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La giurisprudenza fra imputazione del danno idrogeologico alla P.A in base all’art 2043 c.c o in base all’art 2051 c.c.

PARTE III: LA RESPONSABILITÀ CIVILE DELLA P.A PER IL DANNO IDROGEOLOGICO

1. La giurisprudenza fra imputazione del danno idrogeologico alla P.A in base all’art 2043 c.c o in base all’art 2051 c.c.

Veniamo ora ai danni dipendenti da eventi atmosferici (e non solo) causati da cose in custodia della Pubblica Amministrazione che ne involgano la responsabilità

Questo capitolo si pone come premessa metodologica alla successiva trattazione della responsabilità civile (con le relative sentenze) dell’ente competente e/o del funzionario preposto avente funzione di garanzia rispetto ad un’area che è stata luogo di dissesti idrogeologici, quali frane, valanghe, alluvioni et cetera.

L’ente pubblico infatti può rispondere (come vedremo successivamente) sia ex articolo 2043 c.c., sia ex art. 2051 c.c.

La scelta tra queste due norme ha conseguenze giuridiche non marginali. Si vedrà anche come la giurisprudenza civile poco si sia pronunciata (se non quasi per nulla) in relazione alla responsabilità civile della P.A. nel caso di danni da eventi idrogeologici, e laddove, si sia pronunciata, è sempre stato ravvisato un sistema binario di responsabilità ex 2051 c.c. o 2043 c.c.

Quasi inesistenti sono i precedenti in sede civile; sono invece più numerosi quelli massimati e/o pubblicati in sede penale. Si riscontra che, a seguito di rilevanti eventi catastrofici idrogeologici, i danneggiati si insinuano nei procedimenti penali aperti a carico dei funzionari di Enti pubblici aventi funzione di garanzia, data l’opportunità di avvalersi di rito più celere e delle prove acquisite dalla pubblica accusa. Il riconoscimento dell’elemento soggettivo della colpa, il nesso di causa per omissione della condotta doverosa e l’eventuale insinuazione nel nesso eziologico di condotta del danneggiato, sono tutti commessi all’accertamento del giudice penale, mentre fa capo al giudice civile la quantificazione dei danni lamentati dall’attore.

Infatti, abitualmente la persona offesa (il privato danneggiato) una volta esercitata l’azione penale si costituisce come parte civile, approfittando così delle prove acquisite dalla pubblica accusa e poi, chiedendo al giudice penale ristoro a fronte dei danni subiti.

Ecco allora che in sede penale il Giudice si è più volte pronunciato riconoscendo la violazione in capo ad un rappresentante di Ente, che ebbe a violare una situazione normativamente protetta, riconoscendo un nesso causale in condotta omissiva rispetto ad un evento che non costituiva fattore eccezionale escludente responsabilità.

Si è venuti nel concreto a riconoscere per esempio omissioni in capo al Sindaco di comunicazioni avvisi allerta meteo che di fatto hanno impedito alla popolazione di un’area di avere contezza dei gravi eventi atmosferici che si andavano profilando, sì da cagionare alla stessa danni irreparabili in punto di vite umane e di danni a cose511.

511 In dottrina, per un’articolata riflessione in merito al danno provocato ai cittadini dal rilascio di

informazioni false o inesatte o l’omissione delle stesse da parte della Pubblica Amministrazione si veda B. VITO,Responsabilità della Pubblica Amministrazione per diffusione di informazioni inesatte, in Corriere Giur., 2005,2, 25,

ove l’autore si interroga sulla natura della responsabilità della Pubblica Amministrazione e se si possa tracciare un fondamento giuridico comune sulla base di fattispecie così eterogenee. Si occupa del tema anche S. SORRENTINO,Nota in tema di rilascio di informazioni inesatte da parte della P.A, in Giur. It., 2005, 2, ove si

sostiene che la responsabilità della Pubblica Amministrazione debba essere fatta valere dal privato con azione del risarcimento del danno davanti al giudice ordinario e si configura responsabilità anche nella diffusione di informazioni inesatte, in omissioni, leggerezze o negligenze commesse dall’amministrazione nell’esercizio di poteri di vigilanza e controllo. Per una disanima più completa si vedaN. MUCCIOLI,Attività di vigilanza e responsabilità della Pubblica Amministrazione: buona fede, doveri di protezione, diligenza e causalità, in Nuova Giur. Civ.,

