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Soggetto I soggetti sono dei conferitori di senso, dotati di capacità e competenze riflessive in grado di apprendere

TRA PRAGMATICA E CONVENZIONI SOCIALI: L'EPISTEMOLOGIA DELLA RICERCA

5. Gli obbiettivi conoscitivi di questa ricerca

A questo punto, delineati i fondamenti con cui ci approcciamo allo studio della realtà sociale, è arrivato il momento di rendere noti gli obbiettivi che ci siamo prefissi di raggiungere in questa fase del percorso. Innanzi tutto, essendo questo un percorso di ricerca dottorale, in cui l'impegno formativo si unisce all'ambizione della pratica della ricerca, il fine principale è stato quello di conoscere a fondo i rudimenti teorici della sociologia ed apprenderne metodi, tecniche e strumenti per la realizzazione di uno studio empirico innovativo e coerente con la prospettiva della disciplina. Gli obbiettivi operativi, invece, si sono suddivisi in due tipi: generali e specifici. In armonia con il fine dello studio, entrambi questi obbiettivi hanno risposto sia all'esigenza di riconoscere nella realtà empirica le evidenze della teoria presa a riferimento, sia al desiderio di esplorare un campo sociologicamente fertile come quello morale. L'intento esplorativo ha preso vita attraverso un duplice movimento d'indagine qualitativo-quantitativo, che si è concretizzato in un disegno di ricerca sequenziale-esplorativo (Niero, 2008). Nello specifico, la sequenza esplorativa ha visto il concatenarsi di tre fasi di ricerca distinte tra loro, ma al contempo profondamente intrecciate in un rapporto lineare di apprendimento e scoperta.

La prima fase ha riguardato lo studio e la circoscrizione dell'ambito d'indagine, la seconda la definizione della prospettiva teorico-metodologica, l'individuazione del caso di studio e la raccolta dei dati, la terza la loro analisi e sintesi. Ognuno di questi tre momenti ha avuto un suo obbiettivo specifico da raggiungere. La conclusione della prima fase, con il conseguimento del suo obbiettivo specifico, ci ha permesso invece di determinare l'obbiettivo generale che ha caratterizzato trasversalmente il resto del percorso di ricerca: esplorare la relazione esistente tra la sfera

normativa e l'azione sociale nel campo della redistribuzione della ricchezza. Questo obbiettivo di

sfondo è stato declinato a sua volta in obbiettivi più specifici che si sono delineati nel corso dell'indagine, sopratutto grazie al potenziale euristico scaturito dall'incessante sovrapporsi e scomporsi dei momenti di raccolta, analisi e sintesi dei dati. Tuttavia, teniamo a precisare che questo obbiettivo generale non è al momento generalizzabile, anche sé racchiude in sé questa inevitabile tensione scientifica. Cioè, esso non è da intendersi in senso assoluto, come se fosse stato possibile per noi operare una ricerca su di un intera popolazione o su un suo campione

statisticamente rappresentativo. Dunque, nessuna intenzione nomotetica, ma piuttosto il genuino desiderio di esplorare una dimensione della razionalità umana che contraddistingue profondamente l'agire sociale della nostra specie. Per questo motivo, in questa occasione, è bastato servirci di un piccolo campione tipologico-fattoriale, la cui ricostruzione grammaticale ci consentirà in seguito di aprirci verso più significativi orizzonti di ricerca.

Alla luce dell'oggetto di studio, cioè del senso morale degli attori nelle situazioni di coordinamento afferenti il mondo comune della redistribuzione, è stato necessario prendere sul serio non solo l'importanza della razionalità morale, ma anche i requisiti necessari a metterla in pratica per risolvere le situazioni di disputa (Boltanski, Thévenot, 2006). Perciò, limitandoci alla disputa che concerne la sfera redistributiva, abbiamo individuato tre obbiettivi specifici di ricerca. Ognuno di essi mira rispettivamente a:

1) Costruire un modello analitico con cui poter descrivere le giustificazioni che gli attori sociali impiegano nel processo morale (inteso come un'infinita sequenza dialettica tra soggetto e società) → cioè, provare a realizzare uno schema utile a poter individuare le convenzioni ed i principi di giustizia grazie ai quali alcuni attori post-fordisti (quelli del nostro caso di studio) dirimono le controversie e trovano un accordo sul chi e sul come della redistribuzione della ricchezza

◦ Questo obbiettivo risponde all'intento di esplorare il modo con cui le disposizioni normative soggettive (o ciò che potremmo anche chiamare struttura morale individuale) nel campo della redistribuzione della ricchezza influiscono sulla formazione del giudizio e, quindi, dell'agire sociale

