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vono restare nel loro ambiente peregrinan- do in continuazione. La perdita o la rottura del palo significa il ritorno al Caos. Il Kauwa- auwa rappresenta un asse cosmico attorno al quale i territorio si trasforma in mondo e diviene abitabile ed è un simbolo evidente della comunicazione tra i livelli, caratteristi- ca di ogni centro. Maurizio Corrado Riferimenti bibliografici

Ernesto De Martino, Il mondo magico, Boringhieri, Torino 1973.

Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1967.

Mircea Eliade, Immagini e simboli, Ed. Associati, Milano 1993.

Franco La Cecla, Perdersi, l’uomo senza ambiente, Laterza, Bari 1996.

Giulia Piccaluga, Terminus, i segni di confine nella religione romana, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1974.

Joseph Rykwert, L’idea di città, Einaudi, Torino 1981.

Limiti e relazioni

Il sogno illuministico di una ragione che vuol dominare la natura, anziché vivere in armonia con i suoi ritmi, sta generando i mostri del “pensiero unico” omologante, un pensiero che non rispetta i tempi e i modi della natura, che non conosce vincoli e li- miti. Eppure proprio dai limiti, dai vincoli nasce la creatività: quella dello scienziato, quella dell’artista. La libertà non è di questo mondo, non fa parte della nostra natura. La natura è fatta di limiti e di vincoli, spaziali e temporali; la nostra vita non è eterna, le nostre dimensioni sono tre, il nostro peso corporeo è quello che è, così le nostre pos- sibilità di movimento. Potremmo dire che la bellezza della diversità della storia evolutiva In Occidente, generalmente, consideriamo

lo spazio come di qualcosa di libero, sgom- brato, reso accessibile all’interno di un limi- te. I Greci ci hanno insegnato che il limite è il punto in cui qualcosa comincia a essere. Ciò che è nel limite esiste, il resto è zona selvaggia, inconoscibile, pericolosa, la fo- resta. Il limite greco è qualcosa di positivo, la realtà che resta chiusa nel recinto è abba- stanza varia per poter essere dibattuta per secoli, dimenticando la foresta. Il villaggio esiste nel momento in cui se ne stabiliscono i limiti, che individuano contemporanea- mente anche uno spazio esterno sconosciu- to. L’alternanza tra interno ed esterno, l’e- sistenza di confini e di uno spazio al di fuori dei confini è una condizione basilare. Alla radice indoeuropea alius, alter, ille, l’altro, è collegato il termine sanscrito che indica la foresta, aranya, da arana, strano. Fuori dai confini del villaggio c’è l’altro, la foresta, da cui il nostro forestiero, lo straniero. Il confine non è necessariamente una linea, un recinto. Il senso del confine sta nel cen- tro, è il punto scelto come centro a “irradia- re” il confine. Un esempio ci viene dall’uso del palo Kauwa-auwa degli Achilpa in Au- stralia. Il Kauwa-auwa viene infisso al centro di ogni zona nella quale il gruppo decide di fermarsi per qualche periodo, trasforman- dola nel “posto intorno al Kauwa-auwa del gruppo”, che sarà sentito come proprio per tutto il tempo in cui il palo vi rimarrà pian- tato. Il Kauwa-auwa è un segno di confine centrale unico e mobile, che controlla sacral- mente lo spazio dall’interno. Lungo il primo Kauwa-auwa era possibile, nei tempi del mito, arrampicarsi fino in cielo e prendere gli alimenti necessari, ma dopo una offesa subita dagli uomini il dio Numbakula lo riti- rò in cielo, interrompendo la comunicazione diretta con il divino. Da allora gli uomini de-

