Evento di rilevanza internazionale e punto di riferimento per i paesaggisti contemporanei, la Biennale Europea del Paesaggio nasce a Barcellona nel 1998, in seguito a un accor- do tra amministrazioni pubbliche, settore professionale e università, per promuovere la paesaggistica in un momento di speciale emergenza sociale per questa disciplina. Fino al 2010 ne sono state realizzate sei edi- zioni: nel 1999 “Rehacer paisajes” (Rifare paesaggi), nel 2001 “Jardines insurgentes” (Giardini ribelli), nel 2003 “Solo con natura- leza” (Solo con la natura), nel 2006 “Paisaje: Producto/Producción” (Paesaggio: Prodotto/ Produzione), nel 2008 “Tormenta e ímpetu” (Sturm und Drang o Tormenta e impulso) e nel 2010 “Paisajes liquidos” (Paesaggi liquidi). La Bienal europea de Paisaje de Barcelona con- sta, in ognuna delle sue edizioni, di un sympo- sium di tre giornate e di un numero indeter- minato di esposizioni, happening temporanei negli spazi pubblici della città e avvenimenti minori (presentazioni, pubblicazioni, celebra- nel caso del termovalorizzatore (Tv) di Parma
abbiamo eseguito una stima con un modello matematico (riferita a una canopy con de- terminato Leaf Area Index e caratteristiche vegetazionali) della mitigazione esercitata dal verde sull’inquinamento atmosferico. Questi valori di deposizione secca oscillano dal 10 al 40% per ogni singolo inquinante considerato deposto localmente (NO2, SO2 e PM10). La stima è prudenziale e si basa su una serie di assunzioni preliminari fatte in base alle simu- lazioni calcolate dai modelli delle emissioni del termovalorizzatore e all’inquinamento di fon- do esistente dovuto alle varie sorgenti lineari e puntuali locali. Il parco del termovalorizzatore verrà quindi realizzato secondo le indicazioni progettuali che derivano, oltre che da input di tipo paesaggistico, ecologico, ecc., dai risultati della simulazione matematica.
Ulteriori sviluppi in questo settore ci vengono da uno studio recente in cui un team di scien- ziati britannici ha sviluppato un sistema infor- mativo territoriale che, basandosi sui modelli di deposizione degli inquinanti, ha utilizzato la messa a dimora di alberi come strategia per contenere le concentrazioni di PM10 nell’aria. Il loro studio dimostra che piantare alberi in aree dismesse, in ambito urbano o periurba- no, può costituire un buon metodo per conte- nere il particolato entro i limiti legali di qualità dell’aria in città. Alberto Giuntoli Riferimenti bibliografici
W.J. Bealey, A.G. McDonald, E. Nemitz, R. Dono- van, U. Dragosits, T.R. Duffy, D. Fowler, Estimat- ing the reduction of urban PM10 concentrations by trees within an environmental information system for planners, «Journal of Environmental Management», 85, 2007, pp. 44-58.
Alberto Giuntoli, Simona Rizzitelli, Stefano Man- cuso, Silvia Bellesi, A pieni polmoni, «Acer», 4, 2007, pp. 51-55.
