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Mappa socio-semiotica Dal punto di vista semiotico una mappa (o dia-

gramma) è qualsiasi testo che intrattiene con l’Oggetto della rappresentazione due relazioni: una iconica e una indicale.

planimetria area, schemi tecnici impianti, sti- ma dei costi, impiego orario di manodopera e mezzi, ecc.).

Deficit di manutenzione

Per un sistema di giardini e parchi la manu- tenzione gioca un ruolo fondamentale nella conservazione delle risorse ambientali e nella perpetuazione del patrimonio (impiantistico, edile, vegetale, ecc.), la sua corretta attuazione è in netta contrapposizione con l’attuale modello dello spreco. I fabbisogni di manutenzione non soddisfatti si ripercuotono negativamente nel tempo. Un approccio che privilegia la cura e la conservazione dei giardini e dei parchi come pratica costante è un metodo che consente di ridurre in modo decisivo i costi sul medio e lun- go termine, oltre evidentemente ad aumentare la fruibilità e la qualità estetica dell’area. Manutenzione e sostenibilità

Le molte pratiche effettuate per scopi manu- tentivi dovranno sempre più essere vagliate dal punto di vista di sostenibilità sia ambientale che economica. Le risorse utilizzate nel processo di manutenzione dovranno confrontarsi con delle valutazioni orientate a ridurre gli impatti in termini di diminuzione di anidride carbonica emessa e quindi orientare le scelte verso solu- zioni a basso impatto. La riduzione dell’utilizzo di carburanti per metro quadrato, come l’otti- mizzazione della risorsa acqua sono solo due dei possibili esempi applicativi del concetto di sostenibilità nell’ambito della manutenzione. Il “verde urbano” o meglio il sistema degli spazi aperti sarà sempre più considerato dai cittadini come uno degli aspetti preminenti per quanto riguarda la percezione del livello della qualità della vita urbana. In un contesto come quello italiano, in cui le realtà locali sono molto arti- colate per aspetti sociali, politici e territoriali, le

158MAPPA SOCIO-SEMIOTICA

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per secoli mostri marini al largo delle colonne

d’Ercole senza che nessuno dubitasse della loro effettiva esistenza. La caratteristica indicale di una mappa, vale a dire la sua relazione causale con l’Oggetto è dunque sempre un’ipotesi. L’orario di un treno – altro esempio – è una mappa e la relazione iconica lega la sequenza dei nomi delle stazioni all’ordine nel quale esse sono disposte sulla linea ferroviaria. Nel leg- gerlo siamo portati a pensare che l’ordine delle stazioni abbia causato l’ordine dei loro nomi e questo, sia pure in modo indiretto, è vero. A volte l’Oggetto stesso viene usato come mappa di se stesso, osservato da un particolare punto di vista. L’esempio classico è un pae- saggio, sia un territorio extraurbano sia una città, osservato dall’alto e usato come carta per illustrare la posizione dei diversi punti e per decidere i percorsi da seguire.

Il caso in cui l’Oggetto è l’effetto e il testo la causa lo abbiamo con il progetto: pensiamo alla mappa di un’area urbana da edificare o rinno- vare. In questo caso l’Oggetto non ha esistenza empirica, ma la mappa progettuale contiene parte delle prescrizioni o protocolli per fare sì che l’Oggetto acquisti tale esistenza e quindi, anche in questo caso indirettamente, lo causa. Nella mappa-esistente, l’Oggetto sta dunque nel passato, nella mappa-progetto l’Oggetto sta nel futuro.

Le proprietà sulle quali si basa la costruzione di una mappa consentono all’interprete di inferire altre proprietà. Questa è la caratteristica più importante della mappa2.

Il quadro del Fuji, per esempio, mi dice che la montagna deve avere un’altezza sufficiente a mantenere la cima innevata nelle stagioni tem- perate e quindi che, se voglio ascenderla, dovrò munirmi di un’attrezzatura adeguata, ecc. L’orario del treno mi dirà, per esempio, che Prato si trova tra Bologna e Firenze e che, considerando approssimativamente costante la La relazione iconica è la relazione di somiglian-

za, vale a dire la condivisione di una proprietà percettiva tra segno/testo e Oggetto. Un’icona è – per esempio – il disegno di una mela rispet- to alle mele vere e proprie.

