• Non ci sono risultati.

Osservazione, associazione ed espressione nella scuola – laboratorio di Ovide Decroly

OSSERVAZIONE VERIFICA

2. Il laboratorio come risorsa didattica (Daniela Frison)

2.1. Fondamenti storico-epistemologici: il laboratorio nella cultura pedagogica del Novecento

2.1.5. Osservazione, associazione ed espressione nella scuola – laboratorio di Ovide Decroly

Il pensiero del pedagogista belga Ovide Decroly si sviluppa di pari passo con quello di Édouard Claparède. Praticamente coetanei i due autori esprimono chiaramente attraverso le loro pensiero pedagogico e il loro operato, un’avversione concreta e motivata verso i metodi della scuola tradizionale. Le parole con cui Decroly spiega il proprio disappunto sembrano quasi una parafrasi del pensiero dello psicologo svizzero. Entrambi, infatti criticano il soffocamento degli interessi e dei desideri di conoscenza degli allievi provocato dall’organizzazione scolastica. Anche per Decroly “i fanciulli che pur sono pieni di curiosità sono costretti ad apprendere cose noiose, con metodo innaturale e attraverso esposizione tediose e più tediose ripetizioni, col risultato che diventano apatici e svogliati… Che fare dunque? Una cosa, ma fondamentale: introdurre nella scuola la vita”183. La scuola dovrebbe tener conto dei bisogni naturali dell’uomo che i fanciulli

manifestano fin dalle prime età e dovrebbe promuovere quanto più possibile il potenziamento delle facoltà degli allievi.

A tale proposito Decroly individua nel fanciullo tre particolari tipi di facoltà: le ricettive, le elaboratrici o critiche e le attive. Egli ritiene che la scuola tradizionale, per quanto riguarda la prima categoria di facoltà, si avvalga esclusivamente della via uditiva e tralasci, erroneamente, la vista e il senso motore, che sarebbero per l’allievo importanti strumenti di conoscenza. Quanto al senso critico e di rielaborazione, l’organizzazione scolastica vigente non consente il suo esercizio in modo spontaneo e originale e questo vale anche per le facoltà attive poiché “la scuola sedentaria e passiva, le colpisce a morte”184. Decroly, al

contrario delinea una scuola in accordo con le esigenze di esperienza, movimento, osservazione ed espressione dei fanciulli proponendo loro cultura ed istruzione accanto ad attività pratiche di gioco e lavoro manuale.

La scuola decrolyana, che trova la sua realizzazione concreta nell’École de l’Ermitage istituita nel 1907, si fonda su un’attenta cura dell’ambiente e su un programma definito sulla base delle peculiarità psicologiche e sociali dell’allievo. Secondo Decroly il percorso scolastico deve:

- tendere all’unità ossia le sue parti devono formare un tutto organico che si sviluppa progressivamente;

- adeguarsi al maggior numero possibile di mentalità in modo da favorire l’apprendimento di tutti gli allievi;

- garantire l’acquisizione di un minimo di conoscenze di base indispensabili per l’adattamento del fanciullo alla vita sociale e alle sue regole;

- favorire lo sviluppo globale di tutte le facoltà dell’allievo e l’integrazione nell’ambiente naturale e sociale.

182 Ivi, pp. 51-52.

183 P. Cipriani, op. cit., 1953, p. 19.

Decroly intende concretizzare un programma che permetta il raggiungimento dei suddetti obiettivi attraverso tre “processi” fondamentali: osservazione, associazione ed espressione. L’autore riconosce, infatti, in queste tre “tappe” i processi di apprendimento dell’allievo che sono alla base del superamento della cultura oggettiva e intellettualistica che connota la scuola tradizionale e le collega a due domini fondamentali di conoscenza: la conoscenza da parte del fanciullo della propria personalità e quindi dei propri bisogni e aspirazioni e la conoscenza delle condizioni dell’ambiente naturale e sociale in cui egli vive e dal quale deve trarre le condizioni positive per poter soddisfare i bisogni e realizzare i propri obiettivi. Come dice De Bartolomeis “l’ambiente non basta da solo a dare un orientamento nuovo all’educazione: occorre saper trarre partito da esso”185 ed è a partire da questo presupposto che Decroly, al pari di Dewey, riconosce il notevole

