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L’epilogo di legittimità

PARTE IV: UNA TASSONOMIA DELLA GIURISPRUDENZA D

LEGITTIMITÀ E DI MERITO IN BASE AI SOGGETTI RESPONSABILI E ALL’AGENTE EZIOLOGICO DEL DANNO

1. Il Comune e il Sindaco

1.1. Le sentenze guida: l’alluvione di Genova e la frana di Sarno 1 Genova, novembre

1.1.4. L’epilogo di legittimità

Con la sentenza Cass. pen., sez. III, del 26 febbraio 2013, n.19507 la Corte Suprema rigettava il ricorso del Sindaco di Sarno avverso la condanna irrogatagli dalla Corte d’Appello di Napoli il 20 dicembre 2011, a seguito del giudizio di annullamento della sentenza assolutoria di Corte d’Appello di Salerno del 06 ottobre 2008 da parte, come visto sopra, di Corte Cassazione, sez. IV, del 12 marzo 2010, n.16761.

Si riconosce che i giudici del merito di rinvio correttamente, con logicità e proprietà di motivazione avevano rivisto il materiale probatorio uniformandosi ai sette principi di diritto sopra visti e commentati.

Si rigettavano anche i ricorsi dell’Avvocatura dello Stato che era intervenuta nell’interesse della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’Interno, condannati in solido con l’imputato ed il Comune di Sarno (responsabile civile) a risarcire le parti civile costituite.

Le censure mosse alla sentenza impugnata si sono rivelate tutte prive di fondamento. Fra l’altro i ricorsi dell’imputato apparivano non valutabili in legittimità apparendo frutto di soggettivo esame comparativo di spezzoni della sentenza di primo grado favorevole all’imputato con pezzi di quella impugnata, ed essendo perciò una valutazione non propria dato che non spetta alla sede di legittimità la rilettura o diverse letture degli elementi di fatto posti a base della decisione.

E circa il giudizio di prevedibilità dell’evento operato in concreto si assume che i giudici della sentenza impugnata correttamente abbiano valutato l’acquisito piano comunale di Protezione civile del Comune di Sarno del 1995 che certificava la zona come ad alto rischio di frane e valanghe, abbiano valutato testimonianze e consulenze scientifiche che avvaloravano il fatto che la popolazione o la comunità scientifica ben sapevano dell’alta probabilità del realizzarsi di eventi del tipo di quelli occorsi in caso di pioggia incessante.

In sentenza impugnata si sarebbero considerati quali dati non valutati dal Sindaco i seguenti elementi: ampia diffusione del fenomeno delle colate laviche, maggiore frequenza ed estensione rispetto al passato, presenza di rumori provenienti dalla montagna e noti ai cittadini, condizioni metereologiche avverse e persistenti; tutti elementi che se adeguatamente valutati con i migliori criteri scientifici avrebbero dovuto far prevedere l’evento catastrofico poi occorso ed in tempo per ordinare l’evacuazione della popolazione690.

Si è allora valutata negativamente la condotta del Sindaco, tanto da negargli la concessione delle circostanze attenuanti generiche, poiché gravato da elevato grado di colpa specifica, desumibile dal comportamento tenuto nel corso dell’evolversi degli eventi, dalla impreparazione denotata nonostante la laurea in ingegneria, dalla mancata minima considerazione del fenomeno che si stava realizzando.

Di interesse è anche la motivazione circa il rigetto dei ricorsi dell’Avvocatura dello Stato che hanno portato a confermare la condanna alle spese e al ristoro delle parti civili anche da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno.

Ciò alla luce del fatto che ex lege 225/92 il Sindaco è divenuto autorità locale di Protezione civile e, non più semplice autorità locale di governo; con acquisto di funzioni

689 Ibidem.

proprie e concorrenti con quelle di altre figure come il Prefetto e nel delineato sistema della Protezione civile; Protezione civile che si caratterizza come di una vera e propria organizzazione diffusa a carattere policentrico691.

Asserendosi che:

di tale complessa articolazione fa parte a pieno titolo anche il Sindaco, il quale agisce sia come autorità comunale di Protezione civile, ma non per questo resta estraneo al sistema cui lo vincolano specifici obblighi quali, ad esempio, quello di informare il Prefetto di richiesta d’intervento, di possibilità di operare quale delegato692.

E se dunque il Sindaco è a pieno titolo inserito nella complessa organizzazione della Protezione civile risponde civilmente delle sue omissioni a regole cautelari anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’Interno quali responsabili civili.

