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OSSERVAZIONE VERIFICA

2. Il laboratorio come risorsa didattica (Daniela Frison)

2.1. Fondamenti storico-epistemologici: il laboratorio nella cultura pedagogica del Novecento

2.1.3. Le tecniche educative di Célestin Freinet

Esponente del movimento delle scuole nuove nonché pioniere indiscusso di una didattica singolare e alternativa, Cèlestin Freinet165 viene riconosciuto quale fondatore dell’École Moderne Française. Il maestro

francese, infatti, innesca, a partire dal suo piccolo paese situato sulle Alpi Marittime, Bar sur Loup, un processo di rinnovamento e rimodernamento dell’istituzione scolastica che, tra critiche e approvazioni, sfocia nella cosiddetta “École Freinet” di cui Vence, in Costa Azzurra, è il primo nucleo esemplificativo.

La pedagogia di Freinet mira, in particolar modo, ad un adeguamento della scuola e della didattica alle nuove esigenze manifestate dalla società di fine Ottocento. La questione, affrontata da tutti gli esponenti delle scuole nuove, è imperniata sui mutamenti socio-culturali che connotano l’epoca in cui l’autore vive ed opera: il progresso tecnico e, maggiormente cruciale per Freinet, la costante ascesa delle classi popolari e l’estensione della democrazia. In questo contesto si rivela dirompente la necessità di una scuola nuova, poiché “la vita stessa è ogni giorno nuova” e la scuola “deve adattarvisi non da una generazione all’altra, ma ogni anno, ogni giorno” dal momento che “l’educazione è l’adattamento all’ambiente dell’individuo che ascende verso l’efficienza del suo essere”166.

L’istituzione scolastica deve preparare il fanciullo per una società armonica ed equilibrata e perciò la

pedagogia popolare di Freinet mira a soddisfare le più profonde aspirazioni di un popolo che inizia

cautamente ad avanzare le proprie pretese di riconoscimento e dignità. Egli affronta con estrema consapevolezza il rapporto scuola-società, aspetto che lo accomuna strettamente a Dewey. Per entrambi,

164 Ivi, p. 406.

165 Principali opere di Célestin Freinet (Gars, Mentone, 1896 – Vence, 1966): La scuola moderna (1946); L’educazione del lavoro

(1947); Nascita di una pedagogia popolare (1949); L’apprendimento della lingua secondo il metodo naturale (postumo 1968).

166 C. Freinet, L’école moderne française, 1946; traduzione italiana a cura di G. Tamagnini e G. La Marca, La scuola moderna,

infatti, la scuola deve fornire al bambino gli strumenti indispensabili per vivere in società e deve inoltre creare un canale di collegamento con la realtà quotidiana in cui l’allievo vive e si sperimenta. Le concezioni pedagogiche di Freinet, inoltre, “partono dal basso”: egli è, infatti, fermamente convinto che, per garantire un concreto rimodernamento dell’istituzione scolastica e un reale collegamento scuola-società, sia necessario puntare l’attenzione, non sui nuclei direttivi, bensì sugli insegnanti, coloro che fanno scuola e sono a contatto diretto e quotidiano con gli allievi.

Secondo le parole di Freinet “gli educatori debbono senza più indugio prendere coscienza di questo riadattamento, operare lo sforzo di ringiovanimento che s’impone, mettersi arditamente in ascolto della vita nuova, adattarsi a questa vita, al suo spirito, alle sue tecniche, ai suoi obblighi”167. La scuola, per essere

realmente un’istituzione integrata al mondo umano e sociale, deve ideare e seguire metodi e tecniche che non siano in contrasto con la dimensione socio-ambientale in cui gli allievi sono inseriti.

Il rinnovamento scolastico portato avanti dagli educatori è stato dunque pensato da Freinet, in favore della società proletaria e in funzione di quell’intimo rapporto che lega l’alunno al suo ambiente di provenienza. La scuola da lui ideata è infatti incentrata sul fanciullo e non sulla materia da insegnare e sui programmi come invece è sempre avvenuto nella scuola tradizionale. Accanto all’allievo, la figura cardine del nuovo sistema scolastico proposto e sostenuto da Freinet è, come si è detto, l’educatore che deve assolutamente promuovere e difendere questa centralità del discente nel processo di apprendimento: “La scuola di domani sarà accentrata sul fanciullo, membro della comunità. Dai suoi bisogni essenziali, in funzione dei bisogni della società alla quale appartiene, deriveranno le tecniche da usare, le materie d’insegnamento, il sistema di acquisizione, le modalità dell’educazione”168. E’ dunque fondamentale

