capitolo 3. La disciplina del procedimento 1 Determinazione dei confini dell’analis
4. L’avvio del procedimento sanzionatorio
4.1. Il principio di obbligatorietà dell’azione punitiva amministrativa
Accertata la sussistenza di un illecito amministrativo sulla base dell’attività preliminare finora descritta, la Banca d'Italia è tenuta ad avviare obbligatoriamente la procedura sanzionatoria nei confronti dell'incolpato, atteso che l’art. 14 L. 689/1981 non le attribuisce il potere di adottare nessun criterio selettivo.
Una simile conclusione è stata a lungo discussa, atteso che il carattere vincolato o meno della funzione sanzionatoria amministrativa è stato a lungo dibattuto.
Parte della dottrina589 ha affermato che la funzione sanzionatoria avrebbe carattere discrezionale, sia quanto all'esercizio della funzione, sia quanto ai contenuti del provvedimento sanzionatorio. In tale prospettiva, la funzione sanzionatoria sarebbe una funzione strumentale alla realizzazione di interessi particolari devoluti all'amministrazione, nell’esercizio della quale essa avrebbe il potere di valutare in termini di discrezionalità se dar corso al procedimento sanzionatorio, se applicare la sanzione e quale sanzione applicare. In simile impostazione, gli interessi devoluti alla cura dell'amministrazione dovrebbero essere ponderati secondo le regole degli apprezzamenti discrezionali di modo che, se opportuno, l'amministrazione potrebbe legittimamente astenersi dall'esercizio della funzione sanzionatoria. Più specificamente, parte della dottrina ha affermato che la Banca d'Italia avrebbe facoltà di dosare il ricorso alle sanzioni amministrative pecuniarie in base alle esigenze di vigilanza, secondo apprezzamenti discrezionali, normalmente preclusi alla pubblica amministrazione in base ai principi della L. 689/1981590.
Tuttavia, altra dottrina591 ha affermato che l’esistenza di apprezzamenti discrezionali non troverebbe accoglimento nel sistema della legge 689, sia in virtù del
compromettere la solvibilità di una banca con possibili ripercussioni sull’intero sistema bancario. Peraltro, la dottrina più autorevole farebbe discendere da questa disposizione un obbligo di denuncia in capo al Governatore, il quale avrebbe la possibilità di non effettuare un rapporto all’autorità giudiziaria per il solo periodo necessario ad assumere i provvedimenti più opportuni per evitare che la notizia
criminis pregiudichi gli interessi tutelati dalla Banca d’Italia 589
V. BORSI U., L’esecutorietà degli atti amministrativi, Torino, 1901 590 T
ITOMANLIO R., Funzione di regolazione e potestà sanzionatoria, Giuffré, Milano, 2007, p. 475; BANI
E., Il potere sanzionatorio delle autorità indipendenti, Giappichelli, Torino, 2000, p. 160 e ss. 591 M
ATTARELLA B. G., Le sanzioni amministrative nel nuovo ordinamento bancario, in Riv. Trim. dir.
pubbl., 1996, p. 708;TRAVI A. - PALIERO C.E., voce Sanzione amministrativa, in Enc. Dir., Giuffré, Milano, p. 396.