Si è riconosciuto che spetti alla P.A. un obbligo giuridico di controllo dei beni e opere in proprietà della stessa e/o sui quali vi è un obbligo giuridico di controllo; derivandone quale corollario, per riconosciuto difetto anche colposo di custodia, una responsabilità civile al risarcimento. Spettando poi, come già visto, non solo un obbligo di custodia delle cose assoggettate alla sua sfera di controllo, ma anche, un obbligo di manutenzione del territorio stesso.

Risulta dunque necessario, al fine di inquadrare la poca giurisprudenza civile (scarsa) e quella penale sull’argomento, una disanima completa circa le tendenze giurisprudenziali civili e dottrinali che concernono i danni causati da cose in custodia della P.A., anche a seguito di eventi idrogeologici minori. E, cioè, quelli che non assumono la valenza di rischi idrogeologici tali da comportare l’intervento del Servizio nazionale di Protezione civile: l’argomento di questo lavoro.

Giurisprudenza di legittimità e di merito infatti si sono nel tempo occupate della tipologia di responsabilità civile omissiva in capo a un Ente pubblico per danni derivanti da persone e/o cose in custodia e/o da fauna selvatica. E si sono trattati anche fatti relativi a danni a cose per negligente manutenzione di strade pubbliche, colatoi, et cetera a seguito di eventi atmosferici512. Si tratta di situazioni di fatto più generali non connotate da eventi catastrofici, su cui però poggiano le stesse basi applicative e giuridiche che saranno poi utilizzate dai giudici prime cure e di legittimità nelle fattispecie concernenti i veri e propri dissesti idrogeologici.

All’inizio del ‘900 si riteneva che la P.A. non potesse essere ritenuta responsabile civilmente, e che dunque non potesse rispondere per i danni causati dall’inosservanza di obblighi o cautele imposte da norme di legge e/o da regolamenti, in quanto si pensava fosse attività discrezionale non sindacabile.

2011, 12, 11258, in cui si sostiene, coerentemente con i testi riportati in precedenza, che la responsabilità della Pubblica Amministrazione è fatta discendere direttamente dalla violazione di doveri di vigilanza e controllo imposti dalla legge e dall’obbligo generico di correttezza; il compito della stessa P.A. consiste nel mantenere un comportamento leale che si deve specificare in obblighi di informazione e preavviso. Interessante inoltre la riflessione comparatistica fatta dallo stesso autore: «Nei sistemi di common law, invero, non è la mera violazione del dovere a fondare la responsabilità. Alla sussistenza di un duty of care, calibrato in termini di fair,

just and reasonable devono accompagnarsi più specifici requisiti quali la proximity, nel duplice senso giuridico di

(nesso eziologico) e fisico della (vicinanza materiale) e la prevedibilità del tipo e dell’entità dei danni». Continua dicendo che: «non vi è pari dubbio come –se la common law esige la proximity e prevedibilità-nel nostro sistema sussista la necessità di un’indagine rigorosa degli elementi essenziali dell’illecito aquiliano (nesso eziologico e profilo soggettivo), specialmente se alla formula dell’ingiustizia del danno si attribuisca consistenza e portata di clausola generale». Per un confronto con la disciplina prevista a livello europeo si veda il titolo III, capo quarto, sezione 1 dei Principles of European Tort Law, (PETL), ossia i “Principi di diritto europeo della responsabilità civile”, ove si tratta dei presupposti della responsabilità fondata sulla colpa e, più specificatamente, agli articoli 4:101 e 4:103 rispettivamente relativi alla colpa e al dovere di proteggere altri da un danno.

