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OSSERVAZIONE VERIFICA

2. Il laboratorio come risorsa didattica (Daniela Frison)

2.1. Fondamenti storico-epistemologici: il laboratorio nella cultura pedagogica del Novecento

2.1.7. La Casa dei Bambini di Maria Montessor

193 La scuola materna di Mompiano, dove le sorelle Agazzi hanno messo in atto un nuovo metodo educativo che ha raccolto vasti

consensi, non è oggetto di trattazione, nonostante la sua peculiarità, poiché l’attenzione delle due educatrici si rivolge esclusivamente ai bambini di età prescolastica.

La formazione medico-scientifica, l’impegno sociale e il lavoro accademico di Maria Montessori194

confluiscono nell’esperimento pedagogico da lei intrapreso nelle Case dei Bambini195, esperienza che segna

un tappa importante nell’educazione moderna e nel movimento delle scuole nuove.

Tra le prime donne medico in Italia, la pedagogista marchigiana, ha successivamente focalizzato la sua attenzione e i suoi studi sull’educazione degli anormali prima, sull’educazione dei fanciulli normali in età prescolastica poi, per passare alla scuola elementare e infine dedicarsi all’ istruzione secondaria e universitaria.

La sua esperienza con i bambini frenastenici, con i quali ha sperimentato i metodi di Itard e Séguin, riveste un’importanza decisiva nella maturazione del suo metodo scientifico poiché parte dal presupposto che l’applicazione dei metodi utilizzati per il recupero dei bambini handicappati con i fanciulli normali avrebbe garantito la libera espressione della loro personalità. La scuola tradizionale, al contrario, costringe i bambini all’immobilità, al silenzio e alla disciplina senza consentire la manifestazione naturale del fanciullo. In un ambiente scolastico radicalmente riorganizzato in modo da permettere agli alunni di muoversi e sperimentarsi sarebbe, invece, possibile, secondo l’educatrice, abbandonare il cammino della costrizione e intraprendere quello della libertà, il solo atto ad un più favorevole e naturale sviluppo della personalità infantile.

La pedagogista “vagheggiava per l’infanzia una scuola senza programmi, senza banchi e senza costrizioni disciplinari, in cui il bambino potesse muoversi a suo agio, secondo il desiderio e la volontà del momento, scegliendo a piacere l’occupazione preferita, con la disponibilità di un materiale didattico ricco e vario, sapientemente disposto ai fini dell’educazione sensoriale”196.

Secondo la Montessori è questo il primo passo per realizzare una pedagogia scientifica portatrice di un nuova visione del processo educativo che veda il fanciullo e non il maestro come punto focale e di cui, a suo dire, si vagheggia soltanto, senza applicazioni concrete.

Il bambino va lasciato libero nelle sue attività di trovare nell’ambiente “qualche cosa di organizzato in rapporto diretto alla sua organizzazione interiore che sta svolgendosi per leggi naturali. Come l’insetto libero deve trovare nella forma e nelle qualità dei fiori una corrispondenza diretta di forma e di sostanze”197. Lo

scopo dell’educazione e dell’intervento dell’insegnante non è, dunque, quello di predisporre e organizzare la personalità interna del bambino, quanto il fornire al piccolo l’alimento che gli è necessario per crescere. Nella libertà il fanciullo esercita i propri impulsi primitivi e, allo stesso tempo, coltiva intelligenza, pazienza, costanza ossia qualità che è consuetudine non attribuirgli.

In questo processo la maestra deve eclissarsi, per dirlo alla maniera della Montessori, ossia intervenire il meno possibile poiché la sua azione non può avere, secondo la pedagogista, alcuna influenza immediata né sulla formazione né sulla disciplina dell’alunno.

L’insegnante deve rappresentare semplicemente il trait d’union tra il bambino e l’ambiente ducativo preparato per le sue attività.

La Montessori individua, inoltre, alcune qualità fondamentali che la maestra deve possedere: - la capacità di saper osservare le attività libere del bambino;

- la capacità di essere paziente e di apprezzare i minimi passi compiuti dal fanciullo padroneggiando la tendenza a soffermarsi esclusivamente sui grandi risultati e a far passare inosservati i piccoli successi conseguiti;

- la capacità di saper affascinare attraverso lo sguardo, la posa, il tono di voce.

L’insegnante dotata di queste virtù deve, infine, vigilare affinché il bambino assorto nel suo lavoro non sia disturbato da nessun compagno e il suo primo compito è di essere un punto di collegamento tra gli allievi e il materiale didattico.

