• Non ci sono risultati.

Nesso causale e causalità omissiva

PARTE IV: UNA TASSONOMIA DELLA GIURISPRUDENZA D

LEGITTIMITÀ E DI MERITO IN BASE AI SOGGETTI RESPONSABILI E ALL’AGENTE EZIOLOGICO DEL DANNO

1. Il Comune e il Sindaco

1.1. Le sentenze guida: l’alluvione di Genova e la frana di Sarno 1 Genova, novembre

1.1.3. Sarno, maggio

1.1.3.3. Nesso causale e causalità omissiva

Il nesso causale rappresenta una categoria giuridica, essenziale, imprescindibile al fine dell’imputazione di un danno al suo autore660. Sia in sede penale sia in sede civile.

intense si forma un’intercapedine di acqua tra i due strati e si crea un cuscinetto di scivolamento. Data la particolare conformazione geologica del terreno, fondamentale per assicurare un buon drenaggio delle acque piovane è la presenza della vegetazione boschiva spontanea e del sottobosco, e di una rete di canali. Alberi d’alto fusto, quali castagni e querce, con il sottobosco a essi associato, svolgono un ruolo decisivo per la stabilità dei versanti, attutiscono l’impatto dell’acqua piovana sul suolo assorbendone una parte e rallentandone la velocità di caduta, compattano lo strato più superficiale del suolo […] Sul versante di Sarno il calo della superficie boschiva risale agli anni Ottanta, con numerosi incendi che hanno privato completamente le pendici di vegetazione (gli ultimi nei mesi di luglio e agosto del ’97). […] Distruzione della vegetazione spontanea e del sottobosco per incendi e per sostituzione con colture più redditizie, mancanza di manutenzione della risorsa boschiva, mancanza di manutenzione e pulizia dei canali di drenaggio e della rete idrografica, sia a valle che a monte: questi gli elementi antropici che hanno fatto scivolare su un cuscinetto di acqua lo strato di materiale piroclastico dalle montagne a valle, rendendo possibile la formazione di quella colata di fango assassina che ha travolto interi paesi. […] La frana del 5 maggio è esemplare non solo come prova evidente di decenni di malgoverno del territorio, ma anche per i tanti, troppi ritardi verificatisi nella gestione dei soccorsi».

660 In dottrina un’articolata riflessione in merito alla nozione di nesso causale e agli approcci usati dalla

dottrina per la sua determinazione, quali causalità giuridica e materiale si veda: G. VISINTINI, Causalità e

danno, in Contratto e impresa,2015, 2, 262;F. ROLFI, Il nesso di causalità nell’illecito civile: La Cassazione alla ricerca di

un modello unitario, in Corriere Giur., 2006, 2, 257;M. CRIVELLIIl nesso di causalità nella responsabilità civile, in Corriere Giur., 2014,5, 695. In dottrina in relazione al criterio del criterio del “più probabile che non” si veda:

G. VANACORE, Nesso di causalità, probabilità, causalità nel diritto, in Danno e resp., 2013, 10, 1018; S. ALUNNI,

Prova in materia civile- il" più probabile che non" e la contumacia come non contestazione, in Giur. It., 2016, 2, 357, analisi

della sentenza Trib. Monza, 30 novembre 2015, e del principio del “più probabile che non” in tema di accertamento causale tra condotta illecita ed evento di danno. P. ROBERTO,Causalità civile e probabilità: spunti per una riflessione, in Danno e resp.,2008,1,43. Si veda anche M. CRIVELLI,Il nesso di causalità nella responsabilità civile, in Corriere Giur., 2014, 5, 695. Tratta approfonditamente del tema anche la nota a sentenza di R. F.

