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La classe prima: accesso/i al campo

L’accesso al campo si può dire che è stato unico per quanto riguarda il rapporto coi ragazzi, mentre è stato oggetto di ripetuti chiarimenti ogni volta che si presentava un docente nuovo in aula393.

Gli studenti hanno preso questa “stranezza” con curiosità e ironia, cercando ora di inserirmi in un gruppo paritario, ora di capire cosa volessi da loro. Dopo qualche giorno in classe avevo già subito un terzo grado, soprattutto nei cambi dell’ora o negli intervalli: avevano voluto capire cosa osservavo, perché, chi avrebbe beneficiato delle mie analisi e avevano pure cercato di leggere i miei appunti, ma di fatto ero diventata “una nuova compagna394”. Infatti, poiché in qualche occasione avevo frequentato le lezioni di religione e in altre avevo seguito chi, non frequentando tale insegnamento, si metteva nel corridoio, un alunno, un giorno, mi chiede: “Ma sei esonerata?”. Anche in altre occasioni, poi, hanno commentato tra loro la mia presenza sempre mettendomi al loro piano: quando, infatti, mi viene domandato cosa ho capito, un alunno risponde: “Non ho ancora capito io nulla in un mese, cosa può aver capito lei!!”.

La mia osservazione, in realtà, ha dato luogo a una parallela contro-osservazione: gli studenti hanno osservato me, contrattato su quanto avrei dovuto scrivere e quanto omettere. Ad esempio, mentre commettevano azioni non proprio lecite, mi chiedevano:

“Non scrivere, mi raccomando, perché se lo scrivi…”, di fatto mostrando di esser ben

consapevoli della gravità della situazione e delle possibili conseguenze.

Già da questi approcci emerge la loro percezione della scuola, come mostra anche il dialogo con una alunna:

“Cosa scrivi? A scuola succede sempre lo stesso: si fa caos, il prof. non se ne accorge o fa finta di niente, il prof. rompe. Io scriverei solo: entro, mi annoio… tu non ti annoi?”

La scuola per i ragazzi è un obbligo, con alcune incognite e molta routine: la mia presenza è un diversivo, ma io sono anche una persona da accogliere perché comunque provo, vivo, sperimento una parte (poco piacevole) della loro vita.

393 L’accesso è stato possibile grazie agli accordi presi col Dirigente, con cui sono state definite le classi, le modalità e i tempi. Tutti i docenti, anche quelli di altre classi, poi sono stati informati almeno con una Circolare interna.

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I docenti, invece, hanno messo in atto differenti modalità di accoglienza e di rapporto nel tempo: alcuni, da subito incuriositi, hanno voluto capire, fare domande sia davanti agli alunni sia in privato; altri si sono tenuti in disparte per poi magari costruire pian piano un colloquio, altri ancora mi hanno più o meno cordialmente evitato. Alcuni, fin dai primi giorni, volevano avere una restituzione, altri l’hanno considerata superflua, persino quando c’è stata. Pure il modo di fare lezione variava tra chi mi coinvolgeva direttamente come esperta o testimone di fatti successi e chi mi ignorava.

Anche tra chi mi interpellava durante la lezione, i motivi e gli stili erano diversi: c’è chi mi dava informazioni (la professoressa parla delle assenze e chiede della sikh assente,

poi verso me: “Ogni tanto vanno”395), chi mi usava da specchio (2^ora: Nuovo ritardo

e la docente verso me: “È possibile? Secondo voi questa è una scuola normale?”). Altri

si avvalevano di un elemento estraneo per stimolare i ragazzi (“L’ospite si chiederà che

materia è”. Le femmine dietro di me: “Una palla”).

Di fatto gli studenti però controllavano il rapporto tra me e i docenti e cercavano di tenermi dalla loro parte e mostrare che tra noi c’era un rapporto diverso, così parlavano di me come “Francy”, ridendo o criticando gli insegnanti che mi chiamavano “signora/signorina”, e addirittura rispondevano per me, come quando un professore mi chiede come sta andando e i giovani ironizzano: “Ha scritto mezzo quaderno su noi, va

bene!”, “...Di tutte cose negative”.

2.1 Laddy e la ricercatrice

Sebbene il mio interesse principale fosse osservare le dinamiche e le strategie usate da due indiane iscritte in questa classe, di fatto questo aspetto non è mai stato fatto trapelare sia per non rendere osservati speciali solo alcuni studenti e creare una differenziazione ghettizzante, nonché inutile, sia perchè poi ogni studente vive in classe, in rapporto agli altri e il contesto assume un ruolo particolarmente importante.

