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Soggetto I soggetti sono dei conferitori di senso, dotati di capacità e competenze riflessive in grado di apprendere

TRA PRAGMATICA E CONVENZIONI SOCIALI: L'EPISTEMOLOGIA DELLA RICERCA

2. Una chiarificazione epistemico-terminologica

Prima di tutto, facciamo notare la sostanziale similitudine tra l'accezione di senso morale espressa in De la Justification e la definizione di moralità che abbiamo dato nel sottocapitolo 'Il

senso della morale in questa ricerca'. Se il senso morale è la competenza di applicare criteri di

giustizia con cui discernere ed ordinare le cose del mondo, per cui rendere ragione è fare un lavoro relazionale (Tilly, 2006), il modo con cui questa competenza si manifesta può essere visto come un processo, come una serie di atti o fatti che si susseguono. Un processo morale che, per l'appunto, abbiamo chiamato moralità e che caratterizza la relazione morale tra gli esseri umani (Fig.4). Il senso morale si concretizza così in un susseguirsi, anche non lineare, di fatti o momenti in cui le capacità morali del soggetto, sia in termini cognitivi che relazionali, vengono messe all'opera applicando, apprendendo ed elaborando convenzioni sociali differenti. A questo proposito, la ricerca neuro-cognitiva sulla funzione dei neuroni specchio ha mostrato come il livello empatico e l'identificazione con l'Altro siano facoltà che permettono all'uomo di comprendere l'azione sociale, generalizzandola in ideal-tipi che rappresentano fenomeni sociali o comportamenti sociali aggregati (Viale, 2011). Le rappresentazioni collettive che qui ci interessano, e che abbiamo definito convenzioni, non sono altro che questi ideal-tipi. Studiare le modalità di giustificazione significa quindi prendere in considerazione quelle catene fattoriali che collegano i fenomeni sociali ai comportamenti individuali attraverso un focus sui meccanismi mentali di decisione ed azione (Viale,1998). che Tutto questo, avviene in funzione di quel movimento che caratterizza la natura umana e che Boltanski e Thévenot descrivono come la combinazione tra l'esigenza degli attori di riconoscere una comune umanità e la loro necessità di ordinare la realtà sociale con delle categorie (Boltanski, Thévenot, 2006). Un movimento che nella forma è sovrapponibile a quello che Alan Wolfe chiama l'obbligo morale verso l'interno (inward) e verso l'esterno (outward). Un movimento che nella forma è sovrapponibile a quello che Alan Wolfe chiama l'obbligo morale verso l'interno (inward) e verso l'esterno (outward). Un movimento che porta il soggetto nel corso della sua vita ad identificarsi con l'Altro (la comune umanità) e, contemporaneamente, ad esperire il bisogno di differenziarsi (l'ordinare il mondo sociale). Ed è in questo doppio movimento che risiede l'enorme potere generativo delle categorie, nel costruire, trasferire e naturalizzare una certa realtà sociale. Infatti, suddividendo il mondo attraverso dei criteri normativi all'interno di una successione diacronica di obblighi, i soggetti durante il processo morale fanno un'esperienza in cui: «[…]

generando dei concetti, danno anche forma a dei gruppi» (Cfr. Bourdieu, 1979, trad. it. 1983,

Fig. 4) Esemplificazione della relazione morale

Prima di procedere oltre con la circoscrizione del campo di ricerca in cui collochiamo il nostro studio sul senso morale, riteniamo opportuna una chiarificazione terminologica degli strumenti linguistico-concettuali introdotti nel lessico sociologico da Boltanski e Thévenot, e di cui d'ora innanzi faremo largo uso. Perciò, ecco riportate in sequenza le spiegazioni dei significati della terminologia usata dall'EC:

