RUOLO E POTERI DEI RETTORI VENEZIAN
5.3 Sul capitello per l'insediamento
Quando Venezia nominava un podestà o un capitano, quale rettore di una città della Terraferma, gli consegnava il libro delle “commissioni”, contenente istruzioni e norme cui doveva
attenersi durante il suo reggimento572. Per Verona i due libri di “commissioni” più noti sono quello
consegnato a Ermolao Barbaro, podestà, nel marzo 1545573, e quello ricevuto da Girolamo Pisani,
capitano, il 7 febbraio 1738574. Pur essendo lontani quasi due secoli l'uno dall'altro, i due testi
ricalcano le stesse preoccupazioni e disposizioni di carattere morale, sociale, amministrativo, ma anche di costume, senza dimenticare ovviamente le leggi statali e comunali.
Il rito dell'ingresso in Verona, che si ripeteva con la stessa coreografia e modalità per ogni rettore, si svolge per Ermolao Barbaro il 15 marzo 1545, accolto di domenica dalla nobiltà e dal popolo al suono delle campane. Dietro a lui la sua ‘corte’, cioè gli uomini da lui personalmente scelti per occupare i posti chiave. Questa la sequenza relativa alla ‘corte’ di Ermolao Barbaro: Vincenzo Angussola, da Vicenza, vicario personale del podestà; Giovanni Francesco Armani, da Brescia, designato giudice del maleficio, e quindi preposto all'uffico delle indagini penali; Francesco Macassola, da Venezia, giudice civile al banco del Griffone; Sebastiano Cordellina, giudice civile al banco della Regina Leona; Marcantonio Angussola, da Vicenza, nei panni di cancelliere del
podestà575; Noè Tavernini, da Bergamo, contestabile e quindi con funzioni di polizia; Natale
Manerba, bresciano, e Giovanni da Vicenza, come sbirri576.
Sotto il profilo della solenne coreografia perfezionata nel corso del tempo, va puntualizzato
che il corteo si snodava a partire da porta S. Spirito577, ed aveva come tappe obbligate una visita alla
571
Girolamo Corner aveva dettato una più severa normativa per il 'buon governo' del Territorio. Statuti del
Territorio Veronese, o.c., pp. 306-310 ("Circa il buon governo dello Sp. Territorio Veronese", Ordini di
Girolamo Corner, capitano, 30 giugno 1611).
572
L'eletto alla carica di rettore era tenuto a partire entro un mese dalla sua accettazione, se si trovava in Venezia; nel caso in cui la nomina lo soprendesse lontano dalla capitale aveva un mese per raggiungere la sede ad iniziare dal suo rientro nella capitale. Sulle commissioni si veda anche COZZI G., La politica del
diritto nella Repubblica di Venezia, in "Stato, società e giustizia nella Repubblica Veneta (sec. XV-XVIII)",
o.c., p. 92 ss.
573
SANCASSANI GIULIO, Commissioni di Pietro Lando, doge di Venezia, al nobile Ermolao Barbaro,
inviato podestà a Verona (1545 marzo 17), in Atti del convegno "Venezia e la Terraferma attraverso le
relazioni dei rettori", a cura di Amelio Tagliaferri, Milano, Giuffrè, 1981, pp. 473-484.
574
A.S.VR., VIII Vari, n°. 4 ('Commissione' a Girolamo Pisani, capitano di Verona, 1738).
575
Sul cancelliere pretorio, figura che aveva assunto "un'importanza notevolissima nell'amministrazione della giustizia penale di terraferma", si veda POVOLO CLAUDIO, Aspetti e problemi dell'amministrazione
della giustizia penale nella Repubblica di Venezia. Secoli XVI-XVII", in "Stato, Società e Giustizia nella
Repubblica Veneta (sec. XV- XVIII), a cura di Gaetano Cozzi, Roma, Jouvence, 1980, p. 164.