2) Identificare i requisiti della razionalità morale grazie ai quali gli attori applicano e modificano il proprio senso morale nel corso di un'esperienza morale → cioè, trovare e descrivere sia le competenze morali che i soggetti mettono all'opera durante il processo d'interpretazione, sia le componenti oggettive che caratterizzano la situazione

◦ Questo obbiettivo risponde all'intento di esplorare la dinamica della moralità, portandone alla luce gli elementi trasformativi. Questi elementi connotano l'esperienza morale e mostrano in tutta la sua profondità la natura sociale degli obblighi morali. Questo obbiettivo, inoltre, obbedisce alla richiesta euristica che Boltanski e Thévenot avanzano in conclusione della loro opera, dove invitano i ricercatori a cimentarsi nel tentativo di provare a costruire un modello dinamico del senso di giustizia, cioè, del senso morale.75

3) Indagare l'eventuale presenza di associazioni tra delle caratteristiche socio-economiche oggettivamente rilevabili che influenzano l'agire sociale (background familiare, educazione, posizione lavorativa, status economico, ecc.) e le convenzioni → cioè, provare ad individuare dei possibili legami tra delle componenti strutturali ed il tipo di senso morale manifestato dai soggetti

◦ Questo obbiettivo risponde all'intento di esplorare l'esistenza di possibili correlazioni tra le condizioni sociali e la sfera morale soggettiva, con lo scopo di produrre in seguito ipotesi di ricerca più solide da verificare su scala più ampia. Questa attenzione

quantitativa ai limiti dell'azione sociale (come Boltanski e Thévenot chiamano i

condizionamenti oggettivi) è forse il momento più esplorativo di tutta la ricerca. Infatti, 75 «Lo studio della facoltà di giudicare e della struttura formalizzata dei giudizi è indispensabile per l'analisi del senso di giustizia. Ma non è esaustiva di questa analisi, poiché non prende in considerazione la tensione che grava sul senso di giustizia. Per continuare lo studio del senso di giustizia, dobbiamo ricercarlo nelle operazioni che formano la trama della vita quotidiana. L'elaborazione di un modello dinamico dovrebbe rendere possibile includere sequenze che sono sfuggite all'analisi finora, perché le rotture che implicano conferiscono un'apparenza caotica ai movimenti delle persone, dalla riconciliazione alla crisi, dalla tolleranza alla disputa, dal giudizio all'oblio» (Boltanski, Thévenot, 2006, pp.357-358).

non risponde solamente all'esigenza teorica di non sottovalutare i vincoli materiali dell'agire umano,76 ma rappresenta il tentativo di connettere l'analisi dinamica del senso

morale con gli elementi strutturali della situazione sociale. Ciò, costituisce il primo passo verso un'ulteriore elaborazione inferenziale, che consisterà nella possibilità di abbozzare delle ipotesi sull'esistenza ed il funzionamento di nessi tra la processualità della razionalità morale (esemplificata dal modello dinamico) e le condizioni strutturali in cui essa si genera. Tutto questo, crediamo sia fondamentale per poter indagare la funzione profonda che svolgono certe convenzioni sociali nel regolare e coordinare l'integrazione sociale all'interno del mondo comune della redistribuzione.

Inoltre, in ultima analisi, la rilevanza esplorativa di questo studio è stata ricondotta ai requisiti funzionali che crediamo debbano essere connaturati ad ogni ricerca sociale. Si è cercato così di rispondere alla domanda pratica che ci si era posti all'inizio di questo percorso: come poter sviluppare una nuova euristica utile a fornire nuove conoscenze per ripensare il contratto sociale? In questo senso, in sede di sintesi dei risultati sarà altresì possibile cercare di sfruttare le evidenze emerse per provare a raggiungere obbiettivi che travalicano l'hic et nunc della presente ricerca. Infatti, la commistione di evidenze provenienti dalla ricerca empirica con quelle derivanti dalla letteratura, ci metterà nella condizione di poter produrre sia delle indicazioni utili a livello disciplinare, sia delle considerazioni di uso pratico per i policy makers ed i tecnici delle politiche sociali. Naturalmente, come già accennato, la speranza di fondo è che in un bilancio finale tra costi e benefici, questi ultimi prevalgano. Ciò significa che intendiamo mettere in chiaro come le analisi condotte non abbiano nessun intento di universalizzazione o di generalizzazione. Come Boltanski e Thévenot ci mettono in guardia dal fare un uso improprio del loro modello, ad esempio trasformandolo in un modello esplicativo generalizzato del comportamento umano (Boltanski, Thévenot, 2006, p.346). Allo stesso modo, noi riconosciamo i numerosi limiti teorici della nostra ricerca, insiti nel focus epistemico sulla figura dell'individuo moralmente responsabile proposta dall'EC, che non ricopre che in parte la pluralità dei possibili stati delle persone (Breviglieri, 2006). Al lettore però appariranno evidenti altri limiti tecnici. A partire dalle restrizioni di tempo, di risorse cognitive ed economiche che affliggono una ricerca auto-condotta, passando per le costrizioni dovute alle difficoltà di comprensione interpersonali intrinseche ad un ambito di ricerca così poco diffuso, indefinito e soggetto a forti prese di posizione etico-normative anche a livello disciplinare, per finire alle mille peripezie a cui il flusso incessante degli eventi della vita ci mette davanti in questi tempi di incertezza materiale. Senza dimenticare che, essendo questo il risultato di un lungo percorso di apprendimento, anche l'uso della teoria dell'EC ne ha risentito. Infatti, anche l'EC è stata uno dei frutti a cui siamo pervenuti circa a metà del percorso dottorale, e ciò non ci ha permesso di approfondirne ulteriormente peculiarità e sviluppi. Per questi motivi, le affermazioni riguardanti le evidenze che si dimostreranno rimangono scevre da qualsiasi velleità totalizzante. Tuttavia, se l'umiltà intellettuale e l'idea di realizzare un prodotto utile, sia euristicamente che tecnicamente, saranno state adeguatamente concretizzate dall'approccio esplorativo adottato, allora potremo dire che tutte le limitazioni di cui esso soffre saranno servite a qualcosa.

6. Riepilogo e conclusioni

Come funziona la relazione morale alla luce dell'approccio teorico che abbiamo adottato? E con quali termini specifici siamo in grado di indicare i vari elementi di questa relazione? Questo capitolo si è aperto fornendo una risposta a questi interrogativi. L'esemplificazione del processo relazionale che abbiamo definito moralità, ci ha condotto verso la necessità di chiarire il significato 76 «[...] la pratica degli attori può essere trasposta in una bella esposizione scientifica correndo il rischio di una distorsione. Ma fermandosi all'analisi della giustificazione, non corriamo il rischio di distanziarci dai limiti dell'azione, producendo dei giudizi di giudizi?» (Boltanski, Thévenot, 2006, p.356).

del lessico di cui ci serviremo (mutuato dall'EC), e dei concetti a cui esso rimanda per lo studio del senso morale. Gettate le fondamenta per una comune base linguistica, abbiamo riconosciuto l'importanza di delineare con maggiore dovizia le peculiarità del campo d'azione sociale che stiamo indagando, alla luce del quadro teorico dell'EC. Così, il mondo comune della redistribuzione, inteso come quel complesso intreccio di significati che riveste nell'immaginario collettivo la sfera della reciprocità materiale, ci ha condotto a declinare al suo interno anche l'accezione specifica del senso morale che andremo ad analizzare. Solo a questo punto è stato possibile definire in modo univoco gli obbiettivi euristici della ricerca. Perciò, abbiamo individuato tre obbiettivi specifici che, a cavallo dei paradigmi interazionista e strutturalista, ci hanno consentito di esplorare la natura ed il funzionamento della razionalità morale, alla luce del problema empirico da cui questo lavoro ha preso pragmaticamente le mosse: aprire la strada verso un modo innovativo di leggere il fenomeno istituzionalizzato della reciprocità materiale. Dunque, delineato il quadro epistemologico entro cui ci muoviamo ed articolati gli obbiettivi che ci siamo prefissi di raggiungere euristicamente, è giunto per il momento di rivolgerci la stessa domanda che Boltanski e Thévenot si sono posti in De la

Justification: «Dove si può guardare per studiare la relazione tra i principi dell'azione e la loro implementazione?» (Boltanski, Thévenot, 2006, p.148). La prossima tappa del presente lavoro

costituirà proprio la risposta a questa domanda. Infatti, prima di esporre le caratteristiche metodologiche con cui si è svolta empiricamente la ricerca, riteniamo sia opportuno introdurre il lettore alla conoscenza del caso di studio di cui essa si è servita: la sperimentazione del Reddito di

Capitolo 6

L'AFFAIRE MAG6 ED IL REDDITO DI ESISTENZA (RdE)

