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Il lavoro d’équipe e la sua attività sul territorio

PARTE TERZA L’ambito socio-sanitario

LA VITA QUOTIDIANA

6.2.4. Il lavoro d’équipe e la sua attività sul territorio

Inizialmente il gruppo di specialisti che lavorava all’interno dell’Istituto era composto solamente dal neuropsichiatra infantile, dall’ortopedagogista (che erano rispettivamente il direttore e la Superiora del Centro), e dall’assistente sociale.569

Dalla fine degli anni ’60 il gruppo, però, si va allargando grazie all’assunzione di nuove figure professionali, necessarie per qualificare sempre più il lavoro che si svolgeva nel Servizio.

Si andò costituendo in questo modo un’équipe formata da un Direttore specialista in Neurologia e Neuropsichiatria Infantile; uno psicologo;570 un’ortopedagogista; un’assistente sociale; una testista.571 Il

Direttore Neuropsichiatra Infantile aveva il ruolo di capo équipe ed aveva pertanto la responsabilità di impostare e di guidare tutto il lavoro.

Le competenze specifiche dei professionisti nel lavoro collegiale erano, naturalmente, quelle relative alla specializzazione di ciascuno.

Il neuropsichiatria e lo psicologo, ad esempio, si dividevano gli incarichi di guidare direttamente le terapie della riabilitazione e di condurre i trattamenti psicoterapeutici ai fanciulli, mentre l’ortopedagogista, che era l’educatore capo, coordinava e controllava l’opera di tutti gli insegnanti della scuola e gli educatori del tempo libero, fungendo da tramite fra loro e l’équipe.

Il lavoro collegiale dell’équipe che si svolgeva nell’Istituto può essere così brevemente riassunto: Esame dei singoli casi in modo sistematico per redigere i binari ortopedagogici, in ogni occasione in cui fosse stato necessario per un cambiamento improvviso della condotta e dell’apprendimento;

Impostazione del trattamento che sempre conseguiva all’esame del caso individuale e che abbracciava tutte le dimensioni della personalità e tutte le tecniche correttive: trattamento ortopedagogico, tecniche

567 Nell’anno scolastico 1975-76 erano seguiti 26 ragazzi dimessi.

568 Luciano Andreani (psicologo dell’I.M.P.P.), Relazione sull’attività svolta nell’I.M.P.P. di Cusighe. Nuove esperienze, prospettive, proposte, 24.2.76.

569 Mancavano i due Medici Assistenti, previsti dal regolamento, in quanto a Belluno non si reperiva personale con il tipo di

specializzazione richiesta.

570 Il primo psicologo fu assunto nel 1969.

571 La testista fu assunta nell’aprile del 1973, doveva svolgere i colloqui con insegnanti, Direttori Didattici e familiari, e applicare le

didattiche, della riabilitazione della psicomotricità e del linguaggio, psicoterapiche, farmacoterapiche e trattamento della famiglia:

Direzione collegiale con particolare riguardo alle ammissioni e dimissioni dei soggetti in rapporto alla loro ricuperabilità potenziale e all’avvenuto o fallito processo di recupero;

Al di là di questi compiti, però, il lavoro dell’équipe si traduceva in molti interventi e contatti, ed era presente nell’attività quotidiana di tutti gli operatori. I settori d’intervento erano la scuola, il lavoro, il tempo libero, la riabilitazione, il servizio sociale e quello sanitario.

Per assicurare il funzionamento sistematico dell’Istituto di Cusighe erano previsti vari tipi di riunioni o sedute di lavoro, a diversi livelli e con differente periodicità.

Le sedute d’équipe erano effettuate tutte le settimane. Stabiliti i casi in esame esse venivano preparate dalle relazioni provenienti da tutti i settori e dal lavoro individuale di ogni professionista. Vi partecipavano, quindi, solo il direttore neuropsichiatria, lo psicologo, l’ortopedagogista e l’assistente sociale.

