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I sikh nello spazio pubblico

“Non esco mai di casa. Studio e guardo la tv, quella indiana e quella italiana. Non ho amiche. Mi piacerebbe studiare con qualcuno, uscire a far un giro, ma con chi? Ora mi son abituata…”

Così si esprime una giovane indiana, Sunita, per descrivere con rassegnata lucidità la sua quotidianità, del resto molto simile a quella di altri minori sikh che vivono unicamente tra scuola e casa. Già in altri studi649 avevo sottolineato che la dimensione extrascolastica si limita spesso alla sfera familiare, a causa delle scarse possibilità aggregative dei piccoli: le famiglie abitano cascine isolate, poco raggiungibili; in genere gli unici ad avere patente ed auto sono i padri, che però sono impegnati in lavori dagli orari non flessibili; inoltre, le attività extrascolastiche non riescono ad essere accessibili ai più, anche per i costi e per alcune scelte familiari (che rispondono ad altre priorità, rispetto alla socializzazione). La situazione dei sikh, quindi, trova corrispondenze negli studi effettuati in Italia su altre minoranze650, ma è forse ancor più aggravata dalle condizioni abitative.

645

Gobbo, 2000 op. cit: 175

646 Marazzi A., 2006a Seconde generazioni. Giovani o minoranze? in Valtolina G. et al. (a cura di) op.

cit: 43

647

Si rimanda sia al cap. 5, sia a quanto scritto da Van Zanten (2003), Costa (2007). 648 Si veda anche Blokland, 2003 op. cit.

649 Galloni, 2000 op. cit; 2002a op. cit.

650 Come ho detto, vari autori (Palidda, 2000; Napoli, 2002; Bertozzi, 2004a; Ponzo, 2005; Queirolo Palmas, 2006) sottolineano la problematicità di fare incontrare immigrati e italiani fuori dall’orario

La letteratura internazione in genere, però, riscontra numerosi ostacoli per il pieno inserimento dei giovani indiani nel terreno sociale, e dunque si può supporre che il problema non sia una specificità della realtà italiana. Alcuni ricercatori651, ad esempio, sottolineano che le famiglie indiane in Gran Bretagna preferiscono che i figli non svolgano attività extrascolastiche, perché potrebbero distrarsi dal lavoro duro necessario nello studio e imbattersi nelle brutte compagnie. Il fatto che i genitori sikh temano il cattivo esempio dei ragazzi “bianchi” è sottolineato anche da altri autori e non solo per il contesto inglese, tanto che Helweg652 lo generalizza a tutti i sikh della diaspora. D’altra parte, uno studio condotto negli U.S.A.653 indica che i sikh intervistati, nonostante critichino il modo di allevare i figli e le eccessive libertà americane, introiettano un certo stile occidentale. Questo avviene perché, in qualità di immigrati, pensano di non avere la possibilità di mutare la situazione, ma di potere solo indirizzare i figli verso i propri valori, attraverso la guida familiare.

Del resto, tali timori paiono più che fondati se i bambini asiatici preferiscono i “bianchi” per compiere insieme piccoli atti proibiti e assumere ruoli nuovi e non ammessi in famiglia654.

Nei paesi della diaspora655 come in Italia, quindi, i genitori sikh manifestano preoccupazione per l’influenza degli autoctoni e cercano di arginarla invitando i figli a far propri solo i “comportamenti funzionali” al successo nella nuova società. Così, in generale gli asiatici svolgono limitate attività insieme agli autoctoni e la dimensione extrascolastica è poco presente. Gli autori differiscono sulle ragioni di questi orientamenti: per alcuni656 ciò è dovuto alle molte responsabilità in famiglia -dovendo svolgere sia alcuni impegni in casa, sia traduzioni per i genitori-, per altri657 al controllo e alle restrizioni familiari.

scolastico, sia per la carenza di luoghi di socializzazione comuni, sia per stereotipi e difficoltà delle famiglie o dei giovani stessi.