49 BIENNALE EUROPEA DEL PAESAGGIO contrapposizione tra proposte, ricercatori e progettisti.
Per questo risulta di fondamentale importanza il momento della discussione e del confronto offerto dal Forum unico in cui si riuniscono i paesaggisti, per capire i diversi modi di pro- gettare il paesaggio, verificando differenze e similitudini tra vari approcci, conoscenze e sen- sibilità. Tutto questo induce gli organizzatori a invitare ogni volta paesi che possano mostrare esperienze di interesse comune, quali la Ger- mania, la Polonia, gli Stati Uniti, la Cina. La Bienal europea de Paisaje, in quanto casa comune della paesaggistica, è ormai diventa- ta un appuntamento obbligato per i profes- sionisti del settore. Jordi Bellmunt i Chiva Riferimenti bibliografici
Rosa Barba, Jordi Bellmunt, Alfred Fernández de la Reguera, Gerard García-Ventosa, Rehacer paisajes - Remaking Landscapes, catálogo de la 1ª Bienal Europea de Paisaje 1999, Fundación Caja de Ar- quitectos, Col·legi d’Arquitectes de Catalunya, Uni- versitat Politècnica de Catalunya, Barcelona 2000. Carles Llop, Jordi Bellmunt, Alfred Fernández de la
Reguera, Jardines insurgentes - Gardens in arms. 1996-2000, catálogo de la 2ª Bienal Europea de Paisaje 2001, Fundación Caja de Arquitectos, Col·legi d’Arquitectes de Catalunya, Universitat Politècnica de Catalunya, Barcelona 2002. Jordi Bellmunt, Enric Batlle, Alfred Fernández de la
Reguera, Maria Goula, Only with nature - Només amb natura, catàleg de la 3ª Bienal Europea de Paisatge 2003, Fundación Caja de Arquitectos, Col·legi d’Arquitectes de Catalunya, Universitat Politècnica de Catalunya, Barcelona 2004. Jordi Ludevid, Jordi Sardà, Jordi Bellmunt, Alfred
Fernández de la Reguera, Paisatge: Producte/Pro- ducció - Landscape: Product/Production, catàleg de la 4ª Bienal Europea de Paisajge 2006, Col·legi Oficial d’Arquitectes de Catalunya, Fundación Caja de Arquitectos, Barcelona 2008.
Tormenta e ímpetu - Storm & stress, catálogo de la 5ª Bienal Europea de Paisaje 2008, Fundación Caja de Arquitectos, Barcelona 2010.
zioni, visite specifiche, ecc.) che accompagna- no, integrandolo, il programma centrale. Due sono le tappe obbligate per un pubblico cosmopolita quale è quello della Biennale: l’esposizione delle scuole internazionali di paesaggistica, che si svolge presso la Escuela de Arquitectura de Barcelona, e la mostra del- le opere realizzate negli ultimi cinque anni, allestita nei locali del COAC, l’Ordine degli Architetti di Barcellona. È da quest’ultima mostra che scaturiscono i progetti più signi- ficativi che andranno a costituire, assieme ai contributi scritti dei partecipanti al sympo- sium, il catalogo di riferimento dell’evento. Parallelamente viene assegnato per ogni edi- zione il Premio Europeo di Paesaggistica “Rosa Barba” all’opera ritenuta di maggior qualità tra quelle presentate alla Biennale, secondo il giudizio di una giuria internazio- nale che nel corso delle varie edizioni è stata composta da esperti del calibro di Michel Co- rajoud, Gustav Lange, Franco Zagari, Henri Bava, Gary Hildebrand, Manuel Ruisanchez, Robert Schäfer, Marc Claramunt o Enric Batlle. Tra i paesaggisti premiati ricordiamo Peter Latz (Germania), Isabel Bennassar del- la MMAMB (Spagna), Catherine Mosbach (Francia), Paolo Bürgi (Svizzera), Paysage (Francia), Aranda-Pigem-Vilalta degli RCR (Spagna) e Kristine Jensen (Danimarca). La Bienal Europea de Paisaje, quale osservato- rio privilegiato sullo stato attuale della paesag- gistica europea nel significato più ampio del termine, è alla ricerca dei temi che incideran- no, tra quelli che vanno mettendosi in eviden- za, nell’evoluzione della disciplina, a partire da situazioni, luoghi e tempi differenti tra loro. L’impulso alla paesaggistica dato da Barcel- lona si deve all’intervento decisivo di Rosa Barba, all’energia vitale dell’amicizia, alla necessità ineludibile di riconoscere, proteg- gere e progettare paesaggi, piuttosto che alla
50 BIODIVERSITÀ URBANA
B
di siti che copre il 13% del territorio dell’U-nione Europea e grazie alla quale gli habitat saranno gestiti tenendo conto del loro valore naturale.
