Raccolta ed Analisi dei dat
Capitolo 8 ANALISI TESTUALE
2. L'evoluzione della Grammatica Morale nell'Affaire Mag
«Una ricerca empirica è una successione di operazioni per produrre risposte a domande
sulla realtà» (Ricolfi, 1997). É in questo senso che abbiamo inteso i momenti testuale e matriciale
di questa ricerca. Le domande sulla realtà, nel nostro caso quella morale afferente il mondo comune della redistribuzione, le abbiamo esposte nei precedenti capitoli, sintetizzandole in tre obbiettivi specifici ed uno secondario. Questo capitolo è dedicato all'analisi dei dati non standardizzati e alla ricerca di risposte plausibili ai primi due obbiettivi specifici. Individuare le convenzioni ed i principi che danno vita alla grammatica morale della redistribuzione e provare ad identificare i requisiti necessari con cui gli attori modificano il proprio senso morale nel corso di un'esperienza di coordinamento. Osservare, leggere ed interrogare, queste le tre azioni basilari di cui ci siamo serviti per cercare le risposte ai nostri quesiti (Corbetta, 2003). Per identificare la grammatica morale attivata dai nostri attori abbiamo applicato lo schema analitico costruito nel capitolo precedente. I vari elementi morali sono stati estratti dai verbali del GdL e dal focus group. In particolare, abbiamo scomposto i dati del continuum morale dei nostri attori in due sezioni separate, corrispondenti ai momenti T0 e T1. Invece, per discernere le competenze morali e, sopratutto, le componenti oggettive
che hanno influenzato il mutamento della struttura morale individuale nella sfera della redistribuzione, oltre ad una parte dedicata del focus group, abbiamo fatto ricorso anche alle
restituzioni scritte dei membri del GdL. Per coerenza analitica, chiariamo subito che i partecipanti al focus group coincidono con i membri del GdL, autori delle restituzioni stesse. Dunque, iniziamo la nostra scomposizione del flusso comunicativo nei singoli elementi del modello analitico, partendo così dai primi sette verbali e dalla sezione del focus che racchiude la fase T0 del senso morale pre-
erogazione. Così, dalle fonti di evidenza sono state individuate ed estrapolate: la lista dei soggetti,
degli oggetti, gli stati di grandezza, le convenzioni ed i principi d'equivalenza.
La lista dei soggetti soggetti riguarda tutti gli individui coinvolti nella discussione morale (eg. i soci Mag6 sono molto importanti in quanto costituiscono la base sociale dei sostenitori, mentre il beneficiario è ancor un'entità astratta, la cui importanza è relativa alle decisioni del GdL). La lista
degli oggetti ricostruisce tutti gli elementi oggettivi, siano essi regole, procedure o oggetti, che
fungono da trasmettitori di valore. Essi sono i dispositivi morali con cui gli attori concretizzano le loro equivalenze (eg. È attraverso l'uso di categorie, di denaro, di saperi, ecc. che ogni membro del GdL attribuisce l'importanza che ritiene giusta al beneficiario). Gli stati di grandezza individuano la definizione dell'importanza dei soggetti e degli oggetti. In particolare, forniscono gli attributi con cui gli attori qualificano il beneficiario e la sperimentazione. Le convenzioni espresse direttamente mediante le parole degli attori illustrano le rappresentazioni del mondo morale, del come è e, sopratutto, del come dovrebbe essere. Ogni convenzione racchiude più o meno esplicitamente un
principio di giustizia, un'equivalente con cui giudicare il beneficiario, la misura redistributiva e la
situazione. Per avere il quadro completo dei dati raccolti all'interno dello schema analitico rimandiamo ai report in appendice 1. Ecco invece gli elementi più significativi che, a nostro parere, descrivono in modo esaustivo la grammatica morale T0 di cui si sono avvalsi i nostri attori nel corso
della disputa concernente il coordinamento per l'assegnazione del primo RdE. Quanto estrapolato dai verbali, dai focus e dalle restituzioni è rintracciabile attraverso la lettera (V), la denominazione (Focus) e la lettera (R), rispettivamente numerati in ordine temporale.
