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PARTE TERZA L’ambito socio-sanitario

5. L’assistenza psichiatrica e le istituzioni manicomiali: cenni storici e legislativi (Daniela Baraldo)

5.4. Le fasi evolutive della legislazione psichiatrica in Italia nel Novecento

5.4.6. La proposta di legge Burani Procaccini n

Una nuova proposta di legge in tema di prevenzione e cura delle malattie mentali, è stata presentata “nella seduta del 19 settembre 2001 della XII Commissione Sanità della Camera”532, dall’onorevole Maria

Burani Procaccini.

Si apprende dai verbali “che tale proposta intende modificare la legge 180 del 1978, e quindi ricalca i numerosi progetti di revisione presentati nel corso delle precedenti legislature.”533

La Burani Procaccini presenta nella sua proposta di legge quattro obiettivi:

“1) superare il paradigma psico-sociogenetico della malattia mentale e le vuote dispute ideologiche sulla malattia mentale e sull’uso politico che della stessa si è fatto;

2) eliminare lo squilibrio fra l’inerzia legislativa ed organizzativa di alcune regioni e l’attività di altre che hanno determinato un’assistenza a macchia di leopardo. [...].

3) andare oltre le lacune normative ed attuative che hanno impedito alla 180 di utilizzare i progressi clinici, terapeutici e farmacologici che il panorama scientifico - culturale attuale offre;

4) attuare più forti “gradi di obbligatorietà” delle cure, anche attraverso il potenziamento dello strumento del T.S.O. [...]”.534

La proposta avanzata dalla Burani Procaccini affida ai Centri di Salute Mentale alcuni compiti tra i quali: “la cura del malato al suo domicilio, l’attribuzione di una attività lavorativa al malato che sia compatibile con le sue possibilità, l’assicurazione di una attività di day-hospital adeguata, la garanzia della presenza di strutture che assicurino al malato attività lavorative, ricreative e attività fisica “per almeno quattro ore al giorno.”535

Si ritiene utile e attuabile il primo compito “solo nel caso in cui tutte le parti siano consenzienti. […] In questi casi la 180 è chiara: a richiesta dell’autorità sanitaria possono essere disposti accertamenti sanitari obbligatori ovunque sia il paziente [e solo] nel caso in cui l’autorità sanitaria accerti l’esistenza di alterazioni psichiatriche […] può essere disposto il T.S.O.”.536

528 Ivi, p. 44. 529 Ibidem. 530 Ivi, p. 45.

531 G. Dall’Acqua, ... quando i matti avranno meno voce saranno tutti cittadini a essere ridotti al silenzio, in “Fogli di informazione”,

anno XXIX, n. 190, maggio-agosto 2001, p. 57.

532 E. Pascal, Follia/delirio e la legge 180, in “Animazione Sociale”, anno XXXII, n. 1, gennaio 2002, p. 10. 533 Ibidem.

534 M. Burani Procaccini, Progetto di Legge Burani Procaccini, in “Reverie”, anno 4°, n. 2, marzo 2002, p. 3. 535 Ivi, p. 7.

Nella proposta di legge “sparisce l’Accertamento Sanitario Obbligatorio”537 perché viene previsto il

T.S.O. che può essere di urgenza e richiesto da chiunque ne abbia interesse, oppure può consistere in visite mediche a domicilio.

Invece a questo riguardo la 180 “fissa un solo tipo di trattamento sanitario obbligatorio: quello in cui l’autorità sanitaria accerti alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici e se gli stessi non vengono accettati dall’infermo”.538

La legge 180, poi, prevede “un solo luogo deputato: la degenza ospedaliera in strutture pubbliche o convenzionate […]”.539

Si constata quindi, secondo il progetto di legge Burani Procaccini, l’inutilità di provare la pericolosità del malato per disporre il T.S.O. perché risulta sufficiente la certificazione dell’esistenza di alterazioni psichiche tali da giustificare un tale intervento senza il consenso dell’infermo.

Si reputa molto importante sottolineare l’inutilità di provare la pericolosità del malato perché così si evita la mobilitazione delle forze dell’ordine che provocherebbero maggior allarmismo nel paziente.

Invece la legge 180 “pone sotto la competenza delle autorità sanitarie questa valutazione e la stacca da quella della Polizia di Stato, facilitando di fatto le procedure del ricovero coatto”540 e, soprattutto, viene

rispettata la persona che in quel momento necessita di cure mediche.

Quanto al secondo compito, l’attribuzione di un’attività lavorativa al malato che sia compatibile con le sue possibilità, si evidenzia il fatto che la legge italiana sancisce il diritto alla cura, e “non il diritto/obbligo al lavoro mentre si è malati in cura”541, nonché il principio secondo il quale il malato è esonerato dal lavoro per

la durata della malattia e anche per un periodo successivo cosiddetto di convalescenza. Questo secondo compito non è in contraddizione solo con i principi di legge ma anche con quanto affermato nella medesima relazione dell’onorevole Burani Procaccini quando auspica “il superamento del paradigma psico- sociogenetico della malattia mentale”542 per realizzare il quale, fra l’altro, “occorre restituire autenticamente

la dignità ai malati mentali”543 riconoscendoli “come tali, come malati e, conseguentemente, provvedere a curarli”.544

In riferimento al terzo compito, assicurare una attività di day-hospital adeguata, questa proposta di legge farebbe sparire i Centri Diurni che verrebbero sostituiti con i Day-Hospital.