Nelle mie analisi, in realtà, parlerò solo di una giovane sikh, che chiamerò Laddy, perché, durante la mia permanenza a scuola, l’altra indiana396 non frequentava, in quanto era tornata in India. Inizio a descrivere la studentessa sikh e il suo rapporto con

395 La frase sottintende: in India, perché la giovane è tornata in patria.

396 Il ritratto di questa allieva, Maddy, emerge in contro luce, attraverso qualche commento di Laddy o dei docenti, ma soprattutto si ricava l’opinione dei professori rispetto ad assenze così prolungate durante l’anno.

me, sia per dare un quadro più reale e vivo dell’etnografia, sia perché la nostra intesa mi ha consentito di conoscere abbastanza approfonditamente la storia e le idee di Laddy. Laddy è una indiana paffuta, con occhi penetranti e vispi; è vestita all’occidentale e ha una buona padronanza linguistica e, come avrò modo di mostrare, uno stile che conquista molti professori.

Il mio rapporto con lei è sempre stato molto cordiale, fatto per i primi tempi di sguardi, sorrisi e poco più. Davanti all’irruenza festosa e curiosa dei suoi compagni, lei preferiva mantenere le distanze sia fisicamente, sia nei modi. Poiché era l’unica a darmi del lei, un giorno decido di chiederle il motivo: mi risponde che io sono più grande e mi rispetta.

Col tempo, però, inizia ad avvicinarsi sempre con maggior frequenza e intensità, mi fa domande sia sul lavoro, sia sulla mia vita personale, passa al tu ed a chiamarmi “Francy”, ma soprattutto a raccontarmi di sé ed a contare sulla mia complicità. La confidenze a volte nascono come discorso condiviso e collettivo, ma Laddy ora non si tira più indietro e dice quello che pensa. Così un giorno, dopo educazione fisica, sono tutti distrutti, accusano mali ovunque (qualcuno zoppica) e fanno confronti con le medie: Laddy dice che non facevano così tanto in ginnastica, mentre quest’anno è diventata “una brutta materia”. Tutte allora si lamentano delle troppe verifiche, svelano antipatie verso alcuni professori: una è detta “isterica”, uno mette a disagio e stanca, un’altra è considerata dura... Laddy commenta che quella che meno ama è la professoressa I.: “È simpatica, ma non sa spiegare”.

La confidenza riportata è particolarmente importante perché è la prima volta che Laddy mi parla apertamente male dei professori ed è per me l’inizio di un nuovo rapporto. Dopo aver verificato le mie reazioni, la giovane in altre occasioni ricerca un rapporto personale, come emerge dalla seguente nota di campo:

Laddy, appena mi vede, mi dà la sedia accanto alla sua e prima della lezione parliamo: mi dice che la materia più bella per lei è inglese, francese la peggiore, anche economia le piace anche se ha qualche difficoltà perché non l’ha mai fatta prima. Mi spiega che in economia bisogna ragionare ed è bello, Betty397 si unisce, per dire che a lei non piace e Laddy: “A te non piace ragionare!”, io noto che anch’io non ho ancora capito quanto stanno facendo e Laddy mi rassicura: “Perché noi siamo avanti, non ha sentito tutto”…

397 Betty è una compagna albanese, molto amica di Laddy. Altre ragazze con cui Laddy passa il suo tempo sono: Rita, rumena; Miriam, marocchina, Tay, tailandese e le italiane Ines, Gianna, Dora.

La giovane quindi inizia a desiderare un rapporto di maggiore vicinanza con me e lo mostra verbalmente e non: vuole un contatto e, quando ci può essere un elemento di diversità, cerca subito di attenuarlo con tanto di rassicurazioni.

Laddy col tempo estende i suoi racconti, mi spiega che in India era brava a scuola, era sempre la seconda o la terza della classe per merito, mi parla dei suoi genitori, della sua casa, delle sue ambizioni. Mi confida anche che sta sempre in casa perché abita lontano dal paese.