1. Premessa

Per studiare la relazione tra i principi dell'azione e la loro implementazione pratica ci serviremo del caso di studio: sperimentazione del Reddito di Esistenza (RdE) Mag6. Questo caso costituirà al contempo un importante forma analitica di cui ne rinveniamo i connotati nella letteratura convenzionalista. Prenderemo cioè in considerazione un'esperienza in cui verrà messa in pratica una prova (a cui però tutto non è riducibile), grazie alla quale gli attori coinvolti si sono potuti confrontare, coordinare e giungere ad un accordo. Lo studio di una simile esperienza morale, relativamente alla sfera della redistribuzione, sarà tanto più profondo e dirompente, e quindi la sua risalita in generalità tanto più ardua ed elevata, quanto più la questione riguarderà individui con modalità di vivere questo mondo comune lontane tra loro. Nelle pagine che seguono faremo la conoscenza della realtà Mag6, delle caratteristiche della sperimentazione sul RdE, del concetto stesso di RdE ed, infine, del come tutto ciò rientri all'interno del disegno metodologico del nostro lavoro.

2. La Mag6

Nel 1978 a Verona nasce la prima cooperativa Mag (Mutua Auto Gestione), sulle ceneri di una precedente Società Operaia di Mutuo Soccorso sorta per rispondere all'esigenza di finanziare un progetto di continuità lavorativa per una fabbrica in fallimento e per un'azienda agricola demaniale. Vede così la luce per la prima volta nel nostro paese un'istituzione sociale, fondata sul modello cooperativo, che si colloca oltre (e non contro) le ragioni ed i meccanismi del sistema creditizio capitalista. Le Mag si propongono perciò come soggetti “ponte”, che mettono in comunicazione diretta i risparmiatori ed i finanziati, chi da capitale e chi lo riceve, sulla base di rapporti fiduciari e non meramente commerciali. Dunque, le Mag divengono la manifestazione concreta all'interno di una società capitalista moderna di: «[...] un passaggio epocale per ciò che concerne lo sguardo sul

denaro: da una connotazione simbolica (emblema di un sistema di sfruttamento degli uomini, della natura, elemento contaminante proprio del sistema capitalistico) ad una pragmatica (strumento che può essere utilizzato per scopi molto differenziati)» (Prette, 2001, p.12). La natura pragmatica e

sociale dello strumento Mag le rende delle realtà trasversali e culturalmente eterogenee, che accolgono fin da subito il contributo sia del mondo cattolico, sia di quello antagonista degli anni '70. L'idea comune, infatti, è quella di non operare una critica tout court in netta contrapposizione al sistema creditizio tradizionale o all'esistenza del denaro come equivalente universale. Piuttosto, le diverse anime delle Mag mettono in pratica una testimonianza viva su come sia possibile prestare denaro per generare lavoro e benessere al di fuori dei canoni utilitaristici apparentemente indiscutibili del profitto e della garanzia patrimoniale. Negli anni che seguono la genesi veronese, nascono così nel nord Italia altre otto realtà pronte a dar voce alle esigenze creditizie di tutti coloro che, portando avanti progetti imprenditoriali ad alto valore aggiunto sociale ed ambientale, difficilmente avrebbero potuto avere accesso a fonti di liquidità (e quindi di fiducia) da parte del sistema finanziario tradizionale.77 La fase propulsiva di queste realtà affonda le sue radici

77 Mag1 Verona, Mag2 Milano, Mag3 Padova (che confluirà in Etimos), Mag4 Torino, Autogest Udine, Mag6 Reggio Emilia, Mag7 Genova (non più esistente), Mag8 Venezia.

nell'atmosfera sociale antagonista e critica della fine degli anni '70 e degli anni '80, agli albori dei processi di trasformazione del mondo del lavoro e di globalizzazione delle economie planetarie. Ciò significa che, mutando il contesto sociale e produttivo in cui le Mag sono nate, sono cambiate anche le esigenze e le modalità di fare finanza a cui esse si rivolgono. Un cambiamento che ha la sua origine nella trasformazione del rapporto dialettico lavoro-capitale, e che è perfettamente riassunto dalla formula marxiana del passaggio dal sistema capitalista fordista M-D-M a quello post-fordista D-M-D.78 Un cambiamento che pone importanti sfide allo sviluppo e alla sopravvivenza delle Mag

stesse, in primis dal punto di vista culturale e comunicativo.

In ogni modo, l'attività finanziaria mutualistica e solidale rimane il perno attorno a cui ruotano le diverse anime e le differenti pratiche di tutte le Mag. Questa attività è racchiusa in queste principali caratteristiche distintive:

1. creazione di un legame diretto tra creditore e debitore fondato sulla relazione e sula

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