512 Un’articolata riflessione in merito ai danni provocati da eventi idraulici e idrogeologici si legge in V.

CARBONE, Danni da esondazione e responsabilità della P.A, in Corriere Giur., 2008, 12, 1641E, relativo

all’alluvione del 1992 della Regione Liguria; inV. VOZZA,Danni da pioggia intensa: responsabilità e caso fortuito, in Danno e resp., 2016 , 8-9, 839, ove si stabilisce che in tema di danni atmosferici il caso fortuito può essere

invocato solo nell’ipotesi che sia di intensità tale da interrompere il nesso esistente tra la cosa e l’evento lesivo. Ancora in M. DE GIORGI,Danni da eventi atmosferici e fortuiti, in Diritto e Giustizia, fasc. 29, 2004, 100 e in L.

DE ANGELIS,Il danno idraulico, in Ambiente e Sviluppo, 1997,2 ,149, ove nella specie si soffermano sulla

questione del quantum del risarcimento del danno, cagionato dall’omessa protezione da parte della Pubblica Amministrazione dalla caduta di acqua piovana e dalla deviazione della corrente di un corso d’acqua.

In seguito, intorno agli anni ‘20, si iniziò ad affermare la responsabilità ex art. 2043 c.c. per violazione del principio del neminem laedere513.

Veniva escluso che la Pubblica Amministrazione potesse rispondere ex art. 2051 c.c. per i danni causati da beni appartenenti al demanio pubblico, quali stradale, fluviale e ferroviario, data la loro vasta estensione e il loro uso generalizzato da parte di una grande quantità di individui514. Si riteneva infatti che fosse impossibile un controllo efficace per l’impedimento di eventuali danni. Ove fossero state rilevate queste caratteristiche la Pubblica Amministrazione avrebbe potuto essere stata assoggettata alla disciplina dell’articolo 2043 c.c.; solo però nel caso in cui il danneggiato fosse riuscito a dimostrare la presenza di un’insidia o un trabocchetto. Quindi solamente i beni demaniali di modeste dimensioni potevano essere assoggettati alla norma 2051 c.c.

L’inapplicabilità in linea generale dell’articolo 2051 c.c. non significava però che vi fosse una completa immunità della P.A., in quanto, com’è stato ribadito dalle stesse sentenze n.5989 e 5980 del 1998515, l’amministrazione pubblica era tenuta a rispettare le leggi, i regolamenti generali del principio del neminem laedere516.

Questa tendenza giurisprudenziale è stata aspramente criticata in quanto si riteneva che vi fossero dei notevoli aggravi a carico del cittadino che, andavano di conseguenza a costituire un irragionevole privilegio a favore della P.A. In particolare, si sosteneva che vi sarebbe stata la violazione di molteplici articoli della Costituzione: dell’articolo 24 Cost., concernente il diritto di difesa, dell’articolo 3 Cost., in quanto vi sarebbe stata una ingiustificata disparità di trattamento tra i proprietari privati e quelli pubblici e dell’articolo 97 Cost., in quanto si favoriva l’inattività dello stesso ente pubblico, venendo quindi meno al principio del buon andamento della P.A.517.

In ragione di ciò non sono mancati orientamenti minoritari che ritenevano che la Pubblica Amministrazione fosse comunque responsabile per i danni subiti dagli utenti delle strade pubbliche ex articolo 2051 c.c.518.

La Corte Costituzionale nel 1999 si è pronunciata su questione di legittimità costituzionale, concernente gli artt. 2043, 2051 e 1227 del codice civile in rapporto con gli artt. 3, 24, 97 della Costituzione, ritenendola infondata519. Non vi sarebbe quindi contrasto né con l’articolo 3 della Cost. in quanto: «la notevole estensione e l’uso generale e diretto da parte dei terzi costituiscono meri indici dell’impossibilità di un concreto esercizio del potere di controllo e vigilanza sul bene medesimo, la quale dunque potrebbe essere ritenuta, non già in virtù di un puro e semplice riferimento alla natura demaniale e all’estensione del bene, ma solo a seguito di una indagine condotta dal giudice con riferimento al caso singolo, e secondo i criteri di normalità»520. Non vi sarebbe nemmeno contrasto con

513 Cass. civ., 22 maggio 1930, in Giur. it, 1930, I, p.728. Si veda in merito anche M. FRANZONI, La

responsabilità oggettiva, il danno da cose e animali, Padova, Cedam, 1988, p.439 e E. FOLLIERI, La responsabilità della Pubblica Amministrazione, Milano, Giuffrè, 2004, p.323.