ricordare sempre che l’apprendimento deve basarsi sull’esperienza personale del bambino e sullo sviluppo delle sue capacità che sono il punto di partenza del processo educativo. Freinet, in particolar modo, tende a sottolineare la rilevanza del termine processo e la necessità che, in ambito educativo, ogni attività avviata, anziché esaurirsi in un ciclo chiuso, trovi in sé la forza per generare dopo ogni fase, una fase successiva ad un livello più elevato. L’autore, infatti, “amava paragonare sé e i suoi collaboratori a degli incorreggibili fanciulli che non sono mai completamente soddisfatti, per i quali le esperienze riuscite non rappresentano che un trampolino per un nuovo salto e non temono di rimettere in discussione ogni giorno le proprie concezioni”4.

Freinet definisce l’educazione innanzitutto come processo di socializzazione mettendo in primo piano l’aspetto dinamico , il passaggio da un punto di partenza ad una meta. L’educando viene riconosciuto, infatti, come fulcro del processo in quanto “persona, individuo concreto; l’educatore deve educare quel particolare bambino che ha un nome, un cognome, che ha quei certi genitori, che vive in quel certo ambiente, che è influenzato da quei certi stimoli, che presenta quelle caratteristiche psicologiche che sono sue e di nessun altro, che ha certe tendenze, certi interessi, in una parola che ha una sua originale individualità”5. La meta del

processo educativo è invece l’uomo educato, ben inserito nella società del suo tempo, capace di operare attivamente e collaborare con gli altri nel contesto sociale in cui vive. Questo fine ultimo è raggiungibile solo mediante un insegnamento individualizzato che presti concretamente attenzione alle peculiarità dell’individuo evitando di negarle per permettere la semplice trasmissione di contenuti piatti e uniformi. Individualizzare il lavoro significa consentire all’allievo di scegliere l’attività che preferisce, che sente maggiormente consona alle proprie capacità e attitudini. “Si tratta di dare a tutti la possibilità di riuscire, di lavorare con amore e passione, di respirare un’atmosfera positiva e stimolante”6 e il metodo individualizzato

offre al discente la possibilità “di lavorare secondo le sue forze, secondo il suo ritmo, in un gruppo di coetanei interagenti. L’esigenza di una motivazione del lavoro scolastico evidenzia la caratteristica sociale del lavoro stesso: il ragazzo vuole conoscere il fine della propria attività”7. L’insegnamento differenziato

consente all’allievo di vedere riflessa nel lavoro la propria personalità e di avvertirlo così più vicino a se stesso stimolando in tal modo la motivazione a proseguire e ad impegnarsi per raggiungere un obiettivo. Secondo l’autore, infatti, ogni individuo è dotato di un “potenziale massimo di vita” che lo spinge incessantemente a perfezionarsi, a crescere e questa “potenza vitale” è profondamente influenzata dalle condizioni ambientali.

167 Ivi, p. 7. 168 Ivi, p. 12.

4 R. Eynard, C. Freinet e le tecniche cooperativistiche, Roma, Armando, 1968, p. 31.

5 G. Tamagnini (a cura di), Didattica operativa. Le tecniche Freinet in Italia, Frontale, Movimento di Cooperazione Educativa, 1965,

p. 10.

6 R. Eynard, op. cit., 1968, p. 41. 7 Ivi, p. 42.

Freinet cerca dunque un escamotage per ovviare a quello che lui stesso definisce il grande dramma

dell’educazione ossia la profonda distanza fra l’interiorità del discente, il suo bisogno di vivere in armonia ed

equilibrio con l’ambiente che lo circonda e il continuo modificarsi dell’ambiente esterno che rende complesso qualsiasi tentativo di adattamento. Il rapporto individuo – ambiente è talmente rilevante per Freinet da indurlo a paragonare il bambino ad un chicco di grano: solo se l’ambiente in cui si trova gli garantisce i principi essenziali per la sua alimentazione, gli assicura un’atmosfera serena, permeata di luce e di affetto allora crescerà con la massima potenza vitale possibile. Anche Freinet, come Dewey, dedica una particolare attenzione alla dimensione ambientale da cui dipendono, appunto, il sano sviluppo del bambino e la sua capacità di realizzarsi quale cittadino attivo nella società di cui fa parte.

Sintetizzando è possibile ricondurre il pensiero dell’autore a tre aspetti fondamentali: - il sano sviluppo dell’individuo e delle sue facoltà attive e creative;

- la ricchezza dell’ambiente educativo;

- la cura del materiale e delle tecniche che caratterizzano l’ambiente scolastico.