Un contributo significativo ai temi della bio- diversità urbana ci proviene inoltre dal mee- ting dei Mayors and other high-level officials del mondo, tenutosi a Curitiba (città simbolo della sostenibilità urbana) nel marzo 2007. Il meeting aveva come finalità la creazione di un tavolo internazionale propositivo, di confronto e di scambio di conoscenze sul- le possibili buone pratiche e azioni locali a favore della biodiversità. Con il documento stilato a chiusura dei lavori, la Dichiarazione di Curitiba su Città e Biodiversità, i firmatari invitavano le amministrazioni locali a ricono- scere il loro ruolo strategico nell’attuazione delle politiche globali per la sostenibilità. Nel dossier elaborato per fissare i principali punti scaturiti dalle giornate di lavoro viene affer- mato a tal proposito che gli scenari urbani possono essere tradotti in scenari positivi, in quanto offrono considerevoli opportunità per cambiare le modalità con cui le città gesti- scono la diversità biologica. Le sfide a favore della biodiversità possono essere giocate, ad esempio, con l’implementazione degli spazi aperti e delle aree naturali protette in città, così come attraverso l’adozione di sistemi di mobilità “dolce”, la riduzione dell’inquina- mento industriale, un’accorta gestione dei rifiuti urbani.
Nel dossier inoltre si sostiene che, consi- derato che gli ambiti urbani comprendono habitat naturali, semi-naturali e artificiali, è necessario saperne valutare a livello lo- cale il diverso possibile ruolo ambientale rispetto a differenti gradienti ecologico- funzionali. Gli ordinati e asettici prati verdi all’inglese, ad esempio, vanno considerati veri e propri deserti biologici quasi al pari
Biodiversità urbana
Con il termine biodiversità urbana ci si ri- ferisce di norma alla varietà e alla ricchez- za biologica (genetica, di specie, di habitat) presente in città e nelle aree metropolitane, così come alle interazioni tra le varie specie e il loro ambiente di vita. Se si considera che gli scenari di trasformazione degli insedia- menti a livello globale indicano una sempre maggiore incidenza del fattore urbano sugli ecosistemi, la biodiversità urbana costituisce una risorsa critica fondamentale da tutelare e implementare per garantire, assieme alla qualità ambientale delle nostre città, l’intera rete della vita sul nostro pianeta. L’evidenza della tendenza di crescita del livello di ur- banizzazione è registrata nel rapporto Onu- Habitat State of the World’s Cities 2006-07: dal 2007 la popolazione urbana mondiale ha superato quella rurale. Inoltre, pare che già nel 2030 negli insediamenti urbani si concen- trerà più del 60% degli abitanti della Terra. E se rispetto all’estensione sulla superficie terrestre le città occupano una percentuale di spazio davvero esigua, valutabile tra l’1 e il 6%, occorre sottolineare come già adesso facciano uso del 75% delle risorse naturali complessive (Dinetti, 2009).
A livello mondiale, numerose iniziative a fa- vore della biodiversità urbana (intesa come sopra) si sono intensificate a partire dal 2000. L’ICLEI, Local Governments for Sustainabili- ty, agenzia ambientale a servizio delle autori- tà locali, dal 2006 promuove il progetto Local Action for Biodiversity (Lab), che conta l’ade- sione di 21 città del mondo e che coinvolge un totale di 54 milioni di cittadini. L’Unione internazionale per la conservazione della
natura
(IUCN)
ha promosso Countdown 2010 e, a livello europeo, ricordiamo tra i vari programmi strategici Natura 2000, una rete51 BIODIVERSITÀ URBANA – incentivare la realizzazione di tetti verdi,
verde verticale e il ricorso a tecnologie co- struttive eco-compatibili;
– investire in energie rinnovabili;
– promuovere la mobilità ciclabile e pedona- le e l’uso dei sistemi di trasporto pubblico integrato.