La relazione indicale è una relazione di causa- effetto: il testo è in qualche modo l’effetto dell’Oggetto, o l’Oggetto è l’effetto del testo. Cosicché, se l’Oggetto non esiste empiricamen- te, la relazione non sussiste1. Un indice è – per esempio – la banderuola segnavento: se la por- tiamo sulla Luna non indica più niente, perché il suo Oggetto (il vento) non esiste più. Questo non accade per l’icona: l’icona di un marziano svolge sempre la stessa funzione (che è quella di veicolare un significato), che il marziano esi- sta o meno.

Le proprietà iconiche e indicali del testo con- sentono di inferire proprietà dell’Oggetto. In questi termini sono mappe anche un dipinto che dichiara di raffigurare un evento reale e una fotografia. Non sono mappe le carte im- maginarie, come la carta della Terra di Mezzo dei romanzi di Tolkien o quella dell’Inferno dantesco. O sono, se preferiamo, mappe im- maginarie.

Un quadro del monte Fuji in Giappone, per esempio, mi dice che la cima della montagna è veramente innevata, perché so che il monte esiste veramente e credo che il quadro dica la verità o, come diciamo in semiotica, vi è un con- tratto di veridizione positivo tra me e il testo. Di fronte a un testo che afferma di rimandare a un evento reale siamo portati a pensare che le pro- prietà iconiche siano indicalmente motivate, cioè (indirettamente) causate dall’Oggetto. Se il monte Fuji non fosse mai stato innevato, tutta l’iconografia paesaggistica che lo raffigura per- derebbe infatti il carattere indicale, assumendo quello di un ampio e inspiegabile parto della fantasia. Ciò non è affatto impossibile: le vec- chie mappe geografiche hanno rappresentato

159 MAPPA SOCIO-SEMIOTICA nica definizione – con le specifiche differenze che abbiamo visto – gli strumenti per la naviga- zione dell’esistente e quelli per la progettazione del nuovo.

Il concetto di mappa semiotica è utile inoltre in quanto estende la definizione cartografica a testi complessi o ipertesti, includendo l’info- grafica sia tradizionale, sia digitale. Una mappa semiotica può utilizzare i sistemi di segni più diversi. Se un dipinto è una mappa, sia pure primitiva, lo può essere un video, un grafico, un testo scritto e la combinazione di tutte que- ste tipologie3.

La carta del territorio o il progetto bidimen- sionale oggi si arricchiscono e si integrano con apparati testuali di diverso tipo. Si pensi a ipertesti complessi come il sistema Google Maps-Earth-Streeview. L’efficacia di questi si- stemi di mappatura, tuttavia, non risiede tanto nella ricchezza di informazioni quanto nelle relazioni che consentono di attivare rispetto a quelle di partenza e alla loro utilità rispetto alle strategie d’uso. Il semplice accumulo di infor- mazioni non sempre corrisponde alla capacità della buona mappa di presentare l’Oggetto alla percezione del lettore, e alla sua capacità di ra- gionamento, in modo semplice ed efficace, per aiutarlo a decidere le modalità e le strategie di relazione con l’ambiente allo scopo di viverlo e modificarlo.

La mappa semiotica è soprattutto uno strumen- to di comprensione dell’esistente e di disegno del futuro, allo scopo di proteggerlo, agire in esso, o cambiarlo. Giampaolo Proni Note

1 Questo è vero anche del progetto (vedi sotto), quando l’Oggetto si trova nel futuro rispetto al testo: un progetto che non motivi fattualmente la realizzazione (sia pure ipotetica) del proprio Og- getto non si può definire un progetto. Ha le stesse caratteristiche di una mappa immaginaria. 2 Charles Peirce (1839-1914), fondatore della semio- velocità del treno, Prato è più vicina a Firenze

che a Bologna.

La mappa è utile proprio perché le relazioni che hanno consentito la sua stesura sono in numero e qualità inferiore alle relazioni che si possono inferire dalla sua lettura. È dunque un modello a tutti gli effetti.

Un esempio significativo è il plastico di un progetto, supponiamo di un edificio. Viene realizzato ritagliando in scala le singole parti e poi composto. Una volta composto, i progettisti osservano (anche con mezzi specifici come il “modelloscopio”, vedi Yaneva, 2009, p. 283) le nuove relazioni che ne risultano ed esse stesse hanno una diversa qualità. Tali relazioni sono formalmente deducibili dalle proprietà delle parti, ma trasformate in proprietà percettive diventano osservabili. L’elenco di lunghezze, altezze e profondità di una serie di vani non offre le stesse opportunità di figurarsi l’edificio di un plastico.

