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Aspetti normativi della scuola elementare italiana

OSSERVAZIONE VERIFICA

2. Il laboratorio come risorsa didattica (Daniela Frison)

2.2. Le modalità operative: il metodo didattico del laboratorio nella scuola elementare

2.2.1. Aspetti normativi della scuola elementare italiana

I programmi didattici per la scuola primaria, emanati nel 1985, rappresentano una tappa importante nel percorso che conduce l’istituzione scolastica a superare il suo isolamento e ad interagire con il territorio che la circonda.

Tra i principi che connotano la scuola elementare, oltre ad essere sottolineata la necessità di una continuità educativa con i gradi di istruzione che la precedono e che la seguono, si fa specifico riferimento alla rilevanza dell’interazione formativa con la famiglia e con l’ambiente socio-culturale. S’intende, infatti, a tal fine, valorizzare le risorse culturali, ambientali e strumentali offerte dal territorio e riconoscere, inoltre, l’importanza rivestita dalla vita extrascolastica del bambino.

Lungo il percorso di valorizzazione del territorio extrascolastico, un ulteriore traguardo è rappresentato dalla legge n. 59 del 15 marzo 1997 che introduce l’autonomia scolastica. In virtù di essa le istituzioni

219 Le materia previste alla Scuola Serena sono nell’ordine: 1. lettura, 2. dettato poesia, 3.grammatica, 4. aritmetica, 5. geometria,

6.computisteria, 7. geografia, 8. storia naturale, 9.scienza fisiche, 10. storia, 11.educazione civica, 12. francese, 13. igiene. (Ivi, p. 52).

220 “Finito il controllo, ogni ragazzo si mette a lavorare liberamente. Con grande silenzio, in grande calma, si formano diversi gruppi.

Talvolta un debolino cerca uno più forte di lui; ma quasi sempre si uniscono invece secondo il grado di levatura intellettuale. I gruppi non sono stabili: si formano, si disfano secondo le diverse materie”. (Ivi, p. 65).

221 Ivi, p. 79.

222 “La libertà di tempo è un diritto sacrosanto del fanciullo, diritto che dovrebbe essere garantito dal codice svizzero. Il ragazzo che è

interessato all’aritmetica, deve poter continuare per ore ed ore o per giorni fino ad interesse esaurito. Fino a tanto che dura l’interesse, un lavoro non deve essere interrotto; così come non deve essere imposto di continuare un lavoro quando l’interesse è esaurito”. (Ivi, p. 92).

scolastiche divengono soggetti protagonisti nella progettazione del servizio educativo-formativo offerto alle famiglie e agli allievi. L’autonomia consente, inoltre, di valorizzare la comunità socio-culturale in cui è collocata la scuola e di cui essa è espressione garantendo ad ogni istituto di individuare gli enti con cui avviare rapporti di collaborazione finalizzati ad arricchire il curricolo scolastico.

Il riconoscimento dell’autonomia, quindi, attribuisce alle singole scuole “un complesso di ambiti nei quali possono governarsi da sole, sulla base della libera adozione di fini e degli strumenti adeguati al loro conseguimento. Questi ambiti concernono: l’autonomia amministrativa e finanziaria; l’autonomia organizzativa; l’autonomia didattica.”224 Queste forme di autonomia garantite a ciascun istituto, comportano

concretamente una differenziazione delle offerte formative e quindi una maggiore possibilità di scelta riconosciuta alle famiglie e agli studenti.

L’autonomia didattica consente alle istituzioni scolastiche di concretizzare gli obiettivi nazionali in percorsi formativi su misura, a partire dal profilo del territorio e della comunità in cui la scuola è inserita, riconoscendo e valorizzando le diversità e progettando un percorso scolastico individualizzato secondo le discipline e i ritmi di apprendimento degli allievi. Ciascuna scuola quindi può articolare differentemente il monte ore annuale previsto per ciascuna disciplina, attivare percorsi didattici individualizzati, aggregare le discipline in aree disciplinari, realizzare iniziative di recupero e sostegno, ecc225.

L’autonomia organizzativa è invece finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico, nonché al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture226.

E’, inoltre, riconosciuta un’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo strettamente correlata alle esigenze del contesto culturale, sociale o economico delle realtà locali. Essa si esplica nella raccolta di documentazione educativa, nello scambio di informazioni, esperienze e materiali didattici, nella ricerca didattica sull’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi.

L’autonomia, dunque, come espresso nel DPR 275/99, “è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo”227.

