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LA CASA DEI MERCANT

8.3. La “malissima sodisfattione” dei mercant

L'altro elemento che si ricava dal Corner è che le arti sono monopolizzate dalla nobiltà. Gli aristocratici, pur rifiutando il lavoro manuale e le attività commerciali perchè incompatibili con lo status nobiliare, poi di fatto ne hanno il pieno controllo proprio attraverso le strutture della casa dei

mercanti824. Questo il testo del Corner: «li gentilhuomini...governano in modo che tengono tutti in

ubbidienza con minaccie et con protesti». Che cosa può fare il rappresentante del governo per ristabilire il rispetto delle regole? Ben poco. Il Corner ammette che avrebbe potuto prendere dei provvedimenti, ma se ne è astenuto sapendo che la città di Verona è «così sensitiva et pronta al mandar ambascerie, cosa che qui dall'universale (da tutti) viene interpretata malamente e a

pregiudicio di chi serve»825.

Il vicario della casa dei mercanti doveva già secondo gli statuti del 1450 essere - come ho già riportato - persona «honorabilis, prudens, bonae reputationis et famae»; in realtà essendo scelta dal consiglio comunale finì coll'essere un nobile, mentre invece venivano scelti tra i mercanti tutti i suoi collaboratori. Ciò almeno fino al 1566. La sistematica elezione alla carica di vicario della casa dei mercanti di un nobile è legata alla progressiva aristocratizzazione del consiglio comunale, che riceve il solenne anche se indiretto avallo di Venezia con le ducali del 1572 con le quali Venezia rispondeva alle richieste del ceto mercantile scaligero, rappresentato in particolare dai nunzi Giulio Torniello e Maffeo Dossi. Questi avevano chiesto al consiglio dei dieci il rispetto delle disposizioni contenute nella “confirmatio” del 1517, che non escludevano dai consigli e dagli onori cittadini il

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Questi i passaggi più rilevanti della ducale del 13 novembre 1406: "Et quia non est iustum nec honestum quod omnes condemnationes et poenae pecuniariae et alii denarii et introitus quos exigunt ex condemnationibus et aliis, quae per consulem, vicarios et alios offitiales dictae Domus administrantur et fiunt, in utilitatem ipsorum convertentur, volumus quod, visis dictis quaternis, totum id quod reperiretur superabundare singulis sex mensibus ab expensis quae fiunt per ipsam domum, sicut sunt salaria, quae dantur officialibus suis et aliae expensae necessariae, quas tamen nolumus quod possint augere, sed quod sint limitatae sicut sunt ad praesens, in factoriam nostram convertatur et veniat et non remaneat in offitiales dictae Domus".

822

Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma, IX, Podestaria e Capitanato di Verona, o.c., p. 192.

823

Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma, IX, Podestaria e Capitanato di Verona, o.c., p. 192.

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Sull'atteggiamento della nobiltà verso il mondo del lavoro, e la relativa bibliografia, si veda GULLINO GIUSEPPE, I patrizi veneziani e la mercatura negli ultimi tre secoli della Repubblica, in "Mercanti e vita economica nella Repubblica Veneta (secoli XIII-XVIII)", a cura di G. Borelli, vol. II, Verona, bpv, 1985, pp. 401-451.

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ceto mercantile826. A queste istanze dei mercanti risponde la ducale 9 maggio 1572, che viene considerata l'atto ufficiale di accettazione da parte di Venezia della politica di chiusura aristocratica del consiglio comunale veronese. Già in questa ducale si parlava di cariche nella casa dei mercanti. Sotto accusa non era tanto l'elezione del vicario, che forse veniva in quel contesto considerata dai mercanti una causa persa o meno pressante (essendoci in ballo anche l'accesso al consiglio comunale). Ciò che premeva di più era la perdita a vantaggio della nobiltà anche dei ruoli subalterni, all'interno della casa dei mercanti, come quello di cavaliere, di ‘console’, ecc. Si denunciava da parte dei mercanti che la consuetudine di eleggere nobili anche alle cariche minori, tradizionalmente riservate ai mercanti fosse iniziata nel 1566. Per questo i mercanti erano ricorsi alla veneziana Avogaria di Comun ottenendo lettere favorevoli, subito impugnate dal consiglio cittadino che ricorre al Consiglio dei Dieci. Il supremo tribunale veneziano attraverso la ducale 9 maggio 1572 ordina genericamente che non «sia fatta alcuna novità» sia in relazione al problema dell'accesso al consiglio comunale, negato ai mercanti, sia in ordine alle nomine alla casa dei

mercanti per le quali lo stesso ceto mercantile si spacca827.

