LINEE DI POLITICA FISCALE: L'IMPOSIZIONE INDIRETTA
9.9. Le peschiere di Peschiera
Francesco Crivelli, nel suo studio datato 4 dicembre 1778, e dedicato ai dazi di consumo, al
quale ho attinto nelle righe precedenti, riserva qualche considerazione anche alle “peschiere”, da lui escluse sia dall'elenco degli 8 dazi vecchi sia da quello degli 8 dazi nuovi, trattandosi di un patrimonio pubblico affittato «col metodo de' Dazj». Oggetto della sua ricostruzione sono:
a) le peschiere Mezzana, Donega e Rezolborgo; b) le peschiere Fossa e Forca di Sera.
Francesco Crivelli attingendo al «capitolario de' dazj» compilato nel 1627 viene a sapere che già nel 1577 le peschiere erano affittate nel rispetto di due regole fondamentali. Chi le prendeva in affitto aveva il diritto di trasferire il pesce fuori del Territorio veronese per venderlo ovunque preferisse, «non ostante qualunque Statuto della città di Verona che prescrivesse in contrario». Inoltre era severamente vietato a chiunque - in forza di un decreto risalente al 26 gennaio 1490 - di
«tirar di fossina954 dalli ponti e muraglie della fortezza di Peschiera per prender pesce in
pregiudizio delle pubbliche Peschiere». Ricorrenti gli abusi, anche da parte della comunità di
Peschiera, puntualmente repressi e corretti con nuovi aggiustamenti normativi. Tra le altre, il Crivelli ci ricorda le seguenti regole: «non possano in tempo di notte essere lasciate Barche vuote ò cariche avanti li due voltoni sul Mincio per dove passa il pesce verso le pubbliche Peschiere; né esservi posto alcun altro impedimento anche nel tempo di giorno nelli mesi di ottobre e novembre; e
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Anche per il 'pestrino', trattandosi di un dazio nuovo, è "esclusa ogni esenzione e privilegio". A.S.VE.,
Tariffe Mercantili, b. 81.
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A.S.VE., Revisori e Regolatori delle Entrate Pubbliche in Zecca, b. 531.
952
Con decreti del 3 aprile 1626 e 21 giugno 1634. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 81.
953
Con decreto 24 agosto 1651. A.S.VE., Tariffe Mercantili, b.81.
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finalmente che le anguille che si prendono nelle pubbliche peschiere possano transitare liberamente
per tutto il Serenissimo Veneto Dominio col pagamento de' pubblici dazj»955.
9.10. “Sgarafoni” contro molinari
Nella sua memoria del 4 dicembre 1778 Francesco Crivelli segnalava il valore del nipote
Carlo, della cui collaborazione egli si andava ormai da tempo avvalendo. Al 1785 Carlo Crivelli
sottoscrive in prima persona una propria memoria nella nuova veste di avvocato e giudice fiscale. Ignoro la fine dello zio. Recupero e segnalo uno dei frutti più maturi dell'attività di Carlo Crivelli, il
quale si sofferma in particolare sul dazio macina956. Già sapevamo che si tratta di un'imposizione da
classificare tra le nuove, essendo stata imposta dal Senato veneto alla Terraferma con decreto del 30
giugno 1618 sulla macinatura dei grani. Sappiamo anche che fu sentita come dolorosamente iniqua
andando a colpire non solo i grani superiori (frumento e segala), ma anche i “minuti” di cui si cibavano i meno abbienti, tanto che nel 1620 i cereali umili vennero esentati. Ci è nota anche la sua evoluzione locale. Il dazio macina, nato come imposizione che «cader dovrebbe universalmente sulla macinatura del grano», «per riguardi di tranquillità di popolo, di facilità di esazione, e di vantaggio fors'anco di erario, si è per la maggior parte convertito in testatico proporzionato alle
classi di contribuenti»957.
Il 23 luglio 1785 Carlo Crivelli invia a Venezia una complessa memoria in cui, su richiesta della burocrazia centrale, risponde a tutta una serie di quesiti. Gli si chiede di illustrare anche situazioni che non trovano corso nella provincia di Verona. Nella sua relazione deve, infatti, fare anche la seguente precisazione: «Quanto al Dazio Imbottadura non rassegno riflessione alcuna, perchè non corre questo dazio nella veronese provincia; come neppur procede l'altro dazio Bollo
delle Misure; essendo il diritto del Bollo per statutaria instituzione di particolar ragione di questa...
città»958. La parte più impegnativa del suo lavoro è lo studio di quanto è stato deciso per Brescia su
cui egli è chiamato ad esprimere il proprio parere, in ordine ad un'eventuale adozione nel veronese. In un lavoro comparativo passa, quindi, in rassegna le seguenti voci: macina, pestrino, ducato per
botte, vino a spina, carni, e instrumenti. Si tratta degli stessi dazi studiati 7 anni prima dallo zio Francesco Crivelli. Il nipote risulta tuttavia molto più prodigo di particolari, stimolato forse proprio
dallo sforzo comparativo con Brescia cui è stato chiamato. Prima però di questo parallelo Brescia- Verona, dedica un capitolo introduttivo al dazio macina, essendoci evidentemente ragioni per dare a tale argomento il massimo rilievo fino a trattarlo due volte. Quali sono?
