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La legge n 183/1989 e la difesa del suolo

2. Evoluzione della normativa nazionale nella prevenzione del rischio idrogeologico 1 Normativa preunitaria

2.3. Il Regio Decreto n 3267/1923 e il vincolo idrogeologico

2.5.2. La legge n 183/1989 e la difesa del suolo

La legge n.183 del 1989104, oltre ad aver disciplinato e suddiviso i compiti degli organi centrali e delle amministrazioni locali al fine di recuperare e riqualificare l’ambiente e i terreni a rischio, è stata il primo provvedimento legislativo finalizzato ad

assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali a essi connessi105.

Il legislatore intendeva affrontare e risolvere il problema del dissesto idrogeologico nel territorio nazionale, organizzando in un testo organico tutta la normativa precedente dispersa nei vari settori106. Vi era l’intento di riorganizzare le competenze degli organi

centrali e delle amministrazioni locali, e come fine ultimo, di riqualificare l’ambiente. Tutto ciò è stato possibile grazie all’introduzione di nuovi istituti quali: il bacino idrografico, l’Autorità pubblica di bacino, e il piano di bacino.

È stata inoltre la prima normativa a sancire la nascita della “pianificazione di bacino”, strumento finalizzato alla tutela della difesa del suolo. Il territorio nazionale è stato suddiviso in aree corrispondenti al bacino idrografico, quale unità territoriale di riferimento per l’azione pianificatoria di settore, sotto la direzione dell’Autorità di bacino.

Il bacino idrografico viene definito come: «il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d'acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d'acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente; qualora un territorio possa essere allagato dalle acque di più corsi di acqua, esso si intende ricadente nel bacino idrografico il cui bacino imbrifero montano ha la superficie maggiore»107.

Come emerge dalla definizione sopra esposta, il bacino idrografico è un’area fisica circoscritta, suscettibile di esser modificata negli anni sia per cause geologiche che antropiche, e fortemente legata a possibili fenomeni idrogeologici.

Con la legge del 1989 al fine di salvaguardare e controllare queste aree veniva introdotta la figura dell’Autorità di bacino. È un’autorità che interviene su tre livelli territoriali: un livello nazionale, come emerge dall’ articolo 14 della medesima legge108, a sua

102 M. OCCHIENA, Autorizzazione paesistica e annullamento ministeriale: la tutela del paesaggio tra regionalismo e

centralismo, in Riv. giur. dell’edilizia, 1994, 3, II, p. 84 ss.

103 Corte Cost. 26 febbraio 1990, n.85 in Leggi d’Italia.

104 L. 18 maggio 1989, n.183- Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. 105 Art 1, comma 1, della L. 18 maggio 1989, n.183.

106 S. CIVITARESE MATTEUCCI, Difesa del suolo e attività conoscitiva della Pubblica amministrazione, in Rivista

Giuridica dell’ambiente, 1994, p.185 ss.

107 Art. 1, comma 3, lett. d) della L. 18 maggio 1989, n.183. 108 Art. 14 della L. 18 maggio 1989, n.183.

volta suddiviso in versante adriatico e tirrenico; un livello interregionale, ex art. 15 comma 2109, in cui sono trasferite alle Regioni competenti funzioni amministrative relative alle opere idrauliche e alle risorse idriche, previa adozione di specifiche intese.

Come emerge dallo stesso articolo comma 3: «le Regioni territorialmente competenti definiscono, d'intesa: la formazione del comitato istituzionale di bacino e del comitato tecnico; il piano di bacino; la programmazione degli interventi; le modalità di svolgimento delle funzioni amministrative per la gestione del bacino, ivi comprese la progettazione, la realizzazione, la gestione e il finanziamento degli incentivi, degli interventi e delle opere»110.

Infine, l’ultimo livello è quello regionale che comprende tutti i bacini non rientranti nei livelli precedenti.

L’Autorità di bacino inoltre deve redigere uno strumento pianificatorio, il piano di bacino111. Si tratta di

strumenti normativi, conoscitivi e tecnico-operativi mediante i quali vengono pianificati gli interventi, le azioni finalizzate alla difesa, valorizzazione e conservazione delle acque, salvaguardia e disinquinamento sia delle acque superficiali sia sotterranee112.

L’attuazione del piano di bacino segue sostanzialmente tre fasi: una fase conoscitiva, durante la quale si identificano le situazioni critiche sulle quali intervenire attraverso normative ad hoc e il coordinamento con gli organi statali. La seconda fase riguarda la normativa con la quale si applicano le norme a tutela di tali territori ed infine la terza, ed ultima fase, quella programmatica, con la quale si stabilisce un iter finalizzato alla difesa del territorio.

