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La scuola su misura di Édouard Claparède per un’educazione funzionale

OSSERVAZIONE VERIFICA

2. Il laboratorio come risorsa didattica (Daniela Frison)

2.1. Fondamenti storico-epistemologici: il laboratorio nella cultura pedagogica del Novecento

2.1.4. La scuola su misura di Édouard Claparède per un’educazione funzionale

La reazione antipositivistica che connota il pensiero e la cultura di fine Ottocento e dei primi del Novecento, non risparmia neppure l’ambito educativo. Il Positivismo che, con il suo culto per i dati, per i fatti concreti, per la scienza giova senza ombra di dubbio alla scuola, è anche il sostenitore di una scuola cattedratica che vede il maestro, dispensatore di nozioni, in primo piano.

L’opposizione naturalistica che gradualmente sposta l’attenzione dall’insegnante al fanciullo, richiamandosi alle intuizioni di Rousseau, afferma la necessità di rispettare la personalità dell’allievo, le sue esigenze, i suoi interessi e lo identifica come essere dinamico, curioso, spontaneo, in una parola, attivo. Ciò che contraddistingue e avvalora questa ribalta pedagogica del fanciullo è il tentativo di considerarlo nella sua completezza anche tenendo in considerazione i grandi passi avanti compiuti da una nascente psicologia dell’età evolutiva sulla quale lo psicologo americano Stanley Hall intendeva fondare la riforma della pedagogia.

In questo contesto Édouard Claparède168 si sforza soprattutto di rinsaldare il ponte tra psicologia e pedagogia pur essendo considerato essenzialmente uno psicologo nonostante il suo stretto contatto con i ragazzi. Egli si propone infatti di unire “gli studiosi di psicologia e tutti coloro che, nei diversi rami dell’insegnamento, si dedicano all’educazione ed all’istruzione del fanciullo; riunire tutti gli educatori di ogni tendenza per un’educazione la quale abbia le sue radici in una psicologia dell’età evolutiva che sia patrimonio comune degli psicologi di ogni tendenza”. Quella di Claparède rappresenta, dunque, “una concezione psicologica dell’educabilità del fanciullo”169, a cui l’educatore si dovrebbe ispirare per conoscere

e meglio considerare i bisogni e gli interessi dell’allievo in quanto essi rappresentano il vero punto di partenza di ogni processo educativo.

Accanto a Claparède, tra coloro che hanno fatto della psicologia la loro maestra, è necessario ricordare Ovide Decroly170, il quale però, più che uno psicologo, fu essenzialmente un grande educatore oltre che un

“attento e perspicace indagatore della psicologia infantile”171 e un “anticipatore” dell’attivismo poiché

“quando altri erano ancora nella fase teorica lui aveva già realizzato la scuola nuova”172.

Ad accomunare Claparède e Decroly è, dunque, il grande rispetto per la psicologia ma anche e soprattutto, una profonda critica nei confronti della scuola tradizionale accusata da entrambi di trasmettere ai ragazzi cognizioni slegate e disorganiche, di pretendere da loro l’apprendimento forzato di nozioni che non li interessano e non li coinvolgono e ancora di essere eccessivamente verbalistica anziché intuitiva ed attiva. E’ a partire da questa constatazione che entrambi gli autori sferrano un pesante attacco all’organizzazione scolastica proponendo ipotesi di soluzione del tutto in linea con la pedagogia attivistica e con il pensiero degli autori precedentemente trattati, Dewey e Freinet.

Affrontando in primis il pensiero dello psicologo svizzero, è fondamentale richiamare la sua “concezione funzionale” dell’educazione e dell’insegnamento. “La pedagogia deve fondarsi sulla conoscenza del fanciullo, come l’orticoltura si fonda sulla conoscenza delle piante. Per quanto semplice, questa verità è ignorata dalla maggior parte degli educatori”173: esordisce così Claparède nella sua pubblicazione Psicologia

168 Édouard Claparède (Ginevra 1873 – 1940), psicologo e pedagogista svizzero. Tra le sue opere si ricordano: Psicologia del bambino e pedagogia sperimentale (1905), La scuola su misura (1920), L’educazione funzionale (1931).