«Credo indispensabile - esordisce l'avvocato e giudice fiscale Carlo Crivelli - di rendere esatto conto delle coruttele ed abusi sempre corsi e tacitamente assentiti anche da conduttori», i quali hanno sempre accettato regolari violazioni alla normativa vigente. Quando finalmente un nuovo conduttore del dazio pretende la rigida applicazione delle disposizioni fiscali, onde garantirsi
da «defraudi e discapiti» la città si solleva959. L'opposizione inizia dai mugnai, i quali «lasciarono
per due intieri giorni chiusi e giacenti li Molini situati in città», scatenando inquietudine e cenni di
sollevazione nel popolo. Decisivo a quel punto risulta l'intervento del podestà, cui riesce di placare il risentimento della popolazione e che convince i molinari a recedere dalle loro posizioni. Questo l'«ammutinamento» di Verona nella prosa del Crivelli: «Piuttosto che assoggettarsi li Molinari ad
eseguir le statutarie discipline daziali lasciarono per due intieri giorni chiusi e giacenti li Molini
955
Relazione di Francesco Crivelli (Verona, 4 dicembre 1778), in A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 81.
956
Per una dettagliata ricostruzione delle vicende del dazio macina, rimando a VECCHIATO FRANCESCO,
Il mondo contadino nel Seicento, in Uomini e civiltà agraria in Territorio veronese, a cura di G. Borelli,
Verona, bpv, 1982, pp. 347-394.
957
A.S.VE., Revisori e Regolatori delle Entrate Pubbliche in Zecca, b. 531.
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"...esercitato in parte dalla Magn.ca Casa de' Mercanti, ed in parte dalla Sp. Università de' Cittadini". A.S.VE., Tariffe Mercantili, b. 81.
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situati in città con quelle conseguenze di universale tristezza, che seco porta una risoluzione sì ardita...; e per sedare il tumulto, che sempre maggior si faceva, altro certamente non vi voleva, che la somma destrezza (del Podestà) che ci governava, e la universale devozione e persuasione del popolo ai voleri ed insinuazioni (del Podestà) per far riaprir li molini al troppo necessario giornaliero lavoro»960. Il popolo si tranquillizza, i mugnai riprendono il lavoro, accontentandosi di consegnare le loro ragioni ad un memoriale inoltrato alle autorità il 7 luglio 1784. Nella sua relazione alle autorità veneziane Carlo Crivelli, che è un funzionario dello stato, non nasconde il suo imbarazzo per la delicatezza della situazione. L'«affare» è definito «molto critico e dilicato». Da un lato vi è la normativa fiscale di cui il «direttore dei dazi» pretenderebbe il rigoroso rispetto; dall'altra vi è la corporazione dei mugnai, «tutta composta di miserabili individui sostenuti dalle voci di un'intera popolazione». Alla fine a cedere è il «direttore dei dazi». Per evitare «ulteriori sconcerti» si rassegna a «lasciar correre le cose com'erano sempre corse per lo passato» in spregio delle regole puntualmente ripubblicate all'inizio di ogni nuova “condotta” del dazio. A rimedio di tanti guasti il Crivelli avrebbe un suo progetto, che sottopone all'attenzione di Venezia.
Carlo Crivelli è un uomo consapevole del suo valore o presuntuoso. Egli infatti non si limita a precisare che il suo piano di riforma è stato approvato dalle autorità veronesi e dal conduttore del dazio in carica. Insinua che potrebbe essere preso a modello per l'intero stato, come è avvenuto per tante altre proposte elaborate localmente e poi estese all'intera Repubblica.
Come funziona il dazio macina al presente (anno 1785) in Verona? Esistono 5 caselli in cui
cassieri e scrivani riscuotono il dovuto da quanti si presentano a pagare il dazio. All'esterno operano il governatore del dazio e «cinque uomini o siano sgarafoni che seco lui girano di continuo per la
città, onde presidiarlo dalli defraudi»961. Tanto impegno mai impedirà l'evasione, cui si porrà
rimedio - sostiene senza esitazioni il Crivelli - solo quando ci si decida a riscuotere il dazio macina alle porte della città. Diverso il quadro di riferimento per le campagne, dove «l'esazione della macina in tutti i comuni del Territorio corre sul Testadego a norma dello stato delle anime che di
triennio in triennio da respettivi Parochi viene prodotto nell'Officio del Territorio»962.