A queste sedute d’équipe facevano seguito quelle d’impostazione del trattamento. Le prime potevano essere:572

Ortopedagogica (settimanali): con il direttore neuropsichiatria infantile, l’ortopedagogista e l’insegnante ortofrenica, che servivano per illustrare e concordare nei dettagli il trattamento stabilito;

Con le assistenti educatrici (settimanale): con l’ortopedagogista e le assistenti educatrici; Della psicoterapia (frequenza irregolare): con lo psicologo e le educatrici incaricate; Della terapia del linguaggio: col neuropsichiatra e l’ortofonista;

Della terapia psicomotoria: col neuropsichiatra e la terapista della psicomotricità; Del Servizio Sociale: con lo psicologo e l’assistente sociale.

Dal 1963, anno in cui fu aperto l’Istituto, l’attività di dépistage573 nelle scuole della Provincia di Belluno

fu svolta prevalentemente dall’équipe organizzata e dipendente dall’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Questo gruppo era formato dal neuropsichiatra infantile, dall’assistente sociale, dallo psicologo e, negli ultimi anni, anche dal pedagogista,574 il quale si occupava di curare tutto il rapporto con la scuola.

Inizialmente lo staff dell’Istituto Medico Psico-Pedagogico, invece, a seconda del tempo e del personale a disposizione, effettuava questo lavoro sul territorio in modo sporadico, privilegiando le visite ambulatoriali presso la sede del Servizio.

A decorrere dalla fine degli anni ’70, però, attraverso la stesura di convenzioni con il Provveditorato agli Studi di Belluno, l’attività svolta dall’équipe provinciale si regolarizzò e si consolidò.

Il rapporto fra le due équipe era di collaborazione e ad ognuna furono assegnate le seguenti zone operative della Provincia di Belluno:

All’Amministrazione Provinciale la parte nord, comprendente Belluno, Zoldano, Longarone, Ponte nelle Alpi, Alpago, Sinistra Piave (fino a Lentiai), Agordino, Cadore (Cortina d’Ampezzo e Comelico comprese).

All’O.N.M.I. la parte sud, comprendente Sedico, S. Giustina, S. Gregorio nelle Alpi, Cesiomaggiore, Feltre, Pedavena, Seren del Grappa, Fonzaso, Arsié, Sovramonte, Lamon, Quero, Vas, Alano di Piave.

A causa della grande mole di lavoro e del bisogno di personale specializzato per svolgerlo nel modo più qualificato possibile, la Provincia stipulò nei primi anni ’70, su proposta del Direttore dell’I.M.P.P, una convenzione con la scuola di specializzazione in psicologia della Facoltà di Medicina dell’Università Statale di Milano, diretta dal professor Cesa-Bianchi ed il professor Maderna.

L’équipe dell’Istituto collaborò per alcuni anni con gli specialisti dell’Università di Milano, studiando una vasta popolazione scolastica, che presentava turbe dell’apprendimento e della personalità, della provincia di Belluno.

Dopo la soppressione dell’O.N.M.I, avvenuta con la legge n.698 del 23 dicembre 1975, le competenze assistenziali di questo ente vennero inizialmente assunte dalla Provincia e lo staff dell’I.M.P.P. iniziò, quindi, ad essere operativo su tutto il territorio bellunese.

Nel 1972, in virtù del Decreto Ministeriale del 18 luglio 1972 n.5275 di protocollo, l’Amministrazione Provinciale stipulò una nuova convenzione con il Provveditorato agli Studi per la consulenza medico-psico- pedagogica agli alunni della scuola elementare nell’ambito di vari Comuni della Provincia di Belluno, al fine di fornire tutti gli interventi idonei al reperimento ed al recupero dei fanciulli che necessitassero di trattamenti pedagogici differenziati.

572 Dott. E. Azzalini, Relazione tecnico sanitaria dell’Istituto Medico Psico-Pedagogico provinciale, 21.6.72.

573 Questo termine veniva usato negli anni ‘60-’70 per indicare il lavoro di reperimento degli alunni da avviare alle scuole speciali o

classi differenziali.