576
SANCASSANI G., Commissioni a Ermolao Barbaro, o.c., p. 474.-
577
Oggi non esiste più. Si trovava nell'area di porta Palio. Scrive in proposito Giambattista Biancolini: "Anno 1542. Dolfino Dolfin, sotto il cui reggimento fu edificata la porta del Palio, e distrutta quella del Calzàro, detta anche di S. Spirito, perchè per essa entravasi nella strada, ch'è dinanzi alla Chiesa e Monistero di S. Spirito". BIANCOLINI GIAMBATTISTA, Dei Vescovi e Governatori di Verona, o.c., p. 110. - Più circostanziato Gian Paolo Marchi che riprende Da Lisca: "Sempre sulle mura magistrali della città, dopo porta Palio, si apriva, ai tempi del Corna la porta di S. Spirito, costruita, come diceva un'iscrizione, da Calzario e perciò detta del Calzaro: la porta sarà poi chiusa dai Veneti quando nel secolo successivo
chiesa del santo patrono, S. Zeno, ed una alla cattedrale. Seguiva l'investitura ufficiale eseguita solennemente nel cuore della città - piazza delle Erbe - al cui centro troneggia ancor oggi un
capitello in marmo578. Il podestà ne saliva i gradini e quindi in quella posizione elevata rispetto alla
piazza e alla folla assiepata tutt'intorno, riceveva lo scettro della città579. Seguiva la sequenza del
giuramento. Nelle mani del podestà, sempre assiso in trono sotto il baldacchino di marmo o capitello, giuravano gli uomini della sua 'corte', secondo formule che erano diverse per vicario e
giudici580 rispetto a quelle pronunciate dal cancelliere, dal conestabile e dai due soldati581.
riedificarono le mura. Essa va comunque ubicata ove ora è l'ingresso dell'Ospedale Militare e cioè sulla direttrice di via Valverde". CORNA DA SONCINO FRANCESCO, Fioretto de le antiche croniche de
Verona e de tutti i soi confini e de le reliquie che se trovano dentro in ditta citade, o.c., pp. 35, 130.
578
"Il Capitello o Tribuna - spiega Marchi commentando Corna da Soncino - detta anche erroneamente Berlina, aveva una sedia marmorea, sulla quale sedeva il nuovo podestà quando riceveva le chiavi della città e la bacchetta emblema della sua carica". Questi i versi del Corna in riferimento a piazza Erbe:
"Et in mezo di quella è 'l Capitello
con la sedia de marmo lavorata".
CORNA DA SONCINO FRANCESCO, Fioretto de le antiche croniche de Verona e de tutti i soi confini e
de le reliquie che se trovano dentro in ditta citade, o.c., pp.47, 134.
Parlando di piazza delle erbe in età tardo-scaligera Alba Di Lieto scrive: "Centro della piazza, insieme alla fontana poi detta di Madonna Verona...è il capitello (confuso più volte con la Berlina) esistente, secondo Venturi, fin dal XIII secolo (lo troviamo infatti negli statuti albertini) e rifatto nel 1378 da Antonio e Bartolomeo della Scala nell'ambito delle disposizioni da loro prese sul decoro urbano. Qui avvenivano le gride e si insediavano i podestà. Era il luogo dove si punivano i bestemmiatori o chi commetteva frodi: sul lato sono tuttora incise le misure veronesi: la pertica, il passo, il coppo, il quarel e l'anello per misurare le fascine". DI LIETO ALBA, Una piazza comunale e scaligera: piazza delle Erbe, in "Gli scaligeri. 1277- 1387", a cura di Gian Maria Varanini, o.c., p. 251.