651 Gibson, Bhachu, 1991 op. cit; Hennink M. et al., 1999 Young Asian women and relationships:

traditional or transitional? in “Ethnic and racial studies” v. 22, n.5, pp. 867-891

652

Helweg A.W, 1999 Transmitting Regenerating Culture: the Sikh Case in Pashaura Singh, Barrier N.G.

Sikh identity Manohar, New Delhi, pp. 299-314

653 Angelo, 1997 op. cit. Anche in alcuni siti creati dagli stessi indiani nella diaspora (www.sikhe.com;

www.sikhwomen.org), infatti, si precisa l’importanza di un valido e attento insegnamento familiare. 654

Bhatti (1999) per il contesto inglese e Galloni (2007c) per quello italiano. 655 Gibson, 1991 op. cit; Bhatti, 1999 op. cit; Angelo, 1997 op. cit

656 Lee, 2006 op. cit; Malhotra, 2002 Gender, caste, and religious identities. Restructuring class in

colonial Punjab Oxford University Press

657

Il desiderio che il contatto con gli autoctoni si limiti alla scuola, privilegiando il rapporto tra sikh al di fuori di essa, viene poi da più parti correlato a una dimensione di genere: le femmine hanno meno occasioni dei maschi di uscire, per l’importanza dell’izzat658, per evitare che abbiano rapporti con l’altro sesso e per una maggiore responsabilità morale verso la famiglia659. Tutto ciò è collegato alla tradizione culturale per cui le figlie dovrebbero stare in casa e svolgere compiti domestici. Proprio i lavori domestici, del resto, occupano una parte della giornata delle giovani indiane, scandita da orari ben precisi, per introdurle ad un senso di disciplina, oltre che all’apprendimento di quelle abilità poi richieste da adulte660.

Così in Gran Bretagna, dove gli indiani sono inseriti da molto tempo, le ragazze hanno poche occasioni di frequentare spazi pubblici dopo la scuola e d’incontrare amici (mentre i maschi dimostrano di conoscere molti più luoghi e stare fuori casa per più ore): proprio questa minore libertà di movimento delle giovani e la loro ridotta esposizione e conoscenza della realtà occidentale porta a una conseguenza non trascurabile, ossia un maggiore radicamento culturale delle figlie661.

Accanto a questi motivi familiari, i giovani sikh, però, sembrano avere poche possibilità d’aggregazione, anche a causa di una discriminazione sempre più consistente. Vari autori662, infatti, descrivono la durezza dei commenti dei pari verso i sikh che portano il turbante tanto che, nonostante esso sia molto importante e simboleggi la stessa identità sikh, alcuni maschi si sentono costretti a rinunciarvi per la pesantezza della situazione. Se ciò avveniva già anni fa, ora la situazione è peggiorata dopo l’undici settembre e la discriminazione verso i sikh sembra ancora più grave.

In realtà, in Italia, vi sono alcuni spazi pensati per la fascia della pre-adolescenza o adolescenza e frequentati da sikh, e su tali luoghi focalizzerò la mia attenzione in questo capitolo. Se la letteratura ci mostra un quadro sociale delineato da una distinzione tra scuola e casa, e solo più raramente caratterizzato da contatti informali tra pari, sembra interessante approfondire le strategie e le motivazioni dei ragazzi sikh che a Cremona hanno scelto, invece, di avvalersi di alcune occasioni extrascolastiche.

658 Si veda il cap. 4.

659 Angelo, 1997 op. cit 660

Malhotra, 2002 op. cit 661 Bhatti, 1999 op. cit

662 Mc Leod, 1999 The turban: symbol of Sikh identity, in Pashaura Singh, Barrier G., op. cit., pp. 57-67; Leonard, 1999 op. cit; Verma R., 2006 Trauma, cultural survival and identity politics in a post-9/11 era:

La frequenza di centri d’aggregazione giovanile, infatti, sembra degna di nota, perché non è scontata e perché potrebbe indicare il desiderio di un diverso inserimento nella realtà sociale.

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