IANNONE, Nesso causale: alla ricerca di un modello unitario (rilievi critici), in Resp. Civ, 2010, 8-9. Analogo anche il commento alla normativa di G. ANZANI,Causalità omissiva e causalità incerta alla luce della buona fede oggettiva, in Nuova Giur. Civ., 2016, 6, 941, tratta approfonditamente della causalità omissiva alla luce degli artt. 40, 41 c.p.

e 2043 c.c. Interessante anche, per quanto riguarda l’applicazione del medesimo criterio nell’ambito della gestione ambientale, il commento alla normativa europea e nazionale di L. PRATI, L’accertamento delle responsabilità ambientali e le recenti decisioni della corte di Giustizia, in Ambiente e sviluppo, 2010, 6, 540. Per una

Dalla lettura dell’articolo 2043 c.c. si incontrano alcuni ostacoli interpretativi data la peculiarità che caratterizza il fatto omissivo rispetto al fatto commissivo; infatti, mentre le azioni riferibili ad un soggetto sono astrattamente determinabili, le omissioni che possono essere imputate a costui sono infinite.

Così nel penale: nel reato omissivo improprio, come quello commesso dal Sindaco nel caso in questione, non vi è un’azione posta in essere dall’agente; la causalità omissiva non può che avere una origine normativa nel senso che deve esistere un obbligo di agire

aliunde previsto che riconsenta di collegare l’evento dannoso alla condotta passiva del

soggetto661.

La stessa dizione letterale della norma dell’art. 2043 c.c. che fa riferimento al “fatto” nulla dice in tema di omissione. Nel nostro codice civile manca una specifica definizione di nesso di causalità; l’unico riferimento si rinviene nell’articolo 2043 c.c. e nell’articolo 1223 c.c. che subordina il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante alla condizione che questi siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o del ritardo nell’esecuzione della prestazione.

Ai fini di una più completa determinazione del nesso di causalità in sede civilistica si riprendono principi espressi nelle norme dettate dagli articoli 40 e 41 del codice penale, riguardanti l’accertamento della serie causale in ambito penalistico e il problema del concorso di cause.

In giurisprudenza e in dottrina da sempre si fa riferimento all’articolo 40 comma 2 del codice penale; il quale sancisce che «non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo»662.

Si tratta di una costruzione giuridica che si caratterizza per una “equivalenza della causalità”; non per niente la norma di cui all’articolo 40, comma 2, c.p. utilizza la locuzione

disanima più completa, con riferimento alle considerazioni del nesso di causalità e ai casi di responsabilità della Pubblica Amministrazione da cose in custodia si veda R. BREDA,Danni da cose in custodia: pericolosità e nesso causale, in Nuova Giur. Civ., 2010, 9, 10940. In tema di nesso di causalità e caso fortuito: A. P.

BENEDETTI, La responsabilità da custodia della pubblica amministrazione. Variazioni sul tema tra caso fortuito e potere

del custode sulla cosa, in Danno e resp., 2012,10, 965; L. FRUMENTO,Allagamento di strade, danni, valutazione equitativa, in Danno e resp.,1996, 3, 354. In particolare, con riguardo all’approccio probabilistico della causalità

omissiva e l’accertamento del nesso causale nell’ordinamento penale e civile, in tema di danno da trasfusione, si vedaR. BLAIOTTA, Causalità e colpa: diritto civile e penale si confrontano, in Responsabilità civile, 2009,3; G. TRAVAGLINO, Causalità civile e penale: modelli a confronto, in Corriere Merito, 2008, 6. In dottrina sul generale tema del nesso di causalità, si esprime anche P. CEDON,Responsabilità civile-Volume secondo, Milano, 2017,

2895 e M. BARCELLONA,Chance e causalità: preclusione di una virtualità positiva e privazione di un risultato utile, in Europa e Dir. Priv., 2011, n. 4.