In questo anno cruciale - il 1572 - la ducale tutta dedicata alla casa dei mercanti è però la 13

agosto 1572. A Venezia per la circostanza si sono esibite due delegazioni. Quella in rappresentanza

del comune era quasi tutta rinnovata rispetto alla precedente nominativamente ricordata nella ducale

9 maggio 1572. L'unica conferma è di Alessandro Capella828. La delegazione dei mercanti annovera

invece i due veterani, Giulio Torniello e Maffio Dossi, affiancati da un Bernardino Aroldo829. La 13

agosto 1572 accontenta parzialmente i mercanti nel senso che per loro il vicariato della casa dei mercanti è definitivamente perso, mentre salvano invece le cariche minori, riservate in esclusiva al ceto mercantile. «L'anderà parte - recita appunto la 13 agosto 1572 -che l'eletione del Vicario d'essa Casa sia fatta da quel consiglio de Nobili d'essa città, ch'è solito à far simile eletione, et sia fatta di

quella qualità di persone, che meglio a quello parerà, et dallo stesso consiglio siano eletti quelli

altri offitij aspettanti a detta Casa de Mercanti, che sin'hora da quello sono stati eletti, non si potendo però elegger d'altra qualità di persone se non del numero delli mercanti, ch'attualmente

esercitano la mercantia...et con condition che sia eletto un solo per arte»830.

La recezione delle logica consacrata dalla 13 agosto 1572 non sarà immediata. Già al dicembre del 1572 Venezia deve prendere atto che essa non è stata applicata nell'ultima tornata di

elezioni e torna perciò genericamente a raccomandare l'esecuzione delle direttive dell'anno prima831.

L'anno dopo si sente però il bisogno di un'interpretazione autentica. Come si deve intendere la 13 agosto 1572? «L'anderà parte che sia dichiarito, et così debba et non altrimenti esser interpretato...», risponde Venezia, la quale ancora una volta ribadisce il doppio livello. «Dal Vicario d'essa casa in fuori - recita la 31 ottobre 1573 - l'eletione del quale deve esser fatta da quel consiglio de Nobili della qualità di persone, che meglio ad esso consiglio parerà, l'altri offitiali et ministri...debbano esser per lo stesso consiglio eletti del numero de mercanti usevoli, ch'esercitano attualmente la

mercantia»832.

826

Al conflitto tra nobili e mercanti ho già un cenno in relazione ai vani tentativi operati da questi ultimi di vedersi ricosciuto il diritto di accesso al consiglio cittadino. Contestualmente si conduce la battaglia anche per l'esclusione dei mercanti dal vertice della casa dei mercanti. Si veda il par. 6.7 ("I 'mercanti vilipesi dai

nobili'") nel cap. VI "Il governo locale".

827

A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 9 maggio 1572).

828

La delegazione mandata dal consiglio cittadino è formata da quattro dottori: Alessandro Capella, Pio Turco, Antonio Zucco, Girolamo Moncelese. A.S.VR., Archivio Arte della Lana, b. VII proc. 102.

829

In una copia custodita in altro fondo archivistico della stessa ducale 13 agosto 1572, oltre a Torniello, Dossi e Aroldo, si indicano come membri della delegazione dei mercanti di Verona anche "Francesco Zanotto, Zuanne Mona, Guerin di Priori". A.S.VR., Archivio Arte della Lana, b. VII proc. 102.

830

A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 13 agosto 1572).

831

A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 31 ottobre 1573).

832

Nella nomina del vicario della casa dei mercanti si continuerà quindi regolarmente a privilegiare esponenti dell'aristocrazia, nonostante le reiterate proteste dei mercanti. Costoro emarginati dalla classe nobiliare, impegnata a difendere posizioni di prestigio e di potere, a loro volta avrebbero creato discriminazioni al proprio interno, nel momento in cui si fosse cominciato a distinguere tra arte nobile e arte “vile” e “manuale”. In forza di tale ulteriore articolazione se il vicariato era ormai riservato ai nobili, le altre cariche della casa dei mercanti restavano appannaggio dei membri di “arti nobili” da identificare con i comparti produttivi di maggior prestigio, in testa su tutti l'arte della lana. L'intervento di Venezia a mezzo dei suoi rettori per impedire che nascessero “litigi e scandali” tra nobili e mercanti, ma ormai soprattutto all'interno del ceto mercantile, per l'elezione degli “officiales” della casa dei mercanti, è frequente anche se occasionale. Il 25 febbraio

1580 i rettori Giovanni Battista Bernardo, podestà, e Onofrio (o Onfredo) Giustinian, capitano833,

emettono un decreto rettorile a garanzia degli aspiranti all'elezione agli offici della casa dei mercanti nel quale si invita a darsi in nota onde si possa valutare i titoli posseduti da ciascuno e consentire

così di depennare tempestivamente dal numero dei ballottandi gli ineleggibili834.