514 Cass. civ., 21 gennaio 1987, n.526. Nel caso di specie si ritenne che il cimitero fosse un bene di modeste

dimensioni. Si veda anche L.C. NATALI, Manutenzione delle strade e responsabilità della P.A., in Danno e resp. 2006, 7, 723; V. MONTARULI, La responsabilità della Pubblica Amministrazione per insidia o trabocchetto tra art. 2043 c.c. e

2051 c.c., in Danno e resp., 2006, 3, 244.

515 Cass. civ., sez. III, 16 giugno 1998, n.5989; Cass. civ., sez. III, 16 giugno 1998, n. 5980.

516 S. DE VOGLI, La responsabilità civile per la costruzione e la manutenzione delle strade: il privilegio della P.A., in

Danno e resp., 1998, 12, 1092.

517G. ALPA, La responsabilità oggettiva, in Contatto e Impr., 2005, 8, 959. 518 Cass. civ., 22 aprile 1998, n.4070 in Giust. civ., 1998, 4, 849.

519 Corte Cost., 10 maggio 1999, n.156. La fattispecie di tale sentenza concerne il risarcimento dei danni

richiesto da un motociclista che era caduto a causa di una zona ricoperta da terriccio non segnalata sulla strada comunale.

l’articolo 24 della Costituzione, in quanto la Corte ha ritenuto che non venga limitato il diritto di difesa del danneggiato; né con l’articolo 97 della Costituzione, in quanto tale tendenza giurisprudenziale non sembra supportare involontariamente l’inerzia dell’amministrazione pubblica. La Consulta ha sostenuto tali affermazioni sancendo che il custode è responsabile solo qualora sia in grado di esercitare un potere di vigilanza e di controllo sulle cose affidategli; sottolineando inoltre che l’articolo 2043 c.c. costituisce una norma generale che può essere diversamente interpretata al variare del caso concreto.

La Corte Costituzionale, sempre nella medesima sentenza, ha sottolineato come l’istituto dell’insidia e del trabocchetto sia una creazione giurisprudenziale creata per meglio distribuire l’onere probatorio tra le parti.

L’insidia consiste in una situazione di fatto che è caratterizzata da oggettiva invisibilità; il danneggiato deve provare che l’evento di danno si sia verificato a causa di una situazione di pericolo occulto521. La possibilità per il danneggiato di prevedere l’insidia esclude la responsabilità della P.A.522. Si tratta di una vera e propria figura sintomatica di colpa523: la Pubblica Amministrazione, nelle situazioni in cui sono presenti insidie e

trabocchetti, è quindi sempre ritenuta responsabile, a meno che non dimostri di non aver potuto rimuovere l’insidia pur adottando le misure più idonee al caso concreto.

Questo rigido e costante orientamento, basato quasi esclusivamente sull’utilizzo della norma 2043 c.c., si è col tempo affievolito verso un riconoscimento della responsabilità ex articolo 2051 c.c., laddove si tratti di beni di limitata estensione territoriale, per i quali ne sia possibile la vigilanza e il controllo da parte della P.A.524 . Quindi, qualora l’ente pubblico sia in grado di governare la cosa, a prescindere dalla sua collocazione, ossia di controllarla, modificarne la situazione di pericolo, può e deve rispondere ex articolo 2051 c.c.

Indici sintomatici, che però non ne testimoniano in modo automatico l’incapacità del controllo del bene da parte della P.A., sono l’uso generalizzato del bene e la sua notevole estensione525. Ove vi sia una oggettiva impossibilità di custodia si applicherà l’articolo 2043 c.c.526. Dipende quindi dal caso concreto e da una attenta valutazione del giudice di merito,

521 Cass. civ., 30 luglio 2002, n.11250 in Leggi D’Italia; Cass. civ., 15 gennaio 2011, n.1679 in Leggi D’Italia;

Cass. civ., sez.III,19 aprile 2018, n.9631 in Leggi D’Italia.