169 M. Valeri, Edoardo Claparède, in É . Claparède., L’Education Fonctionelle, Paris-Neuchâtel, 1931; traduzione italiana a cura di

M. Valeri, L’educazione funzionale, Marzocco Bemporad, Firenze, 1963, p. VI.

170 Ovide Decroly (Renaix 1871 – Uccle, Bruxelles, 1932), psicologo e pedagogista belga. Opere principali: Programma di una scuola per la vita (1908); Verso la scuola rinnovata (1921); La funzione di globalizzazione e l’insegnamento (1929).

171 É. Claparède, op. cit., 1931, p. 17.

172 P. Cipriani, Il metodo Decroly, Marzocco Bemporad, Firenze, 1953, p. 13.

173 É. Claparède, Pshycologie de l’enfant et pédagogie expérimentale, 1905; traduzione italiana a cura di T. Bertolotti, Psicologia del fanciullo e pedagogia sperimentale, Mattei, Speroni & C., Pavia, 1912, p. 1.

del fanciullo e pedagogia sperimentale portando in primo piano la necessità che gli insegnanti basino i loro

metodi didattici sull’allievo. In questo la “scienza psicologica” contribuisce “se non ad ispirare l’educatore, ad allontanarlo almeno da certi errori” e a ravvivare “col suo metodo e spirito la pedagogia”174.

Educazione ed insegnamento devono essere per lo psicologo, funzionali agli interessi e, ancor prima, ai bisogni del fanciullo. Egli promuove il superamento di quella psicologia tradizionale che vede qualsiasi attività come reazione ad uno stimolo e considera, invece, l’azione come reazione ad un bisogno che può essere soddisfatto mediante essa. E’ sempre il bisogno che, secondo Claparède promuove nel bambino quell’attività per la quale egli si sviluppa fisicamente, intellettualmente, esteticamente o moralmente. E’, infatti, a partire da questo presupposto che egli attribuisce al bambino e all’adolescente esclusivamente bisogni di crescita che necessitano, per essere soddisfatti, di una sola attività: il gioco.

Il gioco, al contrario del lavoro, è fine a se stesso e prepara il fanciullo all’età adulta: giocando egli impara a conoscere le proprietà degli oggetti, esercita i propri sensi, si sperimenta. Non si tratta quindi di semplice gioco-divertimento quanto piuttosto di un gioco funzionale “col quale i poteri costitutivi dell’uomo si manifestano, si rafforzano, col quale si costruisce la personalità”. “Il gioco è la normale attività del fanciullo con la quale egli si prepara alle attività dell’adulto e sarà un adulto tanto meglio a posto quanto più avrà giocato”175.

In quest’ottica è dunque fondamentale attribuire all’infanzia e all’adolescenza una dimensione propria e un valore che va potenziato e prima ancora riconosciuto. “Il fanciullo non è un uomo in miniatura, l’infanzia ha una sua funzione nella vita della specie e dell’individuo, essa deve essere rispettata e messa in grado di manifestarsi spontaneamente nella sue caratteristiche”176. Le attività tipiche dell’infanzia (gioco, imitazione)

e il suo linguaggio devono non solo essere rispettati ma anche considerati come punto di partenza per ogni interazione con il fanciullo. L’errore più comune degli educatori che Claparède intende denunciare è la pratica comune di rivolgersi agli allievi con un linguaggio da adulti, prescindendo dai loro interessi e dai loro bisogni. Un’istruzione e un’educazione che procedano per questa via saranno incapaci di stimolare l’impegno e l’attenzione degli educandi che non saranno in grado di comprendere fino in fondo un linguaggio a loro estraneo. Lo psicologo sottolinea infatti che “i fanciulli e gli adolescenti non concedono tutto l’impegno di cui sono capaci se non gli viene richiesto nel loro linguaggio e al fine di ottenere qualcosa di cui sentano il bisogno”177. L’educatore deve garantire loro la possibilità di manifestare le loro attività

peculiari e riconoscere quindi il significato biologico dell’infanzia piuttosto che cercare di trasformare il più presto possibile il bambino in adulto.

E’ sulla base di questi presupposti che anche Edouard Claparède può essere annoverato tra coloro che come Dewey e Freinet, hanno promosso una nuova visione della scuola, dei suoi compiti e soprattutto, un nuovo modo di fare scuola.

Sebbene egli, essendo in primis uno psicologo e solo indirettamente un educatore, non abbia affrontato concretamente il ruolo e l’organizzazione del laboratorio didattico all’interno del curricolo scolastico, il suo pensiero va senza dubbio nella direzione che porta a considerare il fanciullo nella sua completezza e nella sua individualità e rappresenta, quindi, l’ennesimo contributo alla riforma della pedagogia e dei programmi scolastici.

