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La composizione dei flussi migratori verso l’Italia meridionale

5.2 I flussi migratori verso l’Italia: composizione e tendenze

5.2.2 La composizione dei flussi migratori verso l’Italia meridionale

All’interno del precedente paragrafo è stata fornita una cornice quantitativa dei flussi migratori che interessano il territorio italiano, e se ne sono evidenziate le nuove peculiarità.

Per fornire un quadro ancor più completo, all’interno di questa sezione sarà analizzata la composizione sociale dei flussi migratori, riprendendo anche quanto già esposto all’interno del

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primo capitolo del presente lavoro; verrà, inoltre, fornita una cornice dell’esercizio del diritto di asilo, ovvero quante richieste d’asilo sono state presentate ed i loro esiti.

Come già accennato, durante l’anno 2018, la maggior parte dei cittadini entrati irregolarmente dalle frontiere meridionali provenivano dalla Tunisia (23.8%) e dall’Eritrea (15%), seguite da Iraq, Sudan e Pakistan (7% ciascuna), Nigeria, Algeria e Costa d’Avorio (5% l’una) (UNHCR, 2019). Come è stato visto per i dati quantitativi, anche quelli relativi alla composizione sociale dei flussi migratori sono variati rispetto agli anni precedenti: durante il 2017, infatti, i migranti in arrivo provenivano prevalentemente da Nigeria (15% del totale), seguita da Guinea, Costa d’Avorio e Bangladesh (8%), Mali ed Eritrea (6%) (UNHCR, 2017). La Nigeria era stata il principale Paese di origine dei migranti anche durante i due anni precedenti: nel 2016, infatti, i Paesi di origine più comuni erano la Nigeria (21%) e l’Eritrea (12%), seguite a distanza da Costa d’Avorio, Guinea e Gambia (7%) e Sudan (6%) (UNHCR, 2016). L’Eritrea, in particolare, insieme alla Nigeria, si era confermata essere uno dei principali Stati di provenienza anche durante il 2015; spicca, in questo quadro, l’assenza della Siria tra i principali Paesi di provenienza dei flussi migratori, che potrebbe confermare la preferenza dei Siriani nei confronti della rotta del Mediterraneo orientale (UNHCR, 2015).

In conclusione, vediamo come la Nigeria e l’Eritrea abbiano costituito i principali Paesi di provenienza dei flussi migratori irregolari in arrivo alle coste meridionali italiane, sebbene questa situazione sia in parte variata durante il 2018, quando abbiamo assistito ad una diminuzione di entrambe le nazionalità, quella nigeriana soprattutto.

Trattandosi di ingressi effettuati via mare, i luoghi di sbarco e di prima accoglienza sono stati i porti di alcune città del Sud Italia. Secondo i dati resi disponibili dal Ministero dell’Interno, durante il 2018 il porto maggiormente interessato dagli sbarchi è stato quello di Pozzallo, in cui sono approdate poco più di 3800 perone, seguito da quello di Lampedusa (3468 persone sbarcate), Catania, Augusta e Messina; a distanza, i porti di Trapani, Crotone e Palermo (Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione, 2018b).

Tenendo in considerazione quanto esposto sinora, si analizzano adesso, nello specifico, i dati circa l’esercizio del diritto d’asilo in Italia.

Con riferimento alla media delle richieste d’asilo presentate nell’Unione europea, nell’arco temporale compreso fra 2014 e 2017, l’Italia si è trovata a gestire una quota sempre maggiore di domande presentate sul territorio: infatti, se nel 2014 aveva ricevuto circa il 10% (ovvero quasi 65.000 domande) del totale delle richieste d’asilo presentate in Europa, tale numero è poi gradualmente aumentato, arrivando a costituire poco più del 18%.

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Guardando alle cifre reali, durante il 2018 sono state presentate circa 54.400 domande d’asilo, ovvero il 61% in meno rispetto all’anno precedente: nel 2017, infatti, il numero di richieste sfiorò le 130.000 domande (UNHCR, 2019).

Il 2017, in particolare, è stato l’anno durante il quale si è raggiunto il picco di richieste d’asilo degli ultimi anni. La riduzione relativa al 2018 può essere spiegata come diretta conseguenza della diminuzione della pressione migratoria, in particolare di quella dei cittadini nigeriani, tenendo in considerazione che la maggior parte delle richieste d’asilo sono sempre state presentate da cittadini nigeriani sin dal 2014, secondo quanto si può leggere nelle schede informative elaborate dall’European Migration Network (2018a).

Per quanto riguarda la valutazione delle domande d’asilo, nel complesso il tasso di decisioni negative relativamente alle richieste è sempre stato molto alto, oscillando fra il 59% e il 61% delle domande totali nel periodo di tempo dal 2015 al 2017 (EMN, 2018a).

In merito, invece, alle tipologie di protezione riconosciute, si sottolinea che lo status di rifugiato è sempre stato tendenzialmente riconosciuto ad una minima quota dei richiedenti: dal 2014 al 2017, ad esempio, solo ad una percentuale di richiedenti che oscilla fra il 10% e il 5% è stato riconosciuto tale status; al contrario, il tasso di riconoscimento di protezione sussidiaria ha subito una riduzione del suo tasso di riconoscimento, passando da un 22% nel 2014 ad un 8% nel 2017 (EMN, 2018a). In questo quadro, il tipo di protezione che ha sempre presentato tassi di riconoscimento molto più elevati rispetto a quelli delle precedenti tipologie è stata quella umanitaria, con tassi fra il 26% e il 21% tra 2015 e 2017 (EMN, 2018a).

Purtroppo, come si può facilmente immaginare, al momento attuale i dati relativi all’anno 2018 sono ancora parziali e provvisori: si può solamente intuire che le tendenze confermano l’elevato tasso di riconoscimento della protezione umanitaria rispetto alle altre forme di protezione internazionale (Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione, 2018b).

Riassumendo i dati qui disponibili, negli ultimi cinque anni in Italia la maggior parte delle domande d’asilo presentate ha ricevuto una decisione negativa circa il riconoscimento di protezione internazionale: è ragionevole ipotizzare che molti richiedenti interessati da tale provvedimento abbiano fatto ricorso contro tale decisione, e ciò ovviamente ha contribuito all’allungamento delle tempistiche di esame delle richieste d’asilo. La protezione umanitaria è stata la maggiormente riconosciuta, in quanto il suo utilizzo ha permesso anche di colmare lacune legislative in merito a determinate situazioni: per fornire un esempio, era tendenzialmente riconosciuta ai minori non accompagnati, diventati maggiorenni all’interno di una struttura d’accoglienza in attesa dell’esito della richiesta e, tuttavia, non in possesso dei

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requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale. Attualmente, la protezione umanitaria non è più prevista all’interno della normativa italiana relativa al diritto d’asilo, essendo stata sostituita da altre tipologie di permessi di soggiorno, con differenti requisiti. Questa recente novità e la legislazione nazionale in materia d’asilo verranno illustrate ed approfondite all’interno del prossimo capitolo.

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