Freinet dedica particolare attenzione a queste tre componenti del processo educativo poiché sono strettamente correlate alla sua concezione di expérience tâtonnée. L’esperienza a tentoni o, più brevemente,

tâtonnement come lui stesso la definisce, consiste nella serie di tentativi che l’individuo compie per

soddisfare i propri bisogni, secondo un procedimento che si avvicina molto all’apprendimento per prove ed errori. Il processo che all’origine è puramente meccanico, vede intervenire ad un certo momento l’intelligenza che consente all’individuo di fare tesoro delle esperienze precedenti e di dare così un senso e una direzione al tâtonnement. Freinet sottolinea, a tale proposito, che, seppure l’esperienza per tentativi sia un processo di apprendimento strettamente personale, il fanciullo non può essere lasciato solo, abbandonato a se stesso e ai propri errori; egli ha bisogno di una guida che gli impedisca di ricadere costantemente negli stessi intoppi, ripercorrendo strade già percorse da altri con gli stessi rischi di errore. Per evitare ciò è necessario però un intervento che non sia assolutamente autoritario ed esterno ma che faccia, invece, parte integrante dell’ambiente in cui il bambino compie le proprie esperienze. Per tale motivo l’ambiente educativo deve offrire all’allievo un’ampia varietà di possibilità e di materiali che concorrano a rendere il processo di apprendimento più rapido e completo. Allo stesso tempo, non devono però mancare quelli che l’autore definisce recours-barrières ossia soccorsi-barriera e che identifica nella famiglia, nella società, nella natura: questi elementi possono fungere da sostegno per il fanciullo nel momento in cui abbia necessità di un punto di riferimento cui appoggiarsi ma devono, al contempo, garantirgli lo spazio sufficiente per muoversi liberamente, sperimentarsi e realizzarsi. Il fine dell’educazione, infatti, “è da rintracciarsi funzionalmente all’interno dell’individuo stesso, e consiste nel lasciare sbocciare la vita, soddisfare il bisogno di potenza vitale secondo linee naturali”8. In una scuola così concepita diventa impossibile e controproducente adottare i metodi tradizionali creati per una situazione artificiale ben diversa dall’ambiente vivo in cui Freinet prospetta l’educazione del fanciullo. L’artificiosità è talmente rigettata dall’autore che egli arriva a criticare il metodo montessoriano poiché troppo centrato su oggetti che dirigono eccessivamente l’esperienza del bambino secondo attività predisposte e definite esclusivamente dall’educatore. Organizzare l’ambiente significa per Freinet “creare le condizioni perché la vita stessa possa manifestarsi in tutto il suo rigoglio”9. Il solo metodo

possibile affinché ciò avvenga è quello naturale che rispetta la libera espansione della potenza vitale in quanto stimola lo sforzo vivo e prepara all’ordine e alla disciplina che sono aspetti essenziali della vita.

Il metodo fondato sul tâtonnement, infatti, oltre a basare l’apprendimento sulle esperienze di vita quotidiana del bambino, consente di “superare il divorzio fra pensiero, esperienza da un lato e meccanicismo dall’altro, per realizzare una vera cultura, in cui il momento formale sia saldamente fondato sul processo di vita e motivato da esso”10. Concretamente il tâtonnement, in un primo periodo, fino ai 4-5 anni, avviene

proprio mediante una presa di contatto con l’ambiente libera e incondizionata che non comporta risultati utili immediati ma rappresenta una sorta di investimento per il futuro del bambino. Successivamente, infatti, egli imparerà ad organizzare le proprie attività sulla base delle esperienze ambientali realizzate e partirà, come dice Freinet, alla conquista del mondo con precisi obiettivi da raggiungere. L’expérience tâtonnée è strettamente correlata al gioco-lavoro, fase che, secondo l’autore, ha inizio nel momento in cui il fanciullo cerca di apportare nell’ambiente modificazioni intenzionali. Il binomio è stato scelto da Freinet per sottolineare l’aspetto creativo, autogratificante e libero, non costrittivo di questa fase di sperimentazione del bambino. Inizialmente consisterà in attività molto semplici condotte in uno spirito non d’imposizione ma di

8 A. Pettini, Celestin Freinet e le sue tecniche, La Nuova Italia, Firenze, 1968, p. 30. 9 Ivi, p. 53.

gioco fino a diventare via via più complesse con uno scopo ben preciso ovviamente misurato sulle possibilità del fanciullo.