La mappa rende dunque osservabili empirica- mente delle proprietà formali, perciò consente l’esplorazione, la lettura e il ragionamento su di esse. La mappa-esistente serve a relazionarsi con un Oggetto dato; la mappa-progetto serve a guidare nella costruzione di un Oggetto non ancora esistente. Entrambe, tuttavia, servono alle persone per relazionarsi con l’ambiente, per usarlo o per modificarlo.

I progettisti, tipicamente, di fronte al plastico di un progetto discutono, osservano, cambiano il modello, osservano ancora e così via. I viag- giatori, di fronte alla mappa di un territorio – pensiamo a un trekking di diversi giorni in alta montagna – discutono e ragionano su quale itinerario scegliere, in quanto tempo potranno percorrere le tappe, quando e dove sostare, vedono se un tratto è in salita e uno in discesa e quanto è ripido, osservando le curve altime- triche e le relazioni tra esse.

160MICRONOMICS

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sociale ed ecologica, micro finanza, micro-

impresa ed economia dal basso et alii che si appropriano di un mondo di gestione econo- mica fuori del mainstream.

Micronomics è un neologismo che nasce da un progetto del network Citymined (www. citymined.org) che coordina un festival Mi- cronomics dal 2006. Micronomics è un con- cetto ibrido che comprende azioni e iniziative collettive e connettive che non sono necessa- riamente riconducibili a un valore di mercato. Le Micronomics sono chiamate micro non tanto per la dimensione o la scala di azione, ma per la misura dell’impatto capillare che le iniziative hanno e vogliono avere. Creatri- ci di economie alternative, le micro-iniziative possono nascere con uno scopo puramente ludico, performativo, artistico o essere spinte da una necessità di tipo primario come il so- stentamento di un singolo o di un gruppo di individui. Nel secondo caso, le Micronomics sono vicine all’economia informale, economia popolare, economia sociale e simili, che godo- no, con i dovuti distinguo, di un riconoscimen- to accademico o istituzionale. Al contrario, la caratteristica del neologismo Micronomics è di aprirsi a tutte le forme economiche che danno maggior forza e riconoscimento al savoir-faire, al talento e alla creatività che produce innova- zioni economicamente, socialmente ed ecolo- gicamente sostenibili, proponendo un modo consapevole di produrre e consumare. Tali iniziative sono forme di tiny empowerment sociale (Sandercock) di coesione sociale dal basso, che rappresentano un nuovo fissante sociale nel flessibile processo di accumulazio- ne post-fordista.

L’ambito di formazione di micro iniziative è in- definibile spazialmente perché possono espri- mersi sia in ambito rurale che urbano, benché l’urbano e in particolare i luoghi di margine, i luoghi non pianificati, indeterminati e SLOAP tica, scrive che, attraverso l’osservazione dell’icona

«si possono scoprire riguardo al suo oggetto verità nuove oltre a quelle che sono sufficienti a deter- minare la costruzione dell’icona stessa» (cfr. Proni, 1990, p. 170).

3 La mappa semiotica è paragonabile alla nozione di “Enciclopedia” di Umberto Eco e a quella di “Rizo- ma” di Deleuze e Guattari, pur essendo queste mo- delli semantici (vedi Eco, 1984; Deleuze e Guattari, 1976).

Riferimenti bibliografici

Gilles Deleuze, Felix Guattari, Rhizome, Les Edition de Minuit, Paris 1976.

Umberto Eco, Semiotica e filosofia del linguaggio, Ei- naudi, Torino 1984.

Giampaolo Proni, Introduzione a Peirce, Bompiani, Milano 1990.

Albena Yaneva, Dal grande al piccolo: il modello nella progettazione architettonica (ed. orig. Scaling Up and Down. Extraction Trials in Architectural Design, «Social Studies of Science», 35, 6, 2005, pp. 867- 894) in Il discorso del design. Pratiche di progetto e saper-fare semiotico, a cura di Dario Mangano, Alvise Mattozzi, Nuova Cultura, Roma 2009 (E/C, 3/4) (http://www.ec-aiss.it/monografici/3_il_discor- so_del_design.php).