Il materiale predisposto dalla Montessori per l’educazione sensoriale dei piccoli nelle Case dei Bambini rappresenta l’elemento più caratteristico e insieme più discusso della sua pedagogia. Gli oggetti che lo costituiscono sono raggruppati secondo una determinata qualità fisica dei corpi – colore, forma, dimensione, peso, temperatura, etc. – e ogni singolo gruppo si caratterizza per la stessa qualità presente in gradi diversi. Il

194 Maria Montessori (Chiaravalle, Ancona, 1870 – Noordwijk, L’Aia, 1952). Opere principali: Il metodo della pedagogia scientifica applicata all’educazione infantile nella casa dei bambini (1909); L’autoeducazione nelle scuole elementari (1916); Manuale di pedagogia scientifica (1930); Il segreto dell’infanzia (1950); La mente del bambino (1952).

195 La prima Casa dei bambini viene inaugurata il 7 gennaio 1907 presso il quartiere di S.Lorenzo – Roma – e la seconda sempre a

S.Lorenzo nell’aprile del 1908. Successivamente altre Case montessoriane sorgono in quartieri borghesi della capitale e poi a Milano dove, come a Roma, sono parte di un nuovo piano edilizio.

196 C. Motzo Dentice di Accadia, Il pensiero e il metodo di Maria Montessori, Libreria Scientifica, Napoli, 1971, p. 22. 197 M. Montessori, L’autoeducazione nelle scuole elementari, Garzanti, Milano, 1962, p. 6.

materiale, così strutturato, aiuterà, quindi, il bambino a valutare e distinguere gli oggetti e ad ordinarli in base alle loro caratteristiche. Esso garantirà, inoltre, l’autoeducazione dei piccoli, in quanto oggetti come, ad esempio, gli incastri solidi, permettono al bambino di rendersi conto da solo dei propri errori stimolandolo così all’autocorrezione.

Nella Casa dei bambini non solo il materiale didattico ma anche l’ambiente assume una connotazione particolare. Tutto dev’essere predisposto in modo da garantire la libertà di movimento dei piccoli ospiti: “la scuola deve diventare il luogo dove il bambino può vivere nella sua libertà; e la sua libertà non può essere soltanto quella intima, spirituale, della crescenza interiore. L’intero organismo del bambino deve trovarvi le migliori condizioni di sviluppo”198.

I tavoli, per cominciare, non dovrebbero essere disposti a file e nemmeno a circolo, ma indipendenti gli uni dagli altri per garantire ai bambini una maggiore indipendenza nel lavoro. Essi, infatti, preferiscono, almeno inizialmente, lavorare individualmente e solo in seguito cercano la collaborazione degli altri bambini, quando sono più maturi e inizia a svilupparsi la loro coscienza sociale.

Per quanto riguarda le mensole porta-oggetti non devono necessariamente essere tutte alle pareti ma anche nel mezzo dell’aula per creare angoli separati in cui i bambini possono raccogliersi per le loro attività.

Il tavolino della maestra dev’essere sempre ordinato, con poche cose essenziali e non deve mai diventare il deposito degli oggetti inutilizzati.

I mobili, inoltre, tavoli, sedie, devono essere leggeri per poter essere spostati facilmente e affinché la loro fragilità denunci i movimenti maldestri e affrettati dei bambini che vengono, invece, educati alla calma e alla padronanza di sé.

L’ambiente, quindi, così come il materiale didattico, testimonia, come la Casa dei bambini sia, in tutte le sue parti, finalizzata a stimolare lo sviluppo sensoriale – motorio dei piccoli dai 3 ai 6 anni.

Pur rappresentando l’esperienza montessoriana più celebre, la Casa dei bambini è, però, come sottolineato in precedenza, solo il punto iniziale di un percorso che conduce la pedagogista ad occuparsi anche della scuola elementare fino all’istruzione secondaria.

In questa trattazione, in particolare, è proprio l’attenzione che la Montessori ha dedicato ai bambini dai 7 ai 12 anni che più interessa ma, visto lo spessore che la prima infanzia riveste nella sua opera pedagogica, non era possibile esulare dal suo operato nella Casa dei bambini. Nel pensiero della pedagogista, inoltre, non esiste un passaggio netto dalla scuola dell’infanzia alla scuola elementare ma si tratta, più semplicemente, di una naturale evoluzione: “la Casa dei Bambini e le elementari non sono cose distinte ma sono la stessa cosa, la continuazione dell’identico fatto”199.