In particolar modo il concetto che maggiormente esprime la novità delle sue convinzioni psico- pedagogiche è quello di “attitudine individuale” ossia “una disposizione naturale a comportarsi in un certo modo, a comprendere o a sentire di preferenza certe cose o a eseguire certe specie di lavori (attitudine alla musica, al calcolo, alle lingue straniere, ecc.)”178. Egli sottolinea, inoltre, come le attitudini non varino

esclusivamente in rapporto all’età e al sesso ma soprattutto come esse siano diverse da un individuo all’altro. La sua denuncia è dunque relativa all’indifferenza con cui la scuola tradizionale si pone di fronte a queste diversità cui essa attribuisce un valore esclusivamente quantitativo che viene espresso dai voti assegnati agli alunni. Esiste, invece, per Claparède, un significato qualitativo di queste differenze attitudinali da cui il percorso scolastico “imposto” dall’educatore non può prescindere. La scuola ha, infatti, la tendenza ad appiattire le peculiarità degli alunni e a conformarli “a un certo tipo schematico, che essa stessa ha creato a propria immagine, un tipo mostruoso e contro natura, lo scolaro medio”. Egli sottolinea inoltre che “la scuola sembra supporre nel fanciullo qualità sovrumane, come una passione innata per le cose noiose, una capacità

174 Ivi, p. 4.

175 É. Claparède, L’Ecole sur mesure, Lausanne, Librairie Payot et C., 1920; traduzione italiana a cura di E. Cassin, M. Fasolo, M.

Valeri, La scuola su misura, La Nuova Italia, Firenze, 1952, p. 12.

176 M. Valeri M., in É. Claparède, op. cit., 1931 - 1963, p. VII. 177 É. Claparède, op. cit., 1920 - 1952, p. 9.

di lavoro inesauribile, ma in pratica non risponde affatto ai bisogni intellettuali degli spiriti originali e veramente al di sopra della media”179. Questo costringe gli allievi ad investire tutto il loro impegno e le loro

energie in materie di studio verso le quali non sentono alcuna particolare disposizione e risultano perciò estremamente faticose. Ne consegue un doppio inconveniente come lo definisce lo stesso Claparède: nessun rendimento e disgusto. Quest’ultimo, in particolar modo, è investito dall’autore di una grande valenza morale e sociale di cui la scuola tradizionale non si è mai preoccupata. Condividendo pienamente il pensiero di Freinet, infatti, egli è convinto che sia troppo elevato il rischio che i ragazzi associno il disgusto al lavoro. L’amore per il lavoro viene messo a dura prova dalla costrizione ad eseguire sforzi eccessivi in materie di studio poco sentite ottenendo così risultati scarsi non adeguati alle energie investite.

“Anziché insegnare ad apprezzare lo sforzo, la scuola abitua a considerarlo come sterile. E’ come se si insegnasse agli apprendisti di un’officina a utilizzare di preferenza le macchine che fabbricano soltanto cattiva merce, e a lasciare da parte quelle che darebbero buoni prodotti. Essi finirebbero per disprezzare completamente il lavoro”180.

Claparède partendo, quindi, da questi presupposti delinea alcuni tratti di una nuova organizzazione scolastica, la scuola su misura, che consentirebbero il superamento dei limiti della scuola tradizionale. Egli definisce:

Le classi parallele: accanto ad una classe “più forte” di cui fanno parte i più intelligenti, esiste una classe debole per chi segue con maggior difficoltà. In questa seconda classe il programma è ridotto, è minore il numero degli alunni che possono essere così seguiti più direttamente e i metodi applicati sono più intuitivi. Ovviamente questa proposta di soluzione poggia sulle differenze attitudinali per cui chi farà parte di una classe forte in matematica, ad esempio, potrà essere debole in tedesco o viceversa.

Le classi mobili: consentono all’alunno di seguire per le diverse materie lezioni di grado diverso.

Le sezioni parallele: offrono all’allievo più indirizzi di studio rivolti a mete differenti, più o meno come avviene negli istituti secondari dove accanto alla sezione classica sono presenti quella tecnica e quella pedagogica.

Le opzioni: Claparède vorrebbe ridurre le ore settimanali di lezione obbligatorie dedicandone metà allo svolgimento del programma fondamentale e lasciando libero l’allievo di scegliere le materie di studio da seguire nell’altra metà delle ore, consentendo così lo sviluppo delle attitudini e degli interessi di ogni fanciullo.

