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Il Reddito di Esistenza: di cosa stiamo parlando? Il concetto, la storia e la pratica A partire dalla studio della variegata letteratura in merito, possiamo fornire la seguente

Soggetto I soggetti sono dei conferitori di senso, dotati di capacità e competenze riflessive in grado di apprendere

TRA PRAGMATICA E CONVENZIONI SOCIALI: L'EPISTEMOLOGIA DELLA RICERCA

4. Il Reddito di Esistenza: di cosa stiamo parlando? Il concetto, la storia e la pratica A partire dalla studio della variegata letteratura in merito, possiamo fornire la seguente

definizione di Reddito di Esistenza: Il Reddito di Esistenza è un trasferimento monetario che

garantisce a scadenze temporali prefissate ed illimitate un'erogazione minima e sufficiente a coprire i bisogni ritenuti essenziali, pagata da una comunità politica indistintamente a tutti i suoi membri su base individuale, cumulabile ed incondizionata. Cercare di tracciare gli esatti confini del

concetto di Reddito di Esistenza non è cosa semplice. Il dibattito su questo strumento ha radici storiche molto profonde ed eterogenee, ed ha visto anche il sovrapporsi ed il contrapporsi di numerose teorizzazioni. Il concetto di Reddito di Esistenza rappresenta un crocevia gnoseologico d'incontro tra molte delle discipline sociali ed i numerosi approcci teorici che nel corso dei secoli hanno trattato le tematiche della redistribuzione e del diritto alla vita. In effetti, se ci si riflette un attimo, la posta in gioco che soggiace all'idea di Reddito di Esistenza poggia su un terreno concettualmente scivoloso, soggettivo e contingente. Infatti, essa richiama da una parte l'annosa riflessione sulla percezione che l'essere umano ha di se stesso e, dall'altra, il modo in cui egli qualifica e riconosce le sue azioni collettivamente dal punto di vista della reciprocità materiale. Il Reddito di Esistenza s'inserisce all'interno della storica questione della redistribuzione di quella ricchezza che un determinato assetto sociale produce in un dato momento storico grazie all'azione più o meno cooperativa dei suoi membri. La traduzione in italiano della locuzione anglosassone

lessicali che spesso usano termini diversi come sinonimi. La stessa sperimentazione Mag6 ha deciso di chiamare il Basic Income come Reddito di Esistenza, sottolineandone volutamente l'importanza che nella loro visione avrebbe per l'autodeterminazione e l'emancipazione nella vita di ogni singola persona nel garantire il reddito necessario a coprire i bisogni vitali in modo ab-soluto, cioè libero da ogni vincolo sociale e/o economico. Per evitare ulteriori incomprensioni, anche in questa sede continueremo ad adottare l'accezione usata dalla Mag6. In genere, vengono usati in alternanza tra loro diversi termini, come: “reddito di cittadinanza”, “reddito minimo universale”, “reddito di

ultima istanza”, “reddito minimo di garanzia” e “reddito di inserimento”. Il concetto di Basic

Income, che ha alla sua base i principi dello ius existentiae o ius ad vitam (Bronzini, 2011), non ha nulla a che fare con tutte queste misure che, per loro natura, mancano sempre di uno degli elementi essenziali del Reddito di Esistenza: universalità, incondizionalità ed individualità.

Dal punto di vista concettuale, cerchiamo di comprendere meglio la logica del Reddito di Esistenza confrontandola con quella di altri istituti redistributivi. Per condurre questo breve confronto ci serviremo di quattro elementi distintivi: i concetti di scambio, durata, selettività e

cumulabilità. All'interno di un sistema istituzionalizzato di scambio, si ha omogeneità quando ciò