Gli aspiranti alla nomina di “offitiales” della “Domus Mercatorum” dovevano soddisfare ai seguenti requisiti:

- possedere una capacità contributiva, riconosciuta dall'estimo cittadino, non inferiore ai dieci soldi; essere di “età perfetta”, che una sentenza dei rettori ha fissato ai 18 anni; risultare iscritto ad un'arte, con l'ammissibilità di uno per arte; appartenere ad un'arte nobile, non venendo neppure presi in considerazione i membri di “arti vili e manuali”. Eventuali controversie «in electione officialium Domus Mercatorum a Rectoribus decidantur». L'esame degli ammissibili viene invece fatto da tre

“regolatori” davanti ad uno dei due rettori veneziani835

. 8.4. Il cavaliere

833

Neppure di loro figurano le relazioni al Senato tra quelle pubblicate da Amelio Tagliaferri. Relazioni dei

Rettori Veneti in Terraferma, IX, Podestaria e Capitanato di Verona, o.c.

834

Dice infatti il decreto Bernardo-Giustinian: "Prese quell'informationi...che l'a' parso e havendo havuto l'assenso dell'una e l'altra parte, hanno (i rettori) ... terminato, che da qui a dietro sia lecito à ciaschedun

cittadino mercante sino li X del mese di febraro per l'eletione che si ha da fare di febraro,et sino li X

d'agosto per l'elletione d'Agosto, darsi in nota al Cancelliero della Magnifica Comunità per esser nominato ad'essa ballotatione, e tanto più oltre quanto si differisca a far questo Consiglio per fare il scrutinio d'essi

offitii, il qual fatto et publicato in esso Consiglio et nominati tutti quelli, che s'haverano dati in nota, et

quelli di più che di esso Consiglio per scrutinio fossero aggiunti non si possa per qual si voglia via, che dir o immaginar si possi, aggiunger, o alterar scrutinio, ma quelli essi, che in esso sarano nominati, si habbino poi a ballottar nel seguente Consiglio, riservata poi l'autorità a tutti li sopradetti cittadini mercanti d'opponer

prima che si venga alla ballottatione, et alli Cl.mi Rettori di conoscer per giustizia sopra esse oppositioni in

esecutione delle lettere dell'Ill.mo Consiglio di Dieci..." A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (25 febbraio 1580).

835

Altre disposizioni di minore significato sono: "Mercatores ad offfitia Domus mercatorum sint usevoli et mercaturam actualiter exerceant"; "Mercatores ad dicta offitia sint personae qualitatis"; "Mercatores usevoli dicuntur qui in Civitate, quamquam sine apothechis, negotiant et apparent de continuo negotio"; "Offitiales, excepto Vicario, eligantur a consilio civitatis ex numero mercatorum qui actualiter mercaturam exerceant"; "In officialium electione exequantur i numeri 6 e 14 della ducale del 12 agosto 1572"; "Offitiales

personaliter offitium exerceant"; "Ad offitia Domus mercatorum tam Patroni Apothecarum, quam fratres,

filii et nepotes cohabitantes admittantur"; "Oppositiones scrutinio factae a Rectoribus iudicentur"; "Scrutinium ante ballotationem a Rectoribus examinetur"; "Scrutinium sumatur post dies X feb. et X Augusti"; "In scrutinio descriptis nullus addi nec aboleri possit". A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527.

Mentre nel cap. 89° del libro I degli Statuti del 1450 si elencavano - come ho riferito - oltre

al vicario, un “miles consul”, tre “consules”, un “notarius stabilis”, e un “massarius”836, nei capitoli

e ordini per l'officio della casa dei mercanti, decretati dal consiglio il 13 dicembre 1638 e ristampati nel 1771, si incontra un “cavaliere”, che dovrebbe essere il “miles consul” degli statuti, mentre i

consoli sembrano scesi a due; rimane il “notarius stabilis”; non c'è più invece il massaro, sostituito

dalla generica dizione di ministro, a volte al plurale, con mansioni esecutive e talora sostitutive. E pur rimanendo sempre intatta ed autorevole la persona del vicario, quasi sempre seguita dai consoli, è molto attiva la presenza del cavaliere, che deve «invigilare sinceramente e per conscienza, a tutti gli difetti, inganni, fraudi e contrafazioni... in qualunque sorte di Arte, tanto nella città quanto nel Territorio ed il tutto abbia subito ad inquirire col dare, e far descrivere l'invenzioni all'ufficio di

