Con l’espressione giardinaggio urbano resi- stente si fa riferimento a un insieme ampio e diversificato di esperienze di attivismo socia-
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o sbucando ai margini di un marciapiedehanno attirato l’attenzione di questo gruppo di attivisti. Soffermandosi ad osservare il territorio urbano, le sue diverse facce, le sue imprevedibili variazioni e discontinuità, i Cri- tical Gardeners hanno compreso che la città non è un complicato sistema architettonico, ma piuttosto un organismo di cui noi stessi facciamo parte insieme ad altre forme di vita; hanno iniziato a pensare che percorrere sem- pre e solo strade già progettate non significa vivere lo spazio urbano, ma piuttosto subirlo; hanno realizzato che non si poteva restare an- cora a guardare, che bisognava iniziare a fare qualcosa: mettere in discussione i principi urbanistici che fanno gli interessi di pochi in- dividui, per lo più amministratori e imprendi- tori edili. In che modo? Passando dalla parte delle piante. Critical Garden non può tuttavia essere definito un movimento ambientalista, nel senso che il suo principale obiettivo non è la difesa dei diritti delle piante o della natura, ma piuttosto di imparare dalle piante quella che è anche la nostra natura, di ritrovare con loro la spontaneità e il desiderio di abitare il mondo, di riscoprire insieme il nostro essere mondo» (http://criticalgarden.netsons.org). Si comprende dunque quanto il giardinaggio urbano resistente possa essere contagioso: non a caso sono sempre più numerosi i grup- pi operativi nelle città italiane.
Il gruppo Landgrab opera a Milano, preva- lentemente nel quartiere Isola, ed entra in azione in particolare quando, in seguito alla demolizione di aiuole o giardini temporanei o anche alla riconfigurazione di spazi urbani, delle piante rischiano di essere eliminate. «In tal caso i Landgrab si occupano di trasferire le piante o gli alberi in un altro terreno ab- bandonato o di tenerli da parte in attesa di una nuova collocazione. Le loro azioni dura- no normalmente un’intera giornata, attirando nografico dedicato a questo tema. Michela
Pasquali è anche l’ideatrice del sito Critical Garden, aperto nel 2007 e dedicato appunto al Giardinaggio Critico, espressione che in- dica «un movimento, o piuttosto una rete di movimenti nata dal desiderio di alcuni gruppi guerrilla gardening italiani di condividere la loro passione per il ‘giardinaggio selvaggio’ e di arricchire la loro esperienza con le espe- rienze di altri attivisti che a Milano come a Bologna, a Torino come a Roma, adottano aiuole e terreni abbandonati. (…) Grazie alle possibilità offerte dai nuovi mezzi di comu- nicazione su scala globale, alla diffusione di centinaia di blogs e di siti internet, sono tantissimi oggi gli attivisti che ripropongono nelle loro città, se pur con qualche variazio- ne dovuta alle inevitabili differenze locali, il modello dei community gardens come vali- da alternativa, costruita dal basso, al verde pubblico istituzionalizzato. Il nome Critical Garden vuole fare eco a Critical mass – mo- vimento sociale ormai noto e partecipato in tutto il mondo – in quanto pratica che nasce nelle città da un’esigenza collettiva comune: restituire allo spazio pubblico la funzione che gli spetterebbe per definizione, quella di centro di aggregazione, di luogo catalizzato- re di attività collettive. Oltre alla dimensione collettiva, queste pratiche sono accomunate anche da un altro aspetto che le fonda e le caratterizza: la spontaneità» (http://critical- garden.netsons.org).
«Come si può intuire dallo stesso nome Cri- tical Garden», spiega Novella de Giorgi, at- tivista guerrigliera giardiniera che a questo movimento ha dedicato la sua tesi di laurea, «i protagonisti di questo progetto non sono solo i cittadini, ma anche, e forse soprattut- to, le piante, gli arbusti, i fiori, gli alberi che nascono e crescono spontaneamente in città. Sono loro, infatti, che rompendo il cemento
123 GIARDINAGGIO URBANO RESISTENTE tala con l’omertà, un’installazione nei giardini di piazza Maggiore a Palermo, realizzata in collaborazione con Addiopizzo per manife- stare appunto contro l’omertà che accompa- gna il racket del pizzo.
