LA CASA DEI MERCANT
8.5. Un'arte nobile alle prese con la mafia veronese
L'attività del lanificio a Verona ebbe per molti secoli preminenza assoluta. Dalla metà del XII secolo - ci informa Castagnetti - «la componente mercantile più cospicua era costituita dai mercanti di lana». All'industria tessile sono comunque direttamente interessate anche «famiglie
feudali»847. In forza di tale impegno, cui non si sottraggono le famiglie più facoltose, Verona
diviene la città del tessile per eccellenza collocandosi al vertice industriale del Nordest italiano. Verona - ci conferma Varanini, parlando del Duecento - «ha un indiscutibile primato sulle altre città della Marca per quanto riguarda lo sviluppo della produzione industriale, nel settore tessile in
specie»848. Verona d'età comunale è un grosso centro urbano con una popolazione stimata intorno ai
35-40.000 abitanti, nella quale potere politico e potere economico coincidono849.
La centralità dell'industria tessile nella creazione del benessere economico della città al tempo della signoria scaligera, è validamente testimoniata dalla regolamentazione delle arti voluta da Cangrande (giunta sino a noi nel codice originale del 1319) e da una disposizione del consiglio dei sapienti, all'epoca di Mastino II, del 30 marzo 1351. Quest'ultima concedeva piena libertà a tutti - territoriali e forestieri - che capaci di garzare, tessere, pettinare, scardassare, lavare e tingere la lana e i panni, avessero voluto trasferirsi a Verona, anche se non erano iscritti, nè intendessero
iscriversi in qualche arte850.
L'informazione anonima del 1 marzo 1600, facendo il punto sulla situazione dei commerci, constata che quella serica (seta lavorata o grezza) è divenuta l'industria che dà mangiare ai veronesi. Intorno alla “seda”, e alle “gallette buse o spellaie” vivono, infatti, 20.000 persone in città e nel
territorio851. Ben diverso è invece lo stato di salute del lanificio veronese. Sullo splendore passato
non ci sono dubbi: «l'arte della lana soleva esser in gran credito; ma da alcuni anni in qua, siccome è declinata nelle altre città, così anco a Verona; rispetto a quello, che soleva fare, fa hora poche
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Per 'uso dei poveri' erano le coltre "fabbricate di cimadura, e garzadura di Bombaso". "Capitoli Casa dei Mercanti, 13 dicembre 1638", in "Capitoli Casa dei Mercanti, 1638, 1771" in B.C.VR.
846
"Capitoli Casa dei Mercanti, 13 dicembre 1638", in "Capitoli Casa dei Mercanti, 1638, 1771" in B.C.VR.
847
CASTAGNETTI A., L'età precomunale e la prima età comunale (1024-1213), in "Il Veneto nel medioevo. Dai comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca", o.c., pp. 130-131 (Casa dei mercanti e industria tessile a Verona tra XII e XIII secolo).
848
VARANINI G.M., Istituzioni, società e politica nel Veneto dal comune alla signoria (secolo XIII-1329), in "Il Veneto nel medioevo. Dai comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca", o.c., p. 272.
849
Si veda ancora Varanini, il quale ci ricorda la "revisione degli statuti di tutte le arti veronesi" approntata prima dell'aprile 1260, e che poi osserva: "Fra le norme approvate - come risulta dal testo dell'unico statuto pervenutoci, quello dei radaroli o commercianti di legname - vi è quella della mobilitazione armata degli
homines misterii, riuniti sotto il vexillum misterii, quando la campana del comune di Verona suoni ad strewam". "Appare chiaro sin d'ora - conclude Varanini - che a Verona...le istituzioni di popolo coincidono,
nella seconda metà del Duecento con le arti". VARANINI G.M., Istituzioni, società e politica nel Veneto dal
comune alla signoria (secolo XIII-1329), in "Il Veneto nel medioevo. Dai comuni cittadini al predominio
scaligero nella Marca", o.c., p. 336.