che viene scambiato è della stessa natura, mentre disomogeneità nel momento in cui ad un bene di un certo tipo, corrisponde una contropartita di un altro tipo. Banalmente, lo scambio classico lavoro-salario può essere definito uno scambio disomogeneo. Tra le misure che prevedono uno scambio disomogeneo vi sono: il reddito minimo di inserimento, il reddito minimo di garanzia ed il reddito di ultima istanza. Tutte misure che prevedono in cambio di un'elargizione temporalmente scandita e limitata una contropartita da parte del soggetto ricevente in termini di lavoro, formazione o di disponibilità a svolgere mansioni socialmente utili. Tra le misure che non prevedono uno scambio diretto invece vi sono: il reddito di cittadinanza, il Reddito di Esistenza (o reddito minimo universale), il reddito di partecipazione e l'imposta negativa sul reddito. Queste, oltre a non prevedere uno scambio in prestazioni di varia natura con il soggetto ricettore, godono anche di una particolare forma del secondo criterio distintivo introdotto: la durata illimitata (tempus ab-solutus). Invece, con il termine selettività intendiamo un processo di scelta tra più opzioni mediante parametri discriminatori. Per quello che ci interessa, la selettività applicata ai trasferimenti monetari in questione rappresenta il procedimento attraverso cui vengono identificati i beneficiari dei trattamenti mediante l'individuazione di specifici criteri che il soggetto deve possedere al momento della richiesta del beneficio (vd. Bassa soglia di reddito, età, sesso, stato di famiglia, presenza di deficit psico-motori, condizioni politico-giuridiche particolari ecc). Tra le misure non basate sullo scambio precedentemente indicate, l'unica che non contiene alcun criterio selettivo e che, quindi, si può pienamente dire universale è il Reddito di Esistenza, che elude le soglie di reddito (income negative tax) o il requisito del pieno godimento dei diritti di cittadinanza. Infatti, misure quali il reddito di partecipazione o l'imposta negativa sul reddito, ma anche tutti gli altri trasferimenti a scambio disomogeneo, prevedono una selettività legata a condizioni stringenti di accesso al beneficio, tramite quello che tecnicamente è chiamato means test o prova dei mezzi. Se per cumulabilità intendiamo la possibilità di sommare un bene ad altri beni, il Reddito di Esistenza risulta un provvedimento cumulabile, cioè sommabile ad altre misure di protezione sociale e a qualsiasi entrata reddituale. Il reddito di cittadinanza, sopratutto quello propugnato dalle correnti neoliberiste, si propone invece come un'allocazione sostitutiva di quasi tutte le prestazioni (monetarie) delle assicurazioni obbligatorie, di quante più possibile prestazioni di assistenza e di agevolazione fiscale. In questo caso, la cumulabilità dipende ovviamente dall'importo della ricompensa materiale che viene trasferita al soggetto. Mentre nel caso del Reddito di Cittadinanza il trasferimento dovrebbe essere sufficiente a condurre una vita dignitosa anche senza l'integrazione di altri redditi da lavoro o da pensione, nel caso del Reddito di Esistenza l'importo sarebbe più modesto (intorno alla soglia di sussistenza statisticamente stabilita). In altre parole, il Reddito di Esistenza costituirebbe uno zoccolo duro reddituale collettivamente garantito al di sotto del quale nessuno potrebbe scivolare, rappresentando così un primo ed essenziale meccanismo distributivo

della ricchezza socialmente prodotta.84

Chiarita la distinzione tra i vari tipi di allocazione, gettiamo un rapido sguardo alla storia di questo concetto così rivoluzionario. L’idea di un diritto ai “mezzi vitali” (ius existentiae) non è di certo nuova; anzi è più antica di quello che comunemente si pensa. Difatti, è il Rinascimento a portare all'attenzione delle élite economiche e politiche la questione dei bisognosi e degli ultimi, trasportando per la prima volta il dibattito al di fuori degli abituali confini ecclesiastici. Un primo accenno, più polemico che concettuale, lo fornì Thomas More (1478-1535) nella sua opera più nota “Utopia”, nella quale l'umanista inglese invita a contrastare la criminalità fornendo un minimo vitale come risposta ai bisogni naturali di sussistenza a cui ogni essere umano deve far fronte. Anche all'interno del pensiero cristiano è possibile rintracciare un diritto incondizionato a vivere per ogni essere umano, indipendentemente dal fatto che compiano o meno il loro dovere verso la società. In maniera più simbolica, basti pensare alle parabole del Buon Pastore o della Lapidazione dell'adultera, in cui il Cristo difende con efficacia il diritto alla vita di ognuno, anche dei più “disgraziati”, infondendo un valore intrinseco all'esistenza umana. Dal punto di vista interreligioso, si possono individuare sorprendenti analogie con il concetto di Reddito di Esistenza all'interno dei precetti redistributivi della zaqat islamica e della tzedakah ebraica. Entrambe questi dispositivi socio-confessionali di redistribuzione della ricchezza trascendono l'idea cristiana di elemosina, tendendo piuttosto verso una vera e propria giustizia redistributiva che metta tutti i mebri della comunità in grado di avere i mezzi necessaria alla sopravvivenza. Tuttavia, in una prospettiva religiosa fu il grande umanista valenciano Johannes Ludovicus Vives (1492-1540) il primo a sviluppare un'argomentazione esauriente in difesa del diritto alla vita, giungendo ad ipotizzare attraverso considerazioni pragmatiche e teologiche una forma di Reddito di Esistenza.85 Tuttavia,

crediamo sia importante menzionare anche il contributo filosofico di un pensatore che, eufemisticamente parlando, ha traghettato il pensiero occidentale ed, in particolare, la riflessione sulla libertà sostanziale verso l'illuminismo.86 Circa quattrocento anni fa, il filosofo di origine

ebraica Baruch Spinoza inquadrava la vexata quaestio sul libero arbitrio e la vera essenza della libertà come libertà dalla necessità. Infatti, mentre il libero arbitrio sarebbe solo un'illusione umana dovuta all'ignoranza delle cause che determinano il nostro agire, è la libertà dal bisogno l'unica condizione che per Spinoza è in grado di rendere l'uomo effettivamente libero.

