• Non ci sono risultati.

Tropea, novembre

PARTE IV: UNA TASSONOMIA DELLA GIURISPRUDENZA D

LEGITTIMITÀ E DI MERITO IN BASE AI SOGGETTI RESPONSABILI E ALL’AGENTE EZIOLOGICO DEL DANNO

1. Il Comune e il Sindaco

1.3. Le alluvioni e la giurisprudenza

1.3.1. Tropea, novembre

Di assoluta importanza al fine di verificare l’indirizzo attuale della giurisprudenza civile circa l’aspetto della responsabilità degli enti pubblici (quali Comune e Provincia) per danni a cose e persone occorsi in occasione di eventi idrogeologici tipo alluvioni è la sentenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche presso la Corte d’Appello di Napoli del 06 marzo 2019, n.1258750.

È di interesse anche perché la lettura della medesima sentenza permette di comparare le soluzioni adottate in merito all’istituto del caso fortuito – evento eccezionale di cui all’art. 2051 c.c.- con i pronunciamenti della Corte di Cassazione, sezione quarta, sull’istituto della causa e del concorso di fattori sopravvenuti non prevedibili circa i noti eventi alluvionali di Sarno nel 1998, di Messina nel 2009, di Genova nel 2011, che sono state oggetto di commento approfondito in questo lavoro.

Come si ricorda nella sentenza della Cassazione sull’alluvione di Genova, pubblicata sempre nella primavera del 2019, si era affermato il concetto di prevedibilità dell’evento. Nozione che si era inserita nell’aspetto dell’elemento soggettivo della colpevolezza e concepita quale criterio di attribuibilità dell’evento rischio cagionativo di danno solo laddove l’agente modello (Sindaco) avesse verificato con criterio ex ante l’alta probabilità del verificarsi dell’evento lesivo sulla base di regole d’esperienza, scientifiche e tecniche secondo le regole dell’homo eiusdem professionis et condicionis. Non essendo sufficienti le regole ordinarie, magari quelle del funzionario che non si adegua ai propri doveri, ma quelle migliori di colui che adempie la propria funzione verificando le situazioni di rischio idrogeologico del suo territorio, adotta piani di previsione e prevenzione secondo regole di tecnica e scienza. E così anche nell’emergenza.

Come si vedrà, in questa sentenza si perviene a conclusioni similari però sul piano dell’analisi del concetto del caso fortuito, elemento la cui presenza esclude la responsabilità civile risarcitoria dell’ente ai sensi dell’art. 2051 c.c. Norma attributiva di responsabilità oggettiva dovendo provare il danneggiato il danno, l’appartenenza della cosa produttiva di danno ed il nesso causale relativo. Rimanendo in capo al danneggiante la prova dell’evento eccezionale escludente responsabilità perché da solo determinante a escludere il nesso causale.

Se nella giurisprudenza penale il fattore eccezionale sopravvenuto esclude il nesso di causa e quindi l’attribuibilità dell’evento all’agente, essendo questo un evento che va oltre la prevedibilità dell’homo eiusdem professionis et condicionis, in questa ed in altre sentenze civili si perviene alle stesse conclusioni di esclusione di responsabilità analizzando l’istituto del caso fortuito.

Nel caso in questione il caso fortuito è visto quale evento atmosferico di eccezionale intensità, non inteso in termini astratti e assoluti, ma relativi. Il caso fortuito deve essere posto in relazione alle condizioni della zona (ove si è verificata l’esondazione) e,

soprattutto, alle prescrizioni, date o non date, ivi applicabili da parte dell’autorità alla luce del maggiore o minore rischio dell’evento.

Dovendo il custode - Ente assumere su di sé oneri di tutela della collettività adottando nel caso condotte di previsione e opere preventive di carattere idraulico sui corsi d’acqua.

1.3.1.1. Il fatto

Il 2 novembre 2010, a seguito di incessanti piogge, esondava il torrente che attraversava la città di Tropea e danneggiava parte dell’abitato e anche le campagne, allagando strade; l’onda di piena travolgeva un cittadino che con la propria auto su strada comunale si stava recando nella sua campagna. Ne conseguiva il decesso per soffocamento. Il corpo veniva recuperato sulla spiaggia vicino alla foce.

Il mese precedente vi erano stati altri fenomeni alluvionali similari; inoltre lo stato dei luoghi e dei corsi d’acqua risultava in novembre già compromesso per carente pulizia degli alvei dei torrenti; nonché, le opere idrauliche erano inadeguate e gli stessi canali che permettevano ai torrenti di attraversare le strade per correre verso il mare erano di diametro insufficiente alla raccolta delle acque piovane, a fronte di fenomeni gravi frequenti che di eccezionale ormai avevano e hanno ben poco.

Ricorrevano al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli la vedova e le figlie che chiedevano al Comune di Tropea e alla Provincia di Vibo Valentia il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, ex artt. 2051 cc. e/o 2043 c.c.; costoro assumevano in ricorso che l’evento era occorso in una zona classificata ad alto rischio idrogeologico e che il Comune e la Provincia, competenti sul torrente, non avevano provveduto a strutturare e a mantenere il torrente e l’opera idraulica esistente (attraversamento del torrente su strada comunale).