detta casa (dei mercanti)»837. Sui requisiti per accedere alla carica di cavaliere e agli altri offici si

soffermeranno anche le ducali 1 febbraio 1584 e 3 marzo 1584, che ancora risentono delle controversie - già ricordate - tra mercanti, per il controllo della domus mercatorum. La ducale 1 febbraio 1584 ricorda preliminarmente il contenzioso tra nobili e mercanti, risolto dalla ducale 13 agosto 1572 nel senso voluto dall'aristocrazia scaligera e così riassunto nel testo del 1584: «il vicario... deve essere... del numero delli Nobili...» Gli altri uffici sono riservati a mercanti, «li quali

esercitassero attualmente la mercantia»838. La ducale 1 febbraio 1584 cita poi la legge 11 novembre

1577, così riassunta: «se vi fossero persone, che facessero arti vili e manuali, non si dovessero ballottare, ma solamente quelli, che fossero in estimo da soldi dieci in su» e che avessero i requisiti

di legge839. Ultima conferma al 1 febbraio 1584: la seconda carica della casa dei mercanti - quella

di cavaliere - è riservata ad un esponente dell'arte della lana840. La primo febbraio 1584 deve però

avere inasprito ulteriormente gli animi all'interno del ceto mercantile, agitato ora da un contenzioso intestino tra la nobile arte della lana e tutte le altre arti nobili della città, che va a sostituire quello - per la carica di vicario - in cui i mercanti sono risultati soccombenti di fronte all'aristocrazia cittadina. A calmare un pò le acque giunge qualche giorno dopo una nuova ducale (3 marzo 1584) che rettifica parzialmente la norma appena stabilita il 1 febbraio 1584. Dispone, infatti, che il

cavaliere possa appartenere a qualsiasi arte nobile. Deve tuttavia risultare in possesso di particolari

requisiti. Gli sono richieste, infatti, specifiche competenze accumulate negli anni lavorando all'interno del lanificio veronese. Può essere - dice il testo - di “ogni arte” purchè «habbia conveniente pratica et intelligenza dell'Arte della Lana con dichiarative et con fede di haver altre volte esercitato essa Arte, e d'esser stato in compagnia con altri». Se non può esibire referenze di tale natura, attestanti quindi precedenti esperienze nel settore laniero, deve sottoporsi ad un esame

836

Statutorum Veronae libri quinque, o.c., p. 41.

837

Il 'cavaliere' inadempiente o che si accordasse con i contrafattori finisce davanti al consiglio dei XII che lo processerà assieme al vicario (cap. 2°). Il cavaliere ha l'obbligo di far condurre immediatamente la "robba da esso...tenuta per contrabbando sopra la Casa" e dopo averla inventariata, consegnarla al 'nodaro stabile', dal quale potrà essere rimossa non prima che il vicario e i consoli abbiano emesso la sentenza (cap. 3°). Il cavaliere - lo sancisce il cap. 4° - può servirsi di "ministro o famiglio", che abbia però rispettato la 'vacatio' di un intero anno. "Capitoli Casa dei Mercanti, 13 dicembre 1638", in "Capitoli Casa dei Mercanti, 1638, 1771" in B.C.VR. Gli stessi "Capitoli ed Ordini spetanti all'ufficio della Casa dei Mercanti" si leggono, pur privi di date, in BIANCOLINI G.B. (a cura di), Cronica della città di Verona descritta da Pier Zagata, Parte I, Verona, 1745, pp. 234-251.

838

A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 1 febbraio 1584). Il testo della ducale 13 agosto

1572, come ho già riportato, stabiliva: "Vicario...sia la persona che meglio...parerà" al consiglio cittadino, e

quindi, in pratica, un nobile, visto che il consiglio era orientato ad eleggere solo membri dell'aristocrazia. Le altre cariche erano invece riservate ai mercanti. A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 13 agosto 1572).

839

Cioè quelli da me già richiamati più sopra. A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 1 febbraio 1584).