Alla luce di quanto detto si evince come per Freinet non esista una netta separazione tra gioco e lavoro, separazione che invece la società moderna tende ad enfatizzare riducendo il lavoro ad un male umano ed esaltando invece il gioco. Per l’autore essi rappresentano due forme diverse di un’unica esigenza: “soddisfare i bisogni vitali e favorire l’adattamento all’ambiente”11.

Questa intersecazione tra lavoro e gioco rende la scuola dell’autore un vero e proprio cantiere in cui i bambini sono impegnati in laboratori le cui attività li coinvolgono “con lo stesso entusiasmo con cui deviano il corso di un ruscello, riempiono uno stagno, acchiappano pesci, costruiscono un fortino”12.

Con i laboratori, infatti, secondo Freinet, si offrono “possibilità di lavoro ai fanciulli e non forme per l’addestramento”; non si devono obbligare “tutti i bambini a passare alternativamente in ciascuno di questi laboratori per un’iniziazione ritenuta indispensabile. E’ raro che un individuo s’interessi ugualmente alle diverse attività manuali e che vi riesca con uguale padronanza. Noi lasceremo il fanciullo scegliere la sua attività nel quadro delle necessità comunitarie, accontentandoci di aiutarlo a riuscire, a procedere con successo verso la padronanza e la potenza”13. Le attività fondamentali che Freinet intende proporre agli

allievi sono, oltre che libere e non imposte, strettamente collegate con le esperienze che il bambino conduce nell’ambiente immediato. Come Dewey, anche l’insegnante francese opta per i lavori tipicamente artigianali quali: lavori agricoli, allevamenti, falegnameria, lavorazione dei metalli, filatura e tessitura, cucito e cucina. Entrambi gli autori, infatti, riconoscono in essi i mestieri che sono alla base del reale progresso umano e la cui pratica consente l’integrazione del fanciullo nel sistema sociale del suo tempo.

Accanto ai “laboratori per il lavoro manuale di base” Freinet colloca altri “laboratori d’attività evoluta socializzata e intellettualizzata destinati all’effettuazione di :

- esplorazione, ricerche, documentazione;

- creazione, espressione e comunicazione grafica; - sperimentazione;

- creazione, espressione e comunicazione artistica”14.

Mediante questa seconda categoria di laboratori vengono rielaborate a livello culturale-formale le esperienze realizzate con le attività manuali di base, permettendo così un’integrazione funzionale tra lavoro e pensiero. Essi incarnano ovviamente, la concezione didattica di Freinet, fondata sull’attività motivata e sulla comunicazione sociale.

In particolare, l’autore ha riconosciuto la rilevanza delle attività espressive come parte integrante del rinnovamento tecnico della classe, in quanto attività che consentono al fanciullo di manifestare se stesso attraverso il disegno, la pittura, la musica. Freinet ha attribuito a queste modalità di comunicazione un valore pari a quello dei linguaggi fonico-verbali, in quanto egli è “tutto teso alla ricerca di tecniche che riescano a liberare i sentimenti dei bambini e a rendere le loro opere personali e significative; anche le attività espressive sono liberatrici e il bambino inconsciamente le adopera come tali, esprimendo attraverso i segni, i suoni, e i movimenti i suoi interessi e i suoi bisogni”.15

Il fanciullo nell’espressione figurativa e plastica utilizza modalità comunicative creative che rivelano da un lato i suoi interessi e il suo adeguamento al mondo che lo circonda e, dall’altro, la sua disponibilità a dialogare con questo stesso mondo dandone una chiave di lettura estremamente personale. A tale proposito, Dewey definendo l’arte dice “l’arte non è natura, ma è natura trasformata dall’entrare in nuove relazioni in cui evoca una nuova reazione emotiva”16.

Per favorire questa libertà di comunicazione nel bambino, Freinet realizza un vero e proprio atelier attrezzato, nel quale gli allievi possano dipingere a loro agio, individualmente o in gruppo. Ciò che conta, infatti, per l’autore è il profondo rispetto verso l’attività creativa di ognuno e il suo modo di interpretare la realtà che lo circonda. E’ per questo che le pareti dell’atelier sono rivestite di pannelli dipinti a colori vivaci che riportano soggetti più diversi, talvolta rappresentati in forma rudimentale, ma pieni di vita e di movimento. L’importanza della spontaneità e della genuinità dei prodotti artistici dei bambini sono un punto

11 Ivi, p. 43. 12 Ivi, p. 49.

13 C. Freinet, op. cit., 1963, p. 77-78. 14 A. Pettini, op. cit., 1968, p. 50-51. 15 R. Eynard, op. cit., 1968, p. 136.

16 J. Dewey, Art as experience, edizione a cura di Minton, Balch & Co., New York, 1934; traduzione italiana a cura di Maltese C., L’arte come esperienza, La Nuova Italia, Firenze, 1967, p. 95.

fermo da cui Freinet assolutamente non può prescindere e questo vale non solo per il disegno ma anche per tutte le altre attività espressive, dal canto alla drammatizzazione, dal modellaggio alla danza.