Micronomics

Il dibattito sulle “altre economie” si riapre in un momento di crisi globale in cui la perdita di senso dell’economia neoliberista è diventa- ta più stridente e palese anche a chi ne aveva sottovalutato le nefandezze culturali e sociali. Dalla nascita dei sistemi cooperativi e di auto- gestione, delle comunità autarchiche o di mu- tuo appoggio ottocentesche, sono stati coniati termini che evidenziavano fenomeni economi- ci e sociali oltre la monetizzazione di mercato. Negli ultimi anni sono in vigore locuzioni come economia informale, sociale, popolare, del dono, impresa cooperativa, responsabilità

161 MICRONOMICS cfr. www.workstation-berlin.org http://www. rosarose-garten.net).

Micronomics ha organizzato nel novembre del 2010 il primo forum europeo di attivisti che si occupano di micro-iniziative, in parallelo all’an- nuale Forum des Villes delle città europee che chiama a convegno rappresentanti di ammini- strazioni locali e istituzioni pubbliche ad esse correlate. Lo scopo del forum attivista è quello di costruire una rete di scambio auto-sosteni- bile che coinvolga varie esperienze europee di conoscenze tematiche, basate su esperienze e know-how. Il legame con le istituzioni pub- bliche e il riconoscimento di iniziative di auto imprenditoria consapevole è un tema di dibat- tito aperto: politiche progressiste sia a livello locale che programmi europei, hanno sostenu- to l’avvio, la crescita e anche il riconoscimento di micro iniziative, pur sempre in un ambito, relegato alla riqualificazione di parti di città più critiche, senza mai radicalmente fare un salto di scala che coinvolga la struttura urbana e il territorio nel suo insieme. Laura Colini Riferimenti bibliografici

Can Neighbourhoods Save the City?, edited by Frank Moulaert, Erik Swyngedouw, Routledge, London 2010.

The globalized city. Economic restructuring and social polarization in European cities, edited by Frank Moulaert, Erik Swyngedouw, Oxford University Press, Oxford 2003.

Jacqueline Groth, Eric Corijn, Reclaiming Urbanity: Indeterminate Spaces, Informal Actors and Urban Agenda Setting, «Urban Studies», 42, 3, 2005, pp. 503-526.

Frank Moulaert, Globalization and Integrated Area Development in European Cities, Oxford University Press, Oxford 2000.

Leonie Sandercock, Verso cosmopolis. Città multicul- turali e pianificazione urbana, Dedalo, Bari 2004. Edward W. Soja, Thirdspace: Journeys to Los An-

geles and Other Real-and-Imagined Places, Basil Blackwell, Oxford 1996.

(Spaces Left Over After Planning) rappresen- tano i milieux più fertili. Tali spazi hanno la capacità di ingenerare intensità sociale e di confronto-azione con la diversità e sono de- finiti da vari autori come third spaces (Soja, 1996), cracks (Swyngedouw, Moulaert 2000- 2010), experimental free-zones (Groth & Corijn 2005), et alii. Attori di tale cambiamento sono trans-generazionali, non provenienti solo da una creativa classe media, ma possono essere precari, lavoratori non riconosciuti, artisti, im- piegati, immigrati e lavoratori sociali. Sotto Micronomics sono nate esperienze co- me il MicroMarché e la Waffel Bank a Bru- xelles. Il MicroMarché è un mercato che ha messo in rete oltre 150 produttori dei settori più diversi, da riparazioni di biciclette, riuso di spazzatura per oggettistica, riciclaggio di abiti per creare new design, ad artisti per- formativi nello spazio pubblico urbano, alla vendita dell’ormai tradizionale mercato del cibo biologico e autoprodotto, permettendo di condividere, vendere e produrre secon- do una strategia di finanziamento minimo e amministrazione burocratica minima. L’ini- ziativa mira a coltivare uno sviluppo econo- mico endogeno che investa sul sapere pro- fessionalizzante. Il Waffel Bank è invece una banca permanente dei saperi, in linea con altre esperienze europee (in Italia la più nota Banca del tempo). All’interno del network Micronomics (attualmente coinvolge le città di Bruxelles, London, Barcelona, Berlin, Go- thenburg, Wien, Marseille, Lijubiana, Saraje- vo, Istanbul, ecc.) si contano micro-iniziative come orti urbani interculturali animati da volontari e associazioni che coinvolgono i di- soccupati a Berlino e riciclo di stoffe e colori per produzioni artistiche nell’ottica del ripen- samento non solo dell’economia di sussisten- za su scale urbana, ma di un’economia del lavoro non salario dipendente (per Berlino

