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LA CASA DEI MERCANT

8.2. La normativa statutaria

Nel libro I degli statuti del 1450 si parla delle figure chiave destinate a governare la casa dei mercanti al cui vertice si colloca il vicario, mentre nei precedenti periodi comunale e scaligero era chiamato podestà quasi a sottolineare il maggior peso che il responsabile dei mercanti aveva. Le origini della casa dei mercanti sono legate all'esperienza comunale di cui vengono indicate le origini

in Verona al 1136808. Un quarantennio dopo la nascita del comune «apparve, ispirandosi al modello

della costituzione comunale, la corporazione dei mercanti, il cui primo console è attestato nel

1175»809. «Nel 1209 - spiega ancora Castagnetti - la Domus mercatorum appare retta da un podestà

- anche questo a distanza di quarant'anni dal primo podestà del comune -, da consoli e da

consiglieri»810. Per misurare il peso politico del podestà della casa dei mercanti sarà sufficiente

804

Statutorum Veronae libri quinque, Privilegia, o.c., Bulla aurea, pp. 393-394. Sulla casa dei mercanti si veda VECCHIATO LANFRANCO, Saggi sulle istituzioni cittadine veronesi nel '400, Verona, 1959, p. 76 ss.

805

Statutorum Veronae libri quinque, Privilegia, o.c., Bulla aurea, Aliud Privilegium, p. 398.

806

"Confirmatio privilegiorum omnium". La delegazione inviata a chiedere la conferma dei privilegi quattrocenteschi annoverava tra i suoi componenti uomini delle seguenti casate: Malaspina, Nogarola, Giusti, Bevilacqua, Bravo, Guarienti, Braida, Pellegrini, Brenzoni, Da Lisca, Cavalli, Baialoto. Cfr.

Statutorum Veronae libri quinque, o.c., Privilegia, Confirmatio, p. 405.

807

SOLDI RONDININI G., La dominazione viscontea a Verona (1387-1404), in "Verona e il suo Territorio", v.IV, t.1, o.c., pp. 156, 165.

808

Scrive Andrea Castagnetti: "La data di formazione del governo comunale...è solitamente considerata quella in cui appaiono per la prima volta i consules civitatis... Nelle città venete i consoli appaiono relativamente tardi... nei confronti dell'evoluzione ...delle città dell'Italia settentrionale... I primi consoli sono documentati nel 1136 a Verona, nel 1147 a Vicenza, negli anni 1162-1164 a Treviso". CASTAGNETTI ANDREA, L'età precomunale e la prima età comunale (1024-1213), in "Il Veneto nel medioevo. Dai comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca", a cura di A. Castagnetti e G.M. Varanini, Verona, 1991, p. 58.

809

CASTAGNETTI A., L'età precomunale e la prima età comunale (1024-1213), in "Il Veneto nel medioevo", o.c., p. 129.

810

CASTAGNETTI A., L'età precomunale e la prima età comunale (1024-1213), in "Il Veneto nel medioevo", o.c., p. 129.

ricordare che gli statuti scaligeri in tema di riscossione dei dazi coinvolgono nella regolamentazione

della materia proprio il «potestas mercatorum», coadiuvato da esperti da nominare allo scopo811. E

tuttavia a capire a pieno il peso riservato al podestà della casa dei mercanti in età scaligera non si può dimenticare che la carica era ricoperta dallo stesso signore scaligero, il quale andava così a controllare direttamente anche la vita economica della sua città. In forza di ciò l'autonomia della casa dei mercanti finiva coll'essere solo apparente. Silvana Anna Bianchi parlando della riforma degli Statuti della Domus e delle arti, voluta da Cangrande I, ci ricorda che il signore scaligero «quasi sino alla morte - come avevano fatto i suoi predecessori - coprì personalmente la carica di

podestà perpetuo dell'associazione mercantile»812.

Gli statuti del 1450 collocano, accanto al vicario della casa dei mercanti un “miles consul”, tre consoli, un notaio e il massaro. Costoro devono prestare giuramento nelle mani del rettore veneziano (il podestà) di «suum officium bene et recte facere secundum Statuta et ordinamenta

dictae Domus, et secundum honorem regiminis domini Potestatis et communis Veronae»813. Ad

evitare poi che un'unica famiglia potesse assumere il controllo dell'importante struttura, si impone che tra i neoeletti non figurino consanguinei. Non erano infatti eleggibili nei vari uffici «duo de

eadem casada, etiam cognati»814. Se il vicario della casa dei mercanti in età veneta è stato svuotato

di ogni potere politico, rimane tuttavia il ricordo del prestigio comunale e signorile, ribadito da questo riconoscimento: «Vicariatus domus mercatorum inter omnia communis Veronae officia jurisditionem habentia, sicut a maioribus nostris, ita a nobis habetur et perpetuo habendus est

primus et praecipuus». Il segno visibile di tale posizione preminente viene consacrato dal diritto di

precedenza nelle cerimonie pubbliche durante le quali il vicario dei mercati dovrà occupare il posto subito dopo i rettori veneziani. Visivamente, il vicario risulta quindi il primo cittadino di Verona,

anche se non lo è certo di fatto815. Il vicario doveva essere cittadino originario di Verona,

