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Uno sguardo sullo svolgimento delle lezioni della classe prima

ancora i ragazzi, che spesso poi venivano a cercarmi nell’istituto per aggiornarmi su qualche evento significativo. Laddy è stata una delle più attive in questo, così mi ha informato sui suoi voti, la sua pagella, ma anche su altre novità della sua vita, come il fatto di essersi iscritta a corsi extrascolastici organizzati dalla scuola...

3. Uno sguardo sullo svolgimento delle lezioni della classe prima

L’andamento delle lezioni nella classe prima non è univoco, perché varia molto dalla materia, dalla modalità del docente, dall’orario nella mattinata (le ultime ore richiedono in genere più sforzi nella gestione della classe), oltre che da fattori improvvisi o esterni (la neve, ad esempio, è un distrattore potente), ma cercando un denominatore comune, si vede come buona parte delle lezioni preveda una fase398 di adempimenti burocratici (appello, visione di firme…), una di correzione dei compiti, una di svolgimento individuale o collettivo di esercizi di consolidamento dell’apprendimento e, alternate, fasi di spiegazione o interrogazione. Spesso però, i momenti di lavoro sono intervallati da pause, concesse autonomamente o sotto le richieste pressanti dei ragazzi, e soprattutto la maggior parte del tempo è occupata da richiami alle regole e rimproveri: i professori sgridano continuamente per la confusione, per lo sporco in aula o per il mancato rispetto delle prese di turno, ma anche perché gli alunni non chiedono cosa non capiscono. Una delle annotazioni tratte dal diario di campo può essere emblematica:

La professoressa richiama all’ordine e dice di prepararsi coi libri […] Correzione dell’esercizio. […] Brusio di sottofondo, Giada interviene a caso, Said la riprende. La professoressa sgrida la classe, gira per l’aula, sequestra la barca di carta di uno e si fa silenzio dove va la professoressa, per tornare il brusio appena lei si sposta.

Come si può notare, non vi è quasi mai un assoluto silenzio né la concentrazione auspicata dagli insegnanti, così questi cercano tutti i mezzi per insegnare nel clima che ritengono idoneo, ma i ragazzi non si fanno piegare facilmente.

I docenti di questa classe, come i più, credono di avere il diritto di determinare temi e turni della conversazione399, quindi mettono in atto alcune strategie per mostrare il loro ruolo di guida: ad esempio, tengono in attesa chi ha la mano alzata, ricordano le norme

398 Fasi è anche il termine usato da Mehan, ma qui non intendo affrontare l’analisi dettagliata dello svolgimento delle lezioni, secondo il modello etnografico.

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conversazionali e così via. Gli alunni, però, non sempre le rispettano: intervengono quando sono attenti o sanno rispondere400, ignorando le regole del parlare quando si è interpellati, proporsi solo con l’alzata di mano, non sovrapporsi ad altri; molte volte davanti a una domanda si assiste al “coro”, ma ad alcuni docenti questa modalità non piace. In molti casi poi il coro non è univoco, ma ognuno dice qualcosa, creando una notevole confusione, che il professore redarguisce.

Di fatto, come si vedrà anche in seguito, in classe vi è molta confusione e l’insegnate è “lontana dal controllare i discorsi degli studenti”401, tanto che restano sempre due flussi comunicativi paralleli: il primo tra gli adulti e la classe, il secondo tra alunni. Anche quando il professore crede di gestire la situazione, i ragazzi trovano modi e trucchi per sfuggire al suo controllo, come nel caso in cui, dopo l’aspra sgridata del docente D. per il rumore, di fatto si fa silenzio, ma aumenta lo scambio di bigliettini tra pari. Si dà il via così a “una vita sotterranea” che permette “una specie di piccolo illegalismo” sotto il banco402, perché, come sottolineato in altre etnografie, “dar fastidio e divertirsi e interagire faceva parte della giornata scolastica come, se non di più, dell’imparare le lezioni”403.

Per gli insegnanti non è difficile solo il controllo quotidiano, ma anche gestire interrogazioni e verifiche. I trucchi dei ragazzi, tra l’altro, si sono affinati non solo con l’esperienza, ma anche grazie all’ausilio della tecnologia, infatti, le strategie spaziano da quelle tradizionali (tra cui la riduzione delle fotocopie di pagine strategiche) ad altre innovative: come fare delle foto del testo tramite il cellulare.

3.1 Regole: messaggi chiari e coerenti?

Un copione che si può osservare di frequente in questa classe è il docente che richiama al rispetto delle norme, anche quelle basilari di convivenza. Di fatto, alcuni comportamenti dei ragazzi paiono indicare un’assenza di regole, come se non ci fosse

400 Perché l’importante è arrivare primi, v. Hammersley (1974). In realtà ciò è stato riscontrato in molte etnografie e sembra dovuto al fatto che il docente fa domande come se la classe fosse un insieme compatto, mentre essa è composta da tante individualità che vogliono mostrare le proprie competenze (si veda anche Gobbo, 2000).