Resistevano gli enti assumendo che alla base vi fosse la responsabilità della Regione e, la Provincia asseriva fosse in subordine del Comune. E, veniva eccepito dai resistenti il difetto di giurisdizione asserendo che il de cuius fosse stato travolto dalle acque pluviali e non dal fiume in piena. Il tribunale non accoglieva il rilievo motivando che come affermato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di competenza trova applicazione il c.d. principio di prospettazione secondo cui, in base al principio di cui all’articolo 10 c.p.c., la competenza viene determinata in base alla domanda giudiziale e, nel caso si era provato che il decesso era avvenuto per l’onda di piena del torrente demaniale. (Conforme è la sentenza del Tribunale di Modena del 27 marzo 2019, n.464, laddove statuisce che: «la competenza dei tribunali regionali delle acque pubbliche si radica , solo ove la controversia involge questioni sulla demanialità delle acque pubbliche; o sul contenuto o i limiti di una concessione di utenza; o sul diritto nei confronti dell’amministrazione e sulla derivazione o alla utilizzazione delle acque, o incida comunque direttamente o indirettamente, sugli interessi pubblici connessi al regime delle acque; sussistendo negli altri casi competenza degli organi ordinari dell’autorità giudiziaria»)751.

Si qualificava quindi la domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 2051 c.c. e, non ai sensi dell’art. 2043 c.c.; domanda che quindi, in astratto offrirebbe meno difficoltà ai danneggiati in punto di oneri probatori.

Si poneva poi, il problema di deliberare quale delle due parti convenute fosse da ritenersi custode dell’alveo esondato e dell’opera idraulica, pur potendo configurarsi una

responsabilità concorrente ex art. 2055 c.c., rispetto a più condotte concorrenti di enti pubblici alla produzione del danno.

Risolto questo aspetto era poi da verificare se il danneggiato avesse provato oltre alla titolarità attiva, la qualità di custode in capo ai due enti pubblici, l’esistenza e l’entità del danno ed il nesso di causa fra la cosa in custodia ed il danno subito; gravando sul danneggiante l’onere di eccepire e dimostrare la presenza del caso fortuito.

Il Tribunale riteneva che le acque del torrente fossero pubbliche e che gli obblighi di custodia, spettassero ai due enti stante il vigore di DPR. 616/77752 e Leggi successive, anche

regionali, visto che alla Regione spettavano compiti di programmazione, coordinamento e controllo; perdipiù la Regione Calabria ente delegante ebbe a trasferire le risorse alla Provincia e al Comune. Si è determinato che sia la Provincia, sia il Comune fossero da ritenersi custodi dell’alveo e quindi obbligati alla manutenzione e vigilanza (gestione, pulizia idraulica). In particolare, al Comune spettava la manutenzione dell’alveo nel tratto di attraversamento del territorio comunale ove è successo il fatto.

Veniva ritenuta provata la legittimazione delle parti attrice nonché, l’onere di dimostrare il nesso di causalità fra l’opera idraulica in custodia, l’alveo ed il danno; l’evento morte del de cuius per la esondazione del fiume nel mentre, lasciata l’auto nella strada comunale, a piedi stava accedendo al fondo di proprietà. Risultava inoltre provato, secondo le regole della causalità civilistica, il nesso causale fra l’esondazione dell’alveo e la morte per annegamento.

1.3.1.2. Il caso fortuito

È il momento di verificare se i custodi evocati in giudizio (Comune e Provincia) avevano dimostrato la sussistenza del caso fortuito, fattore umano o naturale, idoneo a recidere il nesso causale.

Così recita la sentenza intendendosi caso fortuito:

un fattore causale estraneo al soggetto danneggiante, che abbia un’efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico fra la cosa in custodia e l’evento lesivo, ossia che, procedendo ad una valutazione ex ante, possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento753.

In altri termini deve essere un fattore idoneo a determinare una deviazione della regolarità causale, non in base a soggettive valutazioni dell’agente, ma in base a regole statistico-scientifiche da cui possa trarsi un giudizio di non improbabilità dell’evento.

Già la Suprema Corte di Cassazione (vedi Cass., n.26545/14; Cass. n.5877/16) ebbe a dire relativamente al caso fortuito in un evento alluvionale, che la sussistenza della sua prevedibilità maggiore o minore impone oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano l’Italia, a criteri di accertamento precisi e rigorosi, perché non possono più essere considerati come imprevedibili fenomeni atmosferici sempre più frequenti754.

Non necessariamente una manifestazione di calamità naturale integra un fattore imprevedibile, esonerativo di responsabilità per il custode, dovendosi effettuare un’analisi in concreto delle caratteristiche dell’evento. Si impone per l’interprete di vagliare l’effettiva

752 D.P.R. del 24 luglio 1977, n. 616 - Attuazione della delega di cui all'art. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382. 753 Ibidem.

