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La situazione scolastica cremonese

Il Ministero della Pubblica Istruzione inserisce Cremona al sesto posto tra i comuni capoluogo con la più alta incidenza di alunni non italiani sulla popolazione scolastica (con il 10,8%)187.

A Cremona, infatti, in ogni ordine di scuola si riscontra una crescita del numero di alunni stranieri (con un incremento complessivo rispetto al 2004 del 16%) e, guardando

182 Colombo C., 2007 op. cit.: 111 183

MPI, 2006b op. cit.: VI 184 Idem: 106-107

185 Idem: 111-117

186 MIUR, 2005c Rapporto sull’integrazione degli alunni stranieri Roma 187

in prospettiva, si può osservare che nell’anno scolastico 1995-‘96 gli iscritti stranieri erano l’1,4% del totale, mentre ora sfiorano il 10%188.

Il dato cremonese è significativo anche per altri motivi: a) l’incidenza degli alunni non- italiani in provincia (9,3) è mediamente alta; b) su 98 cittadinanze presenti, la collettività più rappresentata è quella indiana (19,5%). Infatti su 4600 alunni stranieri quasi 900 provengono dall’India189 e ciò rende Cremona l’unica città in cui tale popolazione ha il primato.

3.1 Qualche dato sulle scuole secondarie cremonesi

Se nel 2003-2004 gli alunni non-italiani iscritti alle scuole superiori della provincia di Cremona sono oltre 400190, nel 2005-2006 il dato supera le 800 unità, portando l’incidenza sulla popolazione scolastica al 5,8191 (tra le più alte in Lombardia). Le provenienze a tale livello scolastico, secondo l’indagine di Cavagnini, sono per lo più europee e asiatiche, con gli indiani in testa (pari al 19.2%), e guardando le singole nazionalità, in tutte le scuole si conferma il primato degli indiani (il 19,5% degli alunni stranieri)192.

Interessante è osservare le caratteristiche di tale popolazione scolastica193: la maggioranza degli studenti stranieri nasce nel paese d’origine (solo il 2.4% è nato in Italia) e giunge in Italia o prima del 1997 (il 37,7%) o dal 2000 in poi (oltre il 40%); la competenza linguistica è giudicata per lo più buona/ottima (40%) o sufficiente (36%), ma gli indiani e i rumeni sono considerati tra i soggetti con più forti difficoltà.

Gli studenti stranieri sono inseriti per lo più in classi inferiori alla loro età anagrafica e il 21% degli alunni che presentano un ritardo scolastico sono ripetenti.

La scelta d’indirizzo scolastico ricade su istituti professionali e tecnici, che insieme accolgono oltre l’80% degli studenti stranieri194 e Cremona si colloca a livello regionale

188

Gardani, 2006 op. cit.: 34 189

MPI, 2006b op. cit.: 95; Gardani, 2006 op. cit.

190 Pari al 3,1% della popolazione scolastica, con un’incidenza corrispondente a quella regionale (Cavagnini, 2006).

191

Le incidenze sulla popolazione scolastica negli altri livelli sono: nella scuola dell’infanzia l’11,5; nella primaria il 12,1 e nella secondaria di primo grado il 10,9 (Gardani, 2006).

192 Gardani, 2006 op. cit. 193 Rilevate da Cavagnini (2006) 194

come la provincia con più alta incidenza di stranieri nelle scuole professionali195. I dati, così, vengono letti come una preferenza manifesta per insegnamenti scolastici rapidi e più indirizzati al mondo lavorativo196.

Nei corsi professionali il numero degli stranieri corrisponde al 5% degli iscritti e si concentra soprattutto nei settori legati alla produzione e ben il 42.9% degli immigrati si iscrive a corsi di meccanica-metallurgia. Se la scelta della formazione professionale sembra dovuta al desiderio/necessità di entrare rapidamente nel mondo del lavoro e alla carenza di altre prospettive, chi offre questo tipo di istruzione è convinto che un’attenzione consolidata a un’utenza difficile abbia permesso di spendere le competenze acquisite in termini didattici e psicologici anche per i giovani stranieri. In questo modo il clima accogliente, che ha concesso di tenere “agganciati” i minori italiani problematici o non motivati allo studio, è diventato garanzia e passaparola tra alunni e famiglie straniere. D’altra parte se tutto ciò può entrare nel processo decisionale, non credo si debba trascurare la considerazione del contesto: come afferma pure Cavagnini, i giovani non-italiani trovano più facilmente lavoro nei settori produttivi scartati dagli italiani (agricoltura, edilizia, meccanica). Esiste quindi un gap tra investimento formativo e opportunità lavorative, che forse orienta i giovanissimi stranieri.

Bisogna precisare che la tendenza al neo-corporativismo e alla società castale, denunciata da Berselli197, fa parte di un certo sentire comune e scoraggia molti giovani italiani ad intraprendere percorsi scolastici lunghi e complessi, perché, se è difficile inserirsi in settori professionali “alti” o regolamentati da regole d’accesso rigide, è invece più immediato trovare un lavoro in fabbrica o in realtà simili. Questo ostacolo d’ingresso vale forse a maggior ragione per gli immigrati, che si scontrano con pregiudizi e vincoli più o meno sottili (perché prendere uno straniero che non sa parlare un ottimo italiano o il dialetto locale? La clientela/l’utenza come reagirebbe? C’è da fidarsi?). Se un giovane immigrato coglie tutto ciò e vede la facilità d’accesso a settori occupazionali “bassi”, anche se non in regola, si chiederà perché impegnarsi tanto ora a

195 Bisogna precisare che anche in Italia si parla di “segregazione formativa” (Besozzi, 2006). Si rimanda anche a Surian (2003) che, citando le statistiche sulle scelte scolastiche, le confronta con l’idea di molte famiglie di porre l’istruzione come priorità.

196 Forse anche per motivi economici se Cesareo (2005) parla di povertà relativa per il 44% delle famiglie straniere.

197 Berselli E., 2006 Avanzano lobby e caste. Tramontano le classi in Diario di Repubblica, 28 novembre 2006, p. 46

scuola per un futuro incerto198. Molti indiani conosciuti nel corso degli anni hanno lasciato le superiori, davanti a offerte di lavori –sia in nero, sia in regola- nei campi o nelle ditte, perché venivano pagati e inseriti nel mercato lavorativo da subito, mentre se avessero cercato di ottenere un diploma avrebbero dovuto passare anni sui libri, perdendo occasioni di lavoro, e avrebbero di fatto solo posticipato l’entrata in fabbrica o nell’agricoltura.

Del resto, sebbene Blangiardo confermi il perdurare di un modello migratorio orientato al lavoro, per cui i giovani tra i 14 e i 19 anni sono per lo più occupati (in modo regolare il 28% e irregolarmente il 21%) e solo il 27% è studente199, tuttavia non mancano difficoltà nell’inserimento nel mercato occupazionale: questa fascia d’età è quella che subisce maggiormente la disoccupazione e l’occupazione irregolare200.

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