LA PRIMA ETA' VENEZIANA TRA POESIA E STORIA
3.11. Un veneziano entusiasta di Verona
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BIANCOLINI G.B., Supplementi alla Cronica di Pier Zagata, vol. 3°, Verona, 1749, p. 165 ("Serie degli
scrittori veronesi"). Su Canobbio si veda anche BENZONI GINO, La storiografia e l'erudizione storico- antiquaria. Gli storici municipali, in "Storia della cultura veneta", 4/II, Vicenza, Neri Pozza, 1984, p. 90.
Ma anche sul Dizionario biografico degli italiani la voce curata da Gino Benzoni.
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BIANCOLINI G.B., Supplementi alla Cronica di Pier Zagata, vol. 3°, Verona, 1749, p. 332 ("Giunta agli Scrittori Veronesi").
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BIADEGO G., Catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca comunale di Verona, o.c., p. 450. Il rimando bibliografico del Biadego è a G.B.C. Giuliari, Sopra alquanti codici della libreria Saibante in
Verona che esularono dall'Italia (Arch. Ven. tomo VII p. I). Una descrizione esterna del manoscritto si trova
in SANCASSANI-CARRARA-MAGAGNATO, Il notariato veronese attraverso i secoli, o.c., pp. 128-130. L'opera citata dal Biadego è il famoso catalogo GIULIARI GIAMBATTISTA CARLO, Della letteratura
veronese al cadere del secolo XV e delle sue opere a stampa, Bologna, 1876.
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VIVIANI O., Alessandro Canobbio e la sua opera storica, Estratto da "Nova Historia", rivista diretta da Lanfranco Vecchiato, a. VII, fasc. I/II (1955). SANCASSANI GIULIO, Alessandro Canobbio archivista
veronese, in "Rassegna degli Archivi di Stato", anno XVI, n. 2, 1956, pp. 211-215. SANCASSANI GIULIO, Gli Archivi veronesi dal Medioevo ai nostri giorni, in "L'Archivio di Stato di Verona", Verona, 1960. -
ROSSINI EGIDIO, Un notaio del secolo XVI: Alessandro Canobbio, Estratto da "Atti e mem. Acc. Agr. Sc. Lett. di Verona", s. VI vol. XIX, 1967-68. SCARCELLA FRANCESCO, Alessandro Canobbio e la famiglia
Marcantonio Sabellico249, da più parti considerato storico ufficiale della Serenissima anche
se - come ci ha ricordato Franco Gaeta - non ricevette alcun incarico dallo stato veneto250, ha parole
di largo elogio per Verona nella quale soggiorna per 15 mesi e dove scrive di getto i 32 libri della
sua storia veneziana251. Verona viene celebrata non solo per i motivi che ricorrono in tutte le lodi
rivolte ad una città, come era nell'uso umanistico-rinascimentale, per cui la si indica come «pulchra situ, formosa iuvenibus, aedificiis insignis, claris partubus foecunda»; ma anche e soprattutto perchè ha dato «doctos viros aliis gentibus». Il Sabellico aggiunge addirittura che «l'Italia deve a Verona
più che la Grecia ad Atene»252. Quando il Sabellico scriveva, Venezia aveva già compiuto il suo
destino sulla Terraferma ed aveva bisogno di essere giustificata, sia all'interno del Maggior Consiglio, dove non tutti erano d'accordo sulla politica di espansione verso l'ovest dell'Italia settentrionale, sia nelle stesse città che erano diventate suddite, ufficialmente per spontanea
dedizione, in realtà subendo la logica del vinto253.
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Non certo veneziano d'origine, ma di adozione è Marcantonio Coccio, il quale con vezzo classicheggiante si diede il soprannome di Sabellico invece che di Sabino, per ricordare la terra d'origine. Sabellico nasce infatti nel 1436 a Vicovaro in Sabina, allora feudo degli Orsini e si forma a Roma. Nel 1472 emigra al nord trovando sistemazione come insegnante in Udine. La peste che infuria nel 1477 nel Friuli lo induce a riparare a Tarcento dove è testimone delle stragi perpetrate dai Turchi che avevano sconfitto i veneziani sull'Isonzo. Racconta tali vicende nei poemetti De caede Sontiaca e De incendio Carnico. Il trasferimento da Udine a Venezia avviene nel 1484 e nello stesso anno raggiunge Verona in compagnia di Benedetto Trevisan neopodestà. Vivrà fino alla morte a Venezia stipendiato dallo stato come storiografo e come insegnante. TATEO FRANCESCO, Coccio Marcantonio, detto Marcantonio Sabellico, in "Dizionario Biografico degli Italiani", 26, Roma, 1982, pp. 510-515. - Su Marcantonio Sabellico si veda in questo mio lavoro passim e in particolare il par. 3.1. "Soddisfazione per l'acquisto di Verona" (cap. III "La prima età
veneziana tra poesia e storia").