850
FACCIOLI G., Verona e la navigazione atesina. Compendio storico delle attività produttive dal XII al
XIX secolo, o.c., pp. 53-54.
851
CAVATTONI C. (a cura di), Informazione delle cose di Verona e del Veronese, compiuta il primo marzo
faccende; e quelle che si fanno, si convertono particolarmente in cappelli. De panni si lavora
solamente de alti. Et per un conto dato da' mercanti, sono stati fabricati l'anno 1599 panni ottocento vinti tre (panni 823)». Quanto ai santuari del lanificio si specifica: «Ha la detta arte un bel luogo vicino alle piazze, chiamato la Garzaria, donatale già da Sua Serenità. Et anco un altro luogo
chiamato la Sguraria, alla riva dell'Adige pur nella città, dove si curano i panni»852. Le “garzarie”
erano il luogo dove si “garzavano” panni, calze ed altre manifatture di lana, ma anche dove si controllava tutta la produzione laniera. Prima di essere messa in commercio essa doveva subire i controlli consacrati dagli statuti dell'arte, della casa dei mercanti e della stessa città. Se alla verifica i panni erano trovati non «corrispondere alla finezza dalle leggi prescritta, erano tosto pel mezzo
tagliati; nè si potean poi vendere se non per panni bassi»853. Le garzarie furono un'istituzione che
mirava anche alla perfezione e alla competitività della produzione tessile. Nei tempi migliori era
costituita da tredici laboratori attrezzati per la garzatura dei panni e da un grande fondaco854. Del
complesso di edifici che la ospitavano esiste ancora il toponimo, corte Sgarzarie. Il Simeoni assegna all'anno 1301 la nascita di questo insieme di edifici che costituivano il centro del lanificio
veronese855. Nel medesimo anno 1301 Alberto I della Scala fece edificare il palazzo o casa dei
mercanti e ordinò che un «Pretore con i suoi Consoli ascoltassero le cause e differenze tra'
Mercatanti ed Artefici»856. Sotto il breve dominio dei carraresi di Padova le garzarie rischiano lo
sfacelo perchè il nuovo signore vende tutto ai privati. Venezia riscatta il complesso affittando poi le botteghe all'arte dei garzatori. La parte delle garzarie, denominata la Loggia, continua ad operare il
controllo sui panni con personale di nomina consiliare857.
Nei primi anni del sec. XVIII l'arte dei garzatori non più interessata cede in locazione perpetua «vani e fondachi» delle garzarie all'attiguo monte di pietà. Il 29 novembre 1712 i regolatori dell'arte della lana affittano anche la Loggia ad uso privato. Si riservano per eventuale proprio uso a ricordo dell'antica giurisdizione, un locale dove ci sono: il banchetto, la stanga e la
“spiera” (forse la lanterna). Con tale atto, il lanificio veronese, antico e glorioso organismo, cessa858
. Lo smercio dei panni lana conosce dunque un'inarrestabile decadenza nei secoli dell'età moderna. Un momento ancora felice, per uno specifico comparto, del ‘made in Verona’ è il '500 quando incontriamo mercanti veronesi, singolarmente o in gruppi costituenti società, che commerciano berretti alle fiere di Lanciano dove vengono venduti per raggiungere altri centri della
852
CAVATTONI C. (a cura di), Informazione delle cose di Verona e del Veronese, compiuta il primo marzo
1600, o.c., pp. 34-35.
853
ZAGATA PIER, Cronica, in BIANCOLINI G.B. (a cura di), Cronica della città di Verona, vol. 1°, Verona, 1745, p. 56.