661 La Suprema Corte ha sancito in plurime occasioni la necessità di individuare un obbligo giuridico,

specifico o generico, in capo all’amministrazione, al fine di configurare in capo alla stessa una responsabilità per una condotta omissiva. Infatti, affinché un soggetto sia responsabile per una condotta omissiva, dev’essere configurabile in capo a costui un obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso. Nella giurisprudenza di legittimità, ex multis, si veda: Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2006, n.20328, in Foro it., Rep. 2006, voce Responsabilità civile, n.230, con riguardo al problema della impossibilità di ricostruire una serie causale se non sulla base di un obbligo giuridico o specifico di tenere la condotta che avrebbe determinato gli effetti di cui si constata la mancanza. Analoghe le sentenze della Cass. civ., sez. II, 12 marzo 2012, n.3876, in

Foro it., Rep. 2012, voce Responsabilità civile, n.238; Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2005, n.13957, in Foro it., Rep.

2005, voce Responsabilità civile, n.314; Cass. civ., sez. III, 31 marzo 2007, n. 8051, in Foro it., Rep. 2008, voce

Responsabilità civile, n.218. Inoltre, come sancito in Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2012, n.2085, in Foro it., Rep.

2012, voce Responsabilità civile, n.250; in Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2011, n.15709, in Foro it., Rep. 2011, voce

Responsabilità civile, n.255 e in Cass. civ., sez. II, 19 novembre 2004, n.21894, in Foro it., Rep. 2004, voce Responsabilità civile, n.216, (il giudice, nell’accertare il giudizio causale in tema di responsabilità omissiva, deve

in primis verificare che l’evento non si sarebbe verificato se l’agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostogli).

“equivale”. Non impedire significa cagionare. Ecco che si dice che la imputazione è da collegarsi alla violazione di un obbligo di agire, di impedire il verificarsi di un evento: è questa la violazione di un obbligo di garanzia. Si tratta quindi di una costruzione normativa, e non naturalistica, di imputazione dell’evento.

È pertanto necessario che si vada ad individuare nei casi di inerzia di un soggetto, a fronte di una situazione che egli aveva il dovere e il potere di modificare, quale sia stata la fonte del dovere in una ottica di garanzia; in altri termini si deve accertare la sussistenza o meno di una doverosità dell’azione da parte del responsabile663.

Ecco, allora, l’ulteriore conseguenza imposta all’interprete: nei reati omissivi siffatti si impone la necessità di individuare la condotta positiva, che se posta in essere, avrebbe evitato il prodursi dell’evento. E con un giudizio controfattuale ex ante alla verificata condotta omissiva; tant’è che se si prova che l’evento si sarebbe verificato lo stesso, nonostante l’adozione di tutte le precauzioni del caso secondo la migliore scienza e tecnica, l’evento non potrebbe essere addebitato all’agente.

E, siccome nei reati omissivi ci si trova davanti ad un “nulla”, ne consegue che le condotte doverose che avrebbero potuto impedire l’evento devono essere rigorosamente ricostituite, considerando il caso concreto, casi simili e utilizzando criteri scientifici664.

La sentenza di legittimità penale oggetto di commento (Cassazione, sez. IV, n.16761 del 2010) è esplicativa dei principi logico-giuridici condivisi oggi dalla giurisprudenza penale, al fine di determinare il nesso causale tra condotta omissiva ed evento665. Non da

meno solo le sentenze n.19507 del 2013 e n.33577 del 2011, che sono esplicazione del principio di diritto esternato dall’intervenute Sezioni Unite penali con la sentenza della Cassazione n.30328 del 2002666.

Si condivide questo orientamento.

Pur sempre nell’ottica di un paradigma condizionalistico occorrerà verificare se, qualora si fosse tenuta la condotta doverosa e diligente, il singolo evento di danno non si

663 Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2006, n.20328, in Foro it., Rep. 2006, voce Responsabilità civile, n.230,

riguardante il problema della causalità omissiva, che postula l’individuazione di un obbligo giuridico di agire, sia specifico o generico.

664 Cass. pen., sez. IV, del 2 aprile 2007, n.21597 in De Jure. 665 Cass. pen., sez. IV, 03 maggio 2010, n.16761, in Leggi d’Italia.

