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LINEE DI POLITICA FISCALE: L'IMPOSIZIONE INDIRETTA

9.6. Privilegi alla città

La Deputazione alla regolazione delle tariffe mercantili, istituita con decreto 3 settembre

1785, avvia - come ho già ricordato918 - un grosso lavoro conoscitivo al fine di individuare le mille

pieghe del complesso tessuto commerciale e fiscale della Serenissima. Impegnati a rispondere ai quesiti della capitale sono in molti. In prima fila si trovano i Consigli comunali e le Camere fiscali delle città di Terraferma, nonchè istituzioni culturali di recente erezione come le Accademie. Anche la città di Verona ha risposto alla richiesta di informazioni affidandone l'incarico il 27 dicembre

1786 a Giuseppe Marogna e Gaspare Giusti919. Quest'ultimo deve essere poi stato rimpiazzato,

perchè nel giugno dell'anno successivo in consiglio comunale viene presentato uno studio firmato

da Giuseppe Marogna e da Gabriele Dionisi920. Ho già fatto un cenno nel precedente paragrafo921 ai

privilegi delle comunità della provincia di Verona, ricorrendo alle esemplificazioni offerteci da indagini tardosettecentesche, le quali hanno il merito straordinario di riepilogare una situazione durata per l'intero periodo dell'età moderna. Rimane ora da accennare alla posizione di Verona. La città - che ovviamente è cosa diversa dal Territorio e dalle singole comunità rurali che lo compongono - a quali privilegi è disposta a rinunciare? In una delibera presa il 9 giugno 1787 al termine della lettura dello studio Marogna-Dionisi, Verona si era impegnata ad uniformare la sua “costituzione” al «nuovo decretato sistema di finanza». Ci sono tuttavia alcune situazioni che non possono essere cancellate senza adeguata contropartita. Esse sono: 1° «la esenzione sempre goduta dal Dacio Stadella sopra li legnami tutti che dalla città s'impiegano nelle arginature dell'Adige»; 2° «la esenzione dal Dacio Stadella sopra le merci, che si introducono in Verona nelle due annuali

Fiere»; 3° «i privilegi e diritti spettanti al Capitano del Lago»922.

Circa quest'ultimo punto, in una presa di posizione del 1790 Verona si dichiarerà disposta ad appoggiare la cancellazione dei molti balzelli gravanti - a suo beneficio - sulle barche e sulle merci circolanti sul Benàco, in modo che anche la grande area gardense sia ricondotta all'interno dell'unica tariffa che si vorrebbe appunto varare e rendere uniformemente operativa su tutto lo stato. In cambio della rinuncia ai suoi diritti storici sul Garda, chiede, però, che a quel punto sia lo stato stesso a

retribuire il capitano del lago corrispondendogli annualmente 200 ducati923.

quelle del 2 giugno 1629, 11 giugno 1630, 20 febbraio 1631, 14 marzo 1691, e del 1674. A.S.VE., Tariffe

Mercantili, b. 80.

916

I decreti istitutivi citati risalgono per Bovolone al 30 aprile 1580, e per Monteforte al 30 maggio 1646. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 80.

917

Queste le date di documenti esibiti a suffragio di tali diritti fiscali: 15 marzo l1398, 1406, 12 ottobre 1755, 27 settembre 1770, 18 dicembre 1770. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 80.

918

Della deputazione alla regolazione delle tariffe mercantili ho già fatto parola nel par. 9.2. ("La

Dominante da 'Emporio dell'Europa a...Stato di Consumo'" del presente capitolo.

919

Ho già citato la delibera, tratta dagli atti del consiglio comunale, nel par. 9.3. ("Tra privilegi e

particolarismi") del presente capitolo.

920

Lo studio è stato affidato al marchese Gabriele Dionisi e al conte Giovanni Giuseppe Marogna il 20 marzo 1787. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 79.

921

Vedi il par. 9.5. ("Privilegi alle comunità") del presente capitolo.