Ma, il Sindaco di Sarno condannato non demordeva tant’è che ricorreva anche conto questa sentenza assumendo che si fosse omesso di valutare una circostanza di fatto oggetto dei vari motivi del precedente ricorso per asserito difetto di motivazione, in particolare circa l’orario di percezione di quanto stesse accadendo il giorno del tragico evento.

E così, con la sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 21 febbraio 2014 n.22986, si rigettava l’ennesimo ricorso affermandosi che in realtà con la precedente sentenza si ebbe adeguatamente a motivare anche circa il dato temporale. Non v’era stata nessuna pretermissione di motivazione.

1.1.5. La causa civile

La sentenza del Tribunale civile di Salerno, sez. II, 11 settembre 2017 n.4066 è l’unica sentenza civile sul caso Sarno pubblicata.

È di interesse perché, non solo illustra le conseguenze giuridiche della sentenza penale esecutiva di accertamento della responsabilità penale del Sindaco di Sarno in sede civile (art. 651 c.p.p.), ma anche perché si pronuncia sulla figura del Sindaco quale autorità locale di Protezione civile, in tema di domanda di rivalsa proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero degli Interni nei confronti degli altri obbligati solidali al risarcimento dei danni, ossia nei confronti del Sindaco e del Comune di Sarno.

È chiaro esempio poi, della mutualità dei principi giuridici fra la giurisprudenza penale e quella civile, eloquente caso di unitarietà dell’ordinamento. E di ricostruzione interpretativa armonica e consolidata dei principi fondanti le posizioni di garanzia dei centri di competenza della Protezione civile; con le relative conseguenze in punto di responsabilità penale e civile per omissioni colpose ad attività doverose.

L’azione civile nel caso in questione era esercitata da persona danneggiata, parte civile costituitasi nel noto procedimento penale.

La Corte d’Appello di Napoli, il 20 dicembre 2011, ebbe a condannare, come già sopra detto, il Sindaco di Sarno ad anni 5 di reclusione per cooperazione colposa nell’omicidio di 137 concittadini.

Veniva condannato in solido con i responsabili civili il Comune di Sarno, il Ministero degli Interni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri a risarcire ogni parte civile (compreso l’odierno attore) con una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 30.0000 per il decesso di ogni persona.

691 Corte Cost., 30 ottobre 2003, n.327 in Leggi d’Italia. 692 Ibidem.

La sentenza di condanna veniva confermata, come visto, dalla Corte di Cassazione con la sentenza già commentata n.19507 del 26 marzo 2013.

Veniva così accertato inesorabilmente che il 5 maggio del 1998 dalla montagna sovrastante Sarno scendevano numerose colate rapide di fango che investivano il territorio di Sarno e che provocavano la morte di 137 persone, oltre al crollo di edifici e di un ospedale.

E si riconosceva quale responsabile il Sindaco per aver omesso come visto doveri concernenti la sua posizione di garanzia.

Si agiva in giudizio avendo contezza che ai sensi dell’art.651 c.p.p. la sentenza penale irrevocabile di condanna, pronunciata a seguito di dibattimento, aveva piena efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile per il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile intervenuto nel processo penale.

L’azione civile era esercitata da persona che aveva perso padre, madre, sorella e nonna conviventi nel disastro. Parte attrice conveniva in giudizio il Sindaco, il Comune, il Ministro dell’Interno e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non, da egli subiti, in proprio e nella qualità di erede.

Nel processo civile il Sindaco non si costituiva.

L’attore aveva dimostrato di non voler transigere e di voler proseguire il giudizio non accettando quel che la legge di Stabilità del 2016 (L.208/15) prevedeva: lo Stato riconosceva la somma di euro 100.000,00 mila a favore dei familiari delle vittime dell’alluvione del maggio 1998, prevedendo l’estinzione dei contenziosi aperti693.

Il giudice civile in sentenza riconosce fondata la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali e la stessa verrà accolta secondo interessanti criteri per quanto attiene la somma risarcibile.

Spettando al giudice civile, accertata l’esecutività della sentenza penale di condanna, l’accertamento del danno e la sua liquidazione.

Il giudice civile ripercorre l’argomentare giuridico della sentenza penale del merito e della Cassazione. E puntualizza la propria attenzione alle omissioni alle regole di esperienza, prudenza, diligenza e di leggi e regolamenti (colpa generica e specifica) del Sindaco; in particolare al piano comunale di Protezione civile, alla mappa locale dei rischi, alla direttiva Barberi, alla omissione dei doveri di allertamento della popolazione o di evacuazione, alla omissione circa tempestivo e congruo allarme alla Prefettura.

