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L’inversione di tendenza nel numero degli sbarchi

5.2 I flussi migratori verso l’Italia: composizione e tendenze

5.2.1 L’inversione di tendenza nel numero degli sbarchi

Sulla base dei dati disponibili circa la situazione alla frontiera meridionale dell’Italia, la maggiormente interessata da arrivi irregolari, il numero di arrivi via mare ha subito un drastico calo durante il 2018 con riferimento agli anni precedenti. Le tendenze, infatti, mostrano un andamento oscillante del numero di arrivi compreso nell’arco temporale fra 2014 e 2017, ma si è sempre trattato di cifre molto più elevate rispetto al calo relativo all’anno 2018.

Se guardiamo ai dati numerici, notiamo che nel 2014 abbiamo assistito ad un numero di arrivi via mare di poco superiore ai 170.000 individui, nel 2015 la tendenza è mutata, scendendo a 153.842 persone, durante il 2016 è aumentata ancora (181.436 entrate via mare), raggiungendo un picco, in comparazione con gli altri anni; infine, nel 2017 il numero di sbarchi ha iniziato ad abbassarsi, contando 119.369 individui. Tenendo in considerazione questo quadro, non può non saltare all’occhio il numero di arrivi via mare relativo al 2018, pari a 23.370 individui sbarcati sulle coste e che costituisce una riduzione pari all’80% (UNHCR, 2019).

Questa inversione di tendenze è dovuta a molteplici fattori, alcuni dei quali sono già stati citati all’interno del precedente capitolo in quanto si può ipotizzare che la riduzione degli sbarchi sulle coste italiane abbia avuto come conseguenza, fra altre, l’aumento degli arrivi via mare e via terra verso il territorio spagnolo. Senza la pretesa di fornire un quadro dettagliato di tutte le cause che hanno portato a questo cambiamento di tendenze, dato che costituisce una questione che

[…] Those physically attacked during push-backs have most typically been men expressing their wish to claim asylum in Croatia or Slovenia or trying to negotiate with police officers their rights.

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andrebbe approfondita in una sede specifica per la sua complessità, si può in parte nominare alcuni di tali elementi.

In primis, è da citare il “Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana”, firmato a Roma nel 2017 fra l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Gentiloni e il Presidente del Consiglio Presidenziale del Governo di Riconciliazione Nazionale dello Stato di Libia Fayez Mustafa al-Sarraj.

Tale documento ribadisce la cooperazione fra Italia e Libia in vari settori, tra i quali infrastrutture, ricerca scientifica, sviluppo delle risorse umane: a tal scopo, afferma che costituiscano requisiti di quanto appena detto il contrasto dell’immigrazione irregolare e del traffico di esseri umani e, di conseguenza, il rafforzamento dei controlli e della sicurezza alla frontiera marittima fra i due Paesi, identificati dunque come potenziali sorgenti di problemi nelle relazioni fra i due Stati (Osservatorio sulle Fonti, 2018). A tal scopo, si adottano una serie di misure che entrambi gli Stati si impegnano a promuovere:

- sostegno alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali e affrontare le conseguenze da essi derivanti […]

- la parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell'Interno […]

- la formazione del personale libico all’interno dei centri di accoglienza summenzionati per far fronte alle condizioni dei migranti illegali, sostenendo i centri di ricerca libici che operano in questo settore (Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana, artt. 1-2).

All’interno del testo si specifica, inoltre, che tale accordo non prevederà costi aggiuntivi, in termini di oneri economici, per lo Stato italiano, che non verrà violato il principio di non ingerenza negli affari interni dell’altro Stato e che tale accordo non modificherà la struttura sociale e demografica della Libia.

Considerando quanto esposto, si segnala che il memorandum ha attirato critiche per due motivazioni: innanzitutto, è stato presentato un ricorso alla Corte Costituzionale in conseguenza del fatto che tale accordo non è stato sottoposto al vaglio e alla ratifica del Parlamento, pur

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trattandosi tecnicamente di un trattato internazionale di natura politica (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, 2018b).

Una seconda critica, di particolare importanza all’interno del presente lavoro, riguarda il fatto che l’accordo sia stato stretto con un Paese che non solo non è considerato paese sicuro in virtù del complesso contesto sociopolitico che sta vivendo, ma non rientra nemmeno tra gli Stati firmatari della Convenzione di Ginevra del 1951: non potendo lo Stato libico fornire garanzie di alcun tipo circa il rispetto dei diritti umani fondamentali, la cooperazione con le forze di polizia libiche e la guardia costiera libica presuppone una violazione del principio di non refoulement (Amnesty International, 2017a).

Inoltre, il fatto che l’accordo preveda anche la cooperazione con la Guardia costiera libica per contrastare l’immigrazione irregolare implica che questa contribuisca a ridurre le partenze dalla costa libica: a tal proposito, Amnesty International (2017b) denuncia che, durante il 2017, la Guardia costiera libica avrebbe intercettato e riportato sulla terraferma quasi 20.000 persone, trasferendole successivamente in centri di detenzione.

Riprendendo il discorso relativo alle motivazioni circa la diminuzione degli sbarchi, un’altra delle concause potrebbe consistere nell’aumento di pericolosità della rotta del Mediterraneo centrale, in particolare proprio per il passaggio attraverso il territorio libico. Come già è stato illustrato nel presente lavoro, occorre sempre considerare il migrante come una figura attiva, consapevole dell’ambiente che lo circonda e del proprio progetto migratorio: questo, unitamente all’ausilio fornitogli dalle sue reti sociali (in particolare quelle nei Paesi di destinazione e che coinvolgono migranti già giunti a destinazione) lo guida nella scelta della rotta migratoria da utilizzare.

In altre parole, se vi è conoscenza dei rischi di una specifica rotta come quella del Mediterraneo centrale e del passaggio per il territorio libico, ovviamente gli individui migranti prediligeranno, per quanto possibile, rotte alternative: le coste spagnole dell’Andalusia costituiscono l’alternativa maggiormente utilizzata attualmente.

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