579
Le istruzioni (o 'commissioni') ai rettori fanno esplicito divieto di solennizzare la cerimonia d'insediamento con discorsi, quando invece lo Statuto di Verona prevede un discorso a celebrare il nuovo arrivato (cfr. in questo lavoro il par. 4.7.1 "Una giustizia accessibile a tutti"). Nell'istruzione al Pisani si legge: "Nell'accettazione del tuo Reggimento et consegnation non farai nè permetterai che alcun altro faccia alcuna renga ovver sermon sotto pena di ducati cento, anzi se qualcuno volesse rengar gli imporrai silentio, ma solamente dirai: 'io per nome del Dominio questo reggimento consegno', nè più nè meno sotto la predetta pena da esser scossa per li Avogadori nostri di comun". A.S.VR., VIII Vari, n.° 4 ('Commissione' a Girolamo Pisani, capitano di Verona, 1738). Alla fine del mandato era proibito offrire al rettore uscente segni esteriori di ricordo. La disposizione viene - per Ermolao Barbaro - così sintetizzata dal Sancassani: "Notevole la
parte del Consiglio dei Dieci 16 febbraio 1540 (more veneto) che vietava ai Comuni pitture, motti, iscrizioni
e altro in ricordo dei Rettori, ad eccezione dello stemma e del nome e cognome, limitatamente al palazzo di residenza, sotto pena di 100 ducati da devolvere ai poveri". SANCASSANI G., Commissioni a Ermolao
Barbaro, o.c., p. 482.
580
La formula letta dai giudici era la seguente: "Giuro, per i santi Evangeli, di comportarmi bene in questo mio ufficio e fedelmente per l'onore di Dio e del buon stato dell'illustrissimo Dominio veneziano e del comune di Verona; e di amministrare il diritto senza eccezione di persone, con ogni sincerità ed integrità, secondo Dio, la giustizia e l'onore del governo del sig. Podestà; di osservare gli statuti e gli ordinamenti del comune di Verona; e di avere specialmente le mani monde e continenti dai doni e dalle frodi". Statutorum
Veronae libri quinque, o.c., p. 2 (l.I c. 4°, "Forma juramenti Domini Vicarii, Domini Judicis maleficiorum,
et duorum Judicum ad civilia assessorum").
581
Questa, invece, la formula declamata dal cancelliere e dagli addetti all'ordine pubblico: "Giuro, per i santi Evangeli, che eserciterò il mio ufficio con buona fede e senza frode, secondo le indicazioni del podestà e secondo gli statuti e gli ordinamenti del comune di Verona e l'onore del governo del sig. Podestà, specialmente non riceverò doni, né farò per quanto mi è possibile baratteria". Statutorum Veronae libri
quinque, o.c., p. 2 (l.I c. 5° "Forma juramenti Cancellarii, conestabilis, et duorum militum sociorum D.
L'insediamento del podestà veniva solennizzato per celebrare la sacralità della Signoria
veneta di cui era il rappresentante in Verona. Quasi piccolo doge di provincia582, il podestà non solo
nel giorno solenne del suo insediamento, ma anche nella vita di tutti i giorni era attorniato da una propria guardia personale, i “baroeri”, il cui numero variava a suo arbitrio. Portavano armi ed indossavano una divisa la cui foggia era scelta dal podestà che faceva apporre sulle maniche il proprio stemma nobiliare. Circa le somme destinate a coprire i salari del podestà e della sua ‘corte’, la prima attribuzione governativa era stata particolarmente generosa, ma non ebbe alcun seguito perchè venne quasi subito dimezzata. L'elenco delle persone che il podestà doveva tenere alle sue dipendenze e i relativi salari vengono così definiti nella prima formulazione: «Abbia di salario 2.400 ducati all'anno ...riscuotendo dalla camera ossia dalla fattoria di Verona in 3 volte, cioè il terzo, ogni quattro mesi. Tenga a suo stipendio un vicario bene addottrinato in giurisprudenza, che non sia nativo di Verona... col salario di ducati 100 all'anno...; un giudice dei malefizi stipendiato con ducati 80; due giudici per le cause civili con ducati 60 per ciascun, bene inteso che tali tre giudici non potranno essere della provincia veronese, né domiciliati in essa; un notaio col salario di 100 lire all'anno, tre serventi da camera (‘socios’) fidati ed abili, e che siano di soddisfazione del dominio col salario di 3 ducati per ciascheduno al mese; un contestabile con 40 birri (“baroeri”), che abitano nel palazzo, dando a quello ducati 60 al mese cosicché cadauno di essi abbia un ducato e mezzo al
mese, e nient'altro fuori di ciò583. Seguono 6 donzelli, 4 ragazzi, un cantiniere, un mastro cuoco e 12
cavalli. Li suddetti giudici, serventi di camera ed altri di sua famiglia, avranno stanza in palazzo, e ciò sia per un anno, col più di tempo che importasse il ritardo del successore; in ciò osservandosi il metodo dei 12 reggimenti». Con un successivo decreto preso sette giorni dopo questo, il salario fu
ridotto a soli 1.200 ducati584. L'istruzione o “commissione”585 consegnata a Ermolao Barbaro nel
marzo 1545 prevede come salario netto annuo:
582
"Memori del ruolo che il doge aveva nella liturgia della chiesa veneziana, si voleva che nelle chiese della città i rettori avessero diritto a tributi d'omaggio al loro ingresso o durante le celebrazioni". G. COZZI,
Politica, società, istituzioni, in G. COZZI-M. KNAPTON, La Repubblica di Venezia (Utet, XII-1°), o.c., p.