Nella scuola su misura di Claparède, grazie ai cambiamenti organizzativi sopra esposti, sarebbe così garantito il rispetto delle peculiarità di ogni allievo e verrebbe modificato, per non dire stravolto, il ruolo dell’insegnante. In un’ottica che è anche quella di Freinet, egli diventerebbe uno stimolatore di interessi, che anziché attribuire arbitrariamente e dall’esterno dei bisogni al fanciullo, promuoverebbe la sua presa di coscienza rispetto agli interessi e ai bisogni che l’allievo stesso avverte dentro di sé.

La concezione funzionale dell’educazione si esprime proprio in questo “gioco interattivo” tra insegnante e allievo che l’autore riassume dicendo: “l’educazione del fanciullo deve attuarsi dal di dentro, non dal di fuori; deve consistere non in un’azione esteriore esercitata dal maestro sullo scolaro, ma in un’azione dello stesso fanciullo, azione che consegue al manifestarsi dei bisogni interiori”181. Trattando della scuola su

misura Claparède si dilunga in una similitudine estremamente chiarificatrice tra il lavoro dell’insegnante e il lavoro del sarto, del calzolaio e del cappellaio che è utile riportare al fine di rendere ancora più esplicito il suo pensiero riguardo la scuola tradizionale. Egli dice:

“Quando un sarto fa un vestito lo adatta alla corporatura del cliente e se questi è grosso e piccolo, non

gli fa indossare un abito troppo stretto, col pretesto che ha la larghezza corrispondente, di regola, alla sua altezza. Il calzolaio che fa una scarpa comincia dal tracciare su un foglio di carte il contorno del piede che deve calzarla, e ne segna le particolarità, ossia le deformazioni. Il cappellaio adatta i suoi copricapo ad un tempo alla forma e alle dimensioni dei crani…

Al contrario, l’insegnante veste, calza, incappella tutte le menti nello stesso modo. Egli ha solo roba fatta in serie, e i suoi scaffali non consentono la minima scelta: qualche numero di grandezza, è vero ma sempre lo stesso modello! Così fra gli alunni delle nostre scuole ne vediamo alcuni che annegano negli anfratti di un programma troppo immenso per le loro deboli aspirazioni e le loro capacità problematiche, ed incespicano ad ogni passo nelle falde sovrabbondanti di quella uniforme che essi non riescono a riempire né fino alla cima né fino al fondo – mentre altri sono soffocati da una disciplina troppo stringata che impedisce

179Ivi, p. 38. 180 Ivi, p. 43. 181 Ivi, p. 96.

lo sviluppo normale delle loro personalità intellettuale e morale, tanto che non possono permettersi un movimento senza fare saltare qualche bottone.

Perché non si avrebbero per le menti i riguardi di cui si circondano il corpo, la testa e i piedi?” 182.

Lo psicologo svizzero ha colto, dunque, al pari di Dewey e Freinet, la necessità di invertire la direzione del processo educativo: non più dall’insegnante all’allievo ma dall’allievo all’insegnante collocando il discente al centro di ogni azione educativa. Il passo citato dimostra, infatti, come l’esigenza di una scuola flessibile che risponda al profilo psico-attitudinale del singolo allievo stia a cuore all’autore. E’ per la centralità che egli riconosce al fanciullo e per l’originalità del suo contributo psicologico che il pensiero di Claparède è, quindi, importante ai fini della trattazione dello sviluppo del laboratorio nella pedagogia del Novecento nonostante egli non abbia direttamente toccato questo aspetto della didattica. La valorizzazione del gioco in quanto attività che consente al bambino di sperimentare la portata delle proprie azioni e di entrare in relazione con gli oggetti che lo circondano esplorandone le proprietà ed esercitando così i propri sensi, è in linea con la dimensione ludico-sensoriale del laboratorio. Lo stesso vale per la definizione di una scuola su misura che garantisca sia l’espletamento di funzioni teorico-intellettuali accanto ad un riconoscimento delle attitudini personali del fanciullo.

L’organizzazione scolastica proposta dal Claparède, dunque, è finalizzata ad amplificare la libertà di espressione dell’allievo secondo una concezione pedagogica in linea con l’ondata di riforma che porterà al riconoscimento di un più ampio valore di tutte le capacità del fanciullo e non esclusivamente nell’ambito dell’attività intellettuale.

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