Convenzione = la forma socializzata, implicita o esplicita,72 che assumono i

principi ed i criteri di giustizia nello stabilire delle comparazioni tra i vari esseri presenti in una situazione (umani e non umani, simbolici ed oggettivi). Questo tipo di rappresentazioni collettive permettono la stabilizzazione e la generalizzazione di una certo tipo di associazioni mentali (Cfr. Boltanski e Thévenot, 2006, p.140). Un'importante distinzione da fare è quella tra convenzione e valore. Infatti, mentre la prima indica una rappresentazione che delimita a priori il campo delle possibilità, il valore è più che altro da intendersi come un parametro individuale o un gusto soggettivo. Ed è proprio nella differenza tra convenzioni e valori che risiede la possibilità di indagare le regolarità o le irregolarità culturali tra i piani micro e macro, tra struttura e soggetto. Dunque, le convenzioni di cui parliamo sono degli accordi impliciti o espliciti «sulle caratteristiche salienti di un oggetto (di un fenomeno, di un

processo, di una persona, ecc.)» (Borghi e Vitale, 2006, p.14). Per noi, il termine

convenzione sarà perciò lo strumento concettuale fondamentale utile ad analizzare le giustificazioni morali degli attori nel nostro caso di studio.

Stato di grandezza o grandezza= dal francese grandeur o dall'ingelse worth, il termine grandezza (o stato di) descrive l'importanza relativa degli esseri presenti nella situazione, la quale viene accertata per mezzo di processi e dei criteri legittimi (Cfr. Boltanski e Thévenot, 1999, p.363). «La grandezza è il modo in cui ci rappresentiamo,

esprimiamo, incorporiamo e comprendiamo le altre persone (secondo modalità che dipendono dal mondo in considerazione). La grandezza è così associata ad una capacità espressiva in generale» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.132). I parametri

valutativi, al loro livello meno astratto, quello oggettivato, servono da qualificatori degli esseri in situazione, determinandone lo stato di grandezza. «Con l'aiuto di oggetti,

appartenenti ognuno ad un mondo specifico, le persone riescono a stabilire relazioni di importanza.» (Ivi, p.131). Queste relazioni di importanza qualificano gli oggetti o i

soggetti, cioè sfruttano dei qualifiers per attribuire valore alle cose o ai loro stati. «La

coerenza tra le qualità di oggetti importanti e quella di soggetti importanti è manifestata dal fatto che i qualificatori usati in ogni caso sono spesso gli stessi»

(Boltanski e Thévenot, 2006, p.141). I qualificatori altro non sono che attributi che stanno alla base delle convenzioni, e che queste ultime sfruttano per stabilire delle equivalenze generalizzate in rappresentazioni collettive (Cfr. Ivi, p.140). Inoltre, come vedremo, l'EC utilizza spesso il sostantivo grandezza anche come sinonimo di principio

di grandezza.

Principio di Equivalenza o Grandezza = «Perché vi siano le basi per produrre

un associazione mentale, le parti interessate hanno bisogno di accedere ad un principio che determini le relazioni di equivalenza» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.33). In questo

senso, gli attori sociali per poter confrontare e stabilire un ordine tra le cose del mondo (e tra cose e persone, ovviamente) hanno bisogno di un metro di paragone che gli permetta di astrarsi dalla situazione, e rendere evidente cosa vi è di comune. Perciò, un principio di equivalenza non è altro che un criterio condiviso di valutazione, che è però dotato di un elevato grado di astrazione che raramente permette alle persone di esplicitarne la denominazione. Questo grado di astrazione racchiude in sé il senso di ciò che è giusto per gli attori ed, al contempo, un giudizio sull'importanza, o la grandezza, degli esseri presenti in situazione. Per questo viene anche chiamato principio di

giustizia. I principi di giustizia, che consentono di operare una messa in equivalenza,

sono inerenti alle situazioni e non ai soggetti/oggetti. Infatti, quando ci si trova in situazioni in cui è necessario criticare o giustificare è allora che si fa riferimento ad un principio di equivalenza più generale, che ci consente di stabilire una gerarchia di importanza relativa tra gli esseri presenti (Boltanski, 1999, 2005). La Grandezza intesa come principio morale, dunque, indica la posizione di una persona all'interno di un 'ordine di valutazione socializzato': in un ambiente industrializzato, ad esempio, un ingegnere è più grande di un impiegato poiché il principio di giustizia dominante sarà quello della performance produttiva in termini di titoli di studio. Ancora, in un ambiente civico un parlamentare sarà considerato più grande, cioè più importante, di un semplice cittadino, in quanto il criterio dell'interesse generale è quello dominante e, si presuppone, che il deputato ne incarni l'operato (Borghi, Vitale, Thévenot, 2006)