Ovviamente ciò non significa piena libertà del bambino e completa assenza del maestro. La presenza dell’insegnante è necessaria per evitare di cadere in uno spontaneismo acritico e per stimolare la creatività del fanciullo. L’intervento dell’adulto consisterà, ad esempio, nel mettere a disposizione del bambino materiali adatti quali pennelli e colori, e, soprattutto, nel guidarlo a scoprire particolari originali di un disegno che potranno essere sviluppati in vista della conquista di uno stile tutto personale. Soprattutto nella fase più delicata della pittura infantile, quella in cui il fanciullo rivolge il suo interesse verso il mondo esterno e tenta di dipingere ciò che vede, il ruolo del maestro è indispensabile. Egli deve evitare che il bambino scada in una banale e piatta riproduzione dal vero, deve guidarlo a interpretare la realtà, a riviverla e ad esprimerla originalmente.

La pittura libera reca, quindi, all’allievo grandi vantaggi educativi: non solo è un potente mezzo di comunicazione ma è anche un mezzo efficace di conoscenza della psicologia infantile; in un disegno realizzato in piena libertà si esprime tutto il fanciullo, il suo carattere, il suo ambiente di provenienza, le sue relazioni familiari. La pittura inoltre sviluppa la capacità di esprimersi, di guardarsi dentro ed esternare il proprio mondo interiore e quindi di espandere la propria personalità.

L’attenzione riconosciuta alla capacità espressive del bambino costituisce “un aspetto di quel generale processo di rivalutazione dell’infanzia e delle sue possibilità che caratterizza l’educazione nuova. Nelle scuole che praticano le tecniche Freinet, i bambini pitturano, disegnano, incidono, inventano poesie e canti, rendendo così possibile ad un numero considerevole di persone l’accesso a certe attività cui troppi esseri umani, finora, sono stati tenuti lontani”17.

In particolare, le attività che connotano di novità il percorso scolastico ideato da Freinet e che rendono possibile la realizzazione di una pedagogia moderna ed efficiente sono senza dubbio il testo libero, la tipografia scolastica, la corrispondenza e gli schedari. L’autore colloca questi percorsi didattici nell’ambito di quelle che egli tiene a definire tecniche educative piuttosto che metodi e che costituiscono “l’insieme degli strumenti materiali e dei procedimenti didattici che possono aiutare il bambino nel suo processo di formazione”18.

Le tecniche di Freinet sono suscettibili di modificarsi e di arricchirsi al contrario del metodo che, secondo l’autore, sarebbe sinonimo di immobilismo e staticità in quanto predisposto dal suo conduttore. E’ invece irrinunciabile la dinamicità, la capacità di migliorarsi, di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente e della società senza fossilizzarsi in forme prestabilite. Altro aspetto fondamentale delle tecniche Freinet è la loro consequenzialità: ognuna di esse prende avvio dalla vita della classe e dal mondo concreto dei bambini che la compongono per poi scaturire una in conseguenza all’altra permettendo così uno sviluppo necessario della tecnica precedente e un filo logico costante che garantisce al bambino esperienze continuative e mai scisse le une dalle altre.

Il testo libero, ad esempio, celebre tecnica sviluppata da Freinet nelle sue classi, trae origine proprio dal mondo individuale degli allievi: il bambino comunica il suo pensiero alla comunità-classe che ascolta attenta, valuta, sceglie innescando così un processo di socializzazione che conduce il fanciullo ad acquisire piena consapevolezza del suo stesso mondo che prima gli appariva immediato e scontato e su cui invece il processo educativo lo conduce a riflettere. “Un testo libero è”, infatti “un testo che il bambino scrive liberamente quando ha desiderio di scriverlo, e secondo il soggetto che lo ispira; è in sostanza l’espressione libera del bambino rispecchiante un interesse in atto relativo alla sua vita e ai suoi rapporti con l’ambiente”19. Molto

spesso il testo libero nasce da una conversazione introdotta in classe e relativa ad una lettura, una passeggiata, un’attività realizzata rispetto alle quali il bambino sente di dover comunicare qualcosa. Questa tecnica consente, quindi, di ottenere ottimi risultati sul piano espressivo ma anche sul piano sociale e umano.

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