capitolo 3. Le Autorità comunitarie di vigilanza nel settore del credito 1 La European Banking Authority
1.6. L’impatto dell’istituzione dell’EBA sull’ordinamento italiano
L'istituzione dell'EBA ha prodotto diverse conseguenze sull’assetto dell’ordinamento bancario nazionale.
Da un punto di vista istituzionale, va osservato che l'indipendenza riconosciuta all’EBA dal regolamento 1093/2010292 non può non riflettersi su quella della Banca d’Italia, chiamata a farne parte e a partecipare alle forme di horizzontal accountability individuate dall'art. 8 paragr. 1 del reg. 1093/2010, in base al quale l’EBA “organizza
ed effettua verifiche inter pares delle autorità competenti, anche formulando orientamenti e raccomandazioni e individuando le migliori prassi, al fine di rafforzare l'uniformità dei risultati di vigilanza”.
Poiché i vertici delle autorità di vigilanza nazionali partecipano agli organi decisionali dell'EBA, la garanzia di indipendenza di questa dovrebbe estendersi anche ad essi, contribuendo a sottrarli all'ingerenza del Governo, del CICR e del Ministero dell'economia e delle finanze293. L'indipendenza istituzionale dei vertici della Banca d'Italia nella sua veste di autorità di vigilanza, e non più solo di banca centrale, troverebbe perciò ora un riconoscimento anche a livello comunitario, sebbene non nei Trattati, ma in norme di diritto comunitario derivato. Da ciò dovrebbe discendere l'incompatibilità con il diritto comunitario di ogni disposizione nazionale che ostacolasse la piena indipendenza della Banca d'Italia nell'esercizio di quei poteri di vigilanza che rientrano nell’ambito delle competenze dell’EBA, descritte nell’art. 1 del regolamento istitutivo. Ci si riferisce in particolare al ruolo di alta vigilanza del CICR294, che dovrebbe ritenersi vietato in quasi tutti i settori disciplinati dal Tub oramai compresi nell'ambito delle competenze dell'EBA. Alla luce di ciò, gli unici poteri che il
292 V. art. 1 comma 5 del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1093 del 24 novembre 2010, regolamento istitutivo dell’EBA.
293 Cfr. parte I, cap. 2, par. 4.1.
294 Cfr. parte 1, cap 2, par. 4.1. Come sopra specificato, è incerto il perimetro della nozione di alta vigilanza del CICR, che potrebbe rappresentare un potere residuale e generale di indirizzo politico sulla vigilanza bancaria. A riprova dell'esistenza di tali dubbi, si possono richiamare le preoccupazioni di una possibile influenza della politica sull'esercizio della vigilanza espresse dal fondo monetario internazionale e dalla BCE proprio avendo riguardo alle competenze attribuite dal nostro ordinamento al CICR; preoccupazioni tanto più fondate quanto più incerta è la delimitazione dei compiti del comitato. Vedi PERASSI M.O., Banca d'Italia e contesto internazionale. Prime riflessioni sul nuovo statuto, in Banca,
impresa e Società, 2007,19. FMI, Detailed assessment of compliance with the Basel Core Principles for Effective Banking Supervision, aprile 2004, ad avviso del quale le attribuzioni del CICR “[make] it difficult to determine whether supervisory policies, plans and procedures are entirely independent from the government and whether the latter is involved in operational supervisory and regulatory activities”.
86 CICR potrebbe ancora continuare a svolgere riguarderebbero unicamente l’alta vigilanza sulle attività ancora non ammesse al mutuo riconoscimento295 e sui crediti speciali. E’ in tale prospettiva che deve essere letto l’art. 6 comma 3 Tub, come sostituito dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 130, in base al quale “La
Banca d’Italia, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, è parte del SEVIF e partecipa alle attività che esso svolge, tenendo conto della convergenza degli strumenti e delle prassi di vigilanza in ambito europeo.”. Ed è sempre in tale prospettiva che va collocato
l’art. 15 comma 1 lett. a) della legge comunitaria per il 2010 che, delegando il governo a dare attuazione alla direttiva 2010/78/UE, ha affermato che esso deve tenere conto “dell'integrazione del sistema di vigilanza nazionale nel nuovo assetto di vigilanza del
settore finanziario dell'Unione Europea e dell'istituzione e dei poteri delle autorità di vigilanza europea”.
Sotto un profilo funzionale invece, il regolamento 1093/2010 ha determinato una compressione dei poteri normativi delle autorità di vigilanza nazionali, che si verificherà nel momento dell'adozione da parte della Commissione delle norme tecniche di regolazione o di attuazione su proposta dell'autorità comunitaria ai sensi degli art. 15 e 10 del Regolamento. In sostanza, man mano che la Commissione adotterà tali norme, l'ordinamento nazionale non potrà più procedere a nuovi innesti normativi, pena la violazione del diritto comunitario, atteso che tale conseguenza discende dai principi stabiliti da consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea296.