840

"Non possa essere di detta arte che di quella della lana". A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 1 febbraio 1584).

da cui la sua conoscenza dei segreti dell'arte della lana risulti sufficientemente ampia. «Sia esaminato - recita la parte 3 marzo 1584 - per tre Regolatori d'essa Arte, da esser eletti per li...Rettori, alla presenza d'uno di loro...,et conosciuto in tal modo convenientemente pratico, sia

admesso»841. La parte 3 marzo 1584 fa chiarezza anche sulla condizione «d'esser mercanti usevoli,

et di non esercitar Arte manuale o vile». Su tale specifico argomento ci si pronuncia in questi termini: «Si dichiara, che siano admessi particolarmente tutti i mercanti, che negotiano in questa città, tutto che non tenissero bottega, ma ch'apparisca del traffico loro per i libri, e bollette publiche della Stadera, ò Doana, et...siano admessi tutti li patroni di bottega, fratelli, figlioli, nepoti cohabitanti, quali habbiano fede d'esercitar la mercantia, cioè di far condur roba di loro ragione in

questa città, overo comprarne all'ingrosso in summa conveniente»842. Un ulteriore ritocco alla

materia verrà apportato con ducale del 13 agosto 1671 in cui si preciserà che «non possa esser admesso alcuno al scrutinio del cavallier della casa de' mercanti, se non sarà mercante usevole, et

ch'habbia bottega aperta, et traffico palese in questa città»843.

Per avere un'idea degli specifici tipi di intervento operati dalla casa dei mercanti attraverso le sue principali cariche, in particolare attraverso il cavaliere, è sufficiente scorrere i capitoli - in tutto sono 97 - che ne regolano l'attività.

Ovviamente l'attività di controllo del cavaliere si estendeva a tutti le merci messe in vendita nella città di Verona con esclusione degli alimentari che ricadevano, invece, sotto la giurisdizione

dei cavalieri di comun844. Egli era, ad esempio, tenuto a visitare due volte al mese le botteghe di

mercanti e sarti dove «crederà che si vendano cordelle, passamani o altre simili merci» per controllarne la composizione e la qualità e punire quanti fossero trovati in possesso di merce non genuina e quindi non composta secondo le disposizioni delle domus mercatorum e della corporazione (cc. 31°-34°). Proprio in riferimento ai controlli su cordelle e passamani, quasi che si trattasse di merci di particolare rilevanza, si dispone che se il cavaliere fosse negligente nell'eseguire gli ordini, il vicario sia obbligato a sostituirlo con due consoli accompagnati da due “ministri della casa” investiti della medesima autorità (c. 34°). Normalmente il cavaliere non era tuttavia sostituito, ma eventualmente affiancato e sollevato nella sua attività dai consoli e dai loro aiutanti. La loro attività di controllo si estendeva anche - volendo offrire un secondo esempio - alle «botte o vezzotti». Per trasportarne fuori città lungo l'Adige, era richiesta la licenza del cavaliere e il relativo bollo che ne comprovasse l'avvenuta concessione (c. 44°).

In un diverso settore manifatturiero incontriamo i «ferrari, calderari, bascherotti» diffidati dal vendere vasi di rame che «non abbino le recchiare di altro, che di schietto rame dalli manichi in poi» (c. 29°). Analogamente gli orefici devono vendere anelli d'oro realizzati soltanto «di getto e senza saldatura» (c. 35°). Per i vetrai la disposizione si limitava all'obbligo di essere iscritti all'arte per poter «vendere o far vendere» (c. 43°). Limitazioni sono prescritte anche per il materiale da costruzione, in particolare «coppi, quadrelli, mattoncini, tavolette» di cui si dettavano le misure e i modelli depositati presso la casa dei mercanti (c. 10°).

Come ultima esemplificazione di situazioni che ricadevano sotto la giurisdizione delle casa dei mercanti richiamo quanto si stabilisce per le coltre e per i pellizzari. Le coltre sono coperte pesanti da letto per lo più imbottite, e proprio in quanto tali più passibili di frodi. Che venissero imbottite con lana o con cotone (“bombaso”) non era la stessa cosa, nemmeno nel prezzo. A garanzia del cliente la differenza doveva essere marchiata in maniera tale da non poterla in alcun modo alterare. Così la legge chiedeva che le coltre imbottite con «cimadura di lana» avessero all'interno una tela di colore rosso, per distinguerle appunto dall'altre di «bombaso di falda», che sono «di altra qualità», trattandosi appunto di imbottita di cotone. C'erano poi le coltre per i poveri

841

A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 3 marzo 1584).

842

A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 3 marzo 1584).

843

A.S.VR., Archivio Comune, b. 153 proc. 2527 (Ducale, 13 agosto 1671).

844

che ai quattro angoli doveva portare una grande stella845. La disposizione relativa ai pellicciai vieta la lavorazione della pelle sulla pubblica strada, rimanendo riservato loro un apposito spazio in Campo Marzio (c. 53°). Questo il curioso testo: «Che alcun Pellizzaro non ardisca di batter pelle di

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