754 Cass. civ., sez. III, 17 dicembre 2014 n.26545 in Leggi d’Italia; Cass. civ., sez. III, 24 marzo 2016, n.5877 in

imprevedibilità dell’evento analizzando le caratteristiche con accertamenti scientifici, dati pluviometrici et cetera; ricognizioni che devono essere poi poste in relazione con la realtà territoriale specifica, i dati statistici di ritorno dello stesso fenomeno e la soglia di rischio accettata.

Ecco, allora, che in una doverosa relativizzazione del caso fortuito lo stesso

va parametrato alle attese di prevenzione non di chi, installatosi sui luoghi, pretenda protezione da ogni tipo di avversità, ma della comunità cui appartiene, che valuterà se e come contemperare gli interessi di quel singolo consociato con i costi da addossare alla collettività per la sua permanenza in determinati luoghi o per il mantenimento delle condizioni ambientali di tali luoghi, non essendo esigibile la piena tutela di ogni consociato dai disastri dipendenti in via preponderante dalla natura755.

Vi è un duplice criterio interpretativo: scientifico e normativo. In un doveroso bilanciamento fra interessi della collettività e quelli del privato, vi può essere il caso in cui un Comune, esposto a rischio alluvionale, ritenga di farsi carico quale custode delle opere idrauliche che l’alveo venga curato e che privati non vi si insedino nelle vicinanze. La stessa Corte di Cassazione ha più volte ribadito che deve essere visto positivamente a tutela della solidarietà (art. 2 Cost.) anche dei limiti alle condotte dei singoli (Cass. n.2480/18)756.

Si ribadisce poi che il caso fortuito è rilevabile laddove il fattore causale sia idoneo a recidere del tutto il nesso di causalità tra la cosa e il danno. E, quando vi sia una concausa naturale non vi è una esclusione di responsabilità (conforme Cass. n.159991/11; Cass. 8995/15) 757.

In sintesi, nel caso in questione si è trattato di verificare se la res custodita, avuto anche riguardo alle carenze di manutenzione, abbia determinato il danno ovvero se l’evento atmosferico abbia assunto una intensità tale che le medesime conseguenze si sarebbero verificate anche avanti attività doverosa di pulizia dell’alveo da parte del Comune-custode.

1.3.1.3. Il concorso di colpa del danneggiato

Si tratta di un tema che non risulta sviluppato nelle sentenze dalla giurisprudenza penale oggetto di commento, anche di legittimità. È il tema dell’eventuale incidenza della colpa del danneggiato che con la sua condotta negligente ebbe a concorrere nella causazione del danno da egli stesso poi riportato.

In sentenza si asserisce che nella stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali si prescrive che la persona capace di intendere e volere che si espone ad un pericolo che avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, non può imporre alla collettività le conseguenze dannose che derivino dal suo comportamento imprudente.

Si afferma, condividendo costante uniforme orientamento di legittimità, che anche la condotta colposa del danneggiato può essere qualificata come concausa valutabile ex art. 1227 c.c., quale fattore causale idoneo anche a escludere il nesso causale fra cosa e danno. Ecco che si può sostenere che

755 Ibidem.

756 Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2018, n.2480 in De Jure.

757 Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2011, n.15991 in Leggi d’Italia; Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2015, n. 8995 in

laddove l’evento di danno si sia prodotto in una zona a elevatissimo rischio idrogeologico e in relazione ad attività antropiche poste in essere in violazione di prescrizioni imperative, deve valutarsi se il danneggiante, pure capace di intendere e volere, si sia esposto volontariamente ad un rischio percepibile con l’uso della ordinaria diligenza, ponendo quindi in essere una condotta che costituisce causa concorrente o financo esclusiva dei danni eventualmente derivati758.

Ciò, nell’ambito del quadro normativo costituzionale e sovranazionale sul quale poggia il principio del contemperamento fra tutela del singolo e di tutela della collettività.

1.3.1.4. La soluzione del caso

Si decide che i convenuti, i custodi dell’alveo e dell’opera idraulica, non hanno assolto l’onore di dimostrare l’esistenza del caso fortuito. L’evento atmosferico non era eccezionale, anche perché i dati pluviometrici acquisiti hanno dimostrato un’altezza di pioggia inferiore agli eventi di ottobre 2010 e successivi. Si affermava poi che la mancata dimostrazione del caso fortuito rendeva poi irrilevante la dimostrazione della riconducibilità dell’evento alla colposa omissione da parte degli Enti di obblighi manutentivi del torrente. Si risponde infatti, ex art. 2051 c.c.

Si è ritenuto invece sussista una condotta colposa del de cuius che, potendosi rendere conto della gravità dell’evento, ciò nonostante ha percorso pubblica via in prossimità del rio in piena così finendo per perire. La vittima andrebbe considerata concorrente perché sarebbe stata ben consapevole del dissesto idrogeologico. E, valutata l’applicabilità della norma di cui all’art. 1227 c.c. si riconosceva un concorso di colpa del danneggiato qualificato nella misura del 20%. Così, in questi limiti, si accoglievano le domande parti attrice, nei confronti del Comune e della Provincia.

Outline

Documenti correlati