172 principio di legalità procedimentale592 ex art. 1 L. 689/1981, sia in virtù di alcune disposizioni (cfr. artt. 13, 14, 18, 19) che esprimono una logica opposta, di doverosità dell'esercizio della funzione sanzionatoria593. Controprova del fatto che l'esercizio della potestà sanzionatoria amministrativa non presuppone mai valutazioni discrezionali, è inoltre il fatto che, alle condizioni stabilite dall’art. 24 della L. 689/1981, l'applicazione di sanzioni amministrative è rimessa al giudice penale, cui sicuramente non spetta alcuna discrezionalità amministrativa594. Gli unici profili di discrezionalità amministrativa che possono sussistere in materia, potrebbero aversi solo in caso di emanazione di un provvedimento di annullamento d'ufficio di un precedente provvedimento sanzionatorio viziato. Peraltro, a tali fini, tali margine di discrezionalità amministrativa sussisterebbero non per ragioni inerenti all'esercizio della funzione sanzionatoria, ma per ragioni di conformità con i principi su questi procedimenti di secondo grado ex art. 21 nonies della L. 241 del 1990595. L'insieme degli argomenti esposti porta a concludere che elementi di discrezionalità vadano esclusi sia con riferimento alla valutazione dei presupposti dell'esercizio del potere, sia con riguardo alla determinazione del contenuto del provvedimento sanzionatorio: con riferimento al primo profilo, si potrebbe tutt'al più far riferimento al concetto di discrezionalità tecnica, ricorrente nei casi in cui l'organo di vigilanza deve accertare la violazione di norme ad alto contenuto tecnico; con riferimento al secondo profilo, l'amministrazione non potrà che essere vincolata ai criteri espressi dall'art. 11 della legge 689, allo stesso modo in cui il giudice penale è vincolato dai criteri stabiliti dalla legge nell'applicazione delle pene criminali596.
592 Cfr. Parte II, cap. 2, par. , p. 107. 593 T
RAVI A., Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, Giuffré, Milano, 1983, p. 114. 594
TRAVI A.-PALIERO C.E., voce Sanzione amministrativa, in Enc. Dir., Giuffré, Milano, p. 398. 595 T
RAVI A., Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, Giuffré, Milano, 1983, p. 118. 596 T
RAVI A., Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, Giuffré, Milano, 1983, p. 114. L'autore richiama la posizione di CAPACCIOLI E., Principi in tema di sanzioni amministrative:
considerazioni introduttive, in Le sanzioni in materia tributaria, Giuffré, Milano, 1979, che colloca le
valutazioni inerenti all'applicazione di sanzioni da parte dell'amministrazione nell'ambito della discrezionalità del giudice, in contrapposizione con l'ambito della discrezionalità amministrativa. Proprio l'esclusione di margini di discrezionalità renderebbe, ad avviso dell'autore, “più evidente la necessità di
una individuazione espressa dei criteri per la determinazione dell'entità della sanzione e di una rapporto qualità logica tendenzialmente contenuta tra i limiti minimo e massimo della sanzione edittale”. Per
un’analisi del concetto di discrezionalità del giudice, V. DOLCINI E.–MARINUCCI G., Commento all’art.
132 del Codice Penale, in DOLCINI E. – MARINUCCI G. (a cura di), Codice Penale commentato, IPSOA, Milano, 2011, p. 1707.
173 Ciò non sta a significare che non vengono considerate le peculiarità della funzione di vigilanza e che non si ritiene che queste possano riflettersi sulle modalità di esercizio del potere sanzionatorio. Si ritiene infatti che la funzione sanzionatoria della Banca d'Italia sia caratterizzata in modo assolutamente peculiare dal fatto che la possibilità di erogare sanzioni discende da fattispecie di illecito la cui definizione è affidata alla stessa autorità di vigilanza. Ed è proprio in questa fase, nella fase della definizione delle regole e dei precetti, che si potrebbe rinvenire l'esercizio di un potere discrezionale, piuttosto che nella fase dell'irrogazione delle sanzioni. Il potere normativo della Banca d'Italia presenta profili di discrezionalità poiché essa, nel configurare le fattispecie sanzionatorie, ha un amplissimo margine di apprezzamento, nei limiti del perseguimento delle finalità stabilite dall'art. 5 del Tub597.