Sorge spontaneo interrogarsi sulla reale possibilità che all’interno di strutture quali Day-Hospital possano realmente svolgersi attività ricreative, lavorative ed educative, invece che attività principalmente “terapeutiche ad alta intensità di intervento medico, farmacologico, psicologico, psicoterapeutico”.545

Quanto al quarto compito, garantire la presenza di strutture che assicurino al malato attività lavorative, ricreative e di attività fisica “per almeno quattro ore al giorno”,546 sembra strano come, nella proposta di

legge si parli di riconoscimento dello status di malato al paziente e di diritto alla cura e, d’altra parte, si insista tanto sull’importanza di attuare interventi di tipo socio-riabilitativo fino ad arrivare ad indicarne il numero di ore obbligatorio.

Si riterrebbe più opportuno indicare alcune ore minime di terapia di tipo medico-psichiatrico, psicologico e terapeutico, di creatività ed espressione necessarie affinché la struttura possa essere considerata educativa e terapeutica e non assistenziale.

A questo punto sorge spontaneo chiedersi “che tipo di giornata è mai quella del “malato di mente”. La sua vita in Comunità e/o nella Struttura Residenziale Assistita è scandita da attività e tempi che poco si riferiscono alla terapia necessaria ad un vero malato: almeno quattro ore devono essere dedicate ad attività lavorative, ricreative e di attività fisica; altre quattro ore giornaliere alla libera uscita nonché permessi prolungati […]. Otto ore al giorno che sommate alle ore per i pasti e per la cura personale esauriscono tutto il tempo della giornata e tutte le energie di una persona che, per postulato di questa proposta di legge, deve essere considerato vero malato.”547

537 Ivi, p. 9. 538 Ibidem. 539 Ibidem.

540 M. Burani Procaccini, Progetto di Legge Burani Procaccini, in “Reverie”, anno 4°, n. 2, marzo 2002, p. 6. 541 Ivi, p. 7. 542 Ibidem. 543 Ibidem. 544 Ibidem. 545 Ibidem. 546 Ibidem.

Alla luce di quanto sopra evidenziato, alcuni commentatori evidenziano come questa proposta di legge “introduce nuovi valori e propone un nuovo sistema che smantella completamente l’attuale; spariscono i diritti fondamentali affermati nelle leggi vigenti e l’utente dei servizi psichiatrici viene declassato a malato di mente la cui condizione risulta essere permanente, irrecuperabile e fortemente invalidante al punto di considerare inutile qualsiasi intervento riabilitativo, e di inserimento e di richiedere controllo, contenzione ed emarginazione dal contesto familiare.” 548

Si pensa di attuare questo sistema tramite un uso indiscriminato del T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio) che “può essere richiesto da chiunque ne abbia interesse, creando il rischio di essere finalizzato all’inserimento nelle strutture cosiddette protette (mini-manicomi) che la legge prevede diffuse sul territorio, in un numero di posti corrispondenti ad almeno 80 ogni 100.000 abitanti e con un numero di ospiti al loro interno fino a 50.”549

In questo modo si rischia di proporre ancora strutture manicomiali, “disconoscendo il diritto di cittadinanza, il diritto alla salute, alla riabilitazione, al reinserimento sociale, il diritto di formare ed appartenere ad una famiglia, il diritto alla casa e alla solidarietà sociale, il diritto al lavoro e alla sua retribuzione.”550

In quest’ipotesi di legge “diminuiscono le garanzie per il cittadino in caso di Trattamento Sanitario Obbligatorio: spariscono le figure del Sindaco e del Giudice Tutelare che vengono sostituite da commissioni con un poco chiaro mandato e una scarsa valenza istituzionale.”551

Viene inoltre previsto “il T.S.O. domiciliare, quello ospedaliero e, infine, quello in comunità”552 ma, ci

si interroga su come sia possibile il T. S. O. in queste tre strutture così diverse.

La legge 180 “su questo argomento è più chiara: distingue fra “accertamenti” e “trattamenti” ed individua, distinguendoli per tipologia di intervento e collocazione, da un lato i luoghi ove devono essere fatti i trattamenti sanitari e dall’altro i luoghi di cura. E li tiene ben separati concettualmente.”553

Viene riproposto in questo progetto di legge il concetto di pericolosità “che non tiene conto delle acquisizioni fatte con la Legge 180 che ha reiscritto il paziente psichiatrico nella sanità, sottraendolo al circuito “giudiziario”.”554

Ritengo importante non dimenticare la centralità della figura del malato: il malato ha dei diritti tra i quali, primo fra tutti, quello di ricevere una cura, non una provvisoria contenzione, e un trattamento in qualità di persona e non di “alienato”.

In conclusione considerando l’inutilità di provare la pericolosità del malato che evita l’intervento delle forze dell’ordine ma che fonda l’intervento terapeutico su una certificazione dell’esistenza di alterazioni psichiche, comprendo che nel progetto di legge il soggetto protagonista sembra non essere considerato come parte in causa.

Concordo pertanto con chi coglie in questa proposta di legge il pericolo di rendere la condizione della persona con problemi psichiatrici come una condizione permanente, irrecuperabile e invalidante, dove la finalità della riabilitazione sembra non trovare posto.

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