250
Scrive Franco Gaeta: "Sabellico, contrariamente a quanto spesso si è scritto, non ebbe alcun incarico per
scrivere la sua storia veneziana. Il fatto che egli sia stato considerato come il primo storico 'ufficiale' della Repubblica è dipeso dalla circostanza che quando nel 1516 Andrea Navagero fu incaricato di scrivere la
storia di Venezia, il Consiglio dei Dieci stabilì che la sua trattazione dovesse cominciare 'da poi el fin de le deche Sabellice'". GAETA FRANCO, Storiografia, coscienza nazionale e politica culturale nella Venezia
del Rinascimento, in "Storia della cultura veneta", 3/I, Vicenza, Neri Pozza, 1980, pp. 66-67.- Un
riconoscimento dallo stato gli venne comunque. Riferisce infatti Francesco Tateo che "l'offerta delle storie veneziane al Senato e al popolo veneziano fruttò al Sabellico uno stipendio annuo di 200 ducati... Egli si apprestava a divenire lo storico ufficiale di Venezia, un compito per il quale la Repubblica cercava da anni una persona adatta fra gli umanisti che vi aspiravano. Nell'ambito di questa nuova funzione si può dire venisse concepito dal S. il libro De Venetis magistratibus". TATEO F., Coccio Marcantonio, detto
Marcantonio Sabellico, o.c., p. 512.
251
Chiarisce Franco Gaeta: "A Venezia Sabellico arrivò nel 1483...(il Tateo dice nel 1484) e lasciò subito la città, per sfuggire alla minaccia di peste...nel 1484, accompagnando a Verona, dov'era stato designato come podestà, Benedetto Trevisan... A Verona "quindecim nec plurium plane mensium spatio"...compose trentadue libri di storia veneziana: fu evidentemente un raid storiografico elaborato in una specie di raptus". GAETA F., Storiografia, coscienza nazionale e politica culturale nella Venezia del Rinascimento, in "Storia della cultura veneta", 3/I, o.c., p. 66.
252
Non dimentichiamo che queste lodi gli sono ispirate dal soggiorno veronese, di cui ci ha anticipato le ragioni Franco Gaeta (cfr. nota precedente), e che ci vengono riproposte dal Gasperoni così: "Marcantonio Sabellico, che a Roma era stato discepolo di Gaspare e del Calderini, per sfuggire la pestilenza di Venezia, riparò a Verona nel 1485 (il Gaeta indica il 1484). Quivi rimase a lungo, conducendo a termine nel soggiorno veronese i libri di storia veneta, aiutato da Jacopo Giuliari. Anche tale dimora recò il suo contributo agli studi in Verona che il Sabellico encomiò con queste parole: "Doctorum hominum parens, ingeniorum altrix, sacrarum litterarum et cui plus Italia debet quam Graecia Athenis illa doctos viros accepit tu aliis gentibus dedisti". GASPERONI G., Scipione Maffei e Verona settecentesca, o.c., p. 22.
253
Sul rapporto attrazione-repulsione dei veneziani per il mare Alberto Tenenti scrive: "Nella prima metà del Seicento Paolo Morosini ricordava non senza compiacimento che fin dal 1274 era stato emanato il
Perciò il Sabellico nel suo bel latino lodava Verona non solo perchè «doctorum hominum
parens», ma anche perchè «il territorio veronese era abbondante di frumento, olio, vino, frutti...» ed
aggiungeva - come ho avuto modo di anticipare - che queste cose «essendo manifeste ai Veneziani, tanto a loro fu più grata la vittoria» e quindi l'acquisto di Verona.
Dopo l'occupazione di Verona - commenta ancora il Sabellico - per i Veneziani fu facile sperare in altre e più grandi imprese data la posizione geografica della nuova città, dove il sistema
difensivo naturale dei monti, dell'Adige e del Garda, favoriva l'espansione verso la Lombardia254.
Capitolo IV