522 Cass. civ., sez. VI, 14 giugno 2016, n.12174 in Leggi D’Italia. 523 Corte Cost., 10 maggio 1999, n.156 in Leggi D’Italia.

524 Cass. civ., 5 agosto 2005, n.16576, in Giust. civ., 2003, 7-8, 1754. A titolo esemplificativo si veda anche la

sentenza della Cass., del 27 marzo 1972, n.976 in cui si è esclusa la responsabilità della Pubblica Amministrazione per art 2051 c.c. in quanto un incendio verificatosi nelle linee ferroviarie è un evento verificatosi su di bene demaniale troppo esteso e di uso generale dei cittadini. Nello stesso senso una sentenza della Cass. civ., del 4 aprile 1985, n.2319, laddove un cittadino subiva danni dopo essere caduto a causa di un pozzo fognario aperto ubicato sulla strada comunale. Si è ritenuto che il Comune non fosse responsabile data la vasta estensione del territorio. Allo stesso tempo si è sottolineato che il danneggiato avrebbe potuto chiedere risarcimento ex art 2043 se fosse riuscito a dimostrare l’insidia dell’evento. Al contrario di una sentenza del 1982, (Cass. civ., 20 marzo 1972, n.976) ove si è stabilito che la galleria di una stazione ferroviaria è un luogo di modeste dimensioni che poteva essere facilmente controllato dalla PA. e quindi sottoponibile all’art 2051 cc. Nello stesso senso una sentenza del 1987 (Cass. civ., 21 gennaio 1987, n.526) in cui un cittadino del comune di Torre del Greco subiva danni a causa del crollo di un albero in un cimitero. Il giudice di legittimità ha sancito la responsabilità del Comune in quanto si trattava di un luogo di modeste dimensioni.

525 F. TOSCHI VESPASIANI, La (mancata) caduta di uno degli ultimi privilegi: il danno da insidia stradale e la

responsabilità mancata della P.A., in Resp. civ., 2007, 4. Si vedano anche le sentenze: Trib. Bari, sez. III, 1 febbraio

2007 in Leggi D’Italia; Trib. Nola, 5 dicembre 2006 in Leggi D’Italia. Si veda in merito: P. LAGHEZZA: Strade

e responsabilità della P.A.: la lenta evoluzione della giurisprudenza, in Danno e resp., 2011, 1, 52.

se possa applicarsi o meno la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c.527. Per esempio, per quanto concerne il demanio stradale, questo andrà soppesato in relazione all’estensione delle strade, della loro posizione, caratteristiche et cetera. In particolare, si è affermato che vige per l’amministrazione comunale un obbligo di manutenzione delle strade pubbliche comunali e dei marciapiedi; in caso di mancato controllo l’ente risponderà ex articolo 2051 c.c.528. La Cassazione ha inoltre affermato che il Comune ha il compito di sorvegliare non solo i beni demaniali, ma anche le aree limitrofe alla strada529.

In particolare, la Suprema Corte ha sottolineato che: «la presunzione di responsabilità per i danni cagionati dalla cosa in custodia, di cui all’articolo 2051 c.c., non si applica agli enti pubblici, ogni qual volta il bene, sia esso demaniale o patrimoniale, per le sue caratteristiche (estensione e modalità d’uso) è oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi che limita in concreto la possibilità di custodia e vigilanza sulla cosa.

L’art 2051 c.c. trova applicazione invece, nei confronti della P.A., con riguardo ai beni demaniali, esclusivamente qualora tali beni non siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei terzi, ma vengano utilizzati dall’amministrazione medesima in situazione tale da rendere possibile un concreto controllo ed una vigilanza idonea ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo ovvero, ancora si tratta di beni demaniali o patrimoniali che per la loro limitata estensione territoriale consentano una adeguata attività di vigilanza»530.