Tuttavia qualsiasi percorso di costruzione di città ecoresponsabile necessita il sostegno e l’adesione delle popolazioni residenti e quin- di l’elaborazione di politiche per incoraggiare la partecipazione attiva, sia attraverso campa- gne di informazione tematiche e programmi di sensibilizzazione relative all’impatto delle azioni individuali e collettive sugli ecosistemi (riguardanti ad esempio l’uso di prodotti chi- mici in agricoltura e orticoltura, la raccolta differenziata e il riciclaggio dei rifiuti, l’uso responsabile dell’acqua, la gestione sosteni- bile dei giardini privati, ecc.), sia attraverso misure e politiche a favore della gestione diretta e della cura di siti e luoghi pubblici da parte di associazioni di cittadini.
In una prospettiva di ricerca applicata alla progettazione degli spazi aperti che adotta gli strumenti, i contenuti e i principi propri dell’architettura del paesaggio contempora- nea, la definizione di biodiversità urbana può essere inoltre integrata appuntando l’atten- zione sulla necessità di mantenere e coltiva- re in città, oltre alla ricchezza biologica e di risorse naturali, quella culturale, figurativa e di habitat umani, in difesa del concetto di identità composita e dinamica dei paesaggi del quotidiano, letti come ambienti di vita di comunità multiculturali e multietniche. Come afferma Lucien Kroll, la biodiversità è un concetto che può essere applicato con efficacia agli strumenti del piano del proget- to della città contemporanea. «L’immagine di un quartiere non può essere il risultato di un’organizzazione meccanica o di una delle superfici pavimentate drenanti; per
contro, sedi ferroviarie e siti industriali ab- bandonati possono rivelarsi degli straordi- nari contenitori di biodiversità, grazie allo sviluppo e alla propagazione di vegetazione spontanea. Il riconoscimento dei differenti tipi di habitat e del reale diverso ruolo bio- logico che essi possono giocare all’interno dei processi di pianificazione e gestione urbana può contribuire in maniera signi- ficativa a innalzare la qualità ambientale delle nostre città. Mettendo in atto azioni incisive in tempi brevi, le città del XXI se- colo potrebbero trasformarsi abbastanza rapidamente in scenari di speranza: occorre però promuovere con decisione sia un’au- tonomia energetica fondata sull’impiego delle energie rinnovabili, come afferma Peter Droege, sia politiche territoriali volte a limitare il consumo di suolo e a proteg- gere il valore degli spazi aperti proprio in quanto contenitori di capitale ambientale e naturale.
A questo proposito possiamo estrarre dal documento di Curitiba due temi chiave so- stanziali: la necessità di integrare le questioni relative alla diversità biologica nella pianifica- zione locale e l’importanza del coinvolgimen- to delle popolazioni.
Per quanto riguarda il primo aspetto, molte sono le possibili azioni che le amministrazioni pubbliche potrebbero intraprendere a livello comunale, ad esempio:
– introdurre misure per limitare il consumo di acqua potabile, diversificando gli usi ri- spetto al tipo di risorsa idrica;
– adottare dispositivi per capitalizzare e ge- stire come risorsa le acque di pioggia; – aumentare la dotazione in parchi urbani
e spazi aperti per fornire habitat a specie faunistiche e botaniche spontanee; – aumentare il capitale vegetale in città;
52 BIOENERGETIC LANDSCAPES
B
Bioenergetic
Landscapes