214.
583
Nel 1545 il salario del contestabile - o capo della polizia - ammonterebbe - secondo Sancassani - a ducati 37 e lire 12 che gli dovrebbero essere corrisposte non dalla Camera Fiscale di Verona, ma personalmente dal podestà. Questo il testo del Sancassani: "In questo elenco si trova anche il contestabile o capo della polizia del Podestà omesso nel libro, il cui salario annuo a carico del Podestà stesso, era di ducati 37 e 12 lire" (SANCASSANI G., Commissioni a Ermolao Barbaro, o.c., p. 484). In realtà andando a leggere l'elenco di cui parla il Sancassani, si trova scritto che il contestabile "non ha salario, et paga del suo a l'anno et a rason de anno in quella camera ducati 37 lire 12". A.S.VR., VIII Vari, n° 5 ('Commissione' ad Ermolao Barbaro, podestà di Verona, 1545, cc. 181v-182).
L'"informazione Cavattoni" nell'elenco dei 'provisionati' che riscuotono il salario dalla camera fiscale di Verona indica:
- 1° "Contestabile alla piazza con compagni vinti: questi sono Officiali del Sig. Capitano"; - 2° "Contestabile nel borgo di San Nazaro con compagni otto";
- 3° "Contestabile nel borgo di San Zen con compagni otto; Tutti li sopradetti hanno obbligo di caminar la notte per custodia della città";
- 4° "Contestabile alla porta del Vescovo"; - 5° "Contestabile alla porta di san Zorzi"; - 6° "Contestabile alla porta di san Massimo"; - 7° "Contestabile alla porta Nova";
- 8° "Officiali XII della corte del Sig. Podestà".
CAVATTONI C. (a cura di), Informazione delle cose di Verona e del Veronese, compiuta il primo marzo
1600, o.c., p. 12.
584
SANCASSANI G., Commissioni a Ermolao Barbaro, o.c., p. 477. - L'"informazione Cavattoni" indica in 480 ducati ciascuno il salario del podestà e del capitano, corrisposti loro dalla camera fiscale di Verona. CAVATTONI C. (a cura di), Informazione delle cose di Verona e del Veronese, compiuta il primo marzo
al podestà...lire….1.725 al vicario...lire…...186 al giudice al maleficio...lire…….93 al giudice al griffone...lire…...107 al giudice alla regina...lire……107 ai due ‘cavallieri’, per ciascuno...lire….….58
Due i personaggi che non percepiscono salario, ma anzi sono costretti nella logica d'antico regime della venalità degli uffici a corrispondere in camera fiscale somme annuali:
il cancelliere «non ha salario, et paga de suo a l'anno... in camera fiscale… ducati 37»
il contestabile «non ha salario e paga de suo a l'anno... in camera fiscale… ducati 37»586.