La Grammatica Morale pre-erogazione del GdL del laboratorio sperimentale sul RdE
Lista dei Soggetti
Soci/e Mag6 Beneficiario Sostenitori Gruppo di Lavoro Lista degli Oggetti
Categorie selettive L'interesse (Dimostrazione d'Interesse verso l'esperienza per poter essere candidato) Il denaro Saperi e Relazioni Autotassazione/tassazione (Patto economico) Relazione obbligatoria/ non obbligatoria Ricchezza Reddito Lavoro retribuito Trasferimento monetario Stati di Grandezza
Essere/non essere soci Mag6 Essere/non essere interessato (Auto-candidarsi) Essere lavorativamente stabile Avere bisogno Essere/non Essere in relazione Ricchezza dell'essere umano
Essere o non essere responsabile Fattibilità Economica/Materiale Convenzioni
“Dare il RdE ad un socio/a con cui abbiamo un rapporto di vicinanza” V1 “Ho bisogno di un coinvolgimento [del beneficiario/a] anche differenziato ma con una base minima e manifesto a tutti, non in segretezza in un'ottica di fiducia reciproca” V2 “Dare leggerezza al denaro tra di noi” V2 “Dobbiamo uscire dalla logica della necessità, e concentrarci sui nodi che riguardano il denaro perché sono quelli che ci interessano” V2 “Un criterio di scelta dei beneficiari potrebbe essere la valutazione della qualità dei progetti che hanno” V2 “Io darei il RdE solo a chi è interessato altrimenti si rischia il fallimento del progetto; una persona che lo riceve senza provare interesse, non capirebbe cosa stiamo facendo” V3 “Le categorie rappresentavano il compromesso tra chi sente di dare il RdE a persone in situazione di bisogno e chi invece è interessato a sperimentarlo con persone in situazione di stabilità? Poi forse rispondono anche ad un bisogno di controllo da parte del GdL?” V3 “Faccio veramente fatica a vedere un contributo non economico. Ci vuole un minimo di fiscalità” V3 “Non so se continuerò la sperimentazione. Non mi convince più perché non sono convinto di volere/riuscire a dare il RdE a qualcuno di cui non ho fiducia o simpatia, e poi perché è troppa la distanza con il RdE ideale, le energie investite hanno troppa poca ricaduta collettiva” V3 “Il legame con l'RdE ideale è profondo ed inscindibile. Quello che stiamo provando a fare, pur con i limiti che abbiamo, ciò che ci differenzia da altre misure ed esperienze è il principio della disgiunzione tra reddito e lavoro” V3 “Io rivaluterei l'idea delle categorie da individuare per garantire un RdE.” V4 “Sento il bisogno di una relazione circolare tra chi riceve e chi dà in senso ampio, non solo in relazione alle cifre. Vedo il contributo perciò come un modo per stare nella circolarità” V4 “Ma io la circolarità la vedo già nello stare nel progetto” V5 “A me blocca molto l'idea che un beneficiario possa non interagire in alcun modo” V5 “Io voglio provocare. Quando entro in un circolo mi fanno firmare dei documenti, per me chi beneficia deve essere obbligato a delle condizioni: ha scelto di entrare in un circolo? In questo circolo il beneficiario ha degli obblighi!” V5 “A me l'idea della compartecipazione del beneficiario al rischio d'impresa suona rassicurante, perché garantire un trasferimento a prescindere dai rischi mi trasmette l'idea di assistenzialismo” V6 “Per me il RdE è una espressione di libertà che credo debba essere declinata in tutti gli aspetti della sperimentazione, quindi vorrei chiedere a lei/lui (beneficiario/a) come rapportarsi con noi” V7 “Sento importante che sul tema dell'assunzione della responsabilità si torni a discutere, almeno filosoficamente, al prossimo incontro, anche con gli assenti. Era un tema caldo […] sopratutto per la parte che evidenziava la differenza tra rapporto in sicurezza e rapporto di fiducia” V7 “prima del laboratorio e della questione del reddito d'esistenza il lavoro era l'opportunità sia di realizzare me stesso, sia un peso, perché spesso led due cose non coincidono” (Illich), Focus 1 “per me il lavoro, prima di partecipare al laboratorio, era qualcosa da cercare e ricercare e più ce n'era meglio era, perché per me era un sinonimo di tranquillità” (Roberta), Focus 1 “quello che pensavo prima, lo penso anche ora sul lavoro, e penso che serva a tutti come modo per guadagnare e per riuscire a vivere dignitosamente; da anni non sono mai stata una che cerca di lavorare di più per guadagnare di più; mi sembra che sia giusto che si lavori per soddisfare i propri bisogni e basta, sobrietà, ecco, e quindi non voglio legare il lavoro al guadagno per avere di più” (Daniela), Focus 1 “rispetto al lavoro, io