Questo orientamento è stato confermato dalla Cassazione con sentenza n. 20427 del 2008531 e da larga parte della dottrina532, laddove è stato sancito che la responsabilità dell’amministrazione ex 2043 c.c. o 2051 c.c. non vada decisa in base alla mera estensione del bene e del suo utilizzo, ma dal concreto potere di governo sulla cosa da parte della P.A. stessa533. Orientamento questo confermato anche da recentissime sentenze del giudice di

legittimità del 2019534.

Oggi quindi non vi è più in rigido contrasto giurisprudenziale tra 2051 c.c. e 2043 c.c.; sta in capo al giudice il dovere (e il potere) di poter applicare l’uno o l’altra norma giuridica, sempre alla luce della fattispecie concreta venuta in essere.

527 Cass. civ., 26 gennaio 1999, n.699, in Danno e resp., 1999, p.873, in cui è stata confermata la responsabilità

della polizia forestale ex 2051 c.c. per la caduta di un albero nel Comune di Cavalese che aveva recato danni ad un individuo. Si è detto che nonostante si trattasse di un bene ad utilizzo genarle della comunità ed esteso era in questo caso facilmente controllabile dalla polizia forestale stessa, E. PRIVEATO, Manutenzione di una

strada comunale e responsabilità della P.A. da cose in custodia, in Resp. civ., 2012, 5.

528 Cass. civ., 21 luglio 2006, n.16770 in Leggi d’Italia. 529 Cass. civ., 15 giugno 1979, n.3387 in Leggi d’Italia.

530 Cass. civ. sez. III, 1 dicembre 2004, n.22592 in Leggi d’Italia. Sul punto anche la Cass. civ., sez. III, 23

febbraio 2005, n.3745.

531 Cass. civ., 25 luglio 2008, n.20427 in Giust. civ., mass. ann. 4-5, 2008, p.1010.

532 Ex plurimis si veda: P. LAGHEZZA, Le insidie di una responsabilità da custodia mondata dalla mistica dell’insidia,

in Danno e resp., 2008, p.1243; R. GENTILE, Sempre discussi criteri governanti la responsabilità della P.A. in materia di

manutenzione delle strade, in Giur. it., 2009, p.1129.

533 Si veda ex multis ove si afferma che la P.A. risponde ex 2051 c.c. ove possa svolgere un continuo e

concreto controllo che sia efficace nell’impedire l’insorgenza di cause di pericolo per terzi: Cass. civ., 29 aprile 1999, n.156 in Leggi d’Italia; Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2006, n.10040 in Leggi d’Italia; Cass. civ., sez. III, 23 luglio 2003, n.11446 in Leggi d’Italia; Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2009, n.1691 in Leggi d’Italia; Trib. Piacenza del 26 maggio 2011 in De Jure.

534 Cass. civ., sez. VI, 20 febbraio 2019, n.4963 in Leggi d’Italia; Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2019, n. 9318 in

Leggi d’Italia. In particolare, ove si è sostenuto da G. FACCI in Leggi d’Italia che: «sussiste la responsabilità

della P.A. nella gestione e manutenzione dei beni che a essa appartengono per violazione delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, ma anche ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della p.a. ad un facere, giacché la domanda investe un’attività soggetta al rispetto del principio del

Queste due linee di tendenza giurisprudenziale poggiano le loro basi nella differenza che vi è tra i due tipi di responsabilità ex art. 2051 e 2043 c.c.

Nell’articolo 2051 c.c. non vi è nessun tipo di intersecazione tra l’elemento soggettivo e il nesso causale; si tratta di una responsabilità oggettiva. Il danneggiato deve esclusivamente provare: il nesso causale tra il danno e la cosa in custodia, allegando quindi anche la qualifica di custodia in capo alla P.A.; il danneggiante invece, ossia la Pubblica amministrazione, o l’ente competente, deve invece dimostrare l’esistenza di un «fattore estraneo che, per il carattere dell’imprevedibilità e l’eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità, cioè il caso fortuito»535. Si ricordi però che il grado di imprevedibilità caratterizzante un evento calamitoso naturale, quali frane e alluvioni per

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