401 Candela A., 1998 Students’ power in classroom discourse in “Linguistics and education” 10, 2: 150; Fele et al, 2003 op. cit.

402 Mantegazza R., 1999 Lo sporco sotto il banco in Massa R., Cerioli L. Sottobanco Franco Angeli, Milano: 65

403 Davies B., 1980 An analysis of primary school children’s accounts of classroom interaction in “British Journal of Sociology of Education” 1, 3: 265

una scolarizzazione pregressa. Professori e alunni quindi fanno come se si trovassero tutti al primo anno assoluto di scuola: i primi ricordano le regole di entrare in aula, salutare civilmente, stare e comportarsi durante lezioni e intervalli. I secondi fingono una sorta di ignoranza, che legittima le deviazioni. Questi ruoli complementari di una “scena” condivisa partono dal presupposto che, ogni volta che si comincia un nuovo ciclo, si ritrattino le norme, ma celano anche un altro presupposto. Infatti, l’idea che in una scuola professionale si possa fare tutto sembra aleggiare nelle fantasie degli alunni (e forse non solo), che, come dirò poi, suddividono, nei loro discorsi, le scuole facili e difficili in base a una serietà (o meno) data dal tempo libero concesso, dalle azioni ammesse e così via.

Altro aspetto che va considerato è il fatto che gli studenti si sentano grandi e quindi provochino, ma in realtà così propongono un’azione dalla duplice valenza: sfidano per metter in forse l’autorità, mostrando al docente che il suo ruolo e il suo potere non sono costituiti e, insieme, offrono un “ponte” per la relazione404, dal momento in cui chi sa cogliere questo gioco ottiene un rispetto autentico. “Per ottenere il controllo della classe l’insegnante deve combattere e vincere…”: è proprio in questo “continuo processo di conquista, mantenimento e riconquista del potere…”405 che gli studenti mostrano di conoscere bene i punti deboli degli adulti, di metterli alla prova e di salvare quelli che usano strategie efficaci. Queste, come si vedrà nel paragrafo successivo, possono essere diverse: la competenza e la fermezza nel gestire la classe o la capacità di ironizzare e mettersi in gioco (ed è proprio quest’ultima tecnica ad essere maggiormente apprezzata).

Le regole però richiedono un discorso aggiuntivo: se le richieste sono “velate e risultano opache”406, espresse in forma di invito e di domanda, e per comprenderle bisogna ricorrere a “connotazioni contestuali”407, di fatto è anche vero che frequentemente non c’è un accordo tra i docenti sulle norme, neppure quelle basilari. Ogni insegnante è abituato a pensare e vivere la sua ora come un piccolo mondo, ma poi gli studenti si trovano di fronte messaggi diversi e ambigui, a volte pure durante lo stesso spazio di una lezione, come emerge, ad esempio, dalla seguente osservazione:

404 Ferrari E., 1999 Gli spazi dell’immaginazione irriverente e dell’ironia in una terza media di Quarto

Oggiaro in Gobbo F., Gomes A.M. (a cura di) op. cit., pp. 107-118

405 Fele et al, 2003 op. cit: 143 406 Favaro, 2006 op. cit.: 56

407 Mehan H., 1974 Accomplishing classroom lesson, in Cicourel A.V. et al. Language use and school

Caos: la professoressa dice non parlare, ma tutti lavorano a coppie... Said va dalla docente col libro e lei lo sgrida, Said: “Non ho capito!” e la professoressa: “Chiedi a Ale”. Said: “Ha detto di non parlare” e al posto la insulta…

La consegna iniziale, in questo caso, viene disattesa dai più e l’insegnante si limita a ribadire la regola del silenzio, senza formularne altre. Tuttavia, quando un allievo crede di rispettare la norma esplicita, la docente lo sgrida per aver infranto un non-detto: stare seduti. Lo studente, come si nota, vuole giustificarsi e si sente rispondere che doveva disattendere la regola del silenzio, scoprendo così (a sue spese) che l’implicito era prioritario rispetto al resto. Said prova ancora a mostrare la sua buona intenzione, ma, davanti all’ambiguità del messaggio, finisce per insultare la donna, forse palesando in questo modo di sentirsi tradito.

