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Quindici, maggio

PARTE IV: UNA TASSONOMIA DELLA GIURISPRUDENZA D

LEGITTIMITÀ E DI MERITO IN BASE AI SOGGETTI RESPONSABILI E ALL’AGENTE EZIOLOGICO DEL DANNO

1. Il Comune e il Sindaco

1.2. Le frane e la giurisprudenza

1.2.2. Quindici, maggio

La sentenza della Corte di Cassazione penale, sez. IV, del 6 ottobre 2011, n.46818, si è pronunciata circa l’evento franoso che il 5 maggio 1998 colpì Quindici, paese dell’avellinese situato sul versante opposto del monte Pizzo d’Alvano rispetto a Sarno709.

A causa di violenti acquazzoni, si era distaccata dal monte una numerosa quantità di fango che, nel giro di poco tempo, si riversava sul paese, portando devastazione ed undici morti. Le cause originanti tale evento franoso erano le stesse che avevano provocato la frana di Sarno: esile corte piroclastica, bassa permeabilità del terreno causata anche da fattori antropici e condizione meteo avversa.

Di notevole interesse è la ricostruzione giurisprudenziale della questione giudiziaria riguardante la frana di Quindici, in quanto si pone in una visuale diametralmente opposta rispetto a quella seguita per Sarno dal Tribunale di Nocera Inferiore precedentemente analizzata.

Infatti, il Tribunale di primo grado di Avellino non si concentra tanto sulla figura del Sindaco, ma sui soggetti collocati a livelli superiori, in organi quali la Provincia e la Regione710.

Gli imputati nel processo di primo grado erano infatti i seguenti: l’Assessore della Giunta regionale preposto alla tutela dell’ambiente e alla Protezione civile, il coordinatore dell’Area della tutela dell’ambiente e della Protezione civile, il coordinatore dell’Area attinente ai lavori pubblici, i dirigenti del Settore programmazione e interventi di Protezione civile e del Settore ecologia e i due Presidenti dell’amministrazione provinciale di Avellino.

Il giudice di prime cure, a seguito di una attenta ricostruzione del piano normativo, sancisce che le fonti normative che impongono obblighi di garanzia e doveri di vigilanza del suolo e del territorio sono da rinvenirsi in particolare nella legge n.183 del 1989711, e

negli articoli 1, 3 e 12 della legge 225/92712. In particolare, il giudice si sofferma sull’articolo

12, che tratta delle competenze affidate alle Regioni, in base al quale si afferma che le Regioni: hanno il dovere di organizzare e attuare le attività di Protezione civile indicate all’articolo 3, predisporre i programmi regionali di previsione e prevenzione, e provvedere all’ordinamento degli uffici e dei mezzi necessari per fare fronte alle attività di Protezione civile.

Attualmente i medesimi obblighi e le funzioni delle Regioni sono contenuti nell’articolo 11 del nuovo Codice della Protezione civile, che illustra in modo però più

709 Cass. pen., sez. IV, 6 ottobre 2011, n.46818 in De Jure. 710 Trib. Avellino, 31 gennaio 2008, n.2194 in De Jure.

711 L. del 18 maggio 1989, n.183 – Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. 712 Artt. 1, 3 e 12 della L. del 24 febbraio 1992, n.225.

puntuale le competenze spettanti alle Regioni stesse e alle città metropolitane713. Il giudice discorreva inoltre della legge Regionale n.11 del 1991, normativa disciplinante, tra le altre cose, le competenze in materia di difesa del suolo, della Protezione civile e dei lavori pubblici714. Da qui in avanti il filo conduttore delle varie sentenze concernerà la

determinatezza della normativa in tema di Protezione civile.

Secondo il giudice di primo grado sarebbe stata sufficiente, al fine di prevenire l’evento, l’espletazione di una attenta attività di studio e di monitoraggio del territorio, l’utilizzo di strumenti tecnici adeguati quali: la rilevazione e la lettura dei dati pluviometrici, una buona conoscenza geomorfologica e controllo del territorio e delle carte tematiche et

cetera. L’evacuazione da parte del Sindaco e del Prefetto non rappresentavano elementi

decisivi idonei ad interrompere il nesso causale, dato che le omissioni erano collegate a dismissioni di regole doverose di previsione e prevenzione ante il verificarsi dell’emergenza.

Gli imputati di omicidio colposo plurimo venivano assolti dal delitto di frana colposa: l’evento dannoso non era evitabile, ma prevedibile.

L’accusa del giudice si fondava dunque sul mancato intervento di Protezione civile, e di quegli interventi di carattere preventivo che se attuati in tempo avrebbero evitato l’evento calamitoso.

La Corte d’Appello di Napoli sanciva invece che fosse da escludersi che «sulla base della legislazione dell’epoca vigente, potesse ravvisarsi nel maggio 1998 in capo agli enti territoriali presso i quali gli imputati svolgevano la propria attività lavorativa istituzionale (Regione o Provincia) un potere di concreto intervento in materia di Protezione civile. E ciò in quanto riteneva che le norme di cui alla L.n.225 del 1992, (artt. 12 e 13) non fossero di immediata operatività senza imprescindibile e condizionante necessità di leggi di attuazione [..] Tali poteri concreti in tema di Protezione civile erano stati attribuiti alle Regioni solo a seguito del trasferimento dei poteri dallo Stato alle Regioni operato con legge Delega n.59 del 1997 e D.Lgs. n.112 del 1998»715.

A supporto di ciò vi sarebbero stati due motivi: da un lato la stessa esigua entità del bilancio della Protezione civile, e dall’altro i principi sanciti dalla sentenza n.33577/2001 in base a cui si precisava che solo al Prefetto fossero attribuiti poteri cogenti in tema di calamità naturali716. La Corte d’Appello dunque con formula piena assolveva tutti gli imputati.

Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello ricorreva in Cassazione contro la sentenza adducendone come motivi del ricorso la violazione, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione e dell’applicazione delle normative sulla Protezione civile. In sostanza il ricorrente chiedeva che i giudici di legittimità riconoscessero che le disposizioni contenute nella L.225/92 non necessitassero di alcun regolamento di attuazione e che fossero immediatamente efficaci.

La Suprema Corte però, a seguito di una attenta valutazione della normativa in materia, respinse il ricorso in quanto infondato. I giudici di legittimità infatti, adeguandosi alle parole della stessa sentenza della Corte territoriale, sottolineavano come gli articoli 12 e 13 della legge 225/92 non avessero immediata operatività e che necessitassero di leggi di attuazione717.

Solo ex art. 108 del d.lgs. n.112/98 si sarebbero poi poste in modo lampante ed inequivocabile le funzioni assegnate agli Enti locali in materia di Protezione civile: «emerge

713 Art. 11 del D.Lgs. 1/2018.

714 L. R. del 4 luglio 1991, n.11- Ordinamento amministrativo della Giunta Regionale. 715 App. Napoli, 12 novembre 2009, n.7093 in De Jure.

716 Cass. pen., sez. IV, 13 settembre 2001, n.33577 in De Jure. 717 Artt. 12 e 13 della L. 225/1992.

come luogo di attuazione delle attività di prevenzione, previsione e gestione degli interventi. Inoltre, vengono conferiti ai Comuni anche compiti inerenti all’adozione di provvedimenti di primo soccorso, la predisposizione dei piani di emergenza, l’attivazione degli interventi urgenti, l’utilizzo del volontariato e la vigilanza sulle strutture locali di Protezione civile. Da tale norma, non vigente all’epoca del fatto, si evince che, quanto all’attività di monitoraggio e previsione, sono state poi attribuite alle Regioni»718.

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