sensi dell'art. 2, comma 5 - la
durata minima del rapporto è ridotta a tre anni. Alla scadenza del triennio, il contratto - ove le parti non procedano convenzionalmente alla rinnovazione per un eguale periodo di tempo - è << prorogato di diritto per due anni >>, ma il locatore - ed egli soltanto - può esercitare la facoltà di recesso65.
può considerarsi implicita la facoltà del conduttore di dare disdetta alla prima scadenza quadriennale. Un ulteriore dubbio è però alimentato dal mancato riferimento - nel testo della legge - alle modalità di esercizio di tale potere da parte del conduttore. posto che la disciplina codicistica della disdetta è profondamente diversa da quella stabilita dalla legge del 1998 con riferimento alla disdetta delle parti nelle scadenze successive alla prima, sembra legittimo colmare la lacuna applicando analogicamente queste ultime disposizioni - sancite dall'art. 2, comma 1, secondo periodo – della legge speciale: ne deriva, quindi, che il conduttore che alla prima scadenza del rapporto – così come per quelle successive alla prima – intenda rinunciare al rinnovo del contratto, deve comunicare la propria intenzione alla controparte con lettera raccomandata da inviarsi almeno sei mesi prima della scadenza, cfr. G. GABRIELLI, F. PADOVINI, La locazione di immobili urbani, cit., pp. 500-503.
64 Per giurisprudenza consolidata, i gravi motivi presuppongono l'esistenza di fatti estranei alla volontà del conduttore, sopravvenuti alla costituzione del rapporto locatizio ed imprevedibili, che rendano estremamente gravosa per il conduttore la persistenza del rapporto, cfr. C.M. VERARDI, op. cit., p. 254-255.
65 A dispetto di una formulazione non troppo dissimile rispetto a quanto l'art. 2, comma 1 prevede con riferimento ai contratti ordinari, in realtà la disciplina di cui al comma 5 per i contratti alternativi, presenta differenze non trascurabili, che vanno oltre la diversità cronologica della durata. In questo senso è stata sottolineata la portata sostanziale dell'impiego del termine “prorogato” rispetto a “si rinnova”: << una rinnovazione, infatti, presuppone l'assenza di opposizione di entrambe le parti, mentre la proroga biennale opera di diritto, senza cioè che nessuna delle parti possa opporsi ad essa >>, salvo un accordo espresso di rinnovazione. Sulla base di questa considerazione si è affermato che << in mancanza di un accordo nel senso della rinnovazione o dello scioglimento, il contratto dura cinque anni, salva la facoltà del locatore, e di lui solo, di recedere prima della scadenza >>. Inoltre, dal tenore letterale dell'articolo si evince che il recesso ante tempus del locatore è consentito - purché comunicato al conduttore con preavviso di sei mesi in vista della scadenza del
L'imposizione di una durata minima del contratto e di una tendenziale protrazione dopo la prima scadenza rappresenta, dunque, << l'ultimo residuo dell'intervento dello Stato nell'autonomia privata in materia di locazioni abitative66>>: tant'è che la violazione delle prescrizioni
relative alla durata determina la nullità delle pattuizioni derogatorie e l'automatica riconduzione entro lo schema legale.
La stabilità, dunque, si colloca entro una linea di tendenza comune che contribuisce ad elevarla a principio del settore. In realtà, oltre agli istituti esaminati, il dogma della continuità si rinviene anche in altre previsioni codificate o comunque ricostruibili dal dettato positivo: la disciplina sulla successione per causa di morte, il divieto di scioglimento della locazione in caso di alienazione, il divieto - per la verità dedotto in via implicita - di clausole risolutive espresse in danno del conduttore67.