«honorabilis, prudens, bonae reputationis et famae». Con lui era eletto un altro cittadino ugualmente di buona condizione, «bene doctus et praticus, maxime artis lanae». Dunque il ‘vice’ del vicario doveva essere un tecnico, esperto nell'arte della lana che per secoli era stata l'industria più fiorente in città e quindi il fondamento della potenza economica e politica di Verona nei primi secoli del millennio. Costui sarà il “consul miles”, poi chiamato più semplicemente cavaliere, il console cioè impegnato in prima fila nel far rispettare la legislazione che disciplinava il mondo del lavoro veronese, di cui la casa dei mercanti avrebbe dovuto essere strumento di autogoverno. Anche quel «maxime de arte lanae» di cui il cavaliere deve essere «bene doctus et praticus» è spia della centralità che l'industria laniera conserva ancora a metà Quattrocento, quando vengono redatti gli Statuti.

811

Il cap. 213° del libro I ordina la riscossione dei dazi o tolonei su "rebus et mercandariis", e quindi su cose e mercanzie, esplicitamente nominate: pane, vino, olio, ecc. BIANCHI S.-GRANUZZO R. (a cura di), Gli

Statuti di Verona del 1327, o.c., vol. I, p. 232.

812

"La diretta iniziativa dello Scaligero - prosegue la Bianchi - nel promuovere questa riforma è essa stessa conseguenza del legame primigenio tra famiglia scaligera, Domus Mercatorum e populus Verone: la carica di podestà della Domus era da 48 anni ricoperta continuativamente da un esponente dei della Scala (prima Alberto I, a partire dal 1271, poi i suoi tre figli durante i rispettivi periodi di signoria. Si è liberi, insomma, dal condizionamento esercitato dalla tradizione del comune urbano: e il risultato è che dei primi dieci capita del primo libro degli statuti della Domus - un istituto che pure aveva una storia ben più che secolare - nove si occupano del vicario, mettendo in evidente rilievo la centralità del suo ruolo; il suo arbitrium è annunziato in pompa magna, ad apertura di statuto, non - come inevitabilmente accade nello statuto del comune - confinato là dove doveva stare, in fondo al libro I". BIANCHI S.- VARANINI G.M., Statuti comunali e

signoria: Verona e gli Scaligeri, in BIANCHI S.-GRANUZZO R. (a cura di), Gli Statuti di Verona del 1327,

o.c., vol. I, p. 38.

813

Statutorum Veronae libri quinque, o.c., l. I, cap. 89°, p. 41.

814

La norma sulle parentele viene aggiunta al cap. 89° del l. I il 18 ottobre 1458. Statutorum Veronae libri

quinque, o.c., pp. 41-42.

815

Gli statuti cittadini del 1450 si preoccupano poi dell'esecutività delle sentenze emesse dal vicario e dai giudici della casa dei mercanti in cause di loro competenza, nelle quali si trovino coinvolti quindi iscritti alle corporazioni cittadine colpevoli di violazione alle norme corporative. Si dispone che il rettore veneto non debba accogliere ricorsi per sentenze in cui la condanna pecuniaria fosse inferiore alle dieci lire. E' invece consentito appellarsi al podestà per cause superiori alle 10 lire. Il tempo concesso al rettore per emettere la sentenza è però contenuto entro pochi giorni,

passati i quali diventa esecutiva la sentenza di primo grado816. È un altro segno della caduta di

potere politico-giudiziario della casa dei mercanti rispetto alle competenze che le erano riconosciute

in età comunale e signorile817.

Gli statuti veronesi del 1450, in relazione alla casa dei mercanti, si limitano dunque a parlare

di prestigio della carica e di appellabilità delle sentenze818. Quanto alla prima indicazione - circa

cioè il prestigio della carica di vicario - le conferme si sprecano a cominciare da quella dell'anonimo che scrive al 1 marzo 1600. Egli quasi parafrasando il latino dello Statuto del 1450 ribadisce che «il

vicario della Casa è il più degno e principal officio che sia nella città...; et per ordinario è de'

principali gentilhuomini o Conte o Cavalier o Dottor, o altro che habbi titolo. Dura sei mesi, et entra il primo di Marzo et il primo di Settembre». Un ulteriore segno di distinzione ci viene dal cerimoniale il quale prescrive che abbia «il primo luogo appresso li sig. Rettori; di maniera che il detto Vicario precede i Proveditori della città; il giorno che fa il suo ingresso va insieme con li sig. Rettori unitamente con il Vicario suo precessore nella sala della Casa de' Mercanti» per ascoltare

«una elegante oratione che loda il Vicario vecchio, toccando in parte i meriti del Vicario novo»819.