Le sentenze emesse dal podestà non erano inappellabili, essendo garantito a tutti i sudditi il ricorso al governo ducale. Per tale via Venezia finiva coll'assorbire totalmente la vita della città suddita, bloccando sul nascere velleità autonomistiche che dovessero riemergere. Con proprie lettere ducali Venezia assolveva persone già condannate dal podestà veneziano, e giudicate invece degne di grazia. Accade nel 1458 per un Giovanni Lando autore di una rissa. Venezia accettando i ricorsi di cittadini che si sentissero ingiustamente condannati, poteva controllare anche la condotta del podestà da lei stessa inviato in Verona e dei suoi subalterni onde evitare che commettessero
ribalderie587. Era espressamente previsto che nessuno della famiglia del podestà dovesse interferire
nell'attività giudiziaria ed in genere nella vita amministrativa. Il podestà aveva l'obbligo di
trascrivere su di un libro memoriale, accuse, denunce e indagini, nonchè i nomi degli inquirenti588.
585
Di originali o copie delle istruzioni o commissioni se ne possono rinvenire in molti fondi. A parte gli esemplari custoditi alla Marciana, all'archivio di stato di Venezia esiste un apposito fondo ove sono conservate istruzioni impartite ai rettori, ma anche ad altre cariche dello stato come al 'capitano di Zara', al 'capitano generale da mar', all'ambasciatore presso l'imperatore, ecc. Cfr. l'Inv. 339 "Collegio. Commissioni
ai rettori ed altre cariche". Irrilevante la presenza di Verona. La più degna di menzione mi pare la
"commissione del doge Antonio Venier a Michele Steno eletto ambasciatore a Verona, in data 31 dicembre 1386" (busta 45). Se ne veda il riscontro nell'inventario analitico Inv. 326.Copie od originali delle commissioni si trovano poi negli archivi privati delle famiglie veneziane. Cfr. per un'esemplificazione quello dei Correr e dei Tiepolo. In quest'ultimo abbbiamo la commissione a Domenico Tiepolo podestà di Verona nel 1636. A.S.VE., Archivio Tiepolo II, b. 3.
586
A.S.VR., VIII Vari, n° 5 ('Commissione' ad Ermolao Barbaro, podestà di Verona, 1545, cc. 181v-182). Riporto in nota più sotto il salario spettante al rettore-capitano Andrea Renier. Anche per il suo cancelliere come pure per il contestabile non c'è salario, ma al contrario un loro dovere di versare annualmente in camera fiscale una certa cifra.
587
Gaetano Cozzi ci ricorda che per controllare i rettori Venezia si serve anche degli Auditori novi. Altro notevolissimo limite al potere dei rettori è rappresentato dalla stessa 'corte' di cui si devono obbligatoriamente avvalere. Ancora Cozzi riferendosi ai membri della corte del rettore conclude dicendo: "Ciò significava che dove c'eran loro, non restava molto spazio per l'arbitrium del podestà. Non si può pensare che questi tecnici del diritto, addottorati o impratichitisi nel diritto romano e in quello statutario, rinunciassero, quando sedevano in corte con il podestà a valersi della loro cultura, e si adattassero a far proprie le valutazioni di equità, di equità alla veneziana, che il podestà proponeva; nè è da ritenere che dovendo applicare, come i patti imponevano, statuti e consuetudini delle città, andassero poi ad integrarli, quando erano manchevoli, con norme tratte dallo Statuto veneto, e non piuttosto con quanto offriva l'immenso Corpus iuris giustinianeo". G. COZZI, Politica, società, istituzioni, in G. COZZI-M. KNAPTON,
La Repubblica di Venezia (Utet, XII-1°), o.c., p. 215.