A contribuire a questa svolta tra noi, oltre il rapporto prolungato e il crescere della confidenza, va citata la complicità data pure dal mio coprire qualche suggerimento o copiatura e dall’aver soddisfatto le sue richieste d’aiuto. Durante una verifica, ad esempio, poiché i professori parlano tra loro, i ragazzi se ne approfittano, creando un certo brusio:

Laddy si gira per copiare e chiede a Gianna, poi cerca di copiare ancora da dietro e sta seduta a tre quarti. Mi guarda e sorride, sospira. Indica a Gianna la domanda che non sa e Gianna le dice qualcosa che Laddy scrive… Cerca di copiare ancora, poi si mette diritta e scrive: vede i suggerimenti dietro, mi sorride e indica un’immagine della verifica, ma è troppo lontano per me...

Laddy, quindi, mi coinvolge gradualmente non solo saggiando il mio silenzio, ma anche chiedendomi suggerimenti.

Altra possibilità di avvicinarmi a lei è accettare le sue domande e soprattutto il gioco

della verità: infatti, durante una supplenza Laddy, Rita e Ines si mettono attorno a me e

mi coinvolgono in un gioco per cui, girando la biro sul banco, si fanno domande verso quella a cui capita la punta. Questa è l’occasione per indagare reciprocamente su questioni ora giocose, ora più impegnative. Credo, però, che sia sì un modo per conoscere le loro idee, ma soprattutto richieda al ricercatore di mettersi in discussione e farsi conoscere indipendentemente dal ruolo.

Rispetto alla mia ricerca Laddy mi domanda come si fa a “star sei ore in un banco” e quando noto che è quanto fanno loro, Laddy mi precisa: “Ma tu scrivi e basta, noi

facciamo più cose e poi parliamo…”, testimoniandomi che la scuola può esser noiosa,

ma fare attività diverse e soprattutto avere delle amicizie è un modo efficace per sopravvivere ad essa.

Gli ultimi giorni dell’osservazione molti mi confidano il dispiacere per la mia partenza. Laddy vuol saper se, mentre farò l’osservazione nell’altra classe dell’istituto, andrò a

salutarli. Infatti, dopo la permanenza nella loro classe, ho avuto modo di incontrare ancora i ragazzi, che spesso poi venivano a cercarmi nell’istituto per aggiornarmi su qualche evento significativo. Laddy è stata una delle più attive in questo, così mi ha informato sui suoi voti, la sua pagella, ma anche su altre novità della sua vita, come il fatto di essersi iscritta a corsi extrascolastici organizzati dalla scuola...

3. Uno sguardo sullo svolgimento delle lezioni della classe prima

L’andamento delle lezioni nella classe prima non è univoco, perché varia molto dalla materia, dalla modalità del docente, dall’orario nella mattinata (le ultime ore richiedono in genere più sforzi nella gestione della classe), oltre che da fattori improvvisi o esterni (la neve, ad esempio, è un distrattore potente), ma cercando un denominatore comune, si vede come buona parte delle lezioni preveda una fase398 di adempimenti burocratici (appello, visione di firme…), una di correzione dei compiti, una di svolgimento individuale o collettivo di esercizi di consolidamento dell’apprendimento e, alternate, fasi di spiegazione o interrogazione. Spesso però, i momenti di lavoro sono intervallati da pause, concesse autonomamente o sotto le richieste pressanti dei ragazzi, e soprattutto la maggior parte del tempo è occupata da richiami alle regole e rimproveri: i professori sgridano continuamente per la confusione, per lo sporco in aula o per il mancato rispetto delle prese di turno, ma anche perché gli alunni non chiedono cosa non capiscono. Una delle annotazioni tratte dal diario di campo può essere emblematica:

La professoressa richiama all’ordine e dice di prepararsi coi libri […] Correzione dell’esercizio. […] Brusio di sottofondo, Giada interviene a caso, Said la riprende. La professoressa sgrida la classe, gira per l’aula, sequestra la barca di carta di uno e si fa silenzio dove va la professoressa, per tornare il brusio appena lei si sposta.

Come si può notare, non vi è quasi mai un assoluto silenzio né la concentrazione auspicata dagli insegnanti, così questi cercano tutti i mezzi per insegnare nel clima che ritengono idoneo, ma i ragazzi non si fanno piegare facilmente.

I docenti di questa classe, come i più, credono di avere il diritto di determinare temi e turni della conversazione399, quindi mettono in atto alcune strategie per mostrare il loro ruolo di guida: ad esempio, tengono in attesa chi ha la mano alzata, ricordano le norme

398 Fasi è anche il termine usato da Mehan, ma qui non intendo affrontare l’analisi dettagliata dello svolgimento delle lezioni, secondo il modello etnografico.

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