• Non ci sono risultati.

Le strategie: tra ribalta e retroscena

Nella classe ci sono “luoghi di ribalta” e “di retroscena”430: “luoghi di formale presentazione del sé (quasi sempre per l’insegnante…) e luoghi dove svolgere le attività collaterali o parallele”431 e chi meglio degli alunni sa come districarvisi? In questo paragrafo, vorrei mostrare le “coping strategy” di Laddy, perché sapere quando e come apparire la brava alunna o, al contrario, la compagna non-secchiona è sia una competenza, sia una strategia per vivere al meglio nel contesto scolastico.

La nostra sikh, infatti, sa gestire le due situazioni quasi in contemporanea e con bravura, come si vede dalle note di campo:

Laddy parla con Betty, ma quando il professore chiede alla classe se hanno capito, Laddy è l’unica a dir: “Sì”.

L’obiettivo è quello di fare bella figura, di apparire una brava alunna, perchè l’immagine che si dà di sé contribuisce al successo scolastico.

I docenti usano fare domande, anche frequenti, sulla avvenuta comprensione da parte della classe e poi non sempre si aspettano (e attendono) una risposta. D’altra parte la classe non pare altrettanto pronta a rispondervi, forse perché è chiaro che spesso è solo una domanda retorica. Invece, la giovane sikh è tra le più costanti e veloci, quando non la sola, ad annuire o darvi conto. A volte pare che Laddy faccia ciò in automatico, magari mentre svolge altre attività; in certi casi l’espressione del volto mette in dubbio il suo annuire e, in alcune di queste circostanze, il fatto che, successivamente, chieda aiuti ai compagni conferma la sensazione. Allora l’ipotesi è che Laddy abbia capito, e

430 Goffman, 1969 op. cit: 156 431

metta in atto, l’importanza di questi gesti, che fanno buona impressione sui docenti. Forse né i professori, né gli allievi danno il senso letterale a queste comunicazioni: i primi le usano per coinvolgere la classe e tastarne l’attenzione432, i secondi per farsi vedere. Mostrarsi entra, quindi, in un chiaro progetto: presentarsi al meglio, rendere evidente al docente che si è preparati, che si segue e si è, insomma, bravi alunni. Altra tecnica usata da Laddy per lo stesso scopo è quella di sussurrare la risposta dal posto, quando il professore è vicino e può sentire.

In certi casi, come emerge anche da altri esempi, Laddy agisce in modo da mettersi alla ribalta, tanto che interviene con auto-dichiarazioni in cui afferma di aver fatto o detto qualcosa; se poi riesce ad anticipare le richieste dei docenti e quindi battere sul tempo i compagni è ancora meglio, come si può osservare dalla seguente annotazione:

La professoressa dice: “Fate da soli” e Laddy: “Già fatto”, la professoressa le si avvicina, guarda il quaderno e sorride.

Se i professori rivolgono discorsi alla classe, che come tali non sono mirati a qualcuno, la sikh reagisce come se fosse direttamente coinvolta: si difende o appunto ribadisce la sua correttezza, esattamente come facevano i piccoli sikh osservati alle elementari433. A maggior ragione le auto-dichiarazioni di Laddy diventano più ferme se è tirata in causa personalmente, come in questo caso:

La professoressa chiama Laddy, che esita un momento e poi risponde, la docente le corregge la pronuncia e Laddy: “Eh sì”, la classe non capisce (per il tono basso di Laddy). La professoressa ripete, corregge Laddy e lei: “L’ho detto!”…

Quindi, anche se i docenti considerano tutti gli attori come un insieme unico (per restare in metafora teatrale, una sorta di coro), Laddy si pone da protagonista e vuole su di sé tutte le luci della scena.

Altre strategie per questa auto-presentazione sono quelle coincidenti con il suo ruolo di

manager: alzare la mano, volere intervenire e mostrarsi dispiaciuta se perde l’occasione.

Sempre con l’obiettivo di indicare agli insegnanti la sua bravura e arrivare prima degli altri, la sikh, appena termina una consegna, lo manifesta anche in modo enfatico:

Laddy dà il cd alle file dietro (per far copiare gli altri) e, quando la professoressa chiede se hanno finito, dice: “Io sì” e si alza in piedi. La docente annuisce, intanto altri dicono

432 Anche perché spesso i docenti usano frasi come “capito?”, “chiaro?” come intercalari e non danno il tempo per rispondere.

433

di no e Laddy in piedi chiede: “E chi ha finito?”. La professoressa richiede chi ha finito e Laddy: “Io”.