lo considero una attività creatrice ed in quanto tale lo ritengo legittimo in qualsiasi forma; certo è che questa cosa mi ha sempre posto delle difficoltà perché la comunità in cui vivo lo considera nei modi più diversi....un'altra grandezza con cui ha a che fare il lavoro per me è il tempo, tempo e lavoro, il primo che si scontra e si incontra con il secondo. Faccio fatica del resto a condividere alcuni principi di questo laboratorio perché per me alla fine la ricchezza è data dal lavoro in cui si esprime la creatività” (Marco), Focus 1 “La mia era una cultura comunista col diritto al lavoro anzi catto-comunista, il lavoro come sacrificio, ma anche però come opportunità di accedere alle risorse, ecco io ho iniziato a lavorare prestissimo con questo concetto del lavoro e dell'indipendenza economica che si portava con sé.” (Cinzia), Focus 1
Principi di Equivalenza
Dai verbali Dal Focus 1
L'Incondizionalità Libertà Richiesta di Responsabilità nei confronti della comunità Fiducia Sicurezza No all'Assistenzialismo Mutualità Scelta condizionata del beneficiario/a Sostenibilità/Concretezza Coinvolgimento pubblico di chi beneficia Libertà di scelta Il denaro è uno strumento Oltre il bisogno/necessità Il Bisogno Il giusto La sobrietà L'Aiuto Leggerezza nella Relazione Condivisione progettualità di vita Obbligo Legame/vincolo relazionale Stabilità lavorativa Il controllo Ricchezza umana oltre il denaro Disgiunzione reddito e lavoro Equità Reciprocità nella relazione Reciprocità nella contribuzione Condizionalità legata alla scelta del profilo del beneficiario Comune dignità Il Diritto si acquisisce partecipando alla società/vita
Il Lavoro come dovere Il lavoro come fine Il Lavoro come necessità Il lavoro come mezzo di Dignità Il lavoro come sacrificio Autodeterminazione Benessere collettivo Uguaglianza Potersi prendere cura di qualcun'altro Il lavoro come ricerca di senso L'equilibrio tra tempo di vita e tempo di lavoro Essere alla pari nelle opportunità L'indipendenza Garantire la sopravvivenza La distribuzione dei rischi e dei carichi di lavoro Mutualità Il Merito Il Bisogno
Quella che emerge dall'applicazione dello schema analitico ai ragionamenti ed alle giustificazioni del GdL è una grammatica morale incerta e disomogenea. Del resto, non avrebbe potuto essere altrimenti. La varietà di elementi grammaticali, spesso in contraddizione tra loro, rispecchia la fase iniziale del percorso riflessivo, in cui rappresentazioni, motivazioni e sensazioni differenti su ciò che è importante nell'assegnare un RdE si scontrano e si confondono. È forse il momento più magmatico di tutta la sperimentazione, dove le negoziazioni cercano di stemperare le tensioni e di avvicinare ordini di grandezza differenti. Nonostante un sostrato valoriale comune, infatti, i membri del GdL si sono trovati per diversi mesi a dover dibattere sui presupposti morali su cui fondare la relazione redistributiva con il primo destinatario del RdE. Guardando ai dispositivi di grandezza (lista degli oggetti) ed ai principi d'equivalenza espressi, sembrano affiorare sostanzialmente due diverse modalità di accedere al beneficio. Queste corrispondono a due diversi tipi di investment formula che, in altri termini, sono due differenti modi di concepire la relazione. Ad una maniera pre-erogazione, più regolata e centrata sul 'dovere', fa da contro-altare una modalità post-erogatoria, più libera e centrata sul 'diritto'. Infatti, da un lato, troviamo chi interpreta il RdE come un trasferimento dovuto alla persone in quanto esseri umani, in cui l'interesse per la sperimentazione e l'eventuale forma di partecipazione sono lasciati totalmente al libero arbitrio, realizzando il principio della disgiunzione reddito/lavoro attraverso grandezze quali la libertà, la fiducia e l'incondizionalità. Dall'altro lato, invece, incontriamo chi, seppur partito dalle due categorie centrali del concetto di RdE, vede nell'accordare un trasferimento sciolto da qualsiasi legame tutta una serie di rischi ed esigenze inevase. Così, sorgono a più riprese nel corso dei vari
incontri delle proposte e delle richieste di costruzione di alcune disposizioni mirate ad individuare il
chi ed il come del RdE. Ad esempio, vengono pensate delle categorie di individui che declinino i
principi del bisogno, della stabilità lavorativa e del controllo, mentre la modalità di relazione verrebbe regolata da una manifestazione d'interesse, da una forma di tassazione o da una sorta di obbligo di reciprocità.