E’ in tale prospettiva che va oggi letto l’art. 6 comma 1 Tub, ai sensi del quale “Le autorità creditizie esercitano i poteri loro attribuiti in armonia con le disposizioni
dell’Unione europea, applicano i regolamenti e le decisioni dell’Unione europea”.
Inoltre, è proprio sulla base di tali principi che la legge comunitaria per il 2010297 ha delegato il governo ad apportare le modifiche al Tub, al Tuf e al codice delle assicurazioni, al fine di dare attuazione alla direttiva 2010/78/UE, per aggiornarli al
295 Art. 17 Tub.
296 V. Corte di Giustizia Europea, sent. del 2 febbraio 1977, Amsterdam Bulb B.V. c. Produktschap voor Siergewassen, causa C-50/76, in base alla quale “gli stati membri non possono emanare, né consentire agli enti nazionali muniti di potestà normativa di emanare atti che nascondano agli amministrati la natura comunitaria di una norma giuridica e gli effetti che ne derivano”, e in base alla quale “gli stati membri devono astenersi dall'adottare provvedimenti atti a sminuire la competenza della Corte a pronunciarsi su qualsiasi questione di interpretazione del diritto comunitario o di validità degli atti emanati dalle istituzioni della comunità”.
87 nuovo assetto istituzionale della vigilanza euopea. L’art. 15 comma 1 lett. f) ha stabilito infatti che il Governo, nell’esercizio della delega, deve “tenere conto della natura
direttamente vincolante delle norme tecniche di attuazione e delle norme tecniche di regolamentazione adottate dalla Commissione europea in conformità, rispettivamente, agli articoli 15 e 10 dei regolamenti istitutivi delle autorità di vigilanza europee”. Va
comunque osservato che, a parziale compensazione nella compressione dei propri poteri normativi, le autorità di vigilanza possono comunque incidere sul processo di formazione delle norme disciplinate dal regolamento 1093/2010, partecipando all’elaborazione della disciplina del mercato bancario come partecipanti al consiglio dell'EBA e come componenti dell’ESFS.
Sul punto, un profilo che merita qualche precisazione è quello concernente le modalità di adeguamento da parte delle Autorità nazionali alle raccomandazioni emanate dall’autorità comunitaria ai sensi dell’art. 16 del regolamento. Questo articolo infatti stabilisce che le autorità nazionali procedano all'attuazione delle raccomandazioni dell'EBA e dell’ESRB in base al principio del comply or explain: l'autorità deve cioè fare ogni sforzo per adeguarsi alla raccomandazione ma può rendere ragione del mancato adeguamento, poiché non sono previsti in capo all'EBA meccanismi sostitutivi, essendo questi limitati alle ipotesi previste dagli artt. 17, 18 e 19 del regolamento 1093/2010. Il raccordo tra l'ordinamento comunitario e quello italiano è assicurato dalla nuova formulazione dell’art. 6 comma 1 del Tub,sostituito dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 130, secondo cui “le autorità creditizie provvedono in merito alle
raccomandazioni in materia creditizia e finanziaria”. Presa la decisione di uniformarsi
alle raccomandazioni dell'EBA, la decisione sulle modalità attraverso cui uniformarsi sarà poi rimessa alla discrezionalità delle autorità nazionali298.
Concludendo in merito all’incidenza dell’istituzione dell’EBA sull’ordinamento creditizio italiano, non si può non notare come il regolamento 1093/2010 non abbia previsto espressamente alcuna sanzione per l'inosservanza delle disposizioni in esso contenute, nonostante sia palese che le finalità da esso perseguite sarebbero frustrate in mancanza un adeguato meccanismo di enforcement. Tuttavia, l'art. 78 del Regolamento stabilisce che “gli stati membri adottano le opportune disposizioni per assicurare una
298 V. Commento all’art. 6, in C
APRIGLIONE F. (a cura di), Commentario al D. Lgs. 385/1993, Cedam, Padova, 2012, p. 75 e ss..
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attuazione efficace” del regolamento e l'art. 17 dispone che le stesse autorità di
vigilanza nazionali sono tenute ad assicurare l'effettiva applicazione degli atti adottati dalle autorità sovranazionali. Dunque gli stati membri devono garantire che i propri ordinamenti attribuiscano alle autorità di vigilanza nazionali poteri analoghi a quelli ad esse attribuiti per assicurare l'esecuzione delle norme interne. Ciò dovrebbe implicare anche l'espressa attribuzione del potere di erogare sanzioni amministrative: sarebbe infatti paradossale che infrazioni di norme nazionali comportassero conseguenze più gravi rispetto a quelle derivanti dall'inosservanza di norme emanate dalle istituzioni europee nelle stesse materie. Del resto, ciò costituirebbe anche l'applicazione del principio di leale cooperazione sancito dall'art. 4 del TUE e dei principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea299. Tuttavia, la legge comunitaria per il 2010 non ha previsto sanzioni per la violazione delle norme tecniche di regolazione o di attuazione dettate dalla Commissione su proposta delle autorità comunitarie.