impatto che la cura e la “definizione” di un ambiente adeguato possono avere nel processo educativo. “La scuola”, infatti, “appare vittima dell’influenza di un certo ambiente artificiale, povero di forze stimolatrici, in cui il fanciullo con i suoi bisogni di guida, di assistenza, di oggetti proporzionati alle sue capacità, fa la figura dell’intruso e, più o meno coscientemente, come tale viene trattato”186. Ciò avviene soprattutto nelle

grandi città dove gli stimoli cui sono sottoposti i ragazzi superano ampiamente le loro capacità di assimilazione e di reazione produttiva causando così uno stato di squilibrio e determinando un livello di acquisizione della conoscenza ridotto e superficiale.

L’autore sottolinea, al contrario, la necessità che la scuola si trovi in un ambiente rurale per favorire il più possibile le occupazioni attive dei fanciulli e stimolare la loro curiosità e la loro sete di conoscenza attraverso la ricchezza dei fenomeni naturali e la semplicità del loro linguaggio. Decroly ovviamente non propone una fuga dalla città verso la campagna ma suggerisce di introdurre nella scuola quanta più natura possibile per permettere ai fanciulli di entrare in contatto con essa mediante la coltivazione, l’allevamento, le escursioni e per mostrare e far praticare loro i mestieri semplici del calzolaio, del sarto, del fabbro, ecc. La campagna inoltre permette agli allievi di mettersi in relazione con le forme elementari della vita sociale e di apprenderne le regole e l’organizzazione garantendo così la realizzazione del programma psico-sociale di cui Decroly si fa promotore.

Se da un lato, infatti, l’ambiente rurale facilita la realizzazione della dimensione sociale del programma, dall’altro favorisce l’apprendimento del fanciullo fornendo continui stimoli per l’osservazione, l’associazione e l’espressione. L’ambiente pensato da Decroly, infatti, supera il concetto di aula come spazio chiuso fra quattro mura e riconosce la necessità delle passeggiate all’aperto, dei laboratori in giardino cosicché “la classe è dovunque: in cucina, nel campo, nella fattoria, nel laboratorio, nell’officina, nella cava, nel negozio, nel museo, alle esposizioni, durante le escursioni e i viaggi”187. Solo un ambiente così vario

offre ai fanciulli e al loro insegnante continui spunti per osservare fenomeni naturali, oggetti che sono sempre a portata di mano e che consentono all’educatore di dilungarsi meno in lezioni teoriche e proporre agli allievi continui esempi e riferimenti concreti. L’esigenza di fornire un ambiente in condizioni naturali non solleva, però, l’insegnante dal compito di “predisporlo” nel modo più favorevole alle capacità di esperienza dell’allievo, il quale altrimenti subirebbe una quantità eccessiva di stimoli senza essere messo nelle condizioni di poterne trarre vantaggio. Anche per Decroly, come per Freinet, organizzare l’ambiente non significa privarlo della sua spontaneità e originalità costringendo l’apprendimento dell’alunno entro schemi prestabiliti ma vuol dire piuttosto offrire a quest’ultimo un contesto ricco e stimolante che lo guidi nel suo processo di conoscenza.

