4. Un quadro d’insieme sulla scuola
4.6 Peggioramento della situazione scolastica dall’arrivo degli stranieri?
Se il timore che la presenza di stranieri porti ad un abbassamento del livello di preparazione si sta affermando nell’opinione delle famiglie italiane235, bisogna constatare che purtroppo esso è presente anche tra i docenti236. Spesso si ha modo di sentire discorsi più o meno ufficiali in cui il peggioramento della scuola italiana pare accostato all’ingresso degli alunni stranieri. Cito come esempio quanto mi spiega una professoressa:
“…negli ultimi cinque anni la situazione è peggiorata: non c’è più socializzazione a
scuola, si fanno gruppetti, ma ognuno fa per sé...”
Da quanto riportato emerge la problematica legata alla difficoltà relazionale e alla scarsa coesione tra gli alunni. Sebbene la docente non sia esplicita nell’incolpare gli stranieri di questo (in altri incontri, però, non nega le sue opinioni), lascia intendere un legame di causa-effetto, dal momento che nella scuola in oggetto l’arrivo massiccio degli immigrati si colloca attorno a quella data.
Se si considera l’inserimento delle due sikh osservate nel corso della mia ricerca (di cui si tratterà diffusamente nel capitolo 5), si può affermare che la più grande, Hany, ha un
235 Ciafaloni, 2006 op. cit.
236 Moscati R. et al., 1998 Professionalità docente e struttura scolastica di fronte all’inserimento in
gruppo amicale esteso e molto saldo, invece nel caso di Laddy si nota una certa difficoltà di totale integrazione nel gruppo classe237, ma la ragazza è in prima superiore e quindi i rapporti sono per tutti un po’ più faticosi. Inoltre, si vedrà come i fattori di una scelta amicale siano poco influenzati da discorsi “etnici”, ma siano motivati più che altro da interessi e stili di comportamento238.
Altro elemento che spesso preoccupa docenti e genitori (e condiziona le scelte scolastiche di alcuni italiani) è che la presenza di non-italiani rallenti il programma e non fornisca una preparazione soddisfacente. Di fatto in questi discorsi non si tiene conto della preparazione degli stranieri e del loro successo scolastico. Sono numerosi gli esempi in cui gli alunni immigrati mostrano competenze in più degli autoctoni, sia a livello di conoscenze contenutistiche, sia a livello di competenze comportamentali. Ad esempio, nella seguente osservazione effettuata in una classe prima di un professionale239 sono gli alunni immigrati a dover aspettare gli altri:
La professoressa fa delle domande: Said (marocchino): “Io, prof!” e Laddy alza la mano; la docente li guarda e dice: “No! Abbiate pazienza”, Laddy abbassa la mano ma poi la rialza ancora più in alto.
L’alunna indiana e il collega marocchino qui brillano per partecipazione e competenze. Chi aspetta, in questo caso, che i compagni arrivino al loro livello?
Mi piace contrapporre questa visione con quella opposta: il peggioramento c’è se gli stranieri apprendono dagli italiani e fanno come loro. Infatti, sempre durante l’osservazione succede questo:
Correzione esercizio: Miriam (marocchina) è chiamata e non ha il libro, la docente allora dice: “Non far l’italiana”, la classe chiede perché e la donna dice: “Nella mia esperienza, gli stranieri sono tra i migliori, quindi era un insulto”. Miriam: “Non mi sono offesa”, professoressa: “Non volevo offendere”…
La docente, senza sapere né volere, sostiene una mia tesi: i minori stranieri apprendono velocemente come si sta in classe, qual è la cultura dei pari e decidono se adeguarvisi o
237
È anche da sottolineare che spesso l’inserimento da parte degli stranieri è talmente difficile da creare una forte frustrazione, come si nota dalla testimonianza di una ragazza rumena e una sikh nella classe prima, dove ho svolto l’osservazione partecipante: Rita mi sta parlando delle sue difficoltà nel fare
amicizia e di come in Romania tutto era diverso e per lei migliore, la invito a notare che è in Italia da poco tempo, ma già ha fatto amicizie a scuola, Laddy mi dà ragione e ammette che lei all’inizio era da sola e ha fatto molta fatica.
238 Si vedano i cap. 5 e 6. Sulle amicizie tra giovani di diverse nazionalità si rimanda a Costa (2006). 239
meno. Indipendentemente da ciò, però, l’esperienza della professoressa la porta a credere che il peggioramento della scuola italiana sia legato ai cittadini italiani stessi. Pure Colombo240 riscontra una valutazione positiva della motivazione, del livello di impegno e apprendimento degli stranieri, che superano i compagni italiani, anche perché la scelta di scuole professionali non è un ripiego. In questo settore, infatti, gli alunni non-italiani raggiungono “livelli di eccellenza”.