150LIMITI E RELAZIONI

L

centriche sia quelle puramente biologiche

o “natura-centriche”. In questo quadro il pensiero di Bateson costituisce forse l’in- sieme di intuizioni più profonde della nuova disciplina, intesa non solo come studio de- gli scambi di energia e di materia, ma an- che degli scambi di informazioni. Muoversi culturalmente e socialmente in direzione ecologica significa rifuggire da posizioni “assolute” e da stereotipi fondamentalisti, individuabili nei punti di vista seguenti, quasi sempre “bianchi” o “neri”:

a) il mito dell’oggettività e della neutralità della scienza e le certezze e le “positività” che necessariamente se ne vogliono de- rivare;

b) la fede nelle conclusioni lineari di ap- procci puramente razionali (e il conse- guente dogma antibiologico di escludere dalle analisi scientifiche istinto, estetica, qualità, emozioni);

c) l’arroccamento su posizioni antropocentri- che individualiste e puramente soggettive; d) la negazione della “realtà”, dei limiti naturali, facendo risalire la conoscenza solo alla mente del soggetto; come se non fossero esistiti i tremila e più milioni di anni di evoluzione biologica e di reti di informazioni che hanno preceduto la comparsa dell’uomo, caratterizzati da conoscenze e scambi tra varie specie vi- venti e no;

e) l’esasperato naturismo, che di nuovo ri- cade in un’esaltazione del corpo dell’uo- mo, del suo “io”, dell’unico punto di vista antropocentrico;

f) la deificazione della natura e la conse- guente fede nel suo potere taumaturgico di rimediare ai danni subiti, cosa che, purtroppo, non è vera (ed è per questa ragione che esistono i movimenti am- bientalisti).

sta proprio nel fatto che ogni specie vivente ha dei limiti e dei vincoli diversi. Alcuni non hanno la posizione eretta, altri si possono muovere soltanto in acqua, altri vivono nell’aria … La biodiversità consiste nel fatto che per ogni essere vegetale o animale e per ogni uomo ci sono dei vincoli diversi e dobbiamo imparare a conviverci. Essi sono la vita stessa, sono quelli che determinano la diversità, e senza la diversità non potreb- bero esserci arte e scienza, poiché la creati- vità viene dal nostro essere sottoposti a cer- ti vincoli. Alcuni si illudono che i tre famosi valori della Rivoluzione francese (fraternità, uguaglianza, libertà) siano dei valori asso- luti. La libertà è invece limitata dai vincoli biofisici del pianeta; l’uguaglianza dal ri- spetto delle diversità e dall’esistenza della stupenda biodiversità del pianeta; la frater- nità non può essere limitata agli uomini di questo tempo, ma estesa a tutte le forme di vita vegetali e animali del pianeta (tra loro in equilibrio e quindi non all’interno di una visione fondamentalista) e alle generazioni future. Solo così faremo veramente parte della storia della natura.

Oggi si incomincia a comprendere il valore delle relazioni; è questo ciò che ci ha inse- gnato Gregory Bateson. Bisogna passare da visioni riduzionistiche meccaniciste, a visioni in termini di relazioni, spostando la nostra attenzione non sull’oggetto, né sul soggetto, né sulla visione antropocentrica, soggettivista, ma sulla relazione e sulle sto- rie, sulle relazioni nel tempo. È una rivolu- zione culturale, una rivoluzione scientifica, un cambio di paradigma, o meglio bisogna superare i paradigmi per non ragionare più in termini dogmatici. L’ecologia, scienza sistemica e globale, si propone dunque di superare il dualismo uomo/natura, evitan- do sia le posizioni strettamente antropo-

151 LCA/LIFE CYCLE ASSESSMENT logia del divenire e su una fisica finalmente evolutiva. Una scienza ecologica, tra evo- luzione e conservazione, che mi fa trovare d’accordo con le seguenti bellissime parole di Renzo Piano: «Lavorando cresci e impari abbastanza rapidamente che le parole mo- dernità, progresso, crescita sono trappole infernali e che nel loro nome continuano a

fregarci». Enzo Tiezzi

LCA/Life Cycle