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3. La metodologia dell'EC

Leggendo le opere dei convenzionalisti o dei loro estimatori scientifici, ci si accorgerà di una certa attenzione nell'uso del lessico. Difatti, un problema centrale in ogni tipo di conoscenza risiede nel fatto che il pensiero umano non è mai una fotocopia esatta della realtà che vuole conoscere. Semmai, il linguaggio racchiude in sé tutta la fragilità della intelligendi vis umana; codificandone verbalmente l'incertezza, la fallibilità e l'approssimazione. Eppure, dobbiamo utilizzare la lingua per cercare di fissare e condividere significati comuni, che riguardino il rapporto tra il nostro pensiero e la realtà. Abbiamo detto come l'EC costituisca un approccio eterodosso allo studio dell'impatto dei giudizi morali sul coordinamento in situazioni di incertezza. Parte di questa eterodossia sta nell'aver

Contestualizzazione Analisi esplorativa Definizione dell'approccio, dell'oggetto e degli obbiettivi

della ricerca FASE 1 Esplorativa FASE 2 Nested Definizione metodologia Individuazione caso studio Raccolta ed inizio analisi dei dati

Sistematizzazione analisi Interpretazione risultati Sintesi empirico-teorica FASE 3

messo a disposizione della comunità scientifica e, di tutti coloro che studiano la dimensione morale, un bagaglio concettuale utile a sviscerare le caratteristiche del fenomeno morale. Tuttavia, come ci fa notare Marradi (2007), non esiste nemmeno una perfetta corrispondenza bi-univoca tra termini e concetti e, più in generale, tra pensiero e linguaggio. «Il linguaggio classifica anche le esperienze,

permettendomi di incasellarle in categorie generali nei cui termini esse hanno significato non solo per me stesso ma anche per i miei simili. E classificandole esso anomizza le esperienze [...]»

(Berger e Luckmann, 2011, p.59). I pensieri umani divengono così un codice intersoggettivo trasmissibile che, parafrasando Toulmin, si potrebbe definire il lato pubblico dei concetti (Toulmin in Marradi, 2007). Dunque, se i termini diventano gli scogli a cui poter ancorare il flusso dell'esperienza, anche scientifica, dobbiamo riconoscere che non a tutti possano essere immediatamente chiari e riconoscibili nella loro intensione ed estensione. Uno dei grandi contributi dell'EC e, sopratutto di Boltanski e Thévenot, sta proprio nell'uso innovativo di nuovi termini analitici i quali, però, abbiamo visto che introducono nell'analisi sociologica dei concetti non afferrabili immediatamente. D'altronde, a seconda dei punti di vista i vantaggi, a volte, si tramutano in svantaggi, e la loro complessità lessicale ha sicuramente frenato la diffusione delle ricerche convenzionaliste, sia nel panorama scientifico inglese che in quello italiano.

Dunque, richiamando l'importanza di prestare attenzione al senso dei termini utilizzati dai convenzionalisti ed invitando il lettore a riferirsi alla spiegazione che abbiamo fornito nel capitolo precedente, cerchiamo ora di fare luce sul percorso metodologico seguito in De la Justification che abbiamo preso a riferimento. L'idea di Boltanski e Thévenot è quella di costruire un modello analitico in grado di fornire una rappresentazione delle diverse nozioni grammaticali afferenti ad un mondo comune, identificandone le modalità su cui si raggiunge l'accordo sociale. Questo strumento concettuale, che non ha nulla a che vedere con l'idea geertziana della cultura come testo (Geertz, 1987), gli ha permesso di mettere a fuoco il funzionamento degli obblighi morali e dei vincoli normativi a cui gli attori sono sottoposti. Si tratta infatti di costruire un: «[…] modello di

competenza, vale a dire la formalizzazione della competenza che gli attori mettono in opera quando agiscono in riferimento alla giustizia e dei dispositivi che, nella realtà, supportano e confortano questa competenza assicurandole la possibilità di essere efficace» (Boltanski, 1990,