854
Il capitolo 18° dei 'capitoli e ordini' della casa dei mercanti faceva carico al cavaliere della casa di impedire il trasporto di panni, già depositati presso i cimadori, in altro luogo senza la sua licenza. Garzatura e cimatura erano operazioni di finitura dei tessuti in particolare di lana. La prima consisteva nel renderli pelosi, la seconda nell'asportare e pareggiare il pelo alla superficie di un tessuto. Per il "cimador da panni" il cap. 68° stabiliva invece l'obbligo di "bagnare tutti i panni colorati a sufficienza, e bagnati, lasciarli almeno ore quattro al Rotulo". "Capitoli Casa dei Mercanti, 13 dicembre 1638", in "Capitoli Casa dei Mercanti, 1638, 1771" in B.C.VR.
855
Giovanni Faccioli non è convinto della datazione proposta dal Simeoni nel suo Gli antichi Statuti (pag. XXIII) ed infatti rettifica in questi termini: "Più verosimile è la Cronaca secondo la quale l'anno 1363 Cansignorio, oltre a molte altre opere pubbliche, ha fatto fare anche le Garzarie". FACCIOLI G., Verona e
la navigazione atesina. Compendio storico delle attività produttive dal XII al XIX secolo, o.c., p. 54.
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ZAGATA PIER, Cronica, in BIANCOLINI G.B. (a cura di), Cronica della città di Verona, vol. 1°, Verona, 1745, p. 56. Il passo - inserito dal Biancolini nella cronaca dello Zagata - è stato tratto da Moscardo libro IX pagina 207.
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FACCIOLI G., Verona e la navigazione atesina. Compendio storico delle attività produttive dal XII al
XIX secolo, o.c., p. 55.
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FACCIOLI G., Verona e la navigazione atesina. Compendio storico delle attività produttive dal XII al
penisola. Nel '500 l'industria dei berretti a Verona è ancora fiorente. Postasi sotto la protezione di S. Eustacchio e disciplinata da una corporazione che si denominava arte dei preparatori di berrette,
era in gran parte in mano alla nobiltà veronese859. Erano i fabbricanti stessi o loro rivenditori che
partivano da Verona e transitando per Venezia o per Chioggia, dove dovevano passare tutte le merci per i diritti dovuti al fisco raggiungevano diverse sedi fieristiche. La più frequentata all'interno pare sia stata appunto quella di Lanciano. Sono migliaia i berretti usciti da Verona secondo i calcoli di Corrado Marciani, per il quale la floridezza commerciale veronese in tale settore giunge fino al 1582. Dopo c'è la crisi, ma anche una grossa novità. Il Marciani scrive infatti: «cessata l'esportazione dei berretti, vediamo sorgere a Verona, nel 1583, una industria più progredita: quella
dei cappelli di feltro», introdotta da un francese, tale Giacomo da Lione860.
L'arte della lana si era retta ed aveva prosperato dandosi regole particolarmente severe. Ne fa fede quell'officio della stanga, cui era demandata l'incombenza di individuare i panni imperfetti e quindi di «censurarli, lacerarli e condanarli alle fiamme». L'officio «era composto...anticamente da soggetti nobili e tre professori dell'Arte che senza riguardo condannavano al taglio li panni difettosi». Qualcuno però nel Settecento lo rimpiange facendo coincidere l'inizio della decadenza dell'industria laniera veronese - datata a partire dal 1631 - con la scomparsa dell'officio della stanga861.
