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I Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR)

5.4 Il sistema di prima accoglienza

5.4.3 I Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR)

All’interno di questa ultima sezione dedicata alla prima accoglienza, verranno trattati i Centri di Permanenza per i Rimpatri: assimilabili ai Centros de Identificación y Expulsión della Spagna per quanto concerne la loro funzione, si tratta di centri che, teoricamente, non intervengono direttamente nel processo di accoglienza in quanto finalizzati al trattenimento di stranieri irregolari o per altre motivazioni, di seguito esposte. Nonostante questo, esattamente come motivato nel paragrafo dedicato ai Centros de Identificación y Expulsión, si tratta comunque di strutture indirettamente collegate al tema dell’asilo, considerando che anche al loro interno è possibile presentare la richiesta: di conseguenza, per ragioni di completezza, si vuole qui fornirne una descrizione.

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I Centri di Permanenza per i Rimpatri sono stati originariamente istituiti in ottemperanza alla legge Turco-Napolitano con il nome di Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza: l’articolo 12 di tale legge, infatti, recita che

quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, ovvero il respingimento, perché' occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino (Legge 40/1998, art. 12, co. 1).

In altre parole, si tratta di centri finalizzati al trattenimento di stranieri che abbiano ricevuto un ordine di espulsione e non possano essere accompagnati alla frontiera nell’immediatezza. Con il tempo, la fisionomia di tali centri è cambiata, esattamente come il nome: esso, infatti, venne successivamente modificato in Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), che costituisce la dicitura con la quale sono generalmente conosciuti. Nel 2017, infine, il decreto-legge Minniti Orlando stabilì il nome tuttora utilizzato, ovvero quello di Centri di Permanenza per i Rimpatri; operò, inoltre, varie modifiche all’organizzazione interna di questa tipologia di strutture, la quale è stata, tuttavia, modificata ulteriormente dal decreto-legge 113/2018, motivo per cui queste ultime modifiche saranno quelle esposte e trattate all’interno del presente lavoro.

Come anticipato, il decreto-legge Minniti Orlando prevedeva l’ampliamento della rete dei CPR sul territorio nazionale, con il fine di agevolare e rendere più rapida la procedura di rimpatrio: a tal scopo, si prevedeva il potenziamento della rete, creando ex novo ulteriori centri, nonché apportando migliorie a quelli già esistenti; così, l’obiettivo era quello di coprire una totalità di circa 1600 posti con strutture dalla capienza limitata per assicurare il rispetto della dignità umana di quanti vi si trovassero all’interno (Ministero dell’Interno, 2018a).

A tal proposito, il decreto-legge prevedeva che

la dislocazione dei centri di nuova istituzione avviene, sentito il presidente della regione o della provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona (Testo del decreto-legge 13/2017, coordinato con la legge di conversione 46/2017, art. 19, co. 3).

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In altre parole, doveva trattarsi di centri non particolarmente grandi, situati nelle zone limitrofe alle città, ma fuori di esse, e tuttavia facilmente raggiungibili per facilitare i vari trasferimenti in entrata e in uscita. Tali previsioni non sono state realizzate nella loro totalità, in quanto attualmente risultano essere funzionanti solo cinque dei nove Centri di Permanenza per i Rimpatri esistenti: si tratta delle strutture site nelle zone di Restinco (Brindisi), Bari, Caltanissetta, Ponte Galeria (Roma) e Torino, con una capacità totale di quasi cinquecento persone (AIDA, 2018a: 103).

In relazione alle motivazioni che possono autorizzare il trattenimento di un migrante all’interno di un Centro di Permanenza per i Rimpatri, si sottolinea, innanzitutto, che ai sensi del decreto legislativo 142/2015 non è possibile trattenere un richiedente per il solo fatto dell’attesa dell’esame della sua domanda d’asilo: tale processo, infatti, determina il suo status di richiedente asilo a tutti gli effetti sino alla ricezione della decisione della Commissione territoriale, motivo per cui i richiedenti devono essere alloggiati in altre strutture, tra cui i Centri di Accoglienza Straordinaria, che verranno successivamente analizzati (decreto legislativo 142/2015, art. 6, co. 1).

Per quanto riguarda, invece, le motivazioni che possono autorizzare il trattenimento, tale decreto, conformemente alle direttive europee, prevede una serie di casi in cui le autorità possono realizzare l’inserimento degli stranieri irregolari in un CPR. Stando al contenuto della normativa, dunque, il trattenimento è previsto e autorizzato nei casi in cui lo straniero:

a) rientra nelle cause di esclusione contenute nell’articolo 1F della Convenzione del 1951;

b) riceve un ordine di espulsione in quanto costituisce un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, o in quanto sospetto di affiliazione ad organizzazioni collegate alla mafia, ha condotto o finanziato attività terroristiche, ha cooperato nella vendita o nel contrabbando di armi, o conduce abitualmente una qualsiasi forma di attività criminale, inclusa l’intenzione di commettere atti di terrorismo;

c) può rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza […] d) presenta un rischio di fuga;

La valutazione di tale rischio viene fatta su base individuale, quando l’interessato ha previamente e sistematicamente presentato false dichiarazioni o documenti sui propri dati per evitare l’adozione o l’esecuzione di un ordine di espulsione, o quando l’interessato non si conforma alle misure alternative alla detenzione […] anche il rifiuto reiterato di sottoporsi alla rilevazione delle

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impronte digitale negli hotspots o sul territorio nazionale costituisce un criterio che indica rischio di fuga117 (traduzione della scrivente, AIDA, 2018a: 104).