L’interpretazione che attribuisce poteri discrezionali all’autorità di vigilanza sembra il rigurgito di una visione dirigistica del settore del credito, nella cui prospettiva le sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia andavano inquadrate nell’ambito delle sanzioni disciplinari che infatti, non a caso, esulano dall’ambito di applicazione della L. 689/1981598. Tale tesi tuttavia non è sostenibile nella prospettiva di un mercato bancario caratterizzato da una struttura concorrenziale, imposta dalla legislazione comunitaria che, ai sensi dell’art. 117 Cost., ha ormai valore costituzionale, in cui l’unico margine di apprezzamento attribuito alla Banca d'Italia è quello relativo all’esercizio dei propri poteri normativi. Simile interpretazione è stata confermata dalla Corte di Cassazione, secondo la quale “l'irrogazione delle sanzioni è espressione di
un'attività vincolata che, in quanto tale, non può essere assimilata, pur essendo ad essa strettamente collegata, a quella di vigilanza, le cui modalità non sono invece rigidamente predeterminati, ma (come si ricava dallo stesso D. Lgs. n. 58 del 1998, art. 5 e ss.) sono lasciate all'apprezzamento delle autorità cui è affidato il compito di salvaguardare la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati all'esercizio dell'attività di intermediazione finanziaria,
597 G
RECO G., commento all’art. 5, in PORZIO M., BELLI F., LOSAPPIO G., RISPOLI FARINA M., SANTORO
V., Commentario al Testo Unico Bancario, Giappichelli, Torino, 2010, p. 49; al riguardo, v. le considerazioni critiche di GUARINO G., L’armonizzazione della legislazione bancaria: la revisione
dell’ordinamento bancario del 1936, Paradigma, Milano, 1994; CAPRIGLIONE F., Commento all’art. 5, in CAPRIGLIONE F. (a cura di), Commentario al D. Lgs. 385/1993, Cedam, Padova, 2012, p. 56;
598 C
ECI IAPICHINO S., Le sanzioni amministrative, in GALANTI E. (a cura di), Diritto delle banche e degli
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avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistema finanziario”599.
Con riferimento alle questioni da ultimo affrontate, sembra utile svolgere delle considerazioni su quanto disposto dalle nuove disposizioni di vigilanza, le quali stabiliscono che “la Banca d'Italia valuta la fattispecie anche alla luce degli interventi
correttivi eventualmente adottati nei confronti degli intermediari, inclusi i richiami, ordini, i divieti ed altri provvedimenti particolari”600. Simile formulazione normativa, qualora fosse interpretata nel senso di attribuire valore scriminante agli interventi correttivi adottati dall’OdV nei confronti dei soggetti incolpati, sarebbe in contrasto con i principi di legalità sostanziale e procedimentale affermati dalla L. 689/1981 e descritti nei precedenti paragrafi. Ciò, in quanto la legge 689 attribuisce rilievo sanzionatorio a tutte quelle condotte che integrano gli elementi costitutivi di una fattispecie tipica, che non possono fare rinvio a valutazioni e scelte di intervento dell’OdV, idonee ad acquisire valore di elementi negativi del fatto tipico601. Simile interpretazione finirebbe per attribuire all’OdV il potere di condizionare l’avvio di una procedura sanzionatoria, attraverso l’adozione dei citati interventi correttivi prima della conclusione della fase di accertamento, in modo da impedire il perfezionamento della fattispecie sanzionatoria tipica. Ma ciò significherebbe di fatto consentire all'autorità di vigilanza di esercitare un potere discrezionale di valutare l'opportunità dell'avvio di un procedimento sanzionatorio, da ritenersi escluso fintantoché rimane in vigore la L. 689/1981 che, in base all’art. 1 e 4 delle disposizioni preliminari del C.C., non può essere derogata da una norma regolamentare. Sembrerebbe pertanto preferibile interpretare in maniera restrittiva la disposizione richiamata, ritenendola applicabile nei soli casi in cui sia la norma sanzionatoria a richiedere, ai fini del perfezionamento della fattispecie punita, una valutazione comprendente anche gli interventi di vigilanza adottati dalla Banca d'Italia nei confronti degli intermediari cui sono riconducibili gli incolpati.
599 Cassaz., sez. un., n. 16557 del 15 luglio 2010.
600 V. par.. 1.1 provvedimento della Banca d'Italia del 18 dicembre 2012, Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa.
601 V. G
ALLO M., Appunti di diritto penale, vol. II, il reato, parte I, la fattispecie oggettiva, Giappichelli, Torino, 2000, p. 179.
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