L'officio della stanga, ma anche la stessa Casa dei Mercanti sono stati centri di estorsione nei secoli ai danni degli imprenditori veronesi dai quali pretendevano tangenti. Questa la funzione dell'officio della stanga nella facile prosa latina di una disposizione del 18 luglio 1534: «Omnes panni qui fiunt in hac civitate postquam completi fuerint per textorem, prius et ante omnia portentur ad officium stangae; in quo loco mensurari et bullari debeant secundum formam partis captae de anno 1528 die 13 martij». La presa di posizione governativa del 18 luglio 1534 era stata determinata da una denuncia del 27 marzo 1534 così introdotta dall'avvocato degli imprenditori veronesi: «Intervenientes nomine mercatorum, qui faciunt pannos isthic, se indoluerunt, quod per Vicarium et
Consulem domus mercatorum multae extorsiones comissae sunt et fraudes in incidendo eorum pannos, qui iudicati sunt boni ad officium stangae; et multoties ad se portare faciunt pannos,
antequam vadant ad praedictum officium..., et si boni sint, fingunt eos velle incidere, ut a mercatoribus subtrahere vel extorquere possint aliquam pecuniarum quantitatem; quam si eis dare negant, pannos eorum incidunt non sine maximo damno ipsorum mercatorum et datiorum Illustrissimi Dominij Nostri; quia multi sunt qui desinunt facere pannos propter huiusmodi extorsionem». Un testo che fa rabbrividire raccontando la violenza mafiosa dei vertici della casa dei mercanti esercitata contro i mercanti di panni, e contro chi ha sudato a confezionare il panno lana. Costoro si vedono costretti a pagare una tangente al vicario e ai consoli della casa se non vogliono
vedersi danneggiare il panno sottoposto al controllo delle autorità862.
Se la stanga è caduta in disuso, è sopravissuto invece l'ufficio del “purgo”, diretto da due mercanti, nominati dall'arte «con titolo di soprastanti, incombenza de quali è d'assistere a far fabricar buoni saponi per purgar li panni, et che li Purgotti facciano bene la parte loro...acciò non danneggino li panni». Non infrequenti sono invece i processi di imprenditori contro l'officio
859
Dobbiamo queste informazioni a Corrado Marciani, singolare studioso di Lanciano, che ha potuto consultare non solo i protocolli notarili di Lanciano, dove sono registrati i contratti di vendita dei berrettai veronesi, ma anche gli atti dei rettori di Verona, che custodiscono tra l'altro le copie delle "licentiae pannorum" concesse per esportare i panni da Verona ed insieme i berretti. MARCIANI CORRADO, Berretti
e berrettai veronesi alle fiere di Lanciano nel '500, in "Nova Historia", rivista diretta da Lanfranco
Vecchiato, Verona, 1962, pp. 126-133.
860
MARCIANI C., Berretti e berrettai veronesi alle fiere di Lanciano nel '500, in "Nova Historia", rivista diretta da Lanfranco Vecchiato, Verona, 1962, pp. 132-133.
861
A.S.VR., Archivio Arte della Lana, b. XVI proc. 261 ("Per la Nobile Arte della Lana. Supliche per la fabrica delle Pannine").
862
veronese del purgo. Uno verrà intentato nel '700 da Ferrari, al quale si obietta «che se fossero stati purgati li panni con acqua troppo bolente, i Purgoti haverebbero patita la pena, perchè vi
haverebbero lasciata la pelle dei piedi, non potendosi praticar il Purgo che a piedi ignudi»863.
Imprenditori danneggiati dagli addetti al purgo ne incontriamo anche nel '500. Un processo particolarmente ricco di spunti è in corso nel maggio del 1585 a carico di un Giacomo Tondi che gestisce l'officio della “sguraria”. Tra i suoi compiti affidatigli dall'arte della lana da cui il «purgo
della sguraria» dipende, c'è anche quello di «trovar legne necessarie per meter foco soto la caldera,
et far bolir l'olio et altro pertinente per far li saponi di detta sguraria». Naturalmente la qualità dell'olio e del sapone che se ne ricava è fondamentale per purgare panni e drappi, che spesso
vengono danneggiati dall'uso proibito di oliazzo864
La decadenza del lanificio veronese da più parti datata a partire dal 1630 ha una sua tragica conferma in un atto notarile con cui l'arte della lana dà in affitto quanto rimane di un ‘appartamento’ devastato dal fuoco nel 1630, da quell'incendio che mandò in fumo il monte di pietà e che gravi danni produsse nelle contigue Garzarie. Ciò che più impressiona è il fatto che l'incendio sia avvenuto nel 1630 e che i vani devastati siano rimasti in stato di abbandono fino al 1684 quando finalmente qualche cosa comincia a muoversi. Finalmente c'è uno disposto a prendere in affitto i ruderi e a ristrutturarli. Questo il lugubre oggetto della locazione del 1684. Si tratta «d'un appartamento di casa senza coperti, senza solari, et in pessimo stato che fu nell'incendio, che seguì nel Santo Monte di Pietà l'anno 1630 abbrucciato, che consiste nelle semplici muraglie, anche
queste diroccate» che «giace in Verona in contrà di S. Benedetto»865.
