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L’importanza delle reti sociali nel processo di integrazione

6.3 Gli arrivi e la prima accoglienza alla frontiera

6.4.2 L’importanza delle reti sociali nel processo di integrazione

Come già anticipato, questa sezione del presente capitolo tratterà in maniera differenziata le varie strutture incaricate di fornire i servizi specifici della seconda accoglienza. Nel precedente paragrafo sono state evidenziate le maggiori differenze circa i grandi centri, mentre nel prossimo si tratteranno nel dettaglio i modelli di accoglienza diffusa sul territorio, in virtù del loro ruolo cardine nel processo di integrazione del migrante all’interno della società di ricezione.

Prima di passare a tale argomento, tuttavia, si vuole qui fornire un inciso di riflessione circa il tema delle reti sociali, particolarmente rilevante, come si è già evidenziato, ai fini di un buon processo di integrazione del migrante nella comunità di accoglienza.

Come già affermato, il termine integrazione è da intendersi nella sua accezione di processo biunivoco, che coinvolge in egual misura l’individuo esterno e i componenti della società d’accoglienza: entrambe le parti, dunque, hanno un ruolo attivo in tale processo e, allo stesso modo, i bisogni di entrambe devono essere riconosciuti e rispettati nella misura del possibile. In questo senso, un modello di accoglienza diffusa rappresenta, nell’ottica della scrivente, la soluzione migliore per la realizzazione di un’integrazione efficace e stabile, in quanto permette la conoscenza reciproca e l’auspicabile accettazione dell’Altro. In altre parole, piccoli centri di accoglienza quali i progetti dell’ex SPRAR, per quanto riguarda il caso italiano, e gli appartamenti gestiti dall’associazionismo spagnolo permettono non solo al migrante di entrare più facilmente in contatto con il microambiente in cui si ritrova, ma anche alla comunità di ricezione di conoscerlo meglio in un contesto ridotto, differente dai grandi centri di centinaia o più persone quali sono, ad esempio, i Centri di Accoglienza Straordinaria. Contestualmente, le dimensioni

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ridotte delle strutture permettono anche al personale delle stesse di conoscere meglio i beneficiari del progetto: di conseguenza, l’attenzione nei loro confronti è molto più circoscritta, e ciò permette all’operatore non solo di individuare la giusta combinazione di attività sociali e lavorative che possano facilitare l’inserimento della persona nella società, ma anche l’elaborazione congiunta del piano di uscita dalla struttura. La realizzazione di attività socialmente utili, l’inserimento in gruppi sportivi o di altre attività per il tempo libero, inoltre, agevolano l’individuo nella (ri)conquista della propria autonomia poiché ne facilitano l’inserimento in contesti nei quali egli stesso può (ri)costruire le proprie reti sociali.

Come già evidenziato nel presente lavoro, le reti sociali sono un elemento di primaria importanza per il migrante in generale, in quanto costituiscono un vettore di scambio di informazioni basilare. Le reti sociali non devono comprendere necessariamente legami familiari, anzi, non è comune che ciò accada: questo nonostante il Sistema Dublino III preveda la possibilità, per il richiedente che arriva in suolo europeo, di richiedere il trasferimento in un altro Stato membro all’interno del quale risieda in maniera regolare uno o più familiari prossimi; non sarebbe dunque costretto, in virtù di tale previsione, a rimanere nel Paese di prima entrata per tutta la durata dell’esame della richiesta.

Le reti sociali possono essere anche caratterizzate dalla comunanza del fattore nazionalità, oppure possono essere strette con altri rifugiati o beneficiari di protezione: il migrante forzato, infatti, è costretto a “congelare” le reti sociali del Paese di origine e a ricrearne di nuove nello Stato di destinazione in conseguenza dello spostamento. Ovviamente, le reti originarie non spariscono, anzi, talvolta si mantengono vive attraverso il regolare invio di rimesse: tuttavia, le reti realmente importanti nella società di accoglienza sono quelle che l’individuo vi ricrea, in quanto la loro importanza risiede nell’agevolare lo scambio di informazioni e contatti per la gestione delle questioni burocratiche, ma anche e soprattutto ai fini dell’integrazione socio- lavorativa. Infatti, in questi casi, le reti “offrono appoggio ed aiuti reciproci riguardo differenti aspetti, soprattutto in relazione con la ricerca di un alloggio o di un lavoro. Reti, dunque, che si convertono in un fattore di protezione e copertura sociale, materiale e personale durante questi anni iniziali di incorporazione locale”128 (traduzione della scrivente, Buades, Estrada, Iglesias,

Vicente, Urrutia, 2018: 19).

128 Testo originale: “proporcionan apoyos y ayudas recíprocas en diversos aspectos, sobre todo, en el

acceso a alojamiento y trabajo. Redes, pues, que se convierten en un factor de protección y cobertura social, material y personal durante estos años iniciales de incorporación local”.

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Un sistema di accoglienza veramente efficace (soprattutto se di seconda accoglienza) non può esser definito tale se non fomenta la tessitura ed il mantenimento delle reti, e gli operatori devono essere in grado elaborare soluzioni, insieme all’interessato, per facilitarne la creazione. In tal senso, i modelli di accoglienza diffusa sul territorio rappresentano la miglior occasione per facilitare questo processo proprio in virtù della dislocazione dei centri, del loro sparpagliamento per tutto il territorio (si auspica, per quanto possibile, in maniera omogenea e nel rispetto della densità di popolazione dell’area specifica). Allo stesso modo, la comunità di ricezione non si sentirà “invasa” da una presenza percepita come straniera, e la composizione sociodemografica dell’area non subirà variazioni così rilevanti tali da poter potenzialmente creare barriere psicologiche e fisiche tra gli abitanti autoctoni ed i nuovi arrivati.

A tal proposito, ad esempio, in Spagna sono state riscontrate tre problematiche principali nel funzionamento delle reti sociali:

- la scarsa presenza di parenti e familiari, o comunque di persone con cui vi è un legame affettivo particolarmente stretto, che potrebbe alleviare situazioni particolarmente stressanti come la precarietà lavorativa o l’esclusione sociale;

- le reti sociali basate sulla nazionalità di origine sono generalmente poco capillari nel territorio, motivo per cui possono fornire un supporto limitato;

- si è notato che, spesso, si creano situazioni di mutua esclusione fra comunità di stranieri, in senso generico, e comunità dei nativi, per cui non si riesce realmente a portare avanti processi di mutua integrazione (Buades et al., 2018).

Tale riflessione deve essere tenuta di conto da parte degli enti implicati nella seconda accoglienza, soprattutto per quanto riguarda il terzo punto, quello relativo alla relazione fra straniero, in senso lato, e comunità autoctona, in quanto è proprio su tale questione che un buon sistema d’accoglienza ed i suoi operatori possono intervenire ed incidere positivamente.

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