A queste condizioni, il recente decreto-legge 113/2018 ha aggiunto anche il caso del trattenimento a fini identificativi: l’articolo 3, infatti, afferma che “il richiedente può essere altresì trattenuto, per il tempo strettamente necessario, e comunque non superiore a trenta giorni, in appositi locali […] per la determinazione o la verifica dell’identità o della cittadinanza” (Testo del decreto-legge 113/2018 coordinato con la legge di conversione 132/2018 art. 3, co. 1, lett. a). È, inoltre, previsto il trattenimento momentaneo presso stazioni di polizia o al confine qualora i CPR abbiano temporaneamente raggiunto i limiti delle proprie capacità (AIDA, 2018a). Oltre a quanto esposto sinora, il decreto-legge 113/2018 ha anche aumentato il lasso di tempo previsto per il trattenimento, portandolo da novanta giorni ad un massimo di centottanta giorni (Testo del decreto-legge 113/2018 coordinato con la legge di conversione 132/2018, art. 2, co. 1, lett. a).

Infine, si sottolinea che quanti si trovino all’interno di un Centro di Permanenza per i Rimpatri possono comunque richiedere l’asilo, nel caso in cui non l’abbiano già fatto e quando si trovino ancora in attesa della ricezione dell’ordine di espulsione o di respingimento: in questi casi, come già evidenziato nel presente lavoro, saranno sottoposti alla procedura accelerata (AIDA, 2018a). La ricerca di fonti ufficiali ed aggiornate circa il reale funzionamento dei Centri di Permanenza per i Rimpatri non è stata facile, esattamente come per quella relativa agli hub: tuttavia, è stato possibile rintracciare una relazione elaborata dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, aggiornata a fine 2017.

Come già evidenziato, attualmente vi sono solo cinque Centri di Permanenza per i Rimpatri funzionanti, considerando che l’ex CIE di Trapani è stato convertito in hotspot e il CPR situato a Crotone non è agibile; sulla base del decreto-legge Minniti Orlando, era prevista l’apertura di

117 Testo originale: (a) Falls under the exclusion clauses laid down in Article 1F of the 1951 Convention;

(b) Is issued with an expulsion order as a danger to public order or state security, or as suspected of being affiliated to a mafia-related organisation, has conducted or financed terrorist activities, has cooperated in selling or smuggling weapons or habitually conducts any form of criminal activity, including with the intention of committing acts of terrorism;

(c) May represent a danger for public order and security; […] (d) Presents a risk of absconding;

The assessment of such risk is made on a case by case basis, when the applicant has previously and systematically provided false declarations or documents on his or her personal data in order to avoid the adoption or the enforcement of an expulsion order, or when the applicant has not complied alternatives to detention, stay in an assigned place of residence determined by the competent authority or report at given times to the competent authority. Following L 46/2017, repeated refusal to undergo fingerprinting at hotspots or on the national territory also constitutes a criterion indicating a risk of absconding.

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una decina di ulteriori centri, ma ciò non è stato realizzato in quanto si trattava di strutture non consone (Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, 2017). Per quanto riguarda la tipologia di persone che hanno transitato per tale categoria di centri, esattamente come abbiamo visto per i Centros de Identificación y Expulsión in Spagna, si creano nei CPR situazioni particolarmente eterogenee, per cui si trovano a convivere nella stessa struttura

persone che hanno a lungo risieduto legalmente in Italia e che non avendo più rinnovato il permesso di soggiorno per le ragioni più diverse, sono diventate irregolari (cosiddetti overstayer), ex-detenuti che, scontata la pena, sono stati poi trasferiti nei Cie in attesa di identificazione o di rimpatrio; oppure richiedenti asilo che hanno potuto formalizzare la propria domanda solo dopo avere ricevuto un provvedimento di respingimento ed espulsione (Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, 2017: 21).

Questo, ovviamente, può creare tensioni e problemi di convivenza, considerando anche lo stato di incertezza psicologica in cui si ritrovano queste persone. Infatti, tra gli individui che rientrano nella categoria di irregolarità sopravvenuta possono esserci anche i neomaggiorenni, non in possesso della cittadinanza italiana, che, pur essendo nati in Italia o avendovi soggiornato per lungo tempo, al rinnovare il permesso di soggiorno successivo al compimento della maggiore età non posseggono requisiti per poter realizzare tale operazione (ad esempio l’iscrizione ad un corso di studi, o l’avere un contratto di lavoro): anche per queste persone è, dunque, concreto il rischio di rimpatrio, stando alla normativa italiana in materia di immigrazione (Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, 2017).

Oltre a questa problematica di carattere strutturale, infine, la relazione della Commissione ne evidenzia di altre, tra cui una generale mancanza di trasparenza e il non rispetto degli obblighi di informazione nei confronti dei migranti circa la possibilità di richiedere l’asilo, come anche una serie di difficoltà circa l’accesso all’assistenza sanitaria per quanti si trovino all’interno dei Centri di Permanenza per i Rimpatri.

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