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I Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS)

5.5 La seconda accoglienza

5.5.1 I Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS)

I Centri di Accoglienza Straordinaria costituiscono la risposta dettata da una logica emergenziale all’aumento del numero degli sbarchi a partire dal 2014: sono strutture di media grandezza, istituite per far fronte a massicci ed improvvisi arrivi che potrebbero potenzialmente riempire tutte le strutture presenti sul territorio. Si tratterebbe, dunque, di veri e propri centri straordinari, in quanto non avrebbero dovuto costituire una vera e propria forma di accoglienza, bensì una misura temporanea in attesa di collocare gli individui nelle apposite strutture governative o in quelle appartenenti al progetto SPRAR. Come, infatti, si può leggere all’interno dell’articolo 11 del decreto legislativo 142/2015

Nel caso in cui è temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all'interno delle strutture […] a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti, l'accoglienza può essere disposta dal prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, in strutture temporanee, appositamente allestite, previa valutazione delle condizioni di salute del richiedente, anche al fine di accertare la sussistenza di esigenze particolari di accoglienza. Le strutture […] soddisfano le esigenze essenziali di accoglienza […] e sono individuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo, sentito l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. È consentito, nei casi di estrema urgenza, il ricorso alle procedure di affidamento diretto […]

L'accoglienza […] è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente (decreto legislativo 142/2015, art. 11, co. 1-2-3).

Tuttavia, nonostante quanto affermato da tale fonte normativa, fin da subito i CAS si sono facilmente affiancati, se non quasi sostituiti, allo SPRAR in quanto a numero di persone alloggiate: i dati relativi alle presenze di entrambe le tipologie di strutture sconfessano, infatti, le previsioni normative. Stando ad una rielaborazione di dati inserita in un report elaborato da Openpolis, con il contributo di ActionAid, all’interno dei CAS si è sempre concentrato circa l’80% delle presenze totali all’interno dei centri di accoglienza italiani (Action Aid, Openpolis, 2018).

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Guardando le cifre reali, durante il 2015 quasi 80.000 persone hanno transitato per i CAS, a fronte di circa 20.000 nello SPRAR; durante il 2016, i CAS hanno alloggiato 137.200 individui, mentre lo SPRAR poco meno di 24.000 persone; durante il 2017, invece, quasi 150.000 individui sono stati inseriti nei CAS e circa 24.700 nello SPRAR e, infine, durante il 2018 la presenza nei CAS è diminuita (138.000 persone), mentre quella nello SPRAR si è mantenuta sulle 25.000 unità (Openpolis, 2018).

Si sottolinea, a titolo informativo, che l’aumento delle presenze nei Centri di Accoglienza Straordinaria non è stato solo dovuto al fatto che tale tipo di strutture ha iniziato a costituire una modalità ordinaria di accoglienza, e dunque la rete di centri è stata ampliata; a questo fattore è da sommarsi il fatto che l’attesa nei Centri di Accoglienza Straordinaria si è dilatata nel tempo, superando anche l’anno di permanenza: di conseguenza, non vi è stato ricambio da un anno all’altro, e le nuove presenze si sono sommate alle precedenti.

Questa transazione da forma di accoglienza straordinaria a ordinaria è stata dovuta soprattutto all’urgenza di trovare soluzioni abitative rapide: considerando che il funzionamento dello SPRAR, come vedremo, dipende dall’adesione volontaria dei singoli Comuni al progetto, si evince che la sua diffusione può essere limitata. I Centri di Accoglienza Straordinaria, invece, vengono individuati direttamente dalle Prefetture e, per velocizzare il processo burocratico della loro attivazione, la loro gestione è concessa ad organizzazioni profit e non mediante l’affidamento diretto: per questo, dunque, le Prefetture pubblicano delle gare d’appalto per l’affidamento della gestione dei CAS (Action Aid, Openpolis, 2018).

Anche la questione dei finanziamenti dei Centri di Accoglienza Straordinaria è sempre stata fonte di problemi: trattandosi di strutture di logica emergenziale, urgenza e di rapidità di azione, non sono state previste forme e procedure standard di rendicontazione sino al 2017: questo, in linea di principio, doveva agevolare i gestori dei CAS nella gestione di flussi importanti ed improvvisi di persone nell’erogazione di beni e servizi. In realtà, la mancanza di forme di controllo e di monitoraggio nella gestione amministrativa dei fondi ha determinato casi di cattiva amministrazione degli stessi, in quanto l’ente privato poteva dirottare i finanziamenti su altre destinazioni, senza garantire la fornitura di beni e servizi prevista dal capitolato d’appalto. Dal 2017, tuttavia, sono state introdotte alcune regole di rendicontazione di ogni spesa effettuata nei Centri di Accoglienza Straordinaria, la quale deve dunque sempre essere tracciabile, e sono state aumentate le misure di monitoraggio da parte delle Prefetture. Si è lontani dal modello di rendicontazione dello SPRAR, standardizzato e con un manuale ben

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elaborato che regola ogni dettaglio, ma sono stati fatti passi avanti per garantire trasparenza e la corretta erogazione di beni e servizi ai residenti nei CAS.