In epoca illuminista, è il marchese di Condorcet a superare il principio caritatevole dell'assistenzialismo fideistico. Infatti, seppur fautore di una teoria organica che porterà 84 È molto importante avere bene a mente la differenza tra pratica re-distributiva e distributiva dal punto di vista macro-sociale. Infatti, dopo che un certo quantum di ricchezza è stato prodotto (a seconda del modello produttivo dominante) le modalità con cui essa viene ripartita tra i produttori corrispondono alla sfera distributiva. Nel momento in cui la ricchezza è stata distribuita e, a causa delle modalità di cui sopra, essa risultasse insufficiente per qualcuno o iniquamente ripartita, allora possiamo parlare di sfera re-distributiva. Una serie di misure ed accorgimenti tesi a riequilibrare una situazione economica troppo diseguale o, comunque, problematica. In questo senso, il sistema produttivo capitalista ha come principale modalità distributiva della ricchezza il lavoro, che in questo modo non è solo un mezzo di produzione, ma anche una finalità in sé, poiché da esso dipende l'accesso alla ricchezza e, quindi, alle possibilità di sopravvivenza. Storicamente, le sperequazioni ed i rischi introdotti dal sistema capitalista hanno richiesto tutta una serie di aggiustamenti e correzioni redistributive che son culminate nella nascita del Welfare State. Il Reddito di Esistenza, invece, ponendosi come modalità principale per la distribuzione di parte della ricchezza sociale prodotta, può essere considerato una misura distributiva, che va oltre qualsiasi altra modalità distributiva; lavoro compreso.

85 Infatti, in un suo famoso saggio, intitolato “De Subventione Pauperum”, Vives conferisce al governo municipale la responsabilità di assicurare un minimo di sussistenza a tutti i suoi residenti come efficace esercizio di carità morale. 86 “Una pietra riceve una certa quantità di movimento da una causa esterna che la spinge...poniamo che la pietra,

mentre continua a muoversi, pensi, e sappia di sforzarsi per quanto può di persistere nel movimento...davvero essa crederà di essere liberissima, in quanto consapevole del suo sforzo, e di non muoversi per nessun altra ragione all'infuori della sua stessa volontà di muoversi. Proprio questa è l'umana libertà che tutti vantano di possedere e che solo in questo consiste, che gli uomini sono consapevoli del loro istinto ed ignari delle cause da cui sono determinati”. Spinoza Baruch, “Al dottissimo e valentissimo Signor Giovanni Ermanno Schuller”, Epistolario, LVIII, pp. 247-249

successivamente alla nascita delle prime assicurazioni sociali, in un suo scritto del 1795 dal titolo in italiano “Abbozzo di un quadro storico dei progressi dello spirito umano”, il marchese delineò l'idea che in futuro sarebbe potuto essere utile istituire un capitale da distribuire a tutti coloro che, raggiunta l'età adulta, avessero avuto la necessità di una dotazione iniziale per lo sviluppo delle proprie attività. Tuttavia, è con Thomas Paine che l'illuminismo apporterà il suo contributo maggiore all'idea di Reddito di Esistenza (Casadei, 2012). In un saggio indirizzato al Direttorio dal titolo “The Agrarian Justice”, Paine riprende la tesi dell'umanista olandese Hugo Grotius, il quale in “De jure belli ac pacis” sosteneva che la terra fosse una proprietà comune della specie umana. A partire da ciò, Paine elaborò l'idea di distribuire incondizionatamente una modesta dotazione di base ad ogni uomo o donna che abbia raggiunto l'età adulta come una sorta di risarcimento alla collettività per il possesso individuale della terra. Recentemente, l'intuizione di Thomas Paine è stata anche ripresa e sviluppata da due professori della Yale Law School, Bruce Ackerman e Anne Alstott, i quali avanzano la proposta di una grande dotazione iniziale da attribuire ai singoli, sulla base del pensiero di Charles Fourier. Infatti, sia Paine che Fourier ravvisano nella redistribuzione delle ricchezze un principio di stampo giusnaturalistico a portata limitata, per cui solo i diseredati dovrebbero ricevere una compensazione per aver perso la prerogativa di poter sfruttare liberamente la terra e le sue risorse floro-faunistiche. Tuttavia, molti ritengono che il vero è proprio inventore del concetto moderno di reddito di Esistenza sia stato il socialista utopico Joseph Charlier. Nella sua opera pubblicata nel 1848 a Bruxelles, “Solution du probleme social ou constitution humanitaire” egli vede il pari accesso alla proprietà della terra come il fondamento di un diritto incondizionato al reddito di ogni cittadino, rifiutando sia il diritto all'assistenza basata su means test, sia il dovere di svolgere lavori socialmente utili in cambio. Addirittura, in una sua opera dal titolo “La Question