Dunque, anche all'interno del GdL, si è concretizzata una spaccatura dialettica tra chi desiderava un investment formula chiara e cogente nei confronti del beneficiario e chi invece avrebbe più volentieri lasciato spazio solo all'investment e non alla formula, alla possibilità della relazione ed alla sua grandezza e non che alla sua necessità. L'aver finanziato direttamente il trasferimento, l'aver messo di tasca propria il denaro, ha dato vita ad una tensione sotterranea che ha caratterizzato le giustificazioni ed il confronto dei nostri attori lungo tutto il percorso sperimentale. La pratica della prova ha permesso di passare dalla dimensione ideale a quella materiale, facendo emergere i nodi critici di posizioni differenti all'interno di uno tesso mondo comune. Blocchi mentali e freni emotivi hanno fatto emergere principi di giustizia radicati in universi di senso contrapposti. Sembrano così delinearsi due tipi di relazioni naturali che qualificano i soggetti in modo opposto. Per esempio, le relazioni centrate sul principio della libertà sono state rivelate dall'uso di predicati a basso contenuto coattivo, come esprimersi, chiedere, capire, sentirsi,
rivalutare ecc. Il beneficiario, in questo caso, è stato posto in una relazione di equivalenza paritaria,
in cui la partecipazione de facto alla comune umanità ha consentito un certo grado di compassione ed empatia, rendendo inutile l'uso di dispositivi coercitivi o di controllo. Invece, coloro che avrebbero prediletto la costruzione di una relazione più sicura e certa, magari orientata verso individui affetti da una particolare situazione socio-economica, dimostrano di servirsi di predicati connotati da una maggiore forza imperativa, come obbligare, bloccare, dovere, garantire,
responsabilizzare, rassicurare, ecc. Ė l'insicurezza il comune denominatore di questo tipo di
relazioni naturalizzate, che tendono a differenziare i soggetti beneficiari e a qualificarli o in base al proprio status socio-economico o al giudizio preventivo sulla forma relazionale che potrebbe instaurarsi. 'L'essere o non essere in relazione' è il criterio attraverso cui molti attori del GdL operano una messa in equivalenza tra chi può essere degno di ricevere il RdE e chi no. Dunque, pare manifestarsi una sorta di obbligatorietà al controdono, in quanto elemento necessario a rassicurare i donatori sul fatto che la relazione comunque ci sarà, indipendentemente da chi sarà il beneficiario.
A questo proposito, facciamo notare come i membri del GdL a favore di relazioni naturalizzate basate sulla differenza ed il controllo, paiono riversare sul potenziale beneficiario la responsabilità di una cattiva relazione o della sua potenziale assenza, ancora prima che queste eventualità si verifichino. Per esempio, si faccia attenzione a queste due convenzioni. La prima: “Io
voglio provocare. Quando entro in un circolo mi fanno firmare dei documenti, per me chi beneficia deve essere obbligato a delle condizioni: ha scelto di entrare in un circolo? In questo circolo il beneficiario ha degli obblighi!” (V5). Se accostiamo l'idea di circolo a quella di società, e quella di
benefici a quella di RdE, ci rendiamo subito conto che l'elemento dirimente della relazione diventa la scelta. La giustificazione in questione esemplifica una rappresentazione del legame sociale in termini redistributivi, che può essere riassunta più o meno così: siccome la persona sceglie di far
parte della società, per usufruire dei benefici di questa partecipazione deve sottostare a degli obblighi di reciprocità. La seconda: “Io darei il RdE solo a chi è interessato altrimenti, si rischia il fallimento del progetto; una persona che lo riceve senza provare interesse, non capirebbe cosa stiamo facendo” (V3). Qui il rischio del fallimento delle aspettative di chi finanzia il RdE viene
attribuito preventivamente al potenziale beneficiario il quale, nel caso non si conformasse alla visione relazionale propria dei donatori, diverrebbe responsabile dello spreco di energie e di denaro. Quello che ci interessa far notare, è come questo tipo di convenzioni si distingua da quelle fondate sulla libertà del rapporto proprio per l'importanza che viene assegnata al rischio insito nell'esistenza della relazione stessa. Questa importanza conduce all'individualizzazione della responsabilità per un