Antiche culture ancora legate al valore della percezione dei fenomeni naturali, come quel- la indo-vedica, cinese, aborigena e dei nativi americani, seppero riconoscere e ricercare il potere terapeutico della natura insegnando pratiche e rituali che prevedevano il contatto fisico con gli alberi, allo scopo di ottenere un reale scambio di energia in grado di ricari- care la forza vitale e rafforzare il carattere. Nella cultura medica di poco più di un secolo fa esisteva ancora l’idea che gli alberi potes- sero essere di aiuto al corpo e alla psiche, come testimonia la prescrizione che ricevette il cancelliere Otto Bismarck dal suo medico personale, il quale gli consigliò di abbraccia- re una quercia fino a mezz’ora al giorno per riprendersi dalle fatiche dei suoi gravosi im- pegni (da Peter Tompkins e Christopher Bird, La vita segreta delle piante, SugarCo, Milano 1973). Oggi questi antichi precetti sono stati ripresi più o meno consapevolmente all’inter- no di vari movimenti culturali attenti a un dia- logo più profondo con la Natura, e molte per- sone intuiscono o percepiscono che in fondo qualcosa di vero ci deve pur essere. Anche ai Royal Botanic Gardens di Sydney è possibile trovare cartelli che invitano ad “abbracciare gli alberi”, nell’intento di stimolare un avvici- namento emotivo e sensoriale verso il mondo vegetale, che trova ovviamente fra i bambini degli entusiasti e sorridenti praticanti. Recentemente il rapporto con l’albero è stato indagato non solo da un punto di vista cul- turale e antropologico, ma anche “energeti- co”. Soprattutto nell’ultimo secolo sono state effettuate ovunque nel mondo ricerche che hanno sempre più evidenziato come questi organismi viventi possiedano caratteristiche biologiche e fisiologiche certo più complesse pianificazione tecnologica, ma piuttosto l’e-
spressione della rete di relazioni multiformi tra coloro che lo abitano. La biodiversità nei quartieri urbani esiste quando vengo- no mescolati insieme lavoro, commercio, residenza, ricchi e poveri e non quando si cerca di confinare gli uni e gli altri in zone circoscritte e separate. Purtroppo l’urbani- stica tradizionale, basata sulla zonizzazione astratta, non ci ha abituato a mescolare in- sieme le differenze e ci ha portato ad aver paura della creatività spontanea. I ribelli, i comitati di quartiere, gli emarginati, le pian- te spontanee e le malerbe che crescono tra i sanpietrini, di solito sono proprio le vittime naturali dell’urbanistica ufficiale».
Rispetto a queste ultime notazioni possiamo quindi affermare che, nel processo di costruzio- ne e/o reinvenzione urbana, occorre fare leva su alcuni temi chiave come coesione sociale, profondità storica diversificata dei luoghi, me- moria culturale, pluralismo estetico e semanti- co, comprensione della dimensione temporale e del valore della temporaneità, per riconoscere la biodiversità urbana come espressione con- creta di una cultura dell’abitare tempi e spazi che ha accolto, a tutti i livelli di decisione e azio- ne nella città, le sfide dell’eterogeneo e della
complessità. Anna Lambertini
Riferimenti bibliografici
Marco Dinetti, Biodiversità urbana. Conoscere e gestire habitat, piante e animali nelle città, Ban- decchi e Vivaldi, Pontedera 2009.
Peter Droege, La città rinnovabile, Edizioni Ambien- te, Milano 2008.
Lucien Kroll, Ecologie urbane, Franco Angeli, Mi- lano 2001.
Unep, Les Villes et la Biodiversité: impliquer les autorités locales dans la phase d’application plus poussée de la Convention sur la Diversité Biolo- gique, Note du Secrétaire exécutif, Curitiba 26-28 marzo 2007.
53 BIOENERGETIC LANDSCAPES duarne e misurarne con precisione l’intensi- tà, la lunghezza d’onda e la polarità, cioè tutte le caratteristiche in grado di identificarne l’eventuale influenza sulla salute.
