LA PRIMA ETA' VENEZIANA TRA POESIA E STORIA
3.6. La memoria di chi c'era
Gli scrittori veronesi si distinsero non solo nella celebrazione della loro città, ma anche nell'illustrazione di avvenimenti slegati dalla logica del piccolo orizzonte campanilistico. Una
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Gian Paolo Marchi presentando il cantare di Francesco Corna da Soncino scrive: "Nella presentazione dei mirabilia urbis il poeta segue uno schema collaudato, che mostra sorprendenti analogie strutturali col
Ritmo pipiniano: l'idea fondamentale che anima questi testi consiste nell'additare ai lettori e agli ascoltatori un tipo di città perfetta, quasi epifania della Gerusalemme celeste. E se il devoto intellettualismo della
rinascenza carolingia aveva elaborato uno schema urbanistico di Verona concepita come minor Jerusalem, il Corna crede di poter ravvisare nella forma della città la figura di un'aquila, simbolo del potere divino e imperiale". CORNA DA SONCINO FRANCESCO, Fioretto de le antiche croniche de Verona e de tutti i
soi confini e de le reliquie che se trovano dentro in ditta citade, a cura di Gian Paolo Marchi e Pierpaolo
Brugnoli, Verona, 1973. Il Marchi cita, in riferimento al Ritmo pipiniano, il volume Versus de Verona.
Versum de Mediolano civitate, a cura di G.B. Pighi, Bologna 1960; in riferimento invece alla minor Jerusalem: Marchi, Verona minor Jerusalem. Contributo alla storia dell'urbanistica carolingia, "Architetti
Verona", III, n. 13 (luglio-agosto 1961), 25-34.
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Statutorum Veronae libri quinque, o.c., Proemium. Sulla distribuzione topografica delle singole località si rimanda a MARCHI GIAN PAOLO, Forma Veronae. L'immagine della città nella letteratura medioevale
e umanistica, in "Ritratto di Verona. Lineamenti di una storia urbanistica", a cura di Lionello Puppi, Verona.
B.P.VR., 1978, p. 11. Come pure a MARCHI GIAN PAOLO, Verona minor Jerusalem. Contributo alla
storia dell'urbanistica carolingia, Estratto da "Architetti Verona", 13, 1961.
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Come ho ricordato più sopra. Cfr. il par. 3.4. "L'impegno encomiastico-celebrativo" del cap. III "La
prima età veneziana tra poesia e storia".
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Il verbale di quella seduta è stato trascritto da Gian Paolo Marchi che ce ne offre anche la traduzione. MARCHI G.P., Forma Veronae. L'immagine della città nella letteratura medioevale e umanistica, in "Ritratto di Verona. Lineamenti di una storia urbanistica", a cura di Lionello Puppi, o.c., p. 10. - Ne riporto uno stralcio in nota alla fine del prossimo par. 3.6. "La memoria di chi c'era" (cap. III "La prima età
rapida rassegna dei più rappresentativi può anche farci cogliere un'insospettata ramificazione di interessi ben al di fuori della cerchia urbana nella quale si è nati.
Il legnaghese Alessandro Benedetti, storico, medico ed umanista, scrisse i «Diaria de bello
carolino», mettendo a frutto la propria esperienza al seguito dei Provveditori veneziani che
conducevano le milizie mandate ad impedire la ritirata dei Francesi di Carlo VIII, i quali dopo la
facile occupazione del regno di Napoli tentavano di rientrare in Francia194.
Che il Benedetti fosse al seguito dei Provveditori in azione di guerra e ne fosse in un certo senso l'aedo non era un fatto davvero eccezionale. Ho già avuto occasione di menzionare Battista
Bevilacqua, che della prima fase della guerra contro i Visconti ha scritto una relazione. Era presente
nell'esercito veneziano (1427-1433), ma non ebbe fortuna. Invece Giorgio Bevilacqua, che partecipò alla seconda fase, scrisse una «Historia de bello gallico», riscuotendo consensi. Il Soranzo la giudicò «abbastanza particolareggiata e nel complesso esatta», e la Perpolli ne apprezzò la
“vivacità”195
. Anche il Maffei lodò il Bevilacqua Lazise al punto da proporre al Muratori di inserirlo
nel ‘corpus’ degli scrittori «Rerum Italicarum», senza però essere accontentato196.