666 Cass. pen., sez. III, 26 marzo 2013, n.19507, in De Jure; Cass. pen., sez. IV, 13 settembre 2001, n.33577, in

Leggi d’Italia e Cass. pen., sez. un., 11 settembre 2002, n.30328, in Leggi d’Italia (cd. Sentenza Franzese). La

novità della sentenza Franzese è data dal fatto che: «il giudice può ritenere inesistente il nesso causale nonostante che la legge scientifica applicabile esprima una probabilità vicina alla certezza. Anche di fronte a leggi del genere la probabilità logica non è integrata qualora vi sia un ragionevole dubbio che nel caso concreto, date tutte le sue peculiarità, la legge non abbia operato e, viceversa, siano intervenuti fattori causali alternativi che hanno cagionato l'evento. Per contro, ma corrispondentemente, il giudice può ritenere che esista il rapporto di causalità fondato sulla probabilità logica anche qualora venga in gioco una legge scientifica a bassa predittività, purché in tali casi, sempre alla luce di tutte le risultanze, appaia provato oltre ogni ragionevole dubbio che esiste un rapporto causale. Come è noto, il giudice deve escludere con certezza che l'evento sia causato da altri fattori (c.d. procedimento per esclusione). In tali casi, la prova può essere raggiunta anche con l'ausilio di massime di esperienza che inducono a ritenere applicabile la legge scientifica con riferimento al caso concreto o che fanno ritenere assenti altri fattori. L'indicazione della sentenza Franzese è chiara: occorre calare nel processo l'accertamento del nesso causale senza lasciarsi ingannare dalla peculiarità dell'accertamento, che richiede l'applicazione di leggi scientifiche. Altro è la validità statistica astratta della legge, altro è l'esistenza in concreto del nesso causale oltre ogni ragionevole dubbio. Il rapporto di causalità è un elemento oggettivo del reato e, come tutti gli altri elementi, non si sottrae al quantum e al quomodo dell'accertamento processuale, che esige l'esistenza di una probabilità logica dotata di alta credibilità razionale». Sul puntoP. TONINI, L’influenza della sentenza Franzese sul volto attuale del processo penale, in Dir. Pen. e processo, 2012,10,1225.

sarebbe verificato o si sarebbe verificato ma in epoca posteriore e/o con minore intensità lesiva.

La Suprema Corte nella sentenza oggetto d’analisi suggerisce che la valutazione probabilistica debba essere analizzata in concreto e nella sua sede propria che è quella dell’accertamento della connessione causale nella specificità di ciascun caso considerato.

Con le sentenze di legittimità relative agli eventi atmosferici di Sarno e di Genova si rimarca la necessità di una indagine giudiziaria che sulla base delle più accreditate conoscenze scientifiche sia focalizzata ad una attenta raccolta e valutazione di tutte le emergenze fattuali disponibili in ordine allo specifico caso oggetto del giudizio.

In altri termini, pur nel solco del criterio della cosiddetta elevata probabilità logica, ovvero di alta credibilità razionale giuridica, è importante il metodo dell’indagine. Ecco perché nell’ambito della tematica oggetto della sentenza in rassegna si sono andati a enucleare alcuni principi di diritto che impongono di verificare se il Sindaco e/o il Prefetto abbiano agito quali agenti modello (homo ejusdem professionis et condicionis), sulla base della conoscenza di leggi scientifiche dell’accertamento e della prevedibilità dell’evento compiuto secondo criteri di elevata credibilità razionale.

A mio avviso così deve essere interpretato il nesso causale relativamente a condotte omissive proprie della Pubblica Amministrazione che abbiano cagionato danni ai cittadini. Si dovranno conoscere relativamente al caso specifico oggetto di accertamento tutte le leggi scientifiche, le leggi statistiche, le leggi universali che regolamentano o interpretano un certo fenomeno, solo così si può evitare l’arbitrio sotteso alla difficoltà operativa data dalle genericità della norma.