In conclusione, dunque i Centri di Accoglienza Straordinaria hanno costituito fin dall’inizio una modalità di accoglienza ordinaria per i richiedenti asilo in attesa della decisione della Commissione territoriale, prima del loro spostamento all’interno di un progetto SPRAR: sono state, dunque, deluse anche le previsioni circa il tempo limitato della permanenza negli stessi. Questa situazione, come si è visto, si è mantenuta costante nel tempo, nonostante lo stesso Ministero dell’Interno affermasse, nel Piano Nazionale di Integrazione pubblicato nel 2017, che “ai fini di un’efficace politica di sostegno all’integrazione, è urgente superare il sistema di accoglienza straordinaria […] rendere il sistema di accoglienza più orientato all’integrazione, elevando il livello dei servizi offerti nel sistema di accoglienza straordinario […] specialmente nei casi in cui essi svolgano il ruolo di centri di seconda accoglienza” (Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, 2017: 16).

Per quanto riguardo l’elenco dei servizi alla persona offerti a quanti si trovino alloggiati in un Centro di Accoglienza Straordinaria, a novembre 2018 è stato approvato un nuovo schema di capitolato per la fornitura di beni e servizi relativamente alla gestione dei CAS: al suo interno si elencano tutti i beni e i servizi che il potenziale gestore di un Centro di Accoglienza Straordinaria dovrà essere in grado di assicurare alle persone alloggiate nella struttura per aggiudicarsi l’appalto. L’analisi di tale documento risulta essere particolarmente interessante poiché i nuovi requisiti imposti ai (potenziali) gestori dei Centri di Accoglienza Straordinaria sono ben differenti e molto più limitati rispetto al passato: in altre parole, si richiede meno sforzo ai gestori per quanto concerne i servizi all’integrazione che devono offrire ai richiedenti alloggiati nei propri Centri di Accoglienza Straordinaria.

Innanzitutto, nel documento si differenziano i beni e servizi concessi sulla base della tipologia di struttura: in altre parole, si prevede che i CAS possano avere la forma di:

- centri minori, ovvero “costituiti da singole unità abitative con capacità ricettiva fino ad un massimo di 50 posti complessivi. Per singola unità abitativa si intende una struttura immobiliare ad uso abitativo che consente l’autonoma gestione dei servizi di preparazione dei pasti […] di lavanderia […] e di pulizia e igiene ambientale […] da parte del migrante” (Ministero dell’Interno, 2018b: 1);

- centri collettivi, ovvero “una struttura immobiliare ovvero un complesso di strutture non avente le caratteristiche dell’unità abitativa […] all’interno della quale tutti i servizi […] sono erogati dal gestore” (Ministero dell’Interno, 2018b: 1).

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I beni ed i servizi di cui si prevede l’offerta e la fornitura sono successivamente elencati per settore.

Tra i servizi di tipo amministrativo, rientrano la registrazione dell’individuo e dei suoi dati personali, oltre alla consegna di un badge finalizzato alla rilevazione delle entrate e delle uscite dalla struttura (le informazioni circa le presenze in struttura devono essere comunicate quotidianamente alla Prefettura competente); inoltre, il gestore deve assicurare la corretta manutenzione del centro in termini di fornitura di elettricità, acqua, gas e combustibile per il riscaldamento (Ministero dell’Interno, 2018b).

Nel settore di assistenza generica alla persona rientrano i servizi di mediazione culturale, di informazione sulla normativa in materia di asilo e immigrazione, nonché sulle regole del centro, i servizi di assistenza sociale e la distribuzione dei pasti, la quale avviene solo nelle strutture collettive, dato che nei centri minori vengono fornite le derrate alimentari e gli utensili da cucina (Ministero dell’Interno, 2018b). È previsto anche un servizio di lavanderia, uno di trasporto verso gli uffici di polizia, in Commissione territoriale per l’audizione o motivato da questioni sanitarie e, infine, un servizio di pulizia della struttura, ma solo nei centri collettivi (Ministero dell’Interno, 2018b). Considerando, inoltre, che il richiedente asilo ha diritto all’accesso al sistema sanitario nazionale, ciò gli deve essere garantito mediante l’espletamento delle procedure per la sua iscrizione.