A Torino c’è il collettivo Badili Badola (http:// badilibadola.ning.com), un gruppo numero- so ed eterogeneo composto da una quindici- na di attivisti di varia formazione e di diversa età, che agisce alla maniera dei più convinti gruppi di green guerrillas anglosassoni. At- tacca dopo aver accuratamente pianificato le sue azioni in rete, attraverso il proprio sito Internet o scambi di mail clandestine. Torino è anche la città che ospita il progetto Giardini di Barriera, ideato da Michela Pa- squali e supportato dall’Amministrazione co- munale, finalizzato alla creazione di una rete di giardini condivisi da far nascere in terreni incolti e lotti abbandonati del quartiere popo- lare Barriera di Milano.
A Bologna è nato nel 2007 il collettivo Cre- pe Urbane (http://crepeurbane.noblogs.org) all’interno dello spazio pubblico autogestito XM24. Crepe Urbane si autodefinisce «come ecosistema urbano resistente al flusso pro- duttivo dominante, alle logiche della specu- lazione edilizia, a tutte quelle dinamiche che continuamente sottraggono il territorio ai suoi abitanti e viceversa». Tra le varie inizia- tive, Crepe Urbane si è dedicata alla compo- sizione di un atlante fotografico delle piante spontanee nate nell’area dell’ex mercato or- tofrutticolo di Bologna, in abbandono da una decina di anni, al presidio del grande vuoto dell’ex mercato e al progetto di un orto- giardino autogestito nello storico quartiere operaio della Bolognina. «Crepe Urbane» è anche una rivista indipendente, che include la rivista complementare «Campi Aperti» (www.campiaperti.org), ideata allo scopo «di ampliare il concetto di crepa urbana a tutte l’attenzione di passanti e curiosi che spesso
collaborano, forniscono materiali e attrezzi, partecipano ai miniworkshop estemporanei di giardinaggio abusivo» (http://leballatedel- larealta.splinder.com). L’innesco di processi partecipativi alla micro-scala urbana costitu- isce uno degli obiettivi chiave di questo team di giardinieri informali.
Ancora a Milano, vanno segnalate l’iniziativa Green Island e la creazione dell’orto condivi- so Playground. La prima nasce nel 2002 «nel quartiere (Isola) per il quartiere» con l’obiet- tivo di rigenerare una porzione di periferia urbana dalla biografia speciale, collocata in adiacenza all’area ferroviaria della Stazione Garibaldi. Grazie al lavoro integrato del col- lettivo Cantieri Isola e del laboratorio cultura- le aMAZElab, Green Island ha dato origine a una serie di interventi differenziati di bonifica urbana, attuati coinvolgendo, oltre a cittadi- ni e commercianti della zona, anche scuole, associazioni, Amministrazione comunale e le Ferrovie dello Stato, tutti sollecitati a dare un contributo concreto attraverso operazioni (micro o macro) di riqualificazione/riconfigu- razione di spazi aperti di pubblica fruizione o di rivitalizzazione urbana. Playground è inve- ce un microsistema di natura urbana coltiva- ta, nato grazie a un collettivo di abitanti della zona, che, dopo aver fatto crescere piante e ortaggi in abbondanza sui propri balconi, ha deciso di colonizzare uno spazio in abbando- no tra le case per trasformarlo in orto comu- ne e luogo di scambio di saperi “giardinieri”. A Roma è nata l’associazione 4Cantoni (http://4cantoni.blogspot.com) che agisce privilegiando la realizzazione di installazioni temporanee ideate con l’obiettivo di coinvol- gere residenti e cittadini in processi locali di riabilitazione sociale e identitaria di spazi de- gradati e abbandonati. Tra le varie iniziative promosse da 4Cantoni figura il progetto Pian-
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Andrea Zabiello, Michele Trasi, Guerrilla Garde-ning: manuale di giardinaggio e resistenza contro il degrado urbano, Kowalski, Milano 2009. http://criticalgarden.netsons.org