Queste ricerche, sviluppatesi grazie all’e- voluzione e all’utilizzo del più perfezionato strumento di misura biofisica, l’antenna Le- cher, e a verifiche effettuate con aggiornate apparecchiature bioelettroniche, hanno re- centemente reso possibile affrontare nuovi studi in campo vegetale per approfondire nel dettaglio la conoscenza della relazione energetica tra l’uomo, l’albero e la biosfera. Da questi è nata Bioenergetic Landscapes, una tecnica innovativa che, mediante parti- colari misurazioni, riconosce alle piante e in particolare agli alberi la capacità di influire elettromagneticamente sull’uomo e sulle sue funzioni vitali, sia direttamente che nello spa- zio circostante. Questo grazie al fatto che an- che l’albero emette frequenze elettromagne- tiche identiche a quelle che caratterizzano il funzionamento, corretto o alterato, dei nostri organi. È quindi possibile misurare e utiliz- zare le proprietà terapeutiche di ogni specie sotto il profilo energetico, verificando detta- gliatamente quanto e come un albero possa influire nel suo intorno sui sottili meccanismi elettromagnetici che governano l’attività dei vari organi del nostro corpo. Da queste ana- lisi emerge che alcune specie possono essere definite estremamente positive per la salute, tanto da poterle qualificare come terapeuti- che. Altre possiedono caratteristiche più o meno benefiche per certi organi e altre anco- ra sono piuttosto da considerare disturbanti o nocive.
L’intensità dei campi elettromagnetici emessi dagli alberi è assai bassa (come lo è quella dei “campi di bio-energia” emessi dall’uomo e studiati in molte università del mondo), ma possiede un’altissima affinità biologica. Si e sofisticate di quelle a loro attribuite in pas-
sato, dalle osservazioni scientifiche pionieri- stiche di Jagadish Chandra Bose ai primi del Novecento in poi, tanto da spingere alcuni ricercatori ad affermare che esistano forti parallelismi tra alcuni aspetti della fisiologia animale e vegetale, di cui solo ora si comincia ad avere le prime conferme scientifiche. Questa somiglianza funzionale sembra del resto derivare da meccanismi originari che guidano, condizionano e accomunano tutti gli organismi viventi e che sono alla base stessa della loro esistenza. Nelle antiche cul- ture orientali così come nelle più recenti sco- perte occidentali risulta infatti evidente che “la Vita è una manifestazione dell’Energia”. Come la fisica, la biologia e la medicina più avanzate affermano ormai da tempo, sottili meccanismi elettromagnetici e biochimici in- teragiscono in continuazione all’interno degli organismi per generare i fenomeni vitali. Negli anni Sessanta un ricercatore belga, il dottor Walter Kunnen, affermava che siamo scarsamente coscienti che la sola differenza tra un cadavere (animale o vegetale) e un corpo vivo non è né fisica né anatomica ma solo energetica. Per oltre 40 anni Kunnen ha indagato approfonditamente le influenze elettromagnetiche della biosfera sulla vita e la salute degli esseri viventi, scoprendo che questi e tutti i loro organi possono svolgere le loro funzioni in quanto sono antenne che ricevono, accumulano ed emettono energia su particolari frequenze elettromagnetiche. In questo modo riescono a dialogare con l’ambiente e gli altri organismi attraverso l’informazione che a questi campi è associata, grazie al fenomeno della bio-risonanza. I suoi studi hanno permesso non solo di rilevare l’esistenza dei campi elettromagnetici di inte- resse biologico presenti in natura ed emessi dall’uomo e dai vegetali, ma anche di indivi-
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particolare ci permette di individuare il valo-re fortemente benefico che possono svolgere boschi e foreste nel modificare localmente la biosfera, determinando condizioni estrema- mente favorevoli all’organismo. Utilizzando questa tecnica possiamo inoltre progettare e realizzare parchi e giardini bioenergetici, la cui funzione terapeutica è realmente basata sulle migliori proprietà delle piante utilizzate. Poiché ogni tipo di pianta ha una sua carat- teristica influenza biologica, in un giardino bioenergetico è possibile stabilire su quali organi o funzioni del corpo umano si posso- no ottenere i massimi benefici, con risultati di qualificazione dell’ambiente non ottenibili in nessun altro sistema.
Per giungere a questo risultato la scelta delle piante è molto importante. La maggior parte delle specie mediterranee e continentali più