Indi, richiama tutti i principi di diritto della Cassazione (già visti e sopra descritti) che costituivano le fonti giuridiche della posizione di garanzia tralasciate con la condotta omissiva. Ci si sofferma al fatto che il Sindaco avesse dismesso i panni di Sindaco-agente modello dato che gli eventi catastrofici avvenuti non si sarebbero realizzati se si fosse attivato. Accertandosi la prevedibilità e l’evitabilità degli eventi catastrofici.

Infine, si dichiarava che: la sentenza penale della Corte d’Appello essendo esecutiva aveva efficacia di giudicato nel giudizio di risarcimento dei danni indipendentemente dalla costituzione o meno del ricorrente parte civile nel processo penale; che la sentenza penale in questione faceva stato nel processo civile per il risarcimento del danno anche a favore della vittima del reato non costituitasi parte civile; che la sentenza era vincolante nel giudizio civile di danno nei confronti di tutti i soggetti che ebbero a partecipare al processo penale o, posti in grado di farlo e, anche quindi verso il responsabile civile intervenuto nel

processo penale; che nel caso in questione la sentenza penale aveva efficacia vincolante nei confronti di tutti i convenuti, compreso il Sindaco condannato non costituitosi694.

Aspetto di interesse è la pronuncia relativa al riconoscimento del danno non patrimoniale del ricorrente iure proprio, quello da cosiddetta lesione parentale per aver perso i genitori e i parenti: le cd “mutilazione relazionale”695.

Il giudice prime cure sottolinea che il fatto illecito costituito dalla uccisione di congiunti dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto che consiste nella perdita del rapporto parentale, assumendo rilevanza giuridica il legame affettivo, la pratica della solidarietà, del sostegno economico.

E la prova di tale danno deve essere desunta dalle ovvie sofferenze patite dai parenti delle vittime, sulla base dello stretto vincolo familiare: coabitazione, frequentazione et cetera. E la accertata mancanza di convivenze può rilevare solo per una sussistenza più ridotta di danno morale, con una influenza in punto di sola liquidazione. Ne conseguiva poi che il giudice civile in sede di liquidazione applicava il criterio dei giudici di merito milanesi (Cass.7 giugno 2011 n.12408)696.

Si negava invece potesse esservi liquidazione a titolo di danno catastrofale iure

hereditario, dato che il bene salute del deceduto può essere fruito in natura dal solo titolare e

non può essere reintegrato per equivalente. Viene esclusa la risarcibilità iure hereditatis697. Di assoluto interesse per l’argomento di questo lavoro è l’aspetto circa la risposta che si dà alla domanda di rivalsa proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Interno nei confronti degli obbligati in solido al risarcimento dei danni, e cioè il Sindaco e il Comune di Sarno.

Si chiedeva al giudice civile, in altri termini, che il Sindaco e il Comune fossero condannati a rivalere le amministrazioni statali di tutto quanto esse fossero stata costrette a pagare in conseguenza della domanda risarcitoria.

Il giudice civile critica l’assunto dell’Avvocatura dello Stato, argomentando che dalla sentenza penale esecutiva era da trarsi l’argomento di diritto per cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno erano stati condannanti al risarcimento dei danni, non quali responsabilità civili del Prefetto (non imputato), ma quali responsabilità civile del Sindaco e, relativamente alle condotta omissive e commissive dal medesimo poste in essere quale ufficiale di governo, quindi organo decentrato del Ministero dell’Interno e quale componente della Protezione civile, quindi organo decentrato della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In sintesi, la sentenza in questione ulteriormente evidenzia la triplice veste del Sindaco: Capo dell’autorità comunale, Autorità locale di Protezione civile e Ufficiale di governo.

Si sottolinea che queste vesti del Sindaco erano state ribadite dalla Corte di Cassazione n.19507 del 2013 per affermare la responsabilità risarcitoria delle autorità qui resistenti. In una organizzazione della Protezione civile complessa con più centri di competenza il Sindaco agisce come autorità comunale di Protezione civile e non è estraneo al sistema complessivo dovendo per esempio informare il Prefetto e/o chiedere il suo intervento.

Concludendo che: il Sindaco sul piano civilistico è da considerarsi quale responsabile diretto, obbligato a risarcire i danni che i terzi hanno subito a causa delle sue condotte, commissive ed omissive, penalmente rilevanti: affiancandosi allo stesso, in via solidale, la

694 Trib. Salerno, sez. II, 11 settembre 2017, n.4066 in De Jure. 695 Ibidem.

696 Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011 n.12408 in De Jure. 697 Cass. civ., sez. un., 22 luglio 2015, n.15350 in De Jure.

responsabilità dei tre responsabili civili: Comune di Sarno, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’interno.

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