162NATURA

chiaramente che il nostro sapere ha elabora- to non solo delle distinzioni essenziali, ma in qualche misura una sequenza che rivela per contrasto una prima natura che, solo in un momento successivo, viene organizzata, mo- dellata e finalizzata all’azione umana1. Questa prima natura, originale o selvaggia (Wilderness), è identificata in qualche misura grazie al ragionamento portante sulla seconda natura. Quest’ultima, che si distingue come ri- sultato dell’attività umana, rinvia per contrasto alla condizione mitica e primitiva di una natura originaria, la cui apparizione è legata alla crea- zione divina, ex nihilo, del mondo.

In relazione a questa natura originale, ap- poggiandosi su un postulato teologico o fi- losofico (che le teorie fisiche del “big bang” hanno poi messo in crisi), Cicerone distingue un’altra natura (alteram naturam), che si può tradurre con l’espressione seconda natura2. Questa seconda natura comprende l’insieme dei fenomeni che risultano dalle attività an- tropiche di gestione agricola e forestale: de- signa pertanto una natura trasformata dall’in- telligenza e dal lavoro dell’uomo.

La seconda natura presenta delle caratteristi- che assai diversificate, che riferiscono sia alla fertilità della terra, legata alla figura della dea Demetra, come anche alla durezza del lavoro agricolo, nel momento in cui la generosità profusa in origine dalla natura ha ceduto il posto al sudore del lavoro annunciato nel mi- to cretese della caduta.

Come accade spesso nella cultura greca, la figura di Demetra è doppia: portatrice di ci- bo, accoglie allo stesso tempo la morte e la rinascita.

In quanto divinità, ella unisce dunque tra loro la vita e la morte nel loro ciclo infinito. La mi- tologia greca separa i due registri e al fianco di Demetra, dea delle messi e del raccolto e della seconda natura nutrice, colloca Gaia,

Natura

L’idea di natura nella tradizione filosofica oc- cidentale riguarda essenzialmente due aspet- ti: da un lato designa un modo di essere, l’es- senza dell’essere concepito nel suo movimen- to vitale autonomo e spontaneo, dall’altro un mondo di oggetti tra loro diversi come gli oceani e le montagne, le piante e gli animali. Occorrerà attendere Lamarck (1802) e l’intro- duzione della nozione di biologia, perché po- tesse essere stabilita una nuova frontiera tra la natura vivente e il mondo minerale. D’altra parte, la parola natura traduce la no- zione greca di physis, da cui deriva la parola “fisica”, che designa le forze vitali attive nel mondo: lo slancio vitale di autodeterminazio- ne, la forza germinativa di cui la vegetazione costituisce l’espressione più evidente. La parola natura, deriva però anche dal latino natura, termine che designa ciò che non trova in sé una sufficiente ragion d’essere e che il lavoro dell’uomo è chiamato a mettere in for- ma, modellare e orientare. In questa seconda accezione, la nozione di natura si oppone a tutto ciò che appartiene al dominio della cul- tura e al lavoro della ragione.

163 NATURA Il giardino e il parco stabiliscono dunque in- sieme rapporti di tensione e di rappresenta- zione, di citazione e di superamento, tanto in rapporto alla foresta selvaggia e a tutti i suoi personaggi mitici (Ninfee, Elfi, Spiriti, ecc.) che ai campi fertili dell’agricoltura e alla loro specifica mitologia.

In questa operazione di messa in forma, la pittura consacrata al giardino e al paesaggio ha giocato un ruolo determinante, offrendo in qualche maniera un mito e dei modelli. È la pittura a stabilire il legame tra le fontane e le cascate naturali, i raffinati treillage e le intri- cate siepi di vegetazione spontanea, le grotte romantiche e le caverne naturali, allo stesso modo in cui costruisce le immagini della na- tura ben ordinata e produttiva.

Si rimanda così infine a quella che John Di- xon Hunt ha definito la quarta natura, spazio simbolico che non esiste se non nei libri dedicati al giardino. I libri che danno vita a questa quarta natura non sono quelli che contengono i consigli tecnici di giardinag- gio. Piuttosto costituiscono un genere spe- cifico, un tipo sui generis di giardino, dove si concretizzano esclusivamente su carta i legami mitici tra il giardino della terza na- tura e le forze simboliche attive sullo sfondo