• Non ci sono risultati.

Hayez e i modelli di scultura

1. Francesco Hayez,

Due bagnanti,

1830-1831 circa, matita su carta, Taccuino giallo. Milano, Accademia di Brera, Gabinetto dei Disegni

86 FRANCESCA VALLI

repertorio replicabile: tipologie femminili seduttive, rappresentate reali- sticamente con una sensualità morbida, seppure garantite da ascendenti illustri. Già a partire dal periodo romano, quindi all’esordio milanese con il Pietro Rossi, si poteva riconoscere per la fi gura il rapporto dichia- rato alle statue di Canova, variabili di gesti e posture a tema: non tanto i grandi esempi di stile di un maestro, ma le unità espressive di una lingua da declinare, divenuta universale3. Non stupiscono allora nel Taccuino

giallo i rimandi inconfondibili della Rebecca alla Venere italica, anche per

il signifi cato patriottico assunto4, o della fi glia distesa di Loth alla Naiade

Campbell; e verrebbe la tentazione di trovare qualcosa di canoviano, prossimo a una Dirce, anche nella Maddalena dipinta da Hayez nel 1833. Certo non sorprende che già dalle prime pagine, persino nella posa di un giovane modello, compaia l’onnipresente Maddalena inginoc- chiata, ma arriva inaspettata la traccia di una diversa fonte scultorea di riferimento, più antica e insieme più attuale, ma coerente e non in contraddizione; giusto in coincidenza di una svolta nella lettura cri- tica di Canova, a un decennio dalla sua scomparsa: la monografi a di Quatremère è del 18345.

Nella polemica fra classici e romantici, fra il bello ideale e il vero nella resa del nudo, che lo aveva coinvolto già dal 1827, alle Veneri Hayez sembra preferire le Cleopatre di Reni o le ninfe di Domenichino6.

E insieme parrebbe sperimentare il fi ltro selettivo di “marmi” risco- perti da qualche anno, nuovi canoni dell’antico, legittimati dal giudizio

2. Francesco Hayez,

Bagnante reclinata,

1830-1831 circa, matita su carta, Taccuino giallo. Milano, Accademia di Brera, Gabinetto dei Disegni 3. Richard Westmacott, Afrodite in grembo a Dione, 1820, calco in

gesso dal frontone est del Partenone. Milano, Accademia di Brera, Salone napoleonico

DEE, NINFE, BAGNANTI. HAYEZ E I MODELLI DI SCULTURA 8 7

canoviano di “vera carne” che l’artista stesso riprenderà nelle Memorie:

la statua di Ilisso di Fidia che stava nel frontone del Partenone, e il famoso gruppo dello stesso delle Parche […] (che ora veniamo a conoscere dai gessi) troviamo in queste una tal verità che fecero decadere la fama dell’Apollo così detto del Belvedere e di qualche altra sta- tua di quel genere, le quali, se presentano delle belle forme, queste però diventano dure se le confrontiamo a quelle del Partenone.7

Dopo il trasferimento a Londra delle sculture del Partenone, per l’interessamento e la gene- rosità di Antonio Canova, esemplari di questi calchi, come in altre accademie ita- liane, erano visibili a Brera dalla prima metà degli anni venti8.

L’argomento è un quadro famoso, il Bagno di ninfe del 1831 per Giuseppe Crivelli, “eccentrico nel panorama della produzione hayeziana”9 e, sep-

pure fondante di un genere, senza esiti eff ettivi nelle Bagnanti a seguire, fi sse nella serialità di formule convenzionali. “Leggiadria di forme, audacia di scorci, linee soavi, chiariscuri [sic] fl uidissimi”10, sono i giu-

dizi entusiasti dei contemporanei, estensibili anche al pendant perduto, che sopravvive probabilmente nelle ultime pagine del Taccuino rosso11,

un girotondo di gambe femminili disegnate a matita, immerse nell’ac- qua fi no al ginocchio.