Lo scopo principale che l’équipe provinciale perseguì nell’attività svolta nell’anno scolastico 1972-73 nelle scuole elementari, secondo la suddetta convenzione, non fu più di dépistage, come negli anni precedenti, ma di aiutare gli insegnanti, i Direttori Didattici, i medici scolastici, dove questi erano presenti. Questa équipe si integrò con loro collaborando per risolvere, nell’ambito della scuola, i problemi dei bambini che presentavano alterazioni dal punto di vista intellettivo, del carattere o comportamentale.

Le segnalazioni o le richieste d’intervento avvenivano per mezzo di schede compilate dagli insegnanti e successivamente, tramite i Direttori Didattici, inviate all’équipe.

Le schede, che ricalcavano pressappoco tutti gli altri tipi di schede usati dall’équipe delle altre province, riassumevano sinteticamente il motivo della segnalazione, il carattere ed il comportamento del bambino, il livello d’apprendimento, la memoria, l’affettività, ecc.

Le sedute preliminari del gruppo di lavoro erano numerose, soprattutto inizialmente, anche perché alcuni specialisti erano nuovi a questa esperienza. In queste si sceglieva e metteva a punto le tecniche medico- psico-pedagogiche di esame, per studiare, elaborare e preparare tutti gli esami, i questionari d’intervista, le schede ed i diversi periodi di lavoro.

L’équipe poi doveva esaminare tutti i dati sanitari raccolti dai medici scolastici, tutti quelli forniti dalla scheda di segnalazione degli insegnanti e quelli dell’inchiesta socio-economico-familiare raccolti dalle assistenti sociali.575

I bambini venivano sottoposti ad una visita neurologica e ad intervista psicologica individuale.

Dopodiché veniva stilata la sintesi del profilo di ogni bambino che veniva presentata, durante le sedute, ai direttori didattici ed agli insegnanti. Ai genitori, invece, consegnavano solo un giudizio sintetico.

I numerosi casi esaminati negli anni ’70 dall’équipe hanno evidenziato una patologia pedo-psichiatrica abbastanza comune alle altre Province576: insufficienze mentali lievi e medie, turbe del carattere e del

comportamento, disturbi del linguaggio, sensoriali e neurologici, ecc. Quello che si rilevò maggiormente nei casi segnalati erano i disadattamenti da carenze affettive, socio-familiari e da mancanza d’informazioni sanitarie.

Spesso risultò che le difficoltà scolastiche erano dovute a deficit sensoriali e neurologici. In questi casi l’équipe poté risolvere queste problematiche suggerendo gli accorgimenti di ordine sanitario necessari.

Di grande rilievo fu la dimensione psicopedagogia dell’équipe, che servì come incoraggiamento e stimolo per gli insegnanti, spesso “abbandonati” nel loro lavoro. Frequentemente il loro intervento ebbe il significato, la funzione ed il carattere di prevenzione e si articolò anche attraverso un impegno d’informazione e d’educazione sanitaria, psicologica e civica dei nuclei familiari.

Dal lavoro svolto dall’équipe sul territorio, il coordinatore rilevò molte piaghe delle nostre vallate, che sosteneva essere alla base dei disadattamenti segnalati, come l’emigrazione, l’arretratezza culturale, lo svantaggio sociale, il bisogno economico, l’alcoolismo, l’isolamento, ed altri.

Dall’analisi e dalla valutazione dei dati emerse, inoltre, riguardo al lato socio-familiare, che, molto spesso, le famiglie non partecipavano o partecipavano assai poco al processo educativo del bambino, quindi v’era la necessità di una sempre maggiore presa di coscienza da parte dei familiari.

Con la visione operativa di progressiva “deistituzionalizzazione”, consolidatasi intorno al 1976, l’équipe del Centro iniziò ad avere maggior spazio per agire sul territorio. Cercò di privilegiare le zone più lontane della provincia, con culture diverse, lasciando accedere al Servizio gli utenti delle zone più vicine.

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