Per quanto riguarda, in particolare, il rapporto con le famiglie, l’autonomia permette la costruzione di un vero e proprio ponte che collega l’istituzione scolastica ad esse garantendo a studenti e genitori forme di partecipazione diretta e indiretta ai problemi di gestione della scuola in un diffuso clima democratico.

Le nuove disposizioni, inoltre, modificano le dimensioni dei tempi e degli spazi scolastici. Per quanto concerne i primi, ogni istituto ha la possibilità di promuovere un modello orario che tenga conto degli obblighi prescritti a livello nazionale ma, anche “delle risorse offerte dal territorio in guisa di potenziali aule didattiche decentrate”.228

In riferimento agli spazi, l’autonomia consente di personalizzare i luoghi di ogni scuola al fine dell’individualizzazione della classe e della realizzazione dell’interdisciplinarietà e di specifici progetti didattici.

La classe può divenire, così, “interclasse” al fine di dar vita ad uno spazio didattico che inserisca gli allievi in un contesto sociale che migliori la qualità dell’apprendimento: “autonomia significa sia allargare le pareti della scuola, sia allungare sul fuori scuola i percorsi di conoscenza e di relazione, di alfabetizzazione e di socializzazione del soggetto in età evolutiva.”229

224 L. Ruggiu (a cura di), Dizionario critico dell’autonomia scolastica, Carocci Editore, Roma, 2000, p. 17.

225 “L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della

libertà d’insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di liberà progettuale, compresa l’eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti”. (Legge 15 marzo 1997, n. 59, Disposizioni per il decentramento delle funzioni statali, art. 21, comma 9).

226 “L’autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia

del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell’unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali”. (Ivi, art. 21, comma 8).

227 Ivi, art. 1, comma 2.

228 F. Frabboni, Il piano dell’offerta formativa, Bruno Mondadori, Milano, 2000, p. 17. 229 Ivi, p. 19.

Il cammino intrapreso dalle istituzioni scolastiche a partire dalla legge sull’autonomia, mira, quindi, a realizzare un sistema formativo integrato in cui le agenzie educative formali (la scuola), non formali (la famiglia, gli enti locali, l’associazionismo, il privato sociale, il mondo del lavoro) e informali (i mass-media) siano riconosciute parte integrante del processo educativo e di apprendimento del bambino. L’interconnessione culturale tra la scuola e l’extrascuola rappresenta, infatti, un presupposto irrinunciabile per garantire uno sviluppo globale del fanciullo, che consideri cioè la dimensione cognitiva, creativa, psicologica, affettiva, e che non prescinda dall’ambiente socio-culturale in cui l’allievo è inserito.

E’ solo grazie ad un’integrazione tra “il dentro scuola e il fuori scuola” che le discipline scolastiche possono arricchirsi grazie alle “opportunità/risorse formative delle aule didattiche decentrate del territorio: naturali e paesaggistiche, quali i parchi, gli ecosistemi vallivi, orografici, idrografici e così via; sociali e culturali quali i musei, le pinacoteche, le biblioteche, le mediateche, i centri culturali e sportivi, i laboratori territoriali, le zone monumentali e artistiche”.230 Viene così permesso alla scuola di abbandonare il proprio

vissuto di isolamento per passare ad una vera e propria conoscenza e socializzazione con quanto la circonda, in virtù, anche, del processo di individualizzazione che la vede coinvolta proprio grazie all’autonomia.

La differenziazione del servizio proposto da ogni scuola è, infatti, garantita, secondo le disposizioni del DPR 275/99, dal Piano dell’Offerta Formativa (POF), ossia “il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche” che “esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia”.231

Il curricolo predisposto dai vari istituti si compone di tre tipi di percorsi: percorsi obbligatori comuni a tutte le istituzioni scolastiche, obbligatori locali che consentono alle scuole di affiancare al curricolo nazionale discipline e attività scelte sulla base delle esigenze delle famiglie e del contesto locale e, infine, percorsi aggiuntivi da realizzarsi in orari che si sommano a quello regolare e che possono consistere in attività di laboratorio, animazione, orientamento o altro.

Il POF, elaborato dai docenti, disegna quindi le linee entro le quali ogni scuola si muove annualmente e, a partire dalle quali, si impegna a concretizzare un determinato percorso educativo con i propri allievi. Esso ha quasi il potere di trasformare il servizio scolastico in un abito su misura che ciascuno sceglie e veste secondo le proprie esigenze di famiglia o studente.