In quest’ottica il ruolo del maestro consiste nel favorire il passaggio dall’osservazione dell’ambiente circostante all’associazione con contenuti teorici forniti da libri, documenti, illustrazioni, garantendo una conoscenza che si compone sia di riferimenti concreti ma anche di nozioni teoriche. Come dice Cipriani “l’associazione lega gli oggetti e i fatti presenti e vicini con oggetti e fatti lontani nel tempo e nello spazio, mediante il ricordo o mediante i documenti”188

La tappa successiva consiste nell’espressione in quanto “ciò che osservando, confrontando, richiamando alla memoria con esperienze occasionali o sistematiche, con ricerche spontanee o fatte sotto la guida dell’insegnante, il fanciullo ha appreso, trova il suo sbocco logico nell’espressione, la quale, non è solamente la parola parlata o scritta, ma anche il disegno e il lavoro manuale”189. In particolare il lavoro manuale riveste

una grande importanza per Decroly, secondo il quale soddisfa il bisogno di fare e di sperimentare del fanciullo e gli permette, inoltre, di concretizzare nozioni e idee che altrimenti manterrebbero una dimensione

185 Ivi, p. 72. 186 Ivi, p. 93. 187 Ivi, p. 98.

188 P. Cipriani, op. cit., 1953, p. 31. 189 Ivi, p. 34.

eccessivamente astratta. La sua introduzione inoltre garantisce la trasformazione da “scuola-uditorio” a “scuola-laboratorio” in cui l’allievo si sperimenta nella cura degli animali e delle piante, nella rilegatura di libri, nella tipografia in un’ottica di apprendimento attivo che stimoli la sua capacità d’iniziativa e d’inventiva.

Decroly considera accanto ai lavori manuali anche il modellaggio e il disegno che fa rientrare nelle forme di espressione concreta che egli distingue dalle forme espressive astratte quali il linguaggio parlato, scritto e la drammatizzazione. Riguardo al modellaggio, De Bartolomeis ricorda che “l’espressione più primitiva del bisogno di modellare è rappresentata dal piacere che il bambino prova a giocare con sostanze di cui può cambiare la forma; all’inizio si limita ad esercitare funzioni senso-motorie, poi comincia a copiare non dalle cose esterne ma da immagini interne”190. Modellaggio e disegno, diversamente dal laboratorio

manuale, rientrano infine nel campo più specifico della produzione artistica a cui Decroly ha dedicato importanti ricerche psicologiche.

In Verso la scuola rinnovata, in particolare, l’autore, insieme a Gèrard Boon, propone una vera e propria classificazione dei lavori manuali tra i quali indica anche il lavoro manuale d’arte. Decroly parte dal presupposto che “la funzione del lavoro della mano nella vita umana ha un peso enorme se non preponderante; tutte le attività che hanno una funzione di primo piano nella conservazione e nella difesa dell’esistenza individuale e collettiva, richiedono l’intervento delle mani; anche le macchine stesse che tendono a sostituirle in alcune di queste attività non possono essere fabbricate, guidate senza un loro aiuto”191.

Egli inoltre connota il lavoro manuale per differenziazione rispetto alla ginnastica, agli sports e ai giochi in quanto nella prima attività i movimenti sono imposti dall’insegnante, lo scopo è principalmente quello di favorire lo sviluppo fisico e le funzioni intellettuali superiori intervengono solo in maniera accessoria. Negli sport sono dominanti la competizione e lo spirito di gruppo mentre nel gioco sono fondamentali l’attività e il movimento. “Nel lavoro manuale, invece, il piacere è soprattutto nel fine”. Esso “implica dei materiali e degli arnesi; può richiedere l’intervento di tutte le funzioni fisiche e mentali e per conseguenza contribuisce innanzitutto a favorire le varie funzioni fisiologiche: respirazione, circolazione, digestione, traspirazione. Esso è dunque un fattore importante nella conservazione della buona salute. Ma quando esso rende necessaria l’attenzione, la riflessione, la precisione, il ragionamento la logica, quando esso richiede l’adattamento dello sforzo all’arnese, alla macchina, alla materia utilizzata, esso favorisce anche l’accordo tra lo spirito ed il corpo, ed aiuta a far sì che un’anima sana si sviluppi in un corpo sano, a stabilire l’equilibrio totale dell’individuo”192.