La giovane è l’unica che rimarca con tanta forza di aver concluso il lavoro. Così facendo però incorre in qualche inconveniente: infatti, un giorno ultima il suo compito e lo annuncia. I pari, invece, anche quelli che hanno già terminato, stanno svolgendo, zitti e indisturbati, altre attività. Laddy si interessa a cosa fare poi, ma in questo modo si trova del lavoro in più rispetto agli altri.

6.1 Attività parallele

Come nota Soenen434, poi, gli studenti affrontano più attività in contemporanea, mostrando una certa abilità e un’attenzione non focalizzata su quanto voluto dai docenti435. Anche in questa classe si possono avere molti esempi e pure la stessa Laddy non si sottrae a tale abitudine, mostrando competenza dell’ambiente, delle regole e delle aspettative. Non si fa mai cogliere disattenta, ma usa al massimo il tempo scolastico: per parlare, studiare, osservare la classe e spesso durante le correzioni o le interrogazioni altrui, fa da sola (spontaneamente) esercizi in più o compiti per casa. Laddy, quindi, quando è nel retroscena, si immerge in attività parallele, ma non, come succede di solito, alternative al lavoro scolastico436, se mai di sostegno ad esso. Vorrebbe migliorarsi e sfrutta il tempo, così come avviene nel caso dei giovani pakistani che hanno una “upward mobility strategy”, ossia quelli che investono sulla scuola come occasione di mobilità sociale437.

Allo stesso modo, le interrogazioni dai più sono vissute come momento libero, per Laddy non esattamente: lei si concede qualche pausa, ma mantiene come attività

434

Soenen, 2003 op. cit.

435 Tali comportamenti per Soenen sono in realtà tipici dei galli, ossia degli alunni che mostrano anche a scuola una commistione di stili, oltre a quello scolastico.

436 Svolgere attività parallele è molo frequente soprattutto durante lo svolgimento di pratiche burocratiche, ad esempio: Per 10’ il professore compila il registro. Laddy parla con Betty, poi prende il

libro e va alla pagina che il professore intanto indica. Altre scrivono, disegnano su diari, parlano, solo in 1^ fila si guarda il testo.

Molte volte soprattutto le ragazze passano ore a scrivere in forme varie, ma molto curate, i loro nomi o quelli di amici/amiche, o fidanzati. Spesso prima fanno in matita, poi con biro colorate, pennarelli, brillantini, bianchetto, poi se le mostrano e commentano. Oltre a questo, a volte, fanno dediche o aggiungono al nome epiteti o cuori -e quindi il nome dell’altra persona-, o disegni vari: orme, stelle…così fanno pure su zaini, quaderni, libri, banchi, muri… Laddy invece non lo fa mai.

437

principale l’ascolto, l’attenzione e, se mai, impiega il tempo per studiare ed esercitarsi, come emerge anche dalla seguente nota di campo:

Il professore spiega a cosa star attenti e Laddy sfoglia il libro, seguendo, molti parlano. Said fa una domanda e nasce il dibattito, Laddy riprende a scrivere il suo esercizio.

Laddy sembra non esser interessata agli altri, se deve lavorare, ma se può prendersi una pausa osserva la classe e anche da ciò probabilmente trae insegnamenti, dato che non si può trascurare l’importanza della strategia di imparare guardando438, come in questo caso:

La professoressa va da Ela e la sgrida perché non fa come indicato, Laddy si gira a guardare, poi si rigira e fa.

Anche quando la sikh si distrae, però, sa correre rapidamente ai ripari, infatti durante una lettura, Laddy non tiene il segno così quando il professore spiega alcune parole, lei si guarda attorno, poi cerca sul libro di Betty e prende appunti.

Altri spazi, dove l’alunna si sente nel retroscena, diventano momenti liberi in cui si immerge in osservazioni fuori dalla finestra, in carezze che si fa da sola, in giochi solitari439 (in particolare con le mani e alcuni oggetti, come orologi e bracciali…).

6.2 Uscire dallo spazio del banco: per dar il via alla ribalta o al retroscena?

Durante tutta l’interrogazione Laddy alza la mano e la scuote (per attirar l’attenzione)… il docente fa domande, Laddy e Betty si prolungano sempre più fuori dal banco con braccio e parte del corpo, sorridendo e come in gara chiamano il professore: “Prof!!!”…