Dal punto di vista giurisdizionale la casa dei mercanti ha conosciuto, dunque, un netto ridimensionamento con Venezia, che inserisce a statuto proprio il controllo sulle sentenze più

interessanti dal punto di vista finanziario, quelle con condanne pecuniarie superiori alle 10 lire820.

Ciò non avveniva quando Verona era autonoma politicamente. Allora le sentenze della domus erano inappellabili. Essa poteva anche porre al bando il condannato che non le avesse onorate e si valeva dei propri ufficiali e di quelli del comune perchè chi era stato riconosciuto dalla parte della ragione ottenesse soddisfazione. Già all'indomani della dedizione, Venezia aveva mostrato tutto il suo

816

Statutorum Veronae libri quinque, o.c., l. I, capp. 90°, 91°, pp. 42, 43.

817

In età scaligera lo statuto non ammetteva appello alle sentenze emesse dal podestà e dai consoli della casa dei mercanti. BIANCHI S.-GRANUZZO R. (a cura di), Gli Statuti di Verona del 1327, o.c., vol. I, l. II capp. 57, 58, p. 335.

818

Tre capitoli dello statuto veronese del 1450 - sempre in tema di casa dei mercanti - ripetono quasi alla lettera i tre corrispondenti degli statuti di Cangrande del 1327. Cfr. Statutorum Veronae libri quinque, o.c., l. I, capp. 92,93,94, p. 43. BIANCHI S.-GRANUZZO R. (a cura di), Gli Statuti di Verona del 1327, o.c., vol. I, capp. 59,60,61, pp. 335-336.

819

E' una cerimonia che ho già avuto modo di evocare in quanto l'anonimo che scrive al 1 marzo 1600 ci ricorda che specializzato in queste orazioni di circostanza era, nella sua epoca, l'avvocato fiscale Aurelio Prandini. Vedi il par. 7.2 ("Traditore et rubello della patria") del cap. VII "Camera fiscale e cassa comunale". CAVATTONI C. (a cura di), Informazione delle cose di Verona e del Veronese, compiuta il

primo marzo 1600, o.c., cap. 19°, p. 16.

820

Nella stampa di un processo che vede contrapposte 'arti mecaniche e arti nobili' si riporta una pagina del Micheli da cui si desumono questi dati essenziali relativi al vicario della casa dei mercanti:

- 1° Il vicario della casa dei mercanti ha il titolo di rettore urbano;

- 2° Nel suo ufficio è assistito da 4 persone, una chiamata, cavaliere, le altre tre, consoli;

- 3° Nelle vesti di giudice non può operare da solo; deve essere obbligatoriamente assistito dal cavaliere e dai consoli. Solo il vicario è però giudice; gli altri tre hanno potere consultivo. Sono dunque insostituibili, ma non emettono la sentenza che resta riservata al vicario;

- 4° "Tiene sotto di sè tutte le arti della città e sobborghi, eccettuata quella delli Burchieri, la quale per la

navigazione è soggetta al tribunal prefettizio, e delli Filatori, la quale è soggetta alli presidenti della seda";

- 5° "L'Officio delli Presidenti della Seda riconosce la sola giurisdizione sopra l'arte delli Filatori e maestranze di seda". "Stampa delle Arti Mecaniche", in A.S.VR., Archivio Arte Speziali, proc. 1.

interesse per le somme che la casa dei mercanti incamerava con le condanne. Una ducale del 13 novembre 1406 non trova giusto che lo stato veneto non ne risenta alcun beneficio ed ordina perciò il trasferimento in camera fiscale di quanto incassato, al netto delle spese le quali vengono comunque congelate al livello presente. Una disposizione - questa - indispensabile onde evitare che Verona risponda alla mossa veneziana dilatando artificialmente le spese per impedire che il denaro

le sia sottratto a beneficio della camera fiscale821.

Questa disposizione del 13 novembre 1406 deve essere stata per lunghi periodi disattesa come ci fa capire nel 1612 Girolamo Corner il quale si lamenta che i titolari della casa dei mercanti

«condannano et impongono et scodono pene senza dar conto di cosa alcuna alla Camera» (822. Ed

insieme denunciava assemblee di massa, politicamente censurabili, non essendovi ammesso alcun rappresentante dello stato. Informa infatti che il vicario riuniva gli esponenti delle corporazioni cittadine «senza l'assistenza, nè saputa d'alcuno dei Rettori, sichè talvolta riducano insieme trecento et quattrocento persone, dove chi non havesse buona opinione potrebbe trattar et concertar ogni gran

cosa a pregiudicio publico»823.

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