922

Scrittura da Verona del 13 giugno 1790. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 7.

923

Rammentavo che a Verona in consiglio il 9 giugno 1787 veniva letto lo studio di Marogna-

Dionisi. Al termine del dibattito che ne era seguito, su proposta del conte Angelo Lavagnoli,

provveditore del comune, si decideva che quanto era stato espresso dai due divenisse la posizione

ufficiale della città, la quale recepiva perciò e faceva propria la memoria in questione924. Da

quest'ultima abbiamo conferma della collaborazione instauratasi tra Consiglio cittadino e

Accademia di Agricoltura. Quest'ultima avrebbe - nelle persone di Carlotti e Betti - curato la parte

informativa sui «prodotti, le manifatture, ed il commercio» veronesi lasciando «agli esami di questo Consiglio l'altra parte, che versar può sul suo particolare interesse circa i diritti, ed i possessi, che avessero relazione ai meditati nuovi regolamenti», cioè alla progettata nuova tariffa mercantile per la quale si va lavorando. Marogna-Dionisi passano quindi ad indicare gli argomenti oggetto di considerazione da parte della ricerca Carlotti-Betti, segnalandoci con una punta di orgoglio che l'indagine di costoro sull'economia e i commerci veronesi è stata da Venezia inviata a tutte le città

della Terraferma per la sua esemplarità925.

Ha goduto Verona in età moderna di agevolazioni fiscali o ha posseduto particolari diritti, a parte i tre già da me menzionati dell'esenzione sui legnami, sulle fiere, e i diritti speciali del capitano del lago? Questa la risposta di Marogna-Dionisi: «per quante indagini abbiamo fatte, non ci è riuscito di trovare, che la città posseda Dazj relativi al Traffico, nè pedaggi, nè Dogane, come neppure esenzioni in materia del commercio». Eventuali privilegi dei comuni della provincia rimangono esclusi dalla trattazione Dionisi-Marogna, essendo oggetto di specifiche e separate

considerazioni da parte del «corpo territoriale»926.

Marogna e Dionisi passano quindi a dedicare la gran parte delle loro residue valutazioni alle

due realtà più rilevanti e maggiormente minacciate dal riordino del sistema fiscale veneto: le fiere e la carica di capitano del lago di Garda.

9.6.1. Il fisco in fiera

Dell'esistenza di un'antichissima fiera in Verona abbiamo sicura testimonianza anche negli

Statuti della città927 . Vi si «dimostra - argomentano i nostri studiosi - esservi stata anche prima del 1405 una Fiera chiamata di S. Zenone, ma di questa non resta più traccia». La fiera viene reintrodotta in Verona all'indomani della peste del 1630. Nel tentativo di rianimare la città dalla «deplorabile sua rovina» provocata dalla pandemia, il Senato veneto le concede, infatti, «il privilegio di due Fiere all'anno di mercanzie estese anche agli Animali, durabili ciascheduna per

giorni quindici»928. La svolta successiva interviene ai primi del Settecento quando un incendio

924

Nel formulare - nella sua qualità di provveditore di comune - tale proposta, il conte Angelo Lavagnoli non aveva dimenticato di menzionare e lodare gli studi maturati nell'ambito dell'Accademia di Agricoltura ad opera del marchese Alessandro Carlotti e del conte Zaccaria Betti. Il Lavagnoli rammentava inoltre che le fatiche dei due prestigiosi esponenti dell'Accademia, Carlotti e Betti, erano già state presentate ed apprezzate a Venezia ed erano comunque servite come punto di riferimento prezioso per il Dionisi ed il

Marogna. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 79.

925

Su tale lavoro di Carlotti-Betti ritorno in questo capitolo al par. 9.17. ("Crollo commerciale e fiscale"), sezione g. In quel contesto, è l'avvocato conte Carlo Crivelli a farne un cenno dovendo egli rispondere ai quesiti sottopostigli da Venezia sulla situazione commerciale e fiscale di Verona.

926

Le cui conclusioni io ho sinteticamente riproposto nel par. 9.5. ("Privilegi alle comunità") del presente capitolo.

927

Questa la citazione degli Statuti di Verona: "Stat. lib. 2, cap. 187; Consuet. § 2". A.S.VE., Tariffe

Mercantili, b. 79.

928

Nella legge istitutiva della fiera di Verona (21 gennaio 1632 In Predagi) si parla certo di città "desolata" dagli "accidenti degli anni andati di guerra, e peste", ma non si trascura l'aspetto fiscale. Si ha quindi ben presente il "vantaggio che risultar ne potrebbe a pubblici Dazj". Infatti le due fiere sono istituite "libere e

franche", ma a condizioni ben precise, e quindi distinguendo tra merci in arrivo alle fiere nei 15 giorni

devastante costringe la città ad allestire un quartiere fieristico protetto. Fino al 1712 «solevasi...

ragunare la fiera delle merci nella Piazza della Brà, dove i Negozianti le ricovravano e vendevano in casotti di legno». L'incendio del 1712 riduce in cenere «i casotti colle merci», ingenerando nei

mercanti un “tal terrore” da costringere la città a destinare un «luogo del Campo Marzo», «ove si

erigessero de' casotti stabili di muro»929.

La successiva decadenza viene dai nostri autori attribuita all'«Impresario della Stadella», il quale temendo i danni derivanti dall'esenzione fiscale accordata alle merci destinate alla fiera, introduce il “patto”, così spiegato da Marogna e Dionisi: il titolare del dazio della stadella «per

patto rilascia nel corso di tutto l'anno una notabile porzione del rigoroso Dazio della Tariffa, ed in cambio di tal facilità rinunziano i mercanti alla esenzione, che goder potrebbero nel solo tempo delle due fiere». In tal modo cessa però l'interesse dei mercanti, che a quel punto cominciano a

disertare gli appuntamenti fieristici con grave danno anche delle casse comunali. «Il patto -

insistono Dionisi e Marogna - dunque è la principale cagione della decadenza delle Fiere930; ed è

poi più direttamente la rovina dell'economia particolare della città, la quale con infinite spese e gravissimo impegno ha erette le fabbriche per uso delle fiere in Campo Marzo»931. Nonostante la decadenza settecentesca, da loro attribuita esclusivamente al “patto”, l'esenzione fiscale va ripristinata per rianimare l'economia veronese e difesa anche nel nuovo panorama di regolazione

tariffaria a cui la capitale va lavorando932. Nel nuovo contesto i due appuntamenti fieristici

andrebbero ridotti ad uno solo, allargando proporzionalmente le agevolazioni fiscali. O addirittura si potrebbe passare - concludono i nostri esperti - all'introduzione di un «mercato franco in ogni mese sull'esempio di Padova, e di altre città suddite, ed anche di estero stato, il quale per tali generi sarebbe assai più commodo di una fiera di più».

9.6.2 Capitano del lago e finanza

L'altro grande tema toccato nella memoria Dionisi-Marogna, fatta propria dal Consiglio comunale di Verona il 9 giugno 1787, riguarda una delle cariche di maggior prestigio tra quelle a nomina locale. Naturalmente la documentazione di parte veneta sulla veronesità delle acque dell'intero lago è sovrabbondante. La più antica porta le seguenti date: ducale ai rettori di Verona,

centrale. Le merci in arrivo da Venezia per la fiera di Verona "siano esenti da tutti li dazj dell'entrata ed uscita della città di Verona per giorni quindici, quali passati debbano solamente pagar la metà del dazio del transito; ed essendo comprate per altre città dello Stato, dovranno esser sottoposte al pagamento del dazio intiero dell'entrata, dove si fermeranno". Circa invece l'epoca degli appuntamenti fieristici annuali e la loro denominazione, la legge istitutiva stabilisce che le fiere di mercanzie saranno due: "l'una sarà chiamata de

Santi Filippo e Giacomo" ed avrà luogo dal 25 aprile al 10 maggio; "l'altra sarà nominata Fiera di tutti i Santi" e si terrà dal 26 ottobre al 10 novembre. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 79.

929

La decisione di dotare la fiera di padiglioni in muratura è stata presa dalla città di Verona il 17 febbraio 1718 e avallata dal Senato il 17 marzo 1718. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 79.

930

Ignazio Corrà, che ha fatto il mercante per trent'anni e che ora è direttore del dazio della stadella, presenta meno drammaticamente il patto tra i dazieri e i mercanti, relativo alle due fiere di Verona. Egli scrive: "Il privilegio in oltre delle due fiere di Verona, cadenti una in maggio l'altra in novembre, aggiunge un forte stimolo ad accordare il patto, senza del quale li mercanti sarebbero costretti di ridurre la maggior parte del loro commercio in tempo di fiera pagando un tenue tributo sopra l'introduzione delle merci fissato dal detto privilegio con danno notabile del dacio. Ma per non restringere ad un solo mese il loro traffico di un anno contentano di soggiacere ad un maggior aggravio da essi convenuto col patto, rinonciando al beneficio delle fiere, affin di ottenere quella libertà necessaria in ogni tempo a mantener vivo il commercio a commodo dei ricorrenti". A.S.VE., V Savi alla Mercanzia. Prima Serie, b. 454.

931

Favorevole al patto è invece il conduttore del dazio stadella ed ex mercante Ignazio Corrà, di cui riporto il pensiero più avanti nel par. 9.17. ("Crollo commerciale e fiscale"), sezione d.

932

Anche dall'Accademia, ci ricordano i nostri relatori, il 'patto' viene definito "fonte di tutti gli arbitrij, e distruttor delle fiere". A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 79.

che contiene i patti col Marchese di Mantova, del 5 novembre 1406; ducali del 1 marzo 1434, del 30 settembre 1439, del 20 ottobre 1443, dell'11 settembre 1455, del 26 ottobre 1473, dell'11 febbraio 1487 al Provveditore di Salò, del 22 giugno 1498, dell'1 settembre 1504, dell'8 giugno 1518, del 31 gennaio 1544 al Provveditore di Salò, ecc. Per tanti secoli al capitano di nomina veronese è stata affidata la custodia dell'intero lago. Tra le sue più importanti funzioni vengono enumerate quelle di «arrestare i contumaci banditi, e ribelli, e di consegnarli nelle publiche forze, di impedire ogni

sorta di contrabbandi, di invigilare che le merci non escano dallo stato senza le bollette e licenze debite, e simili cose». I progetti di riforma veneziani vanno verso la creazione di un'intendenza di

finanza per ogni provincia. Per il momento sono solo annunciati dai decreti 29 dicembre 1785 e 4 maggio 1786 e non resi ancora esecutivi, ma è ovvio che vadano contro lo specifico privilegio di Verona. Si riconosce tuttavia che la posizione del capitano si è venuta facendo ambigua essendo egli divenuto un funzionario dello stato in tutto rigidamente dipendente dai Rettori veneziani di Verona e dai magistrati della Dominante. Alla città di Verona - cioè al consiglio cittadino - non è rimasto «altro diritto, che quello di scegliere un suo nobile cittadino a quel posto». Un pò forse ingenuamente e semplicisticamente Dionisi e Marogna concludono dicendo che i diritti di Verona non sarebbero calpestati nel caso in cui la figura del capitano del lago fosse sostituita da un intendente alle finanze purchè questo rimanga di nomina comunale. La proposta - caldeggiata da Dionisi e Marogna - ha un suo precedente nella carica di Provveditori alla Sanità, eletti dalla città di Verona, «ma questi sono realmente ministri onorevoli dell'Ecc.mo Magistrato della Dominante, da

cui solamente ed immediatamente dipendono»(933.

9.7. “L'involuta materia economica di questa Camera fiscale”

La creazione - avvenuta nel 1785 - di un apposito organismo, incaricato di rivedere il sistema dell'imposizione indiretta, è solo l'ultimo di una lunga serie di tentativi operati da Venezia per correggere la traiettoria imboccata dalla sua economia, utilizzando la leva fiscale. Un intervento analogo era stato avviato un decennio prima - nel 1773-1774 - quando i Revisori e Regolatori alle

Entrate Pubbliche avevano ordinato alle Camere Fiscali della Terraferma un esame della complessa materia dei dazi al fine di arrivare, attraverso una nuova regolamentazione, ad aumentarne il gettito

complessivo. È l'occasione - ancora una volta - per affondare lo sguardo indietro nei secoli fino ad abbracciare l'intero arco della dominazione veneziana. Lo fa per noi uno storico d'eccezione,

Francesco Crivelli. Egli obbedendo all'imposizione partita dai Revisori di Venezia si è messo al

lavoro inviando tutta una serie di memorie. Una di queste viene inoltrata da Verona in data 4 dicembre 1778. Molti gli elementi d'interesse in essa contenuti.

Innanzitutto un cenno all'estensore della relazione 4 dicembre 1778. Francesco Crivelli si presenta ricordando di aver servito lo Stato veneto per 24 anni nel ruolo di «Procuratore e Sindaco Fiscale» e per altri 8 nella veste di «Avvocato e Giudice Fiscale», qualifica con la quale firma il resoconto 4 dicembre 1778. Precisa, inoltre, di avere usufruito nei suoi “fervidi studj” della «fruttuosa assistenza del Dr. Carlo Crivelli mio Nipote che fin dal 1767 come mio Coadiutor

Fiscale mi ha prestata in ogni incontro di pubblico servizio»934.

Che cosa studiano i Crivelli, zio e nipote? Dai Revisori e Regolatori delle Entrate Pubbliche hanno ricevuto l'ordine di «esaminare e regolare tutte le Tariffe delli Dazj di questa Camera, eccettuati quelli di Mercanzia e Muda sogetti ad altra Ecc.ma Magistratura» per poi procedere operativamente alla stesura di nuove regole per l'appalto e la riscossione degli stessi.

933

La memoria del conte Giovanni Giuseppe Marogna e del marchese Gabriele Dionisi è stata 'prodotta' nella cancelleria del comune di Verona il 2 giugno 1787; letta poi in aula ed approvata il 9 giugno 1787. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 79.

934

Prima di procedere nella lettura dello studio dei due Crivelli, converrà rendere ragione dell'espressione sopra riportata, in sè certamente impenetrabile. Abbiamo, infatti, appena letto che Francesco Crivelli è stato incaricato dai Regolatori delle Entrate Pubbliche di studiare i dazi, con esclusione di quelli di mercanzia, soggetti ad altra magistratura. Il che equivale a commissionare ai Crivelli uno studio sui soli dazi sui consumi. Quindi dazi di consumo e dazi di mercanzia fanno capo in Venezia ad autorità diverse. Ricordo che un decennio dopo lo smembramento sarà autorizzato anche a livello locale all'interno delle Camere Fiscali della Terraferma, come ci conferma un documento redatto dai tre deputati alla regolazione delle tariffe mercantili in carica nel

1793935. Sono essi ad informarci dello smembramento avvenuto, quando ci ricordano che, dietro

suggerimento della stessa Deputazione alla regolazione delle tariffe mercantili, il Senato con decreti 7 maggio 1789 e 2 giugno 1790 «ha creduto indispensabile di devenire ad una formale separazione e smembramento a Camera per Camera de' Dazj stessi, lasciando quelli di consumo alle naturali ispezioni... de' Revisori e Regolatori dell'Entrade Pubbbliche, ed assegnando gl'altri alla

Deputazione nostra (alle Tariffe Mercantili), onde sieno regolati»936.