588
Largo spazio viene dedicato al caso veronese in COZZI G., La politica del diritto nella Repubblica di
Venezia, in "Stato, società e giustizia nella Repubblica Veneta (sec. XV-XVIII)", a cura di G. Cozzi, Roma,
I primi rettori veneziani giunsero in Verona sul finire dell'autunno del 1405. La tendenza iniziale fu di lasciarveli per un anno, per cui la nomina in linea di principio avrebbe dovuto essere effettuata nel mese di dicembre. In realtà le eccezioni emersero fin dall'inizio. Volendo proporre qualche esemplificazione si può cominciare dall'agitatissimo anno della dedizione in cui il ricambio ai vertici è legato all'emergenza in corso. Tre i nomi che affollano l'anno della conquista di Verona,
quelli del podestà Giacomo Surian589, quindi di Pietro Pisani e poi di Rosso Marino590. Dopo Rosso
Marino compare un Giacomo Dalla Riva, cittadino veneziano giunto il 6 dicembre 1406 nelle vesti di vice podestà. Al 4 aprile 1407 podestà è invece Egidio Morosini, il cui incarico si conclude al settembre del 1408 quando nella prima domenica del mese entra in città il nuovo podestà Zaccaria
Trevisan591. Spostando più avanti i nostri sondaggi l'andamento irregolare delle permanenze risulta
ugualmente confermato. Nicolò Loredan è podestà per 13 mesi592. Un bel numero di mesi rimane -
tra il 1437 e il 1439 - Zaccaria Bembo593. L'irregolarità dei ricambi è comunque spesso legata a
guerre in corso. In tale eventualità il provveditore generale può ricoprire anche la carica di rettore andando magari a rimpiazzare la figura del capitano, istituzionalmente deputato a sovrintendere al
comparto militare. Accade ad esempio nel 1440 con Vettor Bragadin594. Col tempo la permanenza
in Verona venne prolungata fino a stabilizzarla intorno ai 16 mesi.
Al podestà, come pure a tutti i giudici del palazzo della ragione, era fatto obbligo di tenere a portata di mano un volume degli statuti cittadini, che all'inizio del mandato il rettore doveva farsi leggere. Il più importante dei libri di cui si compongono gli Statuti di Verona è senz'altro il primo essendovi condensato quanto attiene al governo della città. Vi si parla infatti anche del podestà, ma non invece del capitano, le cui funzioni si esercitavano al di fuori di ogni coinvolgimento delle autorità comunali. Per tale ragione il capitano non appare in una posizione eminente per chi scorra i documenti ufficiali della vita cittadina. Eppure egli svolgeva un'attività forse di gran lunga superiore a quella del collega, per l'occhio vigile di Venezia. Alle sedute del consiglio comunale egli di solito era presente quando si trattavano argomenti relativi ai dazi e alle imposte. In tema di fortificazioni, invece, il parere del podestà, unito a quello del capitano, era indipendente dalla volontà del consiglio.
589
Il Surian l'anno prima era a Vicenza. Di lui Antonio Menniti Ippolito scrive: "L'8 giugno 1404, nel Maggior Consiglio veneziano ci si avvide che Giacomo Surian, 'gubernator exercitus nostri terrestris', era anche rettore di Vicenza 'et habeat libertatem ministrandi rationem et justitiam in civilibus et criminalibus'". Data l'emergenza, osserva il Menniti, "era inevitabile che venisse autorizzato il cumulo degli incarichi". ANTONIO MENNITI IPPOLITO, La 'fedeltà' vicentina e Venezia. La dedizione del 1404, in "Storia di Vicenza", III/1, o.c., p. 41.
590
Rosso Marino lo troviamo nominato per la prima volta in una seduta del consiglio comunale dell'11 dicembre 1405 nel corso della quale si impartiscono ordini per la semina a miglio di un certo numero di campi del territorio veronese.
591
Zaccaria Trevisan viene così annunciato negli atti del consiglio: "die secundo septembris dominica, hora matutina, 1408, magnificus miles dux Zacharias Trivisanus pro Serenissima ducali dominatione venetiarum et pro officio podestarie Verone civitatis intravit".
592
Nicolò Loredan viene così annunciato: "Sub magnifico viro domino Nicolao Lauredano potestate, qui suum magistratum adivit sexto julii 1421". Lo rimpiazza l'anno dopo Francesco Pisani: "Sub magnifico domino Francisco Pisani potestate Verone anno 1422 mensis augusti".
593
L'inizio per il Bembo viene così indicato: "Sub domino Zacharia Bembo qui suum regimen Podestarie Verone intravit die XV septembris anno domini 1437".
594
La permanenza di Vettor Bragadin viene così definita: "Sub magnifico domino Victore Bragadino
provisore Verone et loco potestatis qui succedens domino Zacharia Bembo Potestati feliciter intravit die
jovis primo januarii 1439". Gli subentra Dolfin Venier, così annunciato: "Sub magnifico domino Dolfino