social resolue”, Charlier arriva a chiamare la sua proposta “dividendo territoriale”, e ad affermare

che un tale sistema porrebbe fine al dominio del capitale sul lavoro. Appare evidente come nel pensiero di questo socialista utopista, trasformando l'idea di Reddito di Esistenza in uno strumento di trasformazione sistemica, vi fosse già il germe di una profonda critica contro il capitalismo e al tipo di etica del lavoro che vi soggiace.

Venendo ai nostri giorni l'idea del Reddito di Esistenza, del Basic Income o, per dirla alla francese, dell'allocation universelle, è stata reintrodotta con forza nel dibattito accademico e politico negli anni '80 dal collettivo Charles Fourier che con il testo “Une reflexion sur l'allocation

universelle”, vinse un concorso lanciato in Belgio dalla Fondazione Roi Boudouin: “Il posto del lavoro nell'avvenire”.87 Il Collectif Fourier, guidato dal filosofo libertario Philippe Van Parijs, con

parte delle risorse ottenute grazie al premio vinto, organizzò, presso l'Università Cattolica di Lovanio, un convegno internazionale che si concluse con la creazione di una rete europea per la promozione del reddito di base, il BIEN (Basic Income European Network). Nel 2004, durante il 10° Convegno Internazionale svoltosi a Barcellona, reti nazionali extra-europee chiesero ufficialmente l'affiliazione al BIEN, che per tale ragione, pur mantenendo l'acronimo, diventò Basic Income Earth Network (rappresentato in Italia dal Bin- Basic Income network Italy), con il compito 87 «Sopprimete le indennità di disoccupazione, le pensioni pubbliche, i salari minimi, gli aiuti alle famiglie, le esenzioni e crediti d'imposta per persone a carico, le borse di studio, gli aiuti di stato alle imprese in difficoltà. Ma versate ogni mese a ciascun cittadino una somma sufficiente per coprire i bisogni fondamentali di un individuo single. Datelo a quanti lavorano e a quanti non lavorano, al povero come al ricco, a chi abita solo, con la sua famiglia, sposato, convivente o in una comunità, indipendentemente dal fatto che abbia lavorato o meno nel passato. Il valore dell'importo sia modulato tenendo conto dell'età e dell'eventuale grado di disabilità. E finanziate tutto ciò attraverso un'imposta progressiva su tutti gli altri redditi di ciascun individuo. Contemporaneamente, deregolate il mercato del lavoro. Abolite tutta la legislazione riguardante il salario minimo e la durata massima del lavoro. Eliminate tutti gli ostacoli amministrativi al lavoro a tempo parziale. Abbassate l'età della scolarità obbligatoria. Sopprimete l'obbligo di ritirarsi dal lavoro ad un'età determinata. Fate tutto ciò. Dopodiché osservate cosa accade. Domandatevi in particolare che ne risulta del lavoro, del suo contenuto, delle sue tecniche, delle relazioni umane che lo circondano». Collectif Charles Fourier, (1984), « L’allocation universelle», Le travail dans l’avenir : cinq idées, Bruxelles : Fondation Roi Baudouin, pp. 9–16

di diffondere e promuovere la conoscenza e la realizzazione dello strumento Reddito di Esistenza. Dal punto di vista accademico, la letteratura internazionale sul tema mostra l'esistenza di un dibattito, ormai trentennale, poco noto in Italia. Questo dibattito può essere suddiviso nella seguente classificazione di autori: post-laburisti, libertari, neoliberisti, antiutilitaristi ed ecologisti (Mantegna- Tiddi, 1999, Del Bò 2004, Van Parijs and Vanderborght, 2005). Lungi dall'essere esaustiva, questa classificazione emerge dall'intreccio di tre assi concettuali lungo i quali ogni teoria può essere collocata: il concetto di sviluppo adottato, la concezione antropologica dell'agire umano e la riflessione filosofica sull'idea di contratto sociale. Per i post-laburisti il RdE rappresenta l'occasione per una profonda critica al modello di sviluppo capitalista e di ricomposizione biografica e di vita delle soggettività precarie del mondo del lavoro (Fumagalli, 1997b, Gorz,1997, trad. it. 2009). Sul versante opposto I neoliberisti non criticano la struttura dell'economia di mercato, ma si concentrano sulle potenzialità che lo strumento offrirebbe per contrastare I fenomeni dell'esclusione e della disoccupazione (Dahrendorf, 1993, Beck, 2000b). I libertari, capeggiati da Van Parijs, muovono direttamente da giustificazioni di stampo filosofico su quella che dovrebbe essere la società giusta, riferendosi direttamente al cuore del moderno contratto sociale, inteso come connessione tra riconoscimento e redistribuzione (Van Parijs, 1995, Van Parijs P., e Vanderborght Y, 2006). Gli antiutilitaristi, invece, partono dall'analisi delle componenti anti-economicistiche dell'interazione umana in campo economico, e la redistribuzione del reddito viene così ad essere vista come un'occasione di liberare l'uomo dalle catene del ricatto del profitto e del guadagno a tutti I costi (Caillé, 1997). Ultimo, ma solo in ordine, l'approccio ecologista critica I modelli di sviluppo mainstream dal punto di vista della sostenibilità economica ed ambientale, inserendo il RdE in un disegno olistico capace di cambiare le abitudini di consumo individuali e di favorire una sorta di decrescita produttivista, in un ottica di riappropriazione delle risorse naturali appartenenti a tutto il genere umano (Christensen and Busilacchi, 2009). Infine, per quello che riguarda il dibattito sociologico più recente, teniamo solamente a segnalare le prese di posizione in merito alla proposta di un RdE operate da autori come Richard Sennet, Axel Honnet e Nancy Fraser.88 Ovviamente, per un maggiore

approfondimento dei diversi approcci, delle critiche e delle giustificazioni dei vari autori rimandiamo alla letteratura di riferimento indicata, trovando quanto meno pleonastico riprodurre qui argomentazioni condotte in modo sicuramente migliore da altri.89

Conosciute l'idea e la genealogia del concetto RdE, come pratica sostanziale dello jus ad vitam, è legittimo domandarsi se una simile misura esista, o sia mai esistita, da qualche parte? In tutto il mondo, per il momento è possibile annoverare quattro manifestazioni concrete di Reddito di Esistenza, ovviamente ognuna con proprie modalità, forme e tempistiche in quanto espressione della diversità dei contesti geo-politici a cui appartengono. Cercherò qui di riassumerle molto sinteticamente, solo per abbozzare al lettore un affresco d'insieme, in grado di rappresentare l'attuale panorama situazionale. Va comunque chiarito che non esiste ancora un'applicazione pienamente affermata, stabile e continuativa del RdE a livello nazionale. Tuttavia, alcune esperienze possono essere a giusta ragione considerate dei seri tentativi in questa direzione. Prima tra tutte, riportiamo l'esempio dell'Alaska Permanent Fund, il quale costituisce ad oggi l'unico tentativo internazionalmente riconosciuto ed istituzionalmente stabilizzato di creare un Reddito di Esistenza. Questo fondo sovrano di proprietà statale (stato dell'Alaska) è stato creato per gestire i proventi delle estrazioni di idrocarburi in modo che tutta la popolazione ne possa trarre beneficio. Il fondo, infatti, ogni anno redistribuisce a ciascun residente dello stato dell'Alaska i profitti ottenuti dallo 88 Sennet inserisce la sua proposta per un RdE all'interno di un'analisi critica delle nuove modalità con cui si manifesta il nuovo capitalismo, invocando uno strumento capace di garantire la continuità biografica degli individui (Sennett, 2006). La Fraser, invece, colloca il dibattito sul RdE al fulcro del dilemma tra redistribuzione e riconoscimento che lei intende decostruire (Fraser and Honnet, 2007, Fraser, 2011). La Fraser, dunque, vede nel RdE un potente strumento trasformativo in grado di minimizzare i conflitti tra redistribuzione e riconoscimento, stimolando una parità più attiva tra membri diversi di una stessa società.

89 Una prima rassegna sintetica dei vari approcci può essere individuata in Muzzioli, S.,M., (2013) Italian Sociological Review, Basic Income an open challenge between labour transformations and welfare shrinkage, Vol. 3,2

sfruttamento delle risorse petrolifere. Questo provvedimento, vigente dagli anni '80, ha distribuito

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