Ordine di Grandezza = nello stabilire delle relazioni di equivalenza tramite principi di giustizia, gli attori compiono una sorta di risalita in generalità, cioè cercano di richiamarsi a principi aventi un valore sempre più generale per argomentare a loro favore e, stabilire un ordine riconosciuto di importanza (questo perché sappiamo che rifarsi a categorie più generali permette di spostare l'attenzione su ciò che è comune e, quindi, di trovare una forma di accordo). Questa risalita, che in termini classificatori

significa avvalersi di categorie più astratte, «[...] può essere perseguita all'infinito, alla

ricerca di un principio superiore di accordo» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.33).

Grazie a questa risalita, e alle diverse categorie che vengono impiegate, si forma un ordine, che tende a rispecchiare la visione convenzionale del soggetto che si sta esprimendo, e che può essere definito come: ordine di grandezza.

Messa in Equivalenza = questa nozione, la cui rilevanza è stata intuita da Boltanski grazie allo studio sulla formazione della categoria sociale dei quadri (1982), descrive l'operazione cognitiva che tutti i soggetti compiono quando, applicando delle convenzioni e dei principi di giustizia, confrontano due o più elementi presenti nella situazione per stabilirne l'importanza relativa. «[...] un'operazione di messa in

equivalenza [è il] rapporto fondamentale sotto il quale possono essere ravvicinati, comparati e gerarchizzati degli esseri o degli accadimenti dispersi: si può allora dire che sotto tale rapporto x equivale a y, o che x è superiore a y ecc.» (Boltanski,

2005,p.28)

Giustificazione = «Il fatto incontrovertibile è che le persone non sono sempre

costrette a rendere le loro associazioni esplicite […] ma noi non studieremo la capacità umana di stabilire associazioni in sé […]. Tra l'infinito numero di associazioni possibili, noi ci interesseremo solamente a quelle che non solo sono comuni, e quindi comunicabili, ma che possono essere supportate da una giustificazione» (Boltanski e

Thévenot, 2006, p.32). La giustificazione è l'oggetto di studio di Boltanski e Thévenot nel testo che stiamo prendendo a riferimento e, in un certo qual senso, costituisce anche il nostro. Infatti, l'esperienza morale altro non è che quella serie diacronica di argomentazioni e negoziazioni che rappresentano la giustificazione che egli si da del proprio agire, delle proprie convinzioni e di quelle altrui. Saranno proprio queste argomentazioni morali, intese come giustificazioni sul chi e sul come della redistribuzione della ricchezza, che andremo ad analizzare nel nostro caso di studio.

Prova = Alla base del concetto di prova vi è l'idea che l'azione possa essere studiata nei momenti in cui è 'messa alla prova', cioè sottoposta a valutazioni che qualificano il valore degli attori, come nel caso di esami scolastici, gare sportive, colloqui ecc. «La prova è proprio quel momento in cui le pretese degli attori [le loro

pretese di giustizia] si confrontano con la realtà e in cui, appoggiandosi su dei dispositivi, spesso istituzionalizzati, queste pretese possono essere considerate come fondate o non fondate. La prova per mezzo della quale sarà validata o invalidata una richiesta di giustizia consiste nel passare da un'azione essenzialmente discorsiva a un'azione che coinvolga il mondo delle cose [...]» (Boltanski, 2005, p.25). Ognuno dei

vari modi di determinare il valore di qualcosa o qualcuno corrisponde ad un diverso modo di costruire una prova di realtà, questo momento è l'attimo in cui si produce nell'interazione una sorta di test teso a stabilire o ristabilire un accordo. Ovviamente, raggiungere un accordo dopo una prova significa anche «[...] ristabilire una nuova

giusta redistribuzione dell'importanza ascritta alle persone ed agli oggetti in situazione» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.136)

Investment Formula = è la modalità con cui gli attori si impegnano e compiono sacrifici (o delle economie) per aumentare la propria importanza nella situazione. Possono essere sia modalità autonome che eteronome e prescrittive. «[...] l'investment

formula congiunge i benefici di uno stato di importanza maggiore ad un costo o sacrificio che è richiesto per accedere a quello stato. La formula del sacrifico o

economia è il regolatore che sopprime la tensione tra il principio della comune umanità e l'esigenza di ordinare il mondo in stati. […] La relazione di equivalenza può essere conosciuta solamente nel momento in cui esiste una distribuzione armoniosa degli stati di grandezza, che significa, una distribuzione conforme all'investment formula.»