Fra continui confronti e ritorni, l’album giallo diventa un terreno di coltura per la messa a punto di prototipi femminili quasi modulari: gio- vani donne abbigliate inizialmente, poi tramutate in ninfe, sole, in cop- pia, i corpi maliziosamente allacciati. Può fornire gli indizi della sele- zione dei modelli, di fuggevoli impressioni o di snodi problematici e, per contiguità dei fogli, indicare le tappe della via percorsa nel progetto. Se nella coppia di bagnati sedute, spalla a spalla, appena tracciate, del disegno n. 713, pare di intravedere Demetra e Core del frontone orientale (ill. 1, tav. 17), leggermente di sguincio – stesso panneggio, integrate nei volti e nelle braccia – viene più facile riconoscere nel foglio n. 736 la fi gura di Afrodite reclinata (ill. 2), anch’essa, insieme a Dione, presente in calco a Brera (ill. 3). E forse non è casuale se nelle vicinanze, nei nume- rosi schizzi dedicati alla Maddalena (per lo stesso Crivelli)12, venga più 4. Francesco Hayez,

Bagno di ninfe, 1831,

olio su tela, particolare in controparte. Collezione privata (da The Yorck Project: 10.000

Meisterwerke der Malerei.

DVD-ROM, 2002. ISBN

3936122202. Distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH)

88 FRANCESCA VALLI

volte tentata l’opportuna inclinazione del braccio d’appoggio, inizial- mente molto simile alla postura inarcata del fi ume Ilisso.

Nel passaggio al dipinto però, non basta ostinarsi nel riconoscimento dei singoli profi li già selezionati: ancora la Maddalena canoviana per la donna seduta in primo piano a sinistra o la Venere italica per la giovane in piedi vicino a un albero sulla destra, in dialogo con Afrodite, allungata sul grembo di Dione, in controparte, nel ruolo di protagonista (ill. 4). Come scriverà nel 1883 Giuseppe Mongeri13, Hayez trova la soluzione defi -

nitiva nella pittura, senza attenersi letteralmente al disegno di partenza. Fidia non signifi ca una citazione di attualità né una ripresa stilistica. Non le perfezioni anatomiche o le trasparenze di panneggio inarrivabili degli originali, ma, accogliendo la suggestione di quelle forme di gesso, una abbagliante fi sicità di corpi, nella complicità del gineceo, avviluppati nei panni bianchi, esaltati dal fondale scuro. Così una scena di vita con- temporanea, al confi ne con il genere, letteralmente “denudata” nel tema mitologico che le dà il nome, può invece rivelare in quella “carne viva” la sua sostanza classica perenne e forse proporsi come risposta dissa- crante alla polemica romantica14.

1 Il taccuino fa parte del ricco materiale grafi co donato nel 1916 all’Accademia di Brera da Giuseppina e Bina Hayez, nipoti della fi glia adottiva Angiolina, e ora conservato nel Gabinetto dei Disegni; restaurato dall’O- pifi cio delle Pietre Dure di Firenze.

2 F. Hayez, Le mie memorie (1869-1875), a cura di F.

Mazzocca, Neri Pozza, Vicenza 1995, p. 142; D. Sacchi,

Un provinciale a Milano. Visita allo studio di Hayez, in Miscellanea di Lettere ed Arti, dalla tipografi a Bizzoni, Pavia

1830, pp. 174-178, ristampato in F. Mazzocca, Francesco

Hayez. Catalogo ragionato, Federico Motta Editore,

Milano 1994, pp. 390-393.

3 F. Valli, Canova, artista ‘contemporaneo’, in Antonio

Canova e il contemporaneo, numero monografi co di “Studi

Neoclassici”, 5, 2017, pp. 71-80 (atti della XIII settimana di studi canoviani, Bassano del Grappa, ottobre 2014). 4 Mazzocca, Francesco Hayez cit., n. 164, p. 213. Già

ripresa nel disