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Il quadro metodologico delineato dalla Direttiva

3. Il Flood Risk Management

3.2. La Direttiva alluvion

3.2.1. Il quadro metodologico delineato dalla Direttiva

La gestione dei rischi alluvionali avviene a livello di bacino idrografico219. Agli Stati

membri spetta l’individuazione dei distretti idrografici e delle autorità competenti220; vi è comunque la possibilità per gli Stati membri di individuare come autorità competenti per la gestione dei rischi soggetti diversi dalle autorità individuate dalla Direttiva quadro221. La

Direttiva prevede un percorso attuativo caratterizzato da diverse fasi che ha come punto di arrivo la redazione del PGRA, ossia il Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni222. Il processo di prevenzione e mitigazione delle alluvioni prevede l’attuazione di tre fasi: una fase di valutazione preliminare del rischio di alluvioni (capo II, artt. 4-5); una fase che concerne la mappatura della pericolosità e del rischio di alluvioni (capo III. art. 6); infine la predisposizione dei piani di gestione del rischio alluvioni (capo 4, artt.7-8).

Nella prima fase, ai sensi degli articoli 4 e 5, gli Stati membri svolgono per ciascun distretto idrografico, o unità di gestione, o distretto idrografico internazionale, valutazioni preliminari del rischio di alluvioni223.

Per rischio di alluvioni, come sottolineato dall’articolo 2, si intende: «la combinazione delle probabilità di un evento alluvionale e delle potenziali conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e l’attività economica derivante da tale evento».

Mentre per alluvione ci si riferisce: «all’allagamento temporaneo di aree che abitualmente non sono coperte d’acqua. Ciò include le inondazioni causate da fiumi, torrenti di montagna, corsi d’acqua temporanei mediterranei, e le inondazioni marine delle zone costiere e può escludere gli allagamenti causati dagli impianti fognari»224.

219 La definizione di bacino idrografico si rinviene all’articolo 2, n.13), della Direttiva 2000/60/CE: «il

territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta».

220 La definizione di distretto idrografico è definita dall’articolo 2, n.15), della Direttiva 2000/60/CE: «area di

terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, è definito la principale unità per la gestione dei bacini idrografici». All’articolo 3 della Direttiva 2007/60/CE emergono dei rinvii espliciti alla Direttiva 2000/60/CE: «Ai fini della presente direttiva, gli Stati membri ricorrono alle disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafi 1, 2, 3, 5 e 6 della direttiva 2000/60/CE».

221 Art. 3, comma 2, della Direttiva 2007/60/CE si sancisce che: «Tuttavia, ai fini dell’attuazione della

presente direttiva, gli Stati membri possono: a) nominare autorità competenti diverse da quelle individuate a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE; b) individuare talune zone costiere o singoli bacini idrografici e assegnarli ad un’unità di gestione diversa da quelle assegnate a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE».

222 Si veda: Il dissesto idrogeologico in Italia: tutti i dati del rapporto Ispra 2018, <

http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/dissesto-idrogeologico-in-italia-pericolosita-e- indicatori-di-rischio-edizione-2018 >.

223 Artt. 4, 5 della Direttiva 2007/60/CE. Come emerge dall’articolo 4, comma 1: «Gli Stati membri svolgono,

per ciascun distretto idrografico o unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), o parte di un distretto idrografico internazionale situato sul loro territorio, una valutazione preliminare del rischio di alluvioni a norma del paragrafo 2 del presente articolo…». All’articolo 5, comma 1, invece si sottolinea come, grazie a tale valutazione preliminare del rischio di alluvioni di cui all’articolo precedente, gli Stati membri individuino : «per ciascun distretto idrografico o unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), o parte di un distretto idrografico internazionale situato sul loro territorio le zone per le quali essi stabiliscono che esiste un rischio potenziale significativo di alluvioni o si possa ritenere probabile che questo si generi».

Deve essere quindi disposta una valutazione fondamentale e strumentale per individuare rischi significativi e i futuri obblighi a cui gli Stati dovranno soggiacere nelle fasi successive. Infatti, solo in presenza di rischi significativi, gli Stati dovranno provvedere a redigere una mappatura e pianificazione. Sulla base di informazioni disponibili, o di facile ottenimento225, gli Stati possono effettuare questa valutazione; sempre però con il rischio di tralasciare notevoli zone di rischio che, fino a quel momento, non avevano subito alcun tipo di fenomeno alluvionale226.

La valutazione quindi comprende, secondo un elenco delineato dal comma 2 dell’articolo 4: mappe in scala del distretto idrografico, la descrizione delle alluvioni passate che abbiano avuto notevoli conseguenze negative, le alluvioni passate significative in quanto in futuro potrebbero essere probabili ed infine una valutazione delle conseguenze negative per la salute umana, ambiente, patrimonio culturale227. L’articolo 13, comma 1,

prevede però che nel caso in cui gli Stati particolarmente proattivi avessero già eseguito tali rischi o mappature siano esentati dal redigerli228. Nel caso invece di distretti idrografici internazionali gli Stati membri garantiscono lo scambio di pertinenti informazioni229. La

scadenza era prevista per il 22 dicembre del 2011.

La seconda fase prevede l’obbligo degli Stati di predisporre mappe di pericolosità e mappe di rischio di alluvioni. L’articolo 6 della direttiva sottolinea come gli Stati membri, successivamente a essersi scambiati informazioni sulle rispettive valutazioni preliminari, debbano redigere tali mappe, che differiscono tra loro per quanto riguarda l’oggetto delle mappature. Da un lato le mappe della pericolosità contengono la «perimetrazione delle aree geografiche che potrebbero essere interessate dalle alluvione» nella circostanza che vi sia scarsa (tempo di ritorno fino a 500 anni), media (tempo di ritorno tra i 100-200 anni) o

225 Art. 4, comma 2, della Direttiva 2007/60/CE ove sottolinea che: «Sulla base delle informazioni disponibili

o di quelle facili da ottenere, quali i dati registrati e gli studi sugli sviluppi a lungo termine, tra cui in particolare le conseguenze del cambiamento climatico sul verificarsi delle alluvioni, una valutazione preliminare del rischio di alluvioni è effettuata per fornire una valutazione dei rischi potenziali.».

226 A. MURATORI, Recepita con D.Lgs. n.49/2010 la “Direttiva alluvioni”, Sperando che non piova, in Ambiente &

Sviluppo, 6, 2010, p. 508.

227 Art. 4, comma 2, della Direttiva 2007/60/CE sancisce che le valutazioni preliminari del rischio di alluvioni

devono contenere i seguenti elementi: «a) mappe in scala appropriata del distretto idrografico comprendenti i confini dei bacini idrografici, dei sottobacini e, laddove esistono, delle zone costiere, dalle quali risulti la topografia e l’utilizzo del territorio; b) descrizione delle alluvioni avvenute in passato, che hanno avuto notevoli conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche che con elevata probabilità possono ancora verificarsi in futuro in maniera simile, compresa la portata dell’inonda-zione e le vie di deflusso delle acque e una valutazione delle conseguenze negative che hanno avuto; c) descrizione delle alluvioni significative avvenute in passato, qualora si ipotizzi che, in futuro, da eventi dello stesso tipo possano derivare notevoli conseguenze negative; e, in funzione delle esigenze specifiche degli Stati membri, comprende: d) una valutazione delle potenziali conseguenze negative di fu- ture alluvioni per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche, tenuto conto per quanto possibile di elementi quali la topografia, la posizione dei corsi d’acqua e le loro caratteristiche idrologiche e geomorfologiche generali, tra cui il ruolo delle pianure alluvionali come aree naturali di ritenzione delle acque, l’efficacia delle infrastrutture artificiali esistenti per la protezione dalle alluvioni, la posizione delle zone popolate e delle zone in cui insistono attività economiche e gli sviluppi a lungo termine compresi gli impatti dei cambiamenti climatici sul verificarsi delle alluvioni».

228 Art. 13 della Direttiva 2007/60/CE: «Gli Stati membri possono decidere di non svolgere la valutazione

preliminare del rischio di cui all’articolo 4 per i bacini idrografici, i sottobacini o le zone costiere se hanno».

229 Art. 5, comma 1, della Direttiva 2007/60/CE «In base alla valutazione preliminare del rischio di alluvioni

di cui all’articolo 4, gli Stati membri individuano per ciascun distretto idrografico o unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), o parte di un distretto idrografico internazionale situato sul loro territorio le zone per le quali essi stabiliscono che esiste un rischio potenziale significativo di alluvioni o si possa ritenere probabile che questo si generi».

elevata (tempo di ritorno tra 20-50 anni) probabilità di alluvioni230. Dall’altro lato vi sono le mappe di rischio che «indicano le potenziali conseguenze negative derivanti dalle alluvioni»231. Per ciascuna delle mappe devono essere inseriti i seguenti dati: la portata della

piena, la profondità, il livello delle acque e la velocità del flusso delle acque232. Inoltre, le

mappe di rischio di alluvioni devono anche indicare le potenziali conseguenze negative, che sono da esprimersi in termini di numero di abitanti, attività economiche, impianti di smaltimento che ricadono nell’area che potrebbe essere potenzialmente colpita dall’alluvione233. La revisione deve avvenire periodicamente ogni sei anni.

La terza fase, infine, prevede l’elaborazione di Piani di gestione del rischio alluvioni. Come sancito dall’articolo 7 l’elaborazione dei piani è il prodotto delle due fasi precedenti; ossia la redazione avviene sulla base dell’esistenza di mappe, rischi significativi risultanti dalle valutazioni preliminari riferita ad un distretto idrografico o unità di gestione rilevante. Il piano di gestione consiste in delle misure idonee a evitare i rischi di possibili alluvioni, tenendo conto di costi e benefici. In sostanza, come spiega la direttiva, i piani di gestione devono riguardare: «tutti gli aspetti della gestione del rischio di alluvioni, e in particolare la prevenzione, la protezione e la preparazione, comprese le previsioni di alluvioni e i sistemi di allertamento, e tengono conto delle caratteristiche del bacino idrografico o del sottobacino interessato. I piani di gestione del rischio di alluvioni possono anche comprendere la promozione di pratiche sostenibili di utilizzo del suolo, il miglioramento di ritenzione delle acque nonché l’inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale»234.

Si può notare come la direttiva non dia indicazioni precise sulle misure da adottare; saranno poi gli Stati e le autorità locali a dover individuare i piani più adeguati. Si sottolinea come l’individuazione di tali piani a livello locale possa però compromettere gli obiettivi europei, non consentendo un’azione comune a tutti gli effetti235.

Accanto a tali direttive vi è un cospicuo numero di norme che meritano di essere ricordate poiché sono state fondamentali per l’implementazione del Flood risk Management236:

il regolamento del Consiglio dell’Unione europea che ha istituito il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (EUSF)237; la decisione del Consiglio dell’Unione europea che ha istituito un meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della Protezione civile238; la Direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla

prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento239; Direttiva 85/337/CEE del

Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti

230 Art. 6, comma 3, della Direttiva 2007/60/CE. 231 Art. 6, comma 5, della Direttiva 2007/60/CE. 232 Art. 6, comma 4, della Direttiva 2007/60/CE.

233 Art. 6, comma 5, lett. d), della Direttiva 2007/60/CE: «altre informazioni considerate utili dagli Stati

membri, come l’indicazione delle aree in cui possono verificarsi alluvioni con elevato volume di sedimenti trasportati e colate detriti- che e informazioni su altre notevoli fonti di inquinamento».

234 Art. 7, comma 3, della Direttiva 2007/60/CE.

235 M. ALBERTON, M. PERTILE, P. TURRINI, La direttiva quadro 2000/60/CE e la direttiva 2007/60/CE

dell’Unione europea. Attuazione ed interrelazioni con particolare riferimento all’Italia, Napoli, Editoria scientifica, 2018.

236 Il Risk Management ossia la «decisione sul rischio» viene trattata anche da F. D’ALESSANDRO, all’interno

del volume: AA.VV., Protezione civile e responsabilità nella società del rischio. Chi valuta, chi decide, chi giudica, Pisa, Edizione ETS, 2013, p. 19.

237 Regolamento (ce) n. 2012/2002 del Consiglio dell'11 novembre 2002 che istituisce il fondo di solidarietà

dell' Unione europea.

238 Decisione del Consiglio 2001/792/EC che il 23 ottobre 2001 istituisce un meccanismo comunitario inteso

ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della Protezione civile.

239 Direttiva 96/61/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 settembre 1996 che istituisce un

pubblici e privati240; la Direttiva 2003/15/CE241 che modifica la Direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti connessi con determinate sostanze dannose242; la Direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente243 ed infine la Decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome della

Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale244.

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