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L’analisi del materiale

il registratore non ha lo stesso fascino e anzi intimorisce qualcuno, che chiede di non usarlo, perché teme di distrarsi con quello, di dire cose “sbagliate” che poi restano, di essere sentito da altri o perché in realtà non apprezza la sua stessa voce… La differenza più forte è, tuttavia, la modalità di accesso al campo: per la prima ricerca non fu difficile innescare una catena di contatti, sulla base di conoscenze, con la tipologia di ricerca detta “a valanga”, mentre ora è per me arduo domandare un favore a chi mi pare già stia facendo molto per me, ma anche quando riesco a chiedere ciò, i miei interlocutori prendono tempo, per pensare a qualcuno, per chiedere la disponibilità e a volte nel frattempo dimenticano o ottengono rifiuti così io mi sento aggravata da tale situazione. Non si può non considerare poi il grande cambiamento avvenuto nella scuola: una forte insistenza sulla privacy partita dall’alto ha portato molte incertezze su cosa dirmi, dove farmi andare, quali dati fossero “sensibili” e di conseguenza è stato più volte espresso il bisogno di passare dai vertici anche per concedermi un’intervista personale, così come, forse più comprensibilmente, per segnalarmi nomi di studenti. La necessità di documentazioni e permessi rallenta così molti processi e incontri e porta pure qualche riflessione a più ampio respiro su contraddizioni e utilità di tali accorgimenti155. Accanto a queste e altre difficoltà dovute a eventi esterni156, vi sono pure incontri che aprono possibilità impensate, ma sollevano questioni metodologiche diverse (ad esempio, in un’osservazione che è proposta all’ultimo e si improvvisa è il caso di dire l’obiettivo della ricerca, come sostiene Vasquez Bronfman? Come? Soprattutto se senti che altri professionisti hanno in mano le regole del gioco, come tutelare il diritto dei soggetti di sapere, con l’esigenza di non smascherarsi o non far sentire qualcuno, come i giovani indiani, oggetti di studio?).

3.1 L’analisi del materiale

Tra il conoscere e capire una situazione e la diffusione dei risultati vi sono, poi, degli scogli da superare, che vanno al di là dell’ansia da foglio bianco. C’è una sorta di

154 Lo guardavano, maneggiavano, si ascoltavano mentre parlavano e qualcuno mi ha chiesto, e ha ottenuto, la cassetta registrata.

155 C’è chi non ha mancato di farmi notare come poi esistano telecamere nei pressi di alcune scuole e così via.

156 Chi dà appuntamenti fantasma, chi tira alla lunga la possibilità di fissare una data, i problemi burocratici per avere accesso a enti, dati, istituzioni…

gelosia e difficoltà di raccontarsi, perché queste informazioni non sono quelle apprese da un testo, ma sono quelle vissute, che hanno lasciato segni profondi e che, mentre le narri, ti rimettono in gioco e parlano anche di te. Sembra così che perdano intimità e valore, come se in qualche modo si banalizzassero.

Se è vero che “narrare momenti di convivialità, riportare racconti e avvenimenti, alcune cronache di tempi trascorsi assieme, pensieri e valutazioni espressi dalle persone, rappresentano […] la migliore via per far emergere ed indagare i vissuti interiori e [...] farci capire il significato di certe pratiche…”157, bisogna precisare che in molti casi rendere palesi quei vissuti pare quasi improprio.

In questa ricerca di un equilibrio tra il narrare quello che succede e il tutelare l’intimità dei soggetti coinvolti, si viene a collocare un nuovo scoglio: l’interpretazione.

In molti casi le ricerche si concludono con delle categorizzazioni, che servono a rendere sinteticamente evidenti alcune ricorrenze e chiavi di lettura. Ad esempio, vi è una descrizione/interpretazione interessante158 che suddivide le ragazze asiatiche, che vivono in Gran Bretagna, in gruppi: Gang Girls, Survivors, Rebels, Faith Girls.

In una prima fase, proprio tale modello sembrava potesse essere verificato anche per le sikh-italiane. Secondo l’analisi di Shain, infatti, le ragazze possono essere descritte come: a) gang girls: quelle che fanno azioni di resistenza e si chiudono in gruppi di sole connazionali; b) survivors: quelle che scelgono dove applicare i diversi modelli culturali e non contrappongono le due culture; c) ribelli: le giovani che rifiutano la propria cultura e vedono i propri genitori retrogradi; d) faith girls: quelle ragazze che si identificano per la religione più che per l’etnia.

La categorizzazione proposta dall’autrice per il contesto britannico, sebbene affascinante, non può tuttavia includere tutte le differenze, i comportamenti, anche contradditori, delle ragazze sikh, osservate nel contesto cremonese. Inoltre, ancora prima di arrivare a tali conclusioni, si è temuto che questo modello rischiasse di de- personalizzazione gli stessi soggetti159.

La mia difficoltà di categorizzare le persone si muove dal fatto che esse sono appunto

persone e le relazioni e gli elementi di vita che essi rappresentano non sono facilmente

racchiudibili in schemi: inquadrare i casi ha un valore descrittivo e immediato, tuttavia può togliere la ricchezza, l’umanità, la profondità dei soggetti. A tal punto mi soccorre

157 Tosi Cambini, 2004 op. cit: 161

158 Shain F., 2003 The schooling and identity of Asian girls Trentham Books, Stoke-on-Trent 159

anche Troman che ritiene l’unidimensionalità delle categorie non raffiguri pienamente persone reali e non colga né le “contraddizioni tra valori e pratiche” né le “strategie di coping”160. Inoltre, tale schematizzazione sembra togliere spazio all’empatia161.

La difficoltà, le correzioni delle mie ipotesi teoriche e l’analisi finale verranno descritte in seguito, qui mi limito a dire che una celebre frase -“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi” (Proust)- racchiude bene il mio percorso. Infatti, di sikh mi sono occupata e mi occupo, ma è cambiato lo sguardo, più sfumato di una volta, maggiormente alla ricerca di complessità…

160 Troman, 2003 op. cit.: 152 161

Capitolo 3

Il contesto scolastico in provincia di Cremona

“Nulla ha significato se non è visto in alcun contesto…

prive di contesto le parole e le azioni non hanno alcun significato”

(Bateson, 1986: 30-31)

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