Una certa arbitrarietà delle norme è testimoniata pure dall’impressione che gli alunni hanno della casualità delle sanzioni. Anche Laddy, infatti, devia dalle regole in base alla prova che nessuno dice “niente”, lasciando immaginare che forse non ci sia sempre un vigile controllo e che, comunque, talvolta la trasgressione non trovi adeguati freni. Spesso le conseguenze sono solo minacciate, infatti, un giorno, Laddy, Miriam e Tay vanno a fare un giro per i corridoi e Laddy sale in ascensore. Mentre le amiche temono sia un rischio (perché gli studenti non possono salirvi) e avvisano di ciò Laddy, quest’ultima afferma: “Non dicono niente, l’ho già fatto”, e realmente nessuno la nota e tanto meno la rimprovera.

3.2 Rapporto alunni -docenti

Ironia è la parola chiave per sintetizzare gran parte delle interazioni professori/alunni. I giovani propongono la battuta per prendersi delle pause e il sorriso serve per smorzare la seriosità delle lezioni o sdrammatizzare alcuni errori e incidenti di percorso, come si nota dai seguenti appunti tratti dal diario di campo:

La professoressa sbaglia l’audio della cassetta (troppo alto) e c’è chi trasale, tutti ridono per il rumore, Said e Ale canticchiano: “Radio 102 e 5...”

Gli studenti vogliono scherzare, prendersi del tempo, ma gettano le basi per un rapporto diverso col docente, in realtà, solo in qualche occasione colto e apprezzato408.

408 Come si nota anche da un’osservazione durante una supplenza: la professoressa spiega cosa fare e la

Se talvolta il gioco bonario sta nell’estremizzare e nel mostrare gli effetti del prendere troppo alla lettera le parole del docente409, in certi casi, invece, la battuta nasconde rivendicazioni e incomprensioni. Capita, infatti, che i ragazzi vogliano veder riconosciute le loro acquisizioni, perciò, ad esempio, ripetere un argomento già affrontato viene letto come una loro sottovalutazione. La strategia allora è lo stravolgimento, ossia interpretare il ripasso non tanto come una necessità per consolidare l’apprendimento, ma come un’esigenza della professoressa. La successiva trascrizione delle reazioni dei giovani all’avviso di un ripasso è un esempio efficace:

“Ma lo sappiamo”; “È facile”; […] “Lasciala [nd: riferito alla docente] parlare, è una settimana che non c’è, deve sfogarsi”.

Durante la mia restituzione delle osservazioni agli insegnanti, questi410 interpretano tale modalità di comunicazione ora come un percorso evolutivo (“sfida e provocazione per

me fanno parte della crescita, anche a tre anni i bimbi lo fanno per crescere”) ora come

“esasperazione” e un problema di non facile soluzione (“non si sa come prenderli,

rispondono in un modo…”).

Proprio le diverse strategie dei professori per gestire simili irruenze sono oggetto di attenzione degli studenti, che criticano poi, tra loro, i metodi più autoritari (come il docente che sgrida Giada dicendo: “Alla fine ti piegherò”) e, invece, apprezzano quando è il professore a scegliere l’ironia, come nel seguente caso:

Il professore fa domande e c’è un coretto di risposte e, quando sbagliano, il professore ironizza: “Adesso girano cazzotti!”, i più sorridono.

Gli allievi non si limitano a sorridere per mostrare la loro simpatia, ma stilano vere e proprie classifiche verbali sui docenti e, del resto, come è stato rilevato in altre etnografie, alcuni comportamenti che disturbano i docenti, come parlare, tirare oggetti, fischiare, ridere… sono “descritti da alcuni studenti come parte di una strategia precisa per mettere alla prova l’insegnante e per saggiarne la sua severità”411.

Van Zanten parla, appunto, della “pressione collettiva” esercitata dal gruppo dei pari, “di un noi che comincia a costituirsi contro l’istituzione e contro gli insegnanti e al quale gli studenti non osano resistere, anche quando le azioni di reciproco aiuto

tiene perché è la sua classe. Qualcuno dice: “Non doveva, non è pagata!”, la professoressa risponde secca e si fa silenzio…

409

Un esempio tra i tanti: il professore dice a Giada -alla lavagna- di non muoversi e Said a Giada: “Ti

stai muovendo”, perché questa sposta un piede...

410 Ci sono anche professori che negano ogni difficoltà con la classe: “Io non ho problemi, con me non si

muove una mosca”.

411

comportano delle conseguenze negative per il futuro scolastico individuale”412. La ricercatrice, tuttavia, ci mette in guardia dal ritenere gli adolescenti, da lei incontrati, come vittime passive di un processo di segregazione e devianza. Essi conservano una certa capacità di agency, ma il contesto in cui vivono e la riproduzione sociale della subordinazione socio-culturale messa in atto dalla scuola ne minano la motivazione allo studio e ne scoraggiano percorsi di successo scolastico.

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