Infine, per quanto riguarda la fornitura di beni materiali, si prevede l’erogazione di “effetti letterecci; prodotti per l’igiene personale; kit di primo ingresso (vestiario e scheda telefonica); pocket money; materiale scolastico per i minori” (Ministero dell’Interno, 2018b: 5). Il pocket money, in particolare, ammonta a 2,50€ giornalieri.

All’interno di vari allegati allo schema di capitolato vengono regolamentati nel dettaglio gli aspetti più tecnici riguardanti le tipologie dei beni e servizi esposti sinora, così come i costi preventivati, le ore di lavoro previste per ogni tipologia di professionista all’interno dei CAS... Come già anticipato, le previsioni contenute in tale schema cambiano l’organizzazione interna dei CAS rispetto al passato: a tal proposito, un commento interessante riguardo tali modifiche viene fornito dalla Cooperativa Sociale In Migrazione di Roma, la quale ha recentemente pubblicato un dossier in merito.

In tale documento, innanzitutto si problematizza la questione dei tagli ai finanziamenti dei centri, che passano da una stima media di 35€ al giorno pro capite a circa 21€ euro per i centri minori, mentre i centri collettivi riceveranno importi pari a 25/26€ a seconda del numero di persone accolte: in altre parole, si privilegia economicamente i centri con maggiore capienza,

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penalizzando le piccole strutture e gli appartamenti che risultano dunque essere di difficile sostenibilità economica (In Migrazione, 2018). I tagli ai finanziamenti hanno come ovvia conseguenza la riduzione del personale e delle loro ore di disponibilità, dunque, più in generale, dei servizi offerti: “più è piccolo il centro di accoglienza, tanto più pesano i costi di personale sul totale del finanziamento” (In Migrazione, 2018: 3).

In relazione a quanto esposto sinora, all’interno del dossier di In Migrazione si mette dunque in luce non solo la riduzione, in termini di ore, di alcuni dei servizi offerti, ma anche la completa sparizione di determinate tipologie degli stessi.

Infatti, nello schema di capitolato vi sono una serie di voci di costo mancanti rispetto a quanto in precedenza veniva offerto all’interno dei CAS: tra queste, rientrano l’insegnamento della lingua italiana, la preparazione per l’audizione in Commissione territoriale, la formazione professionale e il supporto nella ricerca di un lavoro, la gestione del tempo libero con attività socialmente utili; sparisce, infine, anche la presenza della figura professionale dello psicologo (In Migrazione, 2018). Non si prevede, dunque, l’erogazione di tali servizi all’interno dei CAS. Invece, tra i servizi che subiscono riduzioni del personale e delle ore di attivazione troviamo la mediazione culturale, l’assistenza sociale e quella sanitaria in struttura, mediante l’istituzione di un presidio medico con la presenza anche di un infermiere; infine, viene si riduce anche la presenza degli operatori del centro: se, prima, questa doveva essere garantita 24 ore su 24 (in virtù anche dell’elevato numero di persone residenti nei CAS), ora questa viene ridotta ad un massimo settimanale che varia a seconda dell’entità del centro, motivo per cui, fondamentalmente, le strutture saranno autogestite durante le notti (In Migrazione, 2018). A conclusione di quanto esposto sinora, si sottolinea il carattere estremamente fluido di tali modifiche, in quanto tale riorganizzazione dei Centri di Accoglienza Straordinaria è particolarmente recente. Per capirne gli effetti occorrerà aspettare del tempo: per il momento, tuttavia, risulta evidente che i tagli ai finanziamenti e la conseguente riduzione dei servizi non potranno non comportare ostacoli all’integrazione sociale di quanti risiedano all’interno dei CAS. Considerando, inoltre, che si tratta delle strutture in cui si è maggiormente concentrata la presenza dei richiedenti asilo, e che molto probabilmente continueranno ad esserlo in virtù delle restrizioni ai requisiti di accesso allo SPRAR, risulta evidente che l’avvicinamento alla società italiana e l’integrazione sarà ostacolata alla maggior parte dei richiedenti asilo sul territorio. La scelta, infine, di privilegiare economicamente i centri di maggior capienza va, purtroppo, contromano rispetto alla buona pratica per eccellenza dei sistemi di seconda accoglienza e integrazione, ovvero i modelli di accoglienza diffusa: centri di ridotta capienza, sparpagliati per

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tutto il territorio aiutano esponenzialmente l’integrazione poiché facilitano il contatto tra la comunità autonoma ed i migranti che vi risiedono, oltre a agevolare la tessitura ed il mantenimento di reti sociali in loco.

All’interno della prossima sezione, dedicata al Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, quest’ultimo punto verrà messo particolarmente in evidenza.

5.5.2 Dal Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) al Sistema di Protezione

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