L’esperienza della pedagogista parte dunque dal periodo sensoriale per dedicarsi successivamente al secondo piano dello sviluppo che è in prevalenza morale ed intellettuale. La seconda infanzia è, infatti, l’età in cui il bambino presta attenzione ai giudizi degli altri, cerca di comprendere la propria collocazione nel mondo ed è, pure, l’età dell’immaginazione. I fanciulli sono dotati di grande curiosità, desiderano, in questo periodo, conoscere, sapere e capire ed è per questo importante garantire loro la possibilità di spaziare tra varie opportunità, dalle discipline tradizionali all’arte figurativa e musicale200. Essi hanno, inoltre, bisogno di

stabilire i rapporti sociali con una società più vasta e la scuola, quale ambiente chiuso, com’è concepita tradizionalmente, non risponde a queste loro esigenze.

Di fronte a questi mutamenti anche il ruolo del maestro deve adeguarsi e rispondere alla necessità dei fanciulli di essere guidati alla scoperta del mondo. È fondamentale che gli allievi entrino in contatto diretto con la realtà che si offre ai loro occhi quindi “invece di fabbricare degli oggetti che rappresentano delle idee e rinchiuderli in un armadio, facciamo uscire il fanciullo, mostriamogli le cose nella loro autenticità”201.

198 Ivi, p. 125. 199 Ivi, p. 318.

200 La Montessori giustifica i propri metodi proprio a partire dalle caratteristiche delle diverse età del bambino paragonandole, in una

suggestiva metafora contenuta nella sua opera Dall’infanzia all’adolescenza, alle metamorfosi degli insetti: “Quando l’insetto esce dall’uovo è molto piccolo e presenta aspetto e colori definiti. In seguito, a poco a poco, si trasforma, pur restando un animale dello stesso genere, che conserva gli stessi bisogni, le stesse abitudini. E’ un individuo che si evolve. Ma, un bel giorno, si produce un fatto nuovo: l’insetto fila il suo bozzolo e diventa crisalide. Poi la crisalide, a sua volta, subisce una nuova e lenta evoluzione. Infine, l’insetto esce dal bozzolo sotto forma di farfalla”. Secondo l’educatrice si può stabilire un parallelo tra la vita dell’insetto e quella del bambino sottolineando che l’evoluzione del piccolo non è così netta a chiara come quella dell’insetto e che sarebbe, quindi, più corretto parlare di rinascite piuttosto che di metamorfosi. Ad ogni tappa si ha, dunque, di fronte, un bambino diverso che presenta caratteristiche nuove rispetto alle età precedenti. (Montessori M., Dall’infanzia all’adolescenza, Garzanti, Milano, 1970, p. 9).

L’immaginazione, che secondo la Montessori, caratterizza il periodo della seconda infanzia, completerà l’opera intrapresa dal contatto con la realtà202.

La capacità immaginativa è utile, dunque, al fanciullo per ricostruire l’insieme, per completare ciò che la realtà non gli permette di sperimentare concretamente ma egli non la possiede esclusivamente per sognare cose meravigliose ma soprattutto per creare: “oltre al lavoro di osservazione della realtà materiale, c’è un lavoro creativo che innalza l’uomo dalla terra e lo trasporta in un mondo superiore dove ogni anima, nei propri limiti, può giungere”203.

L’immaginazione del fanciullo trae le proprie basi dall’educazione sensoriale, impartitagli nella Casa dei Bambini, che gli ha insegnato a percepire i dettagli differenziati tra le qualità delle cose permettendogli così di raccogliere dal mondo esterno il materiale utile a stimolare questa capacità.

E’ proprio a partire dal riconoscimento del ruolo dell’immaginazione che la Montessori attribuisce ampia importanza al disegno nel curricolo della scuola elementare.

Caratteristica della visione montessoriana è, a tale proposito, la quasi risoluzione delle varie materie (storia, geografia, scienze) nella lingua e la loro cristallizzazione nei quattro filoni (lingua, aritmetica, disegno e musica) che la pedagogista ha accomunato alla quadriga trionfante.

Il disegno, in particolare, rappresenta, nell’ottica montessoriana, una possibilità per il bambino di soffermarsi maggiormente sulle figure geometriche che ha precedentemente maneggiato e combinato. L’allievo, riproducendole, impara, inoltre, ad utilizzare sapientemente strumenti quali la riga centimetrata, la squadra, il goniometro e i compassi. Si tratta, quindi, essenzialmente, di disegno lineare geometrico che permette al bambino di esercitare la propria immaginazione limitatamente ai motivi decorativi e alla scelta dei colori.