La giurisprudenza civile non sempre ha seguito l’orientamento sopra rappresentato dalla Suprema Corte penale nella nota sentenza Franzese, dato che ha stemperato gli indici dettati e improntati ad un alto o elevato grado di credibilità razionale o di probabilità logica asserendo per esempio in tema di responsabilità medica avesse valenza la cosiddetta “perdita di chance”; tale concetto sposta la rilevanza della percentuale di probabilità di conseguire il bene vita da un accertamento della causalità in fatto a quello dell’entità del danno risarcibile.

In giurisprudenza civile si è sostenuto, anche sul presupposto che la tutela civile differisce dalla repressione penale, che è sufficiente per l’accertamento del nesso eziologico nella materia de qua adottare i criteri della “sufficiente probabilità” e /o “della preponderanza dell’evidenza” o “del più probabile che non”667.

667R. BLAIOTTA,Causalità e colpa: diritto civile e penale si confrontano, in Resp. civ., 2009, 3, 261. Il criterio

recentemente applicato dalla tendenza giurisprudenziale, sia di legittimità sia di merito, al fine di determinare il nesso di causa, è il criterio del “più probabile che non”. Tale criterio è stato introdotto dalla sentenza di Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, in Foro it., Rep. 2008, voce Responsabilità civile, n.219, ove si è statuito che il criterio del “più probabile che non” si attesta sul versante della probabilità relativa ed è caratterizzata dall’accedere ad una soglia di probabilità meno elevata rispetto a quella richiesta in sede penale. Il giudice dovrà quindi, sorretto da una congrua motivazione, ritenere “più probabile che non” l’esistenza del nesso di causa tra il comportamento omissivo di un soggetto (nella specie del sanitario) e le lesioni subite dal danneggiato. Tale criterio è stato poi ripreso dalla giurisprudenza successiva, quale dalla Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 576, in Foro it., Rep 2008, voce Responsabilità civile, n.220, in extenso in Cass. pen., 2009, 69 con nota di R. BLAIOTTA, Causalità e colpa: diritto civile e diritto penale si confrontano. Nella medesima nota l’autore affronta il tema della causalità, quale elemento comune tra ordinamento penale e civile. Analizzando in primo luogo la colpa nella responsabilità penale, in quella civile e soffermandosi infine sul concetto di causalità omissiva, quale egli definisce come categoria astratta ed ipotetica. Tale criterio viene applicato anche nella responsabilità della Pubblica Amministrazione nel caso del disastro aereo di Ustica in Cass. civ., sez. III, 05 maggio 2009, n.10285, in Foro it., Rep. 2009, voce Responsabilità civile, n.225. Nella giurisprudenza di legittimità tale criterio è stato seguito inoltre in Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2009, n.10741, in Foro it., Rep. 2009, voce

In dottrina c’è chi, come Anzani, che, al fine di rendere più stringente e meno discrezionale il dato interpretativo del nesso causale in fatto omissivo, afferma essere necessario richiamarsi al principio della buona fede oggettiva che è sotteso a tutto il codice civile668. Secondo l’autore tale principio è un derivato del principio costituzionale di cui

all’articolo 2 della Costituzione, concernente il principio della solidarietà sociale. In sintesi, la buona fede dovrebbe essere il criterio interpretativo di tutte quelle situazioni in cui, sussistente una posizione di garanzia, si esige il compimento di tutte quelle specifiche attività a tutela di diritti altrui, di cittadini e soggetti deboli.

Questa concezione, a mio avviso, può portare l’interprete anche all’istituto del “contatto sociale”, dato che se la nostra Carta Costituzionale enuclea il principio di solidarietà e impone un qualificato comportamento attivo a protezione di terzi è ovvio che si viene ad instaurare una relazione tra responsabile e danneggiato che consente di individuare il soggetto che ha il dovere attuale di attivarsi e, in caso di omissione si ha modo di individuare la sussistenza di una responsabilità e correlativo dovere di risarcimento.

Outline

Documenti correlati