Un semplice cenno della difficile convivenza all'interno della casa dei mercanti delle corporazioni cittadine ci viene da uno studio del 1781 da cui veniamo a sapere di un colpo di mano contro l'oligarchia mercantile perpetrato nel 1660 quando la totalità delle arti - quindi anche quelle “vili e meccaniche” - pretese ed ottenne di entrare nell'assemblea con diritto di voto per l'elezione degli anziani e di tutte le altre cariche e quindi anche di «trattare e deliberare ogni interesse riguardante le Arti tutte in generale». Si ha quindi da quel 1660 in poi la «convocazion dell'universal
delle arti», che alla lunga risulta intollerabile essendoci un abisso di «educazione, capacità e modi»
tra i membri delle arti nobili e quelli delle «arti mecaniche e triviali» composte queste ultime da «persone ordinarie, e le più anche di bassa estrazione». Il conflitto di classe (il documento parla esplicitamente di due classi contrapposte) viene fuori brutale quando si è riuniti in assemblea per eleggere le cariche sociali. Questa la denuncia contro i componenti delle «arti mecaniche e triviali»: «Sono sempre del loro ammutinato capriccio, o interesse, e sciegliendo alle cariche quelle persone, che credono più adattabili ai loro riguardi, con indegno strapazzo dei più qualificati soggetti, che vengono per scrutinio esposti a quelle sediziose ballottazioni, giungendo il predominio a tal segno, che prima di unire la convocazione è già sempre fissata la persona, che deve essere eletta, e per conseguenza le arti principali, che sostengono col maggior Estimo i pesi, e gli aggravi maggiori, e che formano il decoro, il lustro primario di questo corpo mercantile, portano ingiustamente un giogo
di servile oppressione, che loro viene imposto dal maggior indiscreto numero». L'auspicio è che si
voti non più per ‘testa’, ma per peso specifico delle singole arti866
.
Un quadro statistico delle corporazioni di arti e mestieri in Verona verso la fine dell'età veneta ci viene da una polizza in cui si dichiara che le arti soggette all'estimo mercantile sono complessivamente 27, «21 delle quali sono mecaniche, e 6 sono intitolate arti nobile e magnifiche». Questo il loro elenco:
- «Arti nobile e magnifiche:
863
A.S.VR., Archivio Arte della Lana, b. IX proc. 152. - Della nobile arte della lana tornerò a parlare passim nel cap. IX al par. 27 "Aggressività commerciale europea e fisco veneto".
864
A.S.VR., Archivio Arte della Lana, b. VII proc. 103.
865
) A.S.VR., Archivio Arte della Lana, b. IX proc. 146.
866
1. Arte Lana 2. Merzari e Barozeri 3. Speciali e Droghieri 4. Filatorj 5. Orefici 6. Radaroli - «Arti mecaniche: 1. Arte Ferrari 2. Formaggieri 3. Cartari 4. Caliari 5. Pelizzari 6. Pezzaroli 7. Pistori 8. Biavaroli 9. Sellari 10. Marangoni 11. Acquavite 12. Festari 13. Brentari 14. Tintori 15. Barbieri 16. Bussolari 17. Linaroli 18. Calzareri 19. Tessitori da seta 20. Nolezini 21. Tagliapietra867. Capitolo IX