Sebbene si discuta spesso sugli svantaggi degli alunni stranieri, non si tengono in considerazione le competenze e il background che porta al successo formativo. Infatti, Fürstenau241 sottolinea come la globalizzazione porti a differenziare chi ha accesso a risorse internazionali e chi no: il multilinguismo e le competenze interculturali sono risorse della migrazione e saranno sempre più richieste dal mercato lavorativo futuro.
240 Colombo, 2006 op. cit.
241 Fürstenau S., 2005 Migrants’ resources: multilingualism and transnational mobility. A study on
learning paths and school to job transition of young Portuguese migrants in “European educational
Capitolo 4
Successo o insuccesso scolastico dei minori stranieri? L’analisi della letteratura
1. Introduzione
Buona parte della letteratura italiana si focalizza sull’insuccesso dei minori stranieri e, conformemente ai dati statistici, raffigura una situazione in cui i giovani immigrati in Italia presentano bassi livelli di scolarizzazione, ritardo scolastico242 e insuccesso243 (come già indicato nel capitolo 3).
Attualmente c’è chi244 critica la tradizione consolidata in molti paesi d’immigrazione (tra cui l’Italia) di studiare la riuscita scolastica separando autoctoni e non, perchè così si rischia di “identificare la popolazione straniera con l’area dell’abbandono e del fallimento scolastico” e perché tale comparazione avrebbe limiti metodologici. Tuttavia al momento, pare mancare in Italia uno studio su larga scala che prenda in considerazione la complessità di tale dimensione. Tra le categorie d’analisi, infatti, sembra importante considerare quelle contemplate dalla sociologia dell’educazione per esaminare le disuguaglianze, quali: genere, età, bilinguismo, status e cultura familiare, coinvolgimento del singolo e della famiglia, gruppo nazionale, mobilità, reti, scuola e classe, stigmatizzazioni e così via.
L’esperienza di scolarizzazione delle minoranze, comunque, sembra connotata da risultati negativi, in Italia quanto all’estero (Luciak245 nota che in Europa diverse minoranze hanno un basso successo scolastico, interrompono prima gli studi e incorrono nell’abbandono), e non a caso da qualche decennio fioriscono ricerche antropologiche, sociologiche e psicologiche su tale tema.
Gli esperti in materia hanno cercato, almeno inizialmente, di spiegare l’insuccesso scolastico con gli strumenti interpretativi che la propria disciplina metteva loro di volta
242
Giovannini (2007) infatti ci ricorda che, sebbene il ritardo scolastico rispetto all’età anagrafica di per sé non sia un indicatore di fallimento, tuttavia se esso è già presente alle elementari, è facile intuire un aggravamento della situazione nella secondarie.
243 Tale tema andrebbe visto anche in termini di disuguaglianze nell’accesso all’educazione e nell’orientamento scolastico. Su questo punto rimando all’analisi svolta in Galloni (2008a).
244 Queirolo Palmas, 2006 op. cit.: 61; Giovannini et al., 2002a op. cit.
245 Luciak M., 2004 op. cit. Tuttavia ricerche recenti hanno sottolineato che in alcune realtà locali italiane i figli degli immigrati hanno risultati soddisfacenti e addirittura superiori a quelli degli autoctoni (Casacchia O. et al., 2007).
in volta a disposizione. Così per gli psicologi le capacità cognitive o linguistiche spiegavano le difficoltà scolastiche, mentre i sociologi correlavano il disagio con le caratteristiche familiari, ma a lungo andare sono mancate interpretazioni in grado di spiegare il divario nei risultati tra differenti gruppi di minoranza246.
L’antropologia dell’educazione ha posto la sua attenzione sulle “differenze” mettendole in relazione agli insuccessi delle minoranze, tanto che ora, che è stata confutata in molti studi l’ipotesi sulla deprivazione culturale247, proprio la teoria della discontinuità culturale è servita a spiegare risultati negativi248.
Essa, del resto, ha ispirato le ricerche e le riflessioni teoriche anche di Ogbu, l’antropologo che ha dato un contributo fondamentale alla discussione antropologica attuale sull’educazione scolastica dei gruppi minoritari249.
Se la teoria sulla discontinuità è solo uno dei tentativi di illuminare le ragioni di tale insuccesso, che peraltro sono state rintracciate anche nella struttura stessa della scuola250 e nei rapporti tra minoranza e maggioranza251, cercherò, ora, di analizzare brevemente le letteratura internazionale, individuando i temi ricorrenti e mettendo in evidenza le diverse spiegazioni offerte.