(Boltanski e Thévenot, 2006, pp. 76-143)

Principio comune superiore = il principio di giustizia a più elevato grado di astrazione che caratterizza una polity, cioè una comunità politica di esseri umani. «Le

persone tendono a esplicitare il principio comune di giustizia superiore solamente come ultima risorsa in un processo di giustificazione. Più spesso c'è solo bisogno di riferirsi alle qualificazioni degli stati di grandezza, o dei soggetti e degli oggetti presenti. Inoltre, il principio di giustizia comune e superiore difficilmente può essere riassunto in un singolo termine» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.141).

Mondi Comuni e Regimi d'azione = Dalla sociologia di Hirschman, Boltanski apprende la concezione che possano esistere una pluralità di grammatiche, cioè una molteplicità di forme che le condotte umane assumono quando si adeguano a regole comuni. Ciò che importa è però sottolineare l'impossibilità di prevedere le condotte degli attori, preservandone in linea di principio l'imprevedibilità. I soggetti, dunque, si trovano all'interno di una concezione sequenziale dell'azione in cui, a seconda della situazione, possono passare attraverso l'uso di diversi modelli di razionalità. Questa diversità è, appunto, rintracciabile tramite una pragmatica del coordinamento sociale che faccia emergere i differenti regimi d'azione. Ogni regime d'azione, a sua volta, può essere scomposto in mondi comuni, campi semantici o universi di significato, in cui i diversi tipi di razionalità si articolano in ordini di grandezza differenti. Ogni mondo comune ha una sua gerarchia di convenzioni, principi ed oggetti, attraverso la quale gli attori risolvono le dispute e raggiungono accordi. Facciamo notare come la particolarità dei mondi, intesi come sfere d'azione, risieda nel fatto che essi non siano mere costruzioni teoriche o metafisiche, ma comprendano tutto ciò che c'è nella situazione. Perciò, la materialità gioca un ruolo importante nel reificare i giudizi morali fornendogli un supporto oggettivo: «Con l'aiuto degli oggetti

appartenenti ad uno specifico mondo, le persone riescono a stabilire degli stati di valore. Una prova di valore non può essere ridotta ad un dibattito teorico. Essa ingaggia le persone, nella loro esistenza corporale, in un mondo di cose che servono come evidenza, e in assenza delle quali le dispute non avrebbero i mezzi materiali per rivolversi» (Boltanski e Thévenot, 2006, p.346). Né i mondi comuni, né i regimi

d'azione sono strutture date, ma variano all'interno della dinamica spazio-tempo. A scanso di equivoci terminologici, precisiamo che il concetto di mondo comune non è assimilabile a quello della fenomenologia di Schütz, o di Lebenswelt di Habermas.

Grammatica = questo termine è il più strutturalista di tutti quelli adottati dall'EC, e le influenze dei lavori di Hirschmann e Chomsky appaiono evidenti. In questo concetto, si racchiude l'esigenza di studiare il framework sinottico della morale, e delle sue contraddizioni, che può essere ricostruito a partire dalle giustificazioni degli attori. Qui convergono strutturalismo e pragmatismo, storia e fenomenologia. «[...] allo stesso

modo in cui la comunicazione linguistica presuppone una grammatica soggiacente, condivisa dai locutori, deve esistere qualcosa (come delle grammatiche morali) che permetta a persone molto diverse sotto differenti rapporti di accordarsi o di disputare [...]» (Boltanski, 2005, p.24). Dunque, le grammatiche costituiscono nel vocabolario di

diverse gerarchie di convenzioni s'intrecciano tra loro, ordinandosi in un sistema compiuto di reti culturali multi-livello. Uno degli obbiettivi di Boltanski e, in questa sede, anche uno dei nostri, è proprio quello di estrapolare e ricostruire le grammatiche morali di cui gli attori si servono durante le loro esperienze.

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