Il Piano dell’Offerta Formativa, quindi, arricchisce la scuola di tutta una serie di attività e servizi di cui precedentemente l’allievo non godeva se non in misura della professionalità e creatività dei propri insegnanti. L’autonomia consente la valorizzazione della progettualità del corpo insegnante e la completa grazie all’apporto delle competenze di altri esperti del territorio.

Il laboratorio didattico rappresenta, in questo contesto, proprio un’opportunità in più di cui gli allievi usufruiscono in quanto, sempre più spesso, nell’ottica dell’interdisciplinarietà e della scuola aperta, esso è occasione per loro per rielaborare le discipline scolastiche, per vivere esperienze concrete che coinvolgano la loro creatività, le loro abilità manuali facilitando così il processo di apprendimento di contenuti astratti. Fare

laboratorio non significa necessariamente uscire sul territorio, sviluppare gli insegnamenti scolastici

mediante un’escursione o una visita al museo, significa anche “organizzare la classe per gruppi/laboratorio necessariamente composti da un numero inferiore di alunni” cha appartengano alla stessa classe ma anche a classi diverse e che siano accomunati dagli stessi interessi o dalle stesse esigenze di apprendimento. Il laboratorio, inoltre, risponde essenzialmente al principio della concretezza: esso è “per definizione costruito sul fare e sul progettare, anche in termini cooperativi degli allievi; può concentrarsi su lavoro intellettuale ma anche su esperienze fisiche, emozionali, manuali”.232

Nell’ottica del sistema formativo integrato, le attività di laboratorio, possono, inoltre, essere condotte dagli insegnanti in relazione alle loro competenze e ai loro interessi personali, possono essere affidati a docenti di altri istituti mettendo così in rete le scuole del territorio, oppure possono essere commissionati ad “esperti esterni provenienti dal mondo dell’impresa e del lavoro, in modo da anticipare esperienze di raccordo con il mondo produttivo locale”.233 I temi delle attività possono essere i più diversi,

dall’interculturalità alle abilità artistiche, dalle abilità motorie a quelle artigianali oppure possono mirare al recupero di conoscenze di base. L’attenzione si focalizza, dunque, sugli allievi e sulle loro necessità correlate

230 Ivi, p. 56.

231 Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, art. 3, comma 1.

232 M. T. Moscato, Progettare il curricolo nella nuova scuola, in “Scuola italiana moderna”, anno 109, n. 6 (15 novembre 2001), p.

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all’età, al loro vissuto esperienziale, al contesto di vita, ai contenuti scolastici che stanno affrontando e che necessitano di essere sempre collegati alla realtà circostante. Questa centralità del fanciullo è, però, accompagnata, grazie alla legge sull’autonomia, ad una centralità del corpo docente che acquisisce, all’interno delle mura scolastiche, il titolo di progettista.234 I progetti elaborati dagli insegnanti, oltre a

rappresentare un apprezzabile investimento della loro creatività, consentono di mettere in pratica la cosiddetta didattica modulare, che mira a coinvolgere il soggetto in tutte le aree del suo sviluppo e della sua comunicazione interpersonale e a cogliere punti di contatto tra le varie discipline evitando che le materie scolastiche siano lontane le une dalle altre come binari paralleli richiedendo così al bambino uno sforzo eccessivo per la comprensione di contenuti slegati dalla realtà.

Compito degli insegnanti “non è, quindi, quello di dire parole, ma quello di proporre cose, di proporre attività, moduli di lavoro e, ovviamente, di ricerca, studio, produzione”.235 Le esperienze guidate offrono

all’allievo mille occasioni per approfondire i contenuti teorici affrontati in classe, per questo “il fiume, come la strada, il mercato, il giornalaio o il giardino della scuola o il monumento della piazza principale costituiscono così altrettanti moduli, occasioni di lavoro, di ricerca, di studio”.236

La differenza con il passato è, dunque, che, se un tempo le uscite dall’edificio scolastico rappresentavano un evento estemporaneo che interrompeva il normale corso delle attività didattiche, oggi, invece, il contatto con l’ambiente circostante e con la vita extrascolastica degli allievi, trovano nella normativa vigente i presupposti per diventare parte integrante del curricolo scolastico.

Il laboratorio, inteso nelle diverse accezioni di laboratorio didattico, manuale, creativo e considerato in tutte le sue forme (laboratorio interculturale, artistico, ambientale e quant’altro) può diventare una metodologia didattica di fondamentale importanza affinché la scuola, come già sottolineato, si prenda in carico il fanciullo nella sua globalità e si renda mediatrice tra i contenuti intellettuali disciplinati dai

Programmi e l’esperienza del reale.

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