p.67). Prendendo sul serio le costrizioni poste dagli imperativi morali nella giustificazione dell'agire soggettivo, Boltanski e Thévenot non hanno voluto sottovalutare l'importanza che altri fattori come la violenza o l'inganno giocano nel determinare il corso dell'azione morale. Al contrario, il modello analitico degli obblighi morali permette loro di discriminare tra situazioni veramente orientate dalla giustificazione e situazioni dominate in realtà dal predominio della forza e della contingenza. Inoltre, portando alla luce le condizioni che i principi di giustizia devono soddisfare per poter essere impiegati in una disputa, ci hanno fornito uno strumento per discernere tra giustificazioni socialmente accettabili e giustificazioni socialmente inaccettabili (Boltanski e Thévenot, 2006). «Il

nostro modello offre uno dei possibili modi di prendere in considerazione le competenze messe in gioco dalle persone per giustificare il proprio comportamento o armonia morale, e risolvere i contenziosi. È precisamente la capacità del modello di delimitare l'oggetto da analizzare […] che ci apre alla possibilità di prendere in considerazione fattori la cui rilevanza non potrebbe essere riconosciuta sulle basi di schemi analitici centrati sulla violenza […]» (Boltanski e Thévenot, 2006,

p.346).

I due autori, però, non ignorano il fatto che tale modellizzazione non è una descrizione del mondo così come è, ma piuttosto rappresenta un escamotage per poter studiare i punti di appoggio normativo o, se si vuole, gli ideali taciti sui quali le persone possono basarsi per avanzare delle critiche o per giustificarsi. «Il modello di giustificazione che abbiamo presentato nei suoi tratti

generali non mira assolutamente a descrivere e ricomprendere il comportamento degli attori in tutte le situazioni che possono incontrare» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.347). In effetti, se il

coordinamento nel mondo reale corrispondesse esattamente agli ideali ed ai principi morali detenuti dagli attori, cioè se ci trovassimo in una condizione idilliaca di totale e condivisa corrispondenza tra

pensiero ed azione, che Boltanski e Thévenot chiamano Eden, allora la critica sarebbe inutile, non ci sarebbe più bisogno di confrontarsi, di raggiungere accordi, e l'agire umano scorrerebbe senza conflitti ed incomprensioni. Forse, sarebbe anche inutile l'uso della parola. Ovviamente, così non è. Invece, è proprio nell'interspazio che separa la realtà dal come si vorrebbe che fosse che si dispiega la morale e, con essa, le critiche e le giustificazioni (Boltanski, 2005). Come vedono il coordinamento in una situazione di incertezza i convenzionalisti? Com'è strutturato questo modello analitico? Quale il suo funzionamento? Le nozioni che abbiamo descritto servono ai nostri autori per rispondere alla necessità di rendere conto della capacità che gli attori hanno di aderire a dei modelli normativi, a cui possono legittimamente far riferimento nelle controversie quotidiane. Per individuare le caratteristiche delle diverse grammatiche a cui gli attori possono attingere nei vari mondi comuni della sfera d'azione morale, gli autori fanno ricorso all'uso di sei opere della letteratura classica, ognuna delle quali avrebbe la peculiarità di esemplificare un ordine di grandezza.99

Il nome simbolico che viene attribuito ad ognuno dei mondi comuni presi in esame è quello di

città, la quale da comune sostantivo assurge a metafora di un ordine sociale fondato su di uno

specifico ordine morale. «Un'utopia è realizzata, e merita allora il nome di città, quando nella

società esiste un mondo di oggetti che permettono di strutturare delle prove la cui valutazione richiede il ricorso al principio di equivalenza di cui questa utopia sviluppa la possibilità logica»

(Boltanski, 2005, p.52). Le città, e quindi, le grammatiche, che i nostri autori individuano in principio sono sei, e ad ognuna di esse corrisponde un testo di riferimento grazie al quale è stato possibile ricostruirne l'ordine di grandezza (Fig.7). Boltanski e Thévenot ritengono che i sei principi di giustizia fondanti le città siano presenti implicitamente nelle operazioni critiche delle persone, le quali solitamente nel corso di un confronto tendono a non esplicitarli. Così, compito del sociologo morale sarebbe quello di risalire la catena argomentativa di cui gli attori si servono per ordinare cose e persone nel mondo in cui si trovano, per esplicitarne i supporti normativi. Le città, pertanto, non possono essere trattate come degli enti trascendentali in quanto non sono né contingenti, né universali per costruzione. Tuttavia, i vari tipi normativi individuati sono provvisori e non esaustivi (tanto che in opere successive sia Boltanski che Thévenot parleranno di altri mondi comuni con modelli normativi diversi).100

Fig.7) Le sei città

Città Testo di riferimento Principio superiore comune

Commerciale La ricchezza delle nazioni, di

A.Smith Accumulazione di ricchezza ottenutaattraverso la concorrenza nel mercato

Ispirata La città di Dio, di

Sant'Agostino

La grandezza di qualcuno dipende dal suo stato di grazia in merito ad un ambito della vita, scollegato dai giudizi altrui.