In più occasioni ho annotato atteggiamenti simili, in cui il banco diventa una barriera da superare, per mostrare il proprio sapere in una gara improvvisata. Altrettanto spesso, però, uscire dal banco serve per poter incontrare amici, sgranchirsi, vincere la noia… Anche la sedia sembra diventare scomoda (e di fatto lo è dopo sei ore di lezione) e anche da essa si cerca di sfuggire, magari giocando con l’equilibrio e dondolandosi, mettendola su due pioli. Forse non avrebbe colpito la mia attenzione questo modo di stare seduti se non lo avessi ritrovato in quasi tutti i giovani indiani che conosco, dalle elementari440 ai C.A.G.: questa, che appare come un’abitudine “innocua” per lo

438

Gobbo, 2006a op. cit: 794

439 La professoressa inizia a spiegare, resta il brusio e lei sgrida, poi riprende e Laddy segue. La donna

chiede se hanno capito e Laddy annuisce. Laddy gioca con le unghie (mentre le femmine organizzano i loro ripari per far quello che vogliono).

440

svolgimento delle attività (e quindi facilmente inosservata), è passata più volte all’evidenza, in quanto oggetto di rimproveri degli adulti, che ne intravedono il pericolo, o per le conseguenze dell’azione stessa (poiché spesso il precario equilibrio si rompe facendo capovolgere il giovane).

Il confine del proprio posto, allora, può essere travalicato nella speranza di passare alla

ribalta o, al contrario, fuori scena, ma quello che balza agli occhi è che anche quanto

dovrebbe contenere fisicamente i ragazzi viene plasmato e riutilizzato. Dunque, luoghi e materiali dal senso condiviso non limitano gli studenti, che, lungi dall’adattarvisi passivamente, li riadattano.

Se, così, gli oggetti della scuola a volte stanno stretti, in altri casi assumono un nuovo significato, come nota anche Ferrari441: se si appoggia la testa al banco, si cambia postura e pure prospettiva; l’oggetto, che in genere vincola i movimenti, diventa allora un supporto, quando non addirittura un valido alleato. Sistemare il proprio posto cercando di farsi coprire dai corpi altrui, aggiungere oggetti come scudo, giocare e passarsi materiale sotto il banco sono attività comuni e frequenti, ma spesso Laddy non ne può usufruire, essendo in prima fila. Se quindi nell’aula normale è sempre più o meno esposta, la sikh adotta queste strategie di mimetizzazione quando è in aula d’informatica: qui i suoi trucchi sono facilitati dalla posizione dei computer. In quest’aula, infatti, non solo è facile nascondersi, ma è anche difficile che i docenti riescano a vedere come è usato il pc, dato che il video è coperto dai ragazzi stessi. I giovani, del resto, sanno quanto può offrire un computer in termini di svago, giochi, curiosità. In alcuni casi, poi, la connessione a internet (che di fatto dovrebbe essere data dal docente) consente di spaziare e saziare le proprie curiosità, soddisfacendo pure il gusto dell’illecito, come nell’esempio qui riportato:

Laddy chiede a Jessy di dare la connessione, ma Ivan l’ha già data, Laddy esulta, lo dice a quelli dietro e aggiunge: “Zitte eh?!” e si mette sul video.

Riguardo ai “tatticismi della classe segreta, palesi infrazioni delle regole scolastiche”442, del resto, come non ricordare il discorso della stessa Riva sulla presunta inconsapevolezza dei professori? L’autrice sostiene che i docenti preferiscano non vedere alcune devianze per non prendere provvedimenti e in questo caso proprio la

441 Ferrari, 1999 op. cit.

442

disposizione dell’aula sembra esser fatta in collusione con la voglia dei giovani di infrangere regole.

Altro comportamento tipico degli alunni indiani è fissare il vuoto e così valicare i confini materiali della classe. Non c’è dato sapere se per pensare, sognare ad occhi aperti, ricordare o solo staccarsi dalla routine, ma quelle “bolle di spazi immaginari”443 diventano interessanti perché appaiono ancora una volta atteggiamenti che non disturbano la lezione e che possono sfuggire a un docente preso dalla gestione complessa della classe. Di fatto, però, sembrano indicarci quanto lo spazio scolastico, limitato e limitante anche per gli alunni più concentrati, non riesce ad essere sempre controllato: gli studenti sanno trovare i modi per uscire di scena, almeno con la mente. Tuttavia l’abilità dei giovani (e di Laddy) non è solo questa, ma è anche quella di usare un comportamento con significati ogni volta diversi, rendendo più imprevedibile il suo fine e quindi meno gestibile l’agire. Infatti, in certi casi fissare il vuoto serve per fingere una riflessione assorta, usata per sviare i sospetti di copiatura durante una verifica (come nel caso seguente), ma soprattutto per inscenare il ruolo del bravo studente444:

Quando la professoressa guarda Laddy, lei finge di esser assorta a guardar nel vuoto o sul foglio.

Documenti correlati