Un'idea della complessità dell'incombenza caricata dai Regolatori delle Entrate Pubbliche sul Crivelli ci viene dal semplice elenco dei «Dazj di Consumo della Fiscal Camera di Verona».

Essi sono:

1° Macina Città, Borghi e Sottoborghi 2° Macina Territorio

3° Pestrin Città 4° Pestrin Territorio

5° Ducato per Botte Città, Legnago, Porto e Peschiera 6° Vino a Spina Città, e Borghi

7° Vino Territorio

8° Grosso e Soldo per libbra Carni Città e Sottoborghi

9° Grosso e Soldo per libbra Carni Territorio, compreso Legnago, Porto, e Peschiera 10° Animali Porcini Città e Territorio

11° Instromenti e Testamenti937

12° Vino a Foro

13° Peschiere Mezzana, Donega, e Rezolborgo; e Fossa e Forca da sera938

14° Consumo ed Estrazione dell'Oglio delli Dieci Comuni della Gardesana dall'Acqua 15° Consumo dell'Oglio nativo del Territorio

16° Grosso e Marchetto dei Menuzzami del Territorio

935

A firmare la memoria in questione - che porta la data del 13 settembre 1793 - sono Andrea Giulio Corner, Giovanni Molin, e Giovanni Battista Albrizzi. Essi scrivono essendo in scadenza la proroga accordata dal Senato nel 1791 con la quale si autorizzava che le "imprese daziali della Terra Ferma correr dovessero...in privato abboccamento". Perpetuare il "privato abboccamento" significa però perpetuare "arbitrj ed indiscipline". In tale panorama fa eccezione proprio il dazio della stadella di Verona che dal 1792 è passato sotto la pubblica amministrazione, e quindi "sotto la sorveglianza immediata" del Rettore veneziano della città scaligera. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 7.

936

Ricordata tale separazione, al 1793 si ammette però anche che "questa separazione...non ebbe sino ad'ora in nessuna delle Camere il suo effetto, a motivo delle replicate proroghe che si andarono succedendo". A.S.VE., Tariffe Mercantili, b.7.

937

Fu imposto alla Terraferma con 'parte' del Senato veneto del 15 agosto 1571. A.S.VE., Revisori e

Regolatori delle Entrate Pubbliche in Zecca, b. 531.

Francesco Crivelli nella sua relazione, che mi accingo ad utilizzare nelle righe seguenti, offre una

datazione diversa. Egli dice che il "Dazio sopra gl'Instromenti e Testamenti di Verona e Territorio" ssarebbe stato imposto con decreto del Senato del 13 aprile 1571, e ribadito il 25 novembre 1579. A.S.VE., Tariffe

Mercantili, b. 81.

938

Le pescherie non sono dazi, pur seguendone il destino dal punto di vista amministrativo, come meglio preciserò più sotto.

17° Grosso Carni Vivo e Morto del Territorio compreso Cavalli

18° Malvasia e Vini navigati939.

* * *

Ho definito Francesco Crivelli uno storico dell'economia perchè prima di arrivare alla stesura di nuove regole fiscali, ha dovuto sobbarcarsi all'immane compito di ricostruire le vicende secolari dei singoli dazi, in relazione ai quali avrebbe poi elaborato una normativa nuova, meglio rispondente alle attese di efficienza dello stato. Quali difficoltà abbia incontrato, lasciamolo dire a lui. Egli esordisce assicurando di non aver omesso «studio, diligenza e fatica in raccogliere ed esaminare tutte le leggi e decreti in questa vasta materia disponesti» che ha potuto rinvenire. Un'impresa non semplice quella di scovare il materiale su cui svolgere le proprie indagini a causa dell'abbandono in cui versa l'archivio fiscale. Egli denuncia infatti la «deplorabile confusione e

pessimo stato dell'Archivio di questo Officio Fiscale, di cui umilmente crederei necessario che

venisse comandata la riordinazione, atteso che per la mala custodia, e poca cura particolarmente

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