Nonostante la legge venga considerata addirittura come anticipatrice della normativa comunitaria, e più precisamente della direttiva acque 2000/60/CE113, e della direttiva

alluvioni 2007/60/CE114, non sono mancate critiche. Probabilmente questo è dovuto al

fatto che vi sono state difficoltà attuative, causate da dei progetti forse troppo ambiziosi. Si è messo all’indice che le Autorità di bacino riescono ad agire solo in circostanze emergenziali e che non si è creata una vera e propria funzione istituzionale115.

La complessità della materia ha reso necessario un susseguirsi di ulteriori provvedimenti normativi con cui si sono scandite e approfondite le dinamiche e gli strumenti con i quali intervenire. Si veda in particolare il D.P.C.M. del 23 marzo 1990 n.253 “Atto di indirizzo e coordinamento ai fini dell’elaborazione e dell’adozione degli schemi previsionali e programmatici”116; il D.P.R. del 07 gennaio 1992 noto come “Atto di

indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazione e coordinamento

109 Art. 15, comma 2, della L. 18 maggio 1989, n.183, ovi si stabilisce che: «Nei predetti bacini sono trasferite

alle Regioni territorialmente competenti le funzioni amministrative relative alle opere idrauliche e delegate le funzioni amministrative relative alle risorse idriche. Le Regioni esercitano le predette funzioni previa adozione di specifiche intese».

110 Art. 15, comma 3, della L. 18 maggio 1989, n.183. 111 Ibidem.

112 Art. 17, comma 1, della L. 18 maggio 1989, n.183.

113 Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un

quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

114 Direttiva 2007/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla

valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni.

115A. CROSETTI, voce Suolo (Difesa del), in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, Utet, 2008. 116 D.P.C.M. 23 marzo 1990, n.253 - Atto di indirizzo e coordinamento ai fini dell’elaborazione e

concernente i criteri per la redazione dei piani di bacino”117; la legge 4 dicembre 1993 n. 493118 “Disposizioni per l’accelerazione degli investimenti a sostegno dell’occupazione e per l’accelerazione degli investimenti a sostegno della occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia” con cui si è introdotto il comma 6 bis, 6 ter dell’articolo 17119 .

Veniva introdotta la possibilità della redazione e approvazione per lo stesso piano di bacino anche per stralci relativi a settori funzionali o a sottobacini.

Venivano emessi anche: il D.P.R. del 18 luglio 1995120 “Approvazione dell’atto di

indirizzo e coordinamento concernente i criteri per la redazione dei piani di bacino”; il D.M. del 14 febbraio 1997121, noto come “Direttive tecniche per l’individuazione e perimetrazione da parte delle Regioni a rischio idraulico” in cui si disciplinava la regolamentazione di tre aree di esondazione: alta, media e bassa probabilità. Così si volle prevedere che nelle zone di alta probabilità di esondazione fosse previsto un vincolo di inedificabilità e di forte protezione degli insediamenti; che nelle zone di media probabilità potessero essere autorizzati insediamenti urbanistici o interventi, ma sempre mantenendo costanti le condizioni di naturali, ambientali e di funzionalità idraulica dei siti ed infine nelle zone di bassa probabilità di esondazione fossero presenti dei piani di allertamento atti a diminuire possibili effetti di inondazioni.

Si deve ricordare anche la legge Galli, n.36 del 1994122, recante “Disposizioni in materie di risorse idriche” che ha introdotto il servizio idrico integrato. All’articolo 4 della medesima legge veniva descritto il servizio idrico integrato «costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue»123.

117 D.P.R. 07 gennaio 1992 - Atto di indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazione e

coordinamento concernente i criteri per la redazione dei piani di bacino.

118 L. 4 dicembre 1993, n.493 - Disposizioni per l’accelerazione degli investimenti a sostegno dell’occupazione

e per l’accelerazione degli investimenti a sostegno della occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia.

119 Art. 17, comma 6 bis e comma 6 ter della L. 18 maggio 1989, n.183. Al comma 6 bis si dispone che: «In

attesa dell'approvazione del piano di bacino, le autorità di bacino, tramite il comitato istituzionale, adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle e ai corsi d'acqua di fondovalle e ai contenuti di cui alle lettere b), c), f), l), ed m) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle Regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia e qualora da ciò possa derivare una grave danno al territorio, il Ministro dei lavori pubblici, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotto con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche a carattere inibitorio di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dei Lavori pubblici informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno ai territori, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente comma». Il comma 6 ter invece sancisce che: «I piani di bacino idrografico possono essere redatti e approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali che in ogni caso devono costituire fasi e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 6 bis, le opportune misure inibitorie e cautelative in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati».

120 D.P.R 18 luglio 1995- Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento concernente i criteri per la

redazione dei piani di bacino.

121 D.M. 14 febbraio 1997- Direttive tecniche per l’individuazione e perimetrazione da parte delle Regioni a

rischio idraulico.

122 L. 5 gennaio 1994, n.36 - Disposizioni in materie di risorse idriche. 123 Art. 4 della L. 5 gennaio 1994, n.36.

Il Codice ambientale lo definiva «costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie»124.

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