Ludovico Antonio Muratori pubblicò invece l'opera di Francesco Aleardi, «Oratio in
laudem Francisci Sfortiae» per avere liberato Verona, occupata nella notte del 16-17 novembre
1439 di sorpresa - tranne alcuni punti nevralgici come i castelli di S. Felice e di S. Pietro - da Nicolò
Piccinino, al servizio di Filippo Maria Visconti, con l'aiuto del marchese di Mantova197.
L'occupazione durò pochi giorni, perchè già il 20 dello stesso mese avveniva la liberazione ad opera dello Sforza coadiuvato dal Gattamelata. I due condottieri costarono pesanti compensi in denaro, per i quali la città impoverita dovette più volte nel tempo ricorrere (in particolare con gli eredi del
Gattamelata) ai panni delle ‘garzarie’ in acconto del debito198. Contrariamente alle tristi usanze del
tempo, le milizie dello Sforza e del Gattamelata non avevano messo a sacco la città conquistata. La rinuncia al sacco aveva però un controvalore appunto nella grossa cifra promessa ai due condottieri. Secondo il Cipolla il sigillo della città sarebbe andato perduto proprio durante quei tragici giorni, poi sostituito con un altro in cui era impressa la scritta «Verona minor Jerusalem divo Zenoni
patrono», con decisione del Consiglio cittadino in data 26 febbraio 1474, essendo cancelliere
Silvestro Lando199.
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Sul legnaghese Alessandro Benedetti, interessantissima figura di medico e professore nell'università di Padova, si veda BONUZZI L., Cultura e medicina dal Quattrocento all'età del positivismo, in "Cultura e vita civile a Verona", a cura di Gian Paolo Marchi, o.c., pp. 424-430. AVESANI R., Verona nel
Quattrocento. La civiltà delle lettere, o.c., p. 252. MAFFEI SCIPIONE, Verona Illustrata, parte II, L'Istoria Letteraria, o.c., p. 129.
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PERPOLLI CESIRA, L'Actio Panthea e le origini dell'umanesimo veronese, Verona, 1915. Citato da AVESANI R., Verona nel Quattrocento. La civiltà delle lettere, o.c., p. 64.
196
MAFFEI S., Verona Illustrata, parte II, L'Istoria Letteraria, o.c., p. 98.
197
AVESANI R., Verona nel Quattrocento. La civiltà delle lettere, o.c., p. 65. Cfr. nel presente lavoro il par. 1.2. "Oltre il Mincio" (cap. I "Gli eventi politici, 1405-1797").
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Le Garzarie sono un'istituzione che "controlla e perfeziona tutta la produzione tessile" cui è dedita in età scaligera la metà della popolazione urbana. Sulla nascita di tale organismo, se sia da far risalire al 1301 o più verosimilmente al 1363, e sulla sua evoluzione in età viscontea e veneta, si veda FACCIOLI G., Verona
e la navigazione atesina. Compendio storico delle attività produttive dal XII al XIX secolo, Verona, o.c., pp.
54-55.
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Al sigillo ho già fatto un cenno alla fine del precedente par. 3.5. "L'impegno encomiastico-celebrativo" (cap. III "La prima età veneziana tra poesia e storia"). - Riporto nella traduzione di Gian Paolo Marchi le parole introduttive della richiesta da parte del cancelliere Silvestro Lando di un nuovo sigillo e di una nuova scritta che lo contorni. "Per il nuovo sigillo del Comune. Fu ricordato da me Silvestro Lando cancelliere come altra volta nel 1442 fu proposto di fare un nuovo sigillo del Comune in luogo di quello perduto nella
confusione del 1438...". Un'indicazione cronologica - questa del 1438 - che Gian Paolo Marchi interviene a
correggere così: "Veramente, la confusione cui allude il Lando si verificò nel novembre 1439, allorchè Nicolò Piccinino con un colpo di mano si impadronì di Verona... Nelle violenze e nei tumulti seguiti alla