99 Ad ogni città viene riferito un testo classico della filosofia politica, ma ciò non significa che secondo Boltanski e Thévénot le persone ordinarie li abbiano effettivamente letti, e nemmeno che li conoscano. Ciononostante, gli autori hanno ritenuto che alcune costruzioni della filosofia occidentale potessero essere intese come delle grammatiche di sistemi politici giusti. Alla base di ognuno dei sei ordinamenti si trova un principio di equivalenza ad aspirazione universale, che le ricerche empiriche hanno mostrato svolgere un ruolo essenziale nelle controversie della vita sociale. Quest'ultimo viene fatto corrispondere a un testo filosofico: il classico scelto per ogni città doveva però, anzitutto, essere il primo o tra i primi in cui questa veniva presentata e, inoltre, contenere un principio superiore comune nel quadro di un equilibrio tra forma di sacrificio e di bene comune (Boltanski e Thévenot, 2006).

100Ad esempio, la città per progetti, individuata da Boltanski e Chiapello nel Nuovo Spirito del Capitalismo (2005), o la città verde, identificata da Thévenot in Une justification ecologique? Conflits dans l'amenagement de la nature (1993)

Domestica La politique tirée des propres paroles de l'écriture sainte, di Jacques Bénigne Bousset

Il prestigio e la grandezza derivante dalla posizione nella gerarchia sociale della casta o della classe a cui si appartiene. La magnanimità e la misericordia sono gli attibuti di grandezza più apprezzati all'interno di un quadro morale radicato nella difesa dei rapporti tradizionali. Dell'Opinione Il Leviatano, di T. Hobbes Il giudizio altrui, la quantità di credito

che si riesce ad ottenere dal maggior numero di persone. La reputazione e la stiam altrui.

Civica Le Contrat Social, di J.J. Rousseau

La cittadinanza, intesa come superamento degli interessi particolari a favore di quello generale.

Industriale Du Systèm industriel, di Saint-Simon

L'utilità e l'efficacia nel soddisfarla.

Dal confronto tra i vari testi, gli autori hanno individuato le caratteristiche comuni che darebbero vita ad una comunità politica, o modello della polity.101 La polity è in questo caso una

costruzione teorica utile a poter distinguere un certo ordine sociale ed il principio di bene comune che lo presiede (principio superiore comune). Le componenti fondamentali di questa costruzione, cioè le caratteristiche morali che ogni città possiede sono 6: un principio di comune umanità, un

principio di differenziazione, una comune dignità, un ordine di grandezza, una investment formula ed un concetto di bene comune (ivi, p.77). Come detto, i due requisiti fondamentali del modello

sono gli assiomi della comune umanità e della differenziazione, i quali sono tenuti insieme da un concetto di bene comune che ne assicura la compatibilità (cioè la possibilità per gli attori di raggiungere comunque un accordo). Per poter ricostruire nella realtà i contenuti della grammatica afferente ad ogni comunità politica e, quindi, passare dalla costruzione tipologica al riconoscimento oggettivo di una città, i nostri autori si sono serviti di uno schema analitico (Ivi, p.140). Il ragionamento messo in opera dai nostri autori per la costruzione dello schema in questione è il seguente: siccome è possibile esprimere linguisticamente l'ordine naturale di cui si è partecipi (in testi scritti per esempio), allora le persone devono poter fare uso di categorie che definiscano i vari elementi. Queste categorie e le relazioni che tra di esse intercorrono possono essere lette come una

grammatica (Ibidem). «Siccome è stato possibile identificarlo in un testo, l'ordine naturale di un certo mondo può essere descritto tramite delle categorie che definiscono i soggetti (la lista dei soggetti), degli oggetti (la lista degli oggetti e delle relative disposizioni), dei qualificatori (stati di grandezza) e delle relazioni designate dai verbi (che esemplificherebbero le relazioni naturali tra gli esseri)» (Ibidem). La ricognizione di queste relazioni permette di distinguere tra azioni

circostanziali ed azioni che, invece, sono coerentemente inserite in un sistema di giustificazione morale socializzato. Grazie a questo parallelo grammaticale, gli autori elaborano uno schema analitico con cui identificare e descrivere i contenuti di ogni modello politico e, del relativo mondo comune che lo domina (Fig.8).