Decroly procede distinguendo i lavori manuali in cinque categorie:

- il lavoro che si fa in maniera meccanica, automatica che comprende: lavori meccanici come trasportare oggetti; lavori per i quali è necessaria una preparazione minima come cucire dei bottoni; lavori che richiedono allenamento e imitazione come lavorare a maglia;

- il lavoro manuale che richiede l’intervento di attività mentali più alte e soprattutto più solide,

un’abilità motrice sviluppata, o un prolungato tirocinio e soprattutto un certo grado d’iniziativa

che comprende: lavori che richiedono attenzione costante senza l’uso di utensili come lavare e stirare; lavori con strumenti o macchine come cucire; lavori con utensili delicati come la meccanica di precisione, lavori di orologeria o gioielleria;

- il lavoro manuale qualificato in cui si distinguono i lavori che non necessitano di cognizioni matematiche come la fabbricazione di oggetti e quelli che invece le richiedono insieme alla capacità di guidare collaboratori come il capo officina;

- il lavoro manuale d’arte;

- il lavoro manuale e trattamento delle malattie mentali e nervose in quanto secondo l’autore il lavoro manuale costituisce uno dei mezzi più efficaci per curare le persone che sono colpite da disordini mentali e nervosi.

Per quanto riguarda quest’ultima categoria citata è importante ricordare che l’autore, avendo iniziato il suo percorso di educatore con fanciulli “difficili o tardivi” esplicita l’importanza che il lavoro può rivestire proprio per queste persone ma non manca di elencare alcuni consigli utili per portare avanti un buon programma con la maggior parte dei fanciulli. Egli suggerisce di prediligere i lavori utili, in particolare il giardinaggio, l’allevamento, la cucina, la fabbricazione di giocattoli e la tessiture. I lavori più complessi

190 F. De Bartolomeis, op. cit., 1953, p. 123.

191 O. Decroly, G. Boon G., Vers l’ècole rénovée, 1921; traduzione italiana a cura di M. Valeri , Verso la scuola rinnovata - una prima tappa, La Nuova Italia, Firenze, 1953, p. 37.

come la rilegatura, il cartonaggio e la falegnameria possono essere aggiunti gradualmente in particolare durante l’inverno o nei giorni di cattivo tempo. E’ importante riconoscere responsabilità agli allievi e concedere loro libertà e iniziativa sempre procedendo per gradi e tenendo conto della loro età e del loro carattere.

Alla luce di questa analisi del pensiero decrolyano viene spontaneo definire il pedagogista belga un vero e proprio riformatore in quanto sostenitore convinto e attivo di un’educazione che sia in primis “liberatrice”. Egli focalizza l’attenzione sulla singolarità del fanciullo e sulla necessità di intraprendere nella scuola percorsi individualizzati che stimolino la curiosità dell’allievo e, soprattutto, che sviluppino non solo la dimensione intellettuale dell’apprendimento ma anche quella psico-sociale. La pedagogia decrolyana sottolinea inoltre l’esigenza di non fossilizzarsi su metodi prestabiliti ma di adeguarli progressivamente ai mutamenti della società, alle conquiste della scienza e quindi ai cambiamenti che coinvolgono la popolazione scolastica. Decroly, inoltre, valorizza le occupazioni pratiche in quanto stimolatrici di iniziativa e creatività. E’ in quest’ottica che egli sostiene la necessità di rivisitare la definizione di aula scolastica. Partendo, infatti, dal presupposto che il fanciullo necessita di essere continuamente stimolato nello svolgimento delle sue attività, sia pratiche che intellettuali, egli propone di spalancare le porte dell’aula al fine di permettere al mondo esterno di essere in costante comunicazione con la classe. Il superamento di una visione statica e formale della vita scolastica sostenuto da Decroly è, come emergerà, uno dei principi cardine del laboratorio poiché garantisce al fanciullo apprendimento attivo e libertà di espressione.

Outline

Documenti correlati