suo eventuale fallimento. Così, l'incertezza del coordinamento trova una risposta nell'investire l'Altro (il beneficiario) di tutto il peso dell'insicurezza che naturalmente la relazione porta con sé. Vedremo più avanti nel corso dell'analisi quale struttura morale o disposizione normativa sta alla base di questi due modi di affrontare la giustificazione redistributiva. Ora, è però interessante notare come la diversità di questi due approcci, tra chi non sente il bisogno di approntare dispositivi di controdono o di controllo e chi, invece, non ne potrebbe fare a meno, possa essere letta alla luce dei due presupposti epistemici che Boltanski e Thévenot hanno riconosciuto come esigenze intrinseche alla natura umana: la comune umanità e la necessità dell'ordine. Infatti, mentre nei primi sembra prevalere la spinta ad identificarsi con l'Altro (rappresentato dal beneficiario), nei secondi il bisogno di sicurezza relazionale trova una risposta nella ricerca di elementi distintivi, che garantiscano la costruzione di un ordine relazionale chiaro e stabile in cui collocare sé stessi e gli altri, le proprie e le altrui responsabilità. A dispetto di tutto ciò, rivolgiamo nuovamente il nostro sguardo analitico alla ricostruzione grammaticale. Questa volta prendiamo in considerazione la grammatica T1 post-
erogazione, nella quale abbiamo cercato di raccogliere tutti gli elementi che hanno caratterizzato il senso morale dei nostri attori dopo aver vissuto l'esperienza laboratoriale.
La Grammatica Morale post-erogazione del GdL del laboratorio sperimentale sul RdE
Lista dei Soggetti
Soci/e Mag6 Beneficiario La Persona in generale Il sé di ogni membro del GdL La comunità Lo stato Lista degli Oggetti
Categorie selettive 2° Trasferimento monetario Il lavoro Il denaro Dispositivo redistributivo (Ammortizzatore) Stati di Grandezza
Essere/non essere lavoratore Essere una persona Essersi/non essersi realizzato Essere/non essere tutelato come gli altri Svolgere un'attività dotata di senso Avere tempo Essere indipendente Avere/non avere bisogno Essere/non essere meritevole Essere/non Essere in relazione Convenzioni
“Io trovo le categorie un elemento di chiusura e non di apertura, non sono interessata a tornare indietro identificando criteri di scelta” V8 “Io ero partito proprio da questa posizione [la situazione di bisogno], trovando indispensabile che RdE fosse destinato a persone in difficoltà economica, ora mi trovo esattamente nella posizione opposta” V9
“il laboratorio mi ha cambiato molto; il RdE per me ora è la redistribuzione del dovuto, è un diritto, questo mi ha allontanato dagli aspetti del progetto più legati al dono” (Annibale), Focus 2
“Grossi cambiamenti diciamo di no, però è vero che anche in me è subentrato il concetto del diritto all'esistenza e il fatto di separare soldi e lavoro mi ha aiutato a interpretare il denaro in modo diverso, prima appunto lo avrei dato solo a chi aveva bisogno, ora sono riuscita a vederlo in un altro modo senza grosse difficoltà” (Marzia), Focus 2 “Una cosa che è cambiata, è che ora c'è la convinzione che noi oggi stiamo in piedi grazie a tutta quella parte di lavoro che non viene retribuita e che se non ci fosse sarebbe veramente una crisi; si è poi rafforzato il mio concetto di cooperazione sociale, tutto sta in piedi grazie al lavoro di tutti e che ha una produttività non economica ma sciale enorme, e va riconosciuta perché contribuisce all'evoluzione dell'essere umano; poi ha rafforzato tantissimo il concetto di diritto, che cioè un diritto non può essere tale solo se ci sono certe condizioni altrimenti rimane una cosa su carta. Oggi non faccio più una riunione senza essere estremamente convinto che stiamo lavorando, ora penso che qualsiasi cosa faccio è che sto lavorando, per me no c'è più questa distinzione, io sto producendo conoscenza e possibilità di evoluzione, o involuzione, ma stiamo comunque producendo qualcosa.” (Enrico), Focus 2 “Nella famiglia c'è sempre stata l'idea che si studia e che poi devi trovare un lavoro che ti devi meritare. Io non ho mai capito però quand'è che arrivava il momento di vivere. Il sabato e la domenica? Il laboratorio mi ha fatto sentire meno