A completare la stimolazione della capacità immaginativa sono utili, secondo la pedagogista, i disegni artistici e l’osservazione diretta della natura: i precedenti disegni “geometrici” sono, dunque, in preparazione al disegno libero e al disegno dal vero. A questo livello il disegno diviene un bisogno di espressione così come il linguaggio ed è apprezzabile lo sforzo che il fanciullo compie per perfezionarsi.

Ciò che va sottolineato, a tale proposito, è la connotazione montessoriana del significato di “disegno libero”: esso non comprende gli sgorbi e le deformità “che gli psicologi definiscono documenti dell’anima infantile. I disegni liberi non sono quelli. Si comincia ad avere il disegno libero, quando si ha un fanciullo libero, che poté crescere e perfezionarsi in tutte le sue attività di assimilazione dell’ambiente e di riproduzione meccanica e che, libero di creare e di esprimere, crea ed esprime.”204

Per quanto concerne più specificamente il lavoro manuale, la Montessori lo distingue dalla ginnastica manuale in quanto il primo ha lo scopo di compiere un lavoro determinato, che abbia o simuli uno scopo socialmente utile mentre la seconda è finalizzata essenzialmente all’esercizio della mano. La ginnastica manuale, dunque, perfeziona l’individuo mentre il lavoro manuale arricchisce l’ambiente. Le due attività sono, comunque, strettamente collegate fra loro poiché solo chi, in precedenza, ha allenato la mano può essere in grado di compiere un lavoro utile.

Partendo da questo presupposto la pedagogista marchigiana ha incentrato l’attività manuale sulla riproduzione di oggetti d’uso comune; l’arte vasaia, la lavorazione della creta rappresentano alcune tra le attività condotte dalla Montessori con i fanciulli, attività che, secondo l’educatrice, hanno, da un lato, un fine utile e, dall’altro, garantiscono il libero sviluppo delle potenzialità artistiche dei bambini.

Si ripete anche nel caso dell’attività manuale, così come per il disegno, la tendenza della Montessori a

limitare il libero interesse del fanciullo per indirizzarlo verso forme di espressione da lei ritenute più consone

all’educazione e alla formazione dell’allievo. Se il bambino della Casa montessoriana cresce in una sorta di campana di vetro in cui tutto è su misura per lui, così l’alunno della scuola elementare vede la propria capacità immaginativa delimitata da un perimetro di attività strettamente legate alla realtà che circonda i fanciulli e derivanti dall’educazione sensoriale ricevuta nell’infanzia attraverso il materiale didattico predisposto a tal fine. E’ stato, infatti, obiettato all’educatrice di aver fatto assopire, mediante la sua minuziosa predisposizione dei materiali e delle attività proposte ai fanciulli, l’originaria intuizione che l’ha

202 “Quando si incontra un fiume o un lago, è forse necessario aver visto tutti i fiumi e tutti i laghi del mondo per sapere cos’è?

L’immaginazione può, in seguito, rappresentarsi il mondo. E’ evidente che il possesso delle cose reali e il loro reale contatto poetano prima di tutto una somma reale di cultura; l’ispirazione che essa ingenera rende più viva l’intelligenza che si è interessata e che ha voluto sapere. Allora, da tutte queste cose viste con i propri occhi sorgono degli interessi intellettuali e l’istruzione diventa vivente”.

(Ivi, p. 43). 203 Ivi, p. 215. 204 Ivi, p. 551.

condotta alla realizzazione della Casa dei Bambini e che valorizzava maggiormente lo spontaneismo e l’interesse personale dell’allievo.

Di fatto il metodo montessoriano, nonostante fosse incentrato prevalentemente sull’educazione sensoriale, concretizza, comunque, nel contesto italiano, i principi basilari dell’attivismo e delle scuole nuove. Maria Montessori, infatti, così come gli autori precedentemente trattati pone come centrale l’esperienza infantile e focalizza l’attenzione sugli stimoli che conducono il piccolo alla conoscenza del mondo.

Anche il laboratorio, nello specifico il lavoro manuale, rappresenta, infatti, nell’ottica montessoriana, uno strumento di conoscenza: il bambino attraverso l’attività pratica si sperimenta nelle occupazioni artigianali e, al contempo, può esprimere le proprie potenzialità artistiche.

Nonostante i pareri controversi, quindi, l’esperienza montessoriana rappresenta un pilastro delle pedagogia italiana del Novecento e soprattutto una testimonianza dell’influenza che, anche nel nostro paese, hanno avuto le dottrine attivistiche, vere sostenitrici della centralità del fanciullo.

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