101Si noti come in inglese polity significhi letteralmente sistema di governo. Dunque, possiamo qui immaginare non un riferimento alla forma di governo istituzionalizzata, ma piuttosto l'esplicitazione degli elementi del sistema morale su cui si basa l'ordine morale.

Fig.8) Elementi del Framework Analitico

Schema Analitico Funzione

Principio superiore comune È il principio costitutivo su cui poggia ogni ordine sociale; viene

visto come una convenzione con cui si operano delle messe in equivalenza

Stato di grandezza Il modo con cui l'importanza di un essere viene definita (presenza

di un attributo o sua assenza). In questo modo, l'attributo funziona da qualificatore.

Dignità umana È lo stato comune di cui tutti i membri di una comunità politica

godono per il solo fatto di essere in grado di percepire e praticare il principio superiore di bene comune. Questo stato è riconosciuto come naturale ed innocente a tutti i membri, i quali hanno la capacità di esprimerlo attraverso una facoltà fisica che gli consente di comunicarlo e raggiungere un accordo (emotività, memoria, abitudine, tradizione, ecc.)

Lista dei soggetti La categorizzazione di tutti i soggetti presenti secondo un certo

ordine di grandezza (chi è dotato di una certa importanza e chi no)

Lista degli oggetti Tutti gli oggetti che servono da dispositivi di grandezza, cioè che

funzionano come meccanismi di valore, sia che essi siano regole, diplomi, codici, edifici, strumenti, dotazioni, ecc. essi servono anche per oggettivare le equivalenze.

Investment formula L'insieme dei sacrifici necessari ad accedere ad un altro stato di

grandezza. Questo codice di grandezza definisce propriamente l'economia della grandezza vigente in un certo ordine sociale.

Relazione di grandezza Essa specifica l'ordine tra i vari stati di grandezza, chiarendo come lo stato di grandezza includa e superi lo stato di mancanza o deficienza.

Relazioni naturali tra gli esseri

Sono relazioni espresse da predicati ed esprimono le relazioni di equivalenza. Sono definite naturali perché tutti i soggetti, siccome percepiti come partecipi ad una comune umanità, sono in grado di essere qualificati tramite associazioni che ne stabilizzano l'importanza nell'ordine di grandezza. Alcune relazioni naturali implicano grandezze di eguale rilevanza, altre predispongono una gerarchizzazione.

Rappresentazioni armoniche

Gli stati di grandezza sono distribuiti in conformità all'economia prevista dall'investment formula, sicché le immagini che ne emergono sono percepite come delle realtà conformi al principio di equivalenza.

Modello della prova Viene applicato in una situazione il cui esito è incerto, ed in un

certo mondo implica una particolare e coerente disposizione di elementi che servono per oggettivare i qualificatori

Modalità di espressione del

la forma con cui si manifesta il principio superiore comune.

Forma dell'evidenza La forma con cui la realtà si presenta diviene la modalità di conoscenza dominante del mondo considerato.

Stato di deficienza Sono le qualificazioni di uno stato in cui o può essere assente la

grandezza, o in cui può essere denunciata la presenza di una grandezza appartenente ad un altro mondo.

Si tratta, dunque, di comprendere di cosa sia composta la grandezza dei grandi, e di come si possa fondare un ordine legittimo tra le persone. Il modello delle città risponde così all'esigenza di giustificare le differenze. Nel modello di Boltanski e Thévenot questo secondo principio è connesso alla distinzione tra il concetto di persona, intesa come essere umano a prescindere da qualsiasi forma di qualificazione che lo riguarda, e lo stato della persona, vale a dire la sua grandezza, che non è comunque mai un attributo permanente (Boltanski e Thévenot, 2006). L'incertezza è intrinseca alla vita e alle situazioni in cui si trovano gli individui, per cui lungo gli assi dello spazio/tempo è sempre possibile mettere in discussione l'assegnazione delle grandezze. Pertanto, Boltanski e Thévenot teorizzano l'esistenza di un sistema di prove sociali che consiste in un «sistema concreto il cui obiettivo è di introdurre principi di equità nel mondo» (Boltanski, Chiapello, 2005, p.11). Tuttavia, perché la disputa abbia termine è sempre necessario trovare qualcosa che sfugga al vincolo della reciprocità a cui le convenzioni sono sottoposte. Pena una regressione argomentativa e morale infinita. «La giustizia tratta la disputa rapportandola ad

un'equivalenza generale in riferimento alla quale definisce una prova a cui sottoporre le parti, ma, nella misura in cui esistono più principi d'equivalenza legittimi, la prova può sempre essere rilanciata sulla base di un'altra equivalenza, ugualmente di validità universale […] Per questo, in sé, la giustizia è sempre insufficiente. […] Per porre fine alla disputa in giustizia, è quindi sempre necessario cercare qualcosa diverso dalla giustizia: è questo a conferire il carattere relativamente arbitrario che le è proprio […]» (Boltanski, 2005, p.38).

Il rapporto tra prova e temporalità risulta però problematico: se da un lato occorre ammettere che nessun successo o fallimento esaurisce la potenzialità degli agenti, dall'altro, le attribuzioni di grandezza devono poter durare nel tempo, poiché non è pensabile che gli individui vengano continuamente esaminati. Emerge quindi una tensione tra l'esigenza di un mondo stabile, che eviti continue dispute sull'ordine esistente, e la necessità di riconoscere che la potenzialità insita nelle persone non può venir ridotta agli stati momentanei nei quali esse si trovano. In accordo con Hanna Arendt (2003, pp.127-132), anche per Boltanski e Thévenot ogni attore sociale è infatti caratterizzato da una potenza inconoscibile persino a sé stesso (Boltanski, 1990). Nel rapporto tra le potenzialità del soggetto e la sua azione pratica calata nella contingenza della situazione, risiede una tensione irrisolvibile che la problematizzazione della disputa fa emergere. «[...] sul senso di giustizia [grava una tensione interna] nel passare da una

costruzione soggetta ai limiti di un certo giudizio all'integrazione di questo giudizio nel corso dell'azione. Per individuare questa tensione dobbiamo guardare da vicino alle conseguenze pragmatiche del giudizio […] ed essa può essere così schematicamente descritta. La risoluzione di una disputa presuppone la qualificazione delle capacità delle persone da un certo punto di vista, che significa all'interno di un dato mondo comune, che le riduce ad uno stato di grandezza che permette la convergenza delle aspettative altrui. Il giudizio, dunque, fissa la relazione tra le capacità delle persone ed un'azione. Il modello delle città però mostra che il senso di giustizia può essere qualificato solo con la restrizione che non sia permanente. Come abbiamo visto, questo modello cerca di riconciliare due requisiti che non sono facilmente compatibili: la necessità dell'ordine, senza la quale tutte le azioni che non sono dispute non possono aver luogo, ed il requisito della comune umanità. Il riferimento ad un'uguaglianza fondamentale tra tutti gli esseri umani ci preclude una loro definitiva gerarchizzazione ad opera di una qualificazione […] che

stabilirebbe un continuum tra il più ed il meno umano. Le proprietà che così vengono attaccate addosso alle persone permettono agli altri la costruzione di aspettative. Queste aspettative però sono ostacoli alla concezione di una comune umanità, come pure al riconoscimento che esista un'incertezza di fondo inerente alle azioni degli esseri umani» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.352)

Ora forse sarà più agevole comprendere il senso del sottotitolo dell'opera di De la

Justification: le economie della grandezza. Le prove e le argomentazioni giustificative di cui gli

attori si servono per compiere sacrifici utili ad aumentarne l'importanza possono essere esemplificate da dei modelli di grammatica morale. Modelli che portano alla luce i principi in base ai quali gli individui devono comportarsi o ai quali conformarsi per ottenere un certo grado di riconoscimento e valore. Le convenzioni sociali che sottendono a questi principi entrano in gioco nel momento della prova. Esse prendono vita grazie a dei referenti oggettivi che le rendono auto evidenti agli occhi degli attori e resistenti al cambiamento. È nelle convenzioni che riposano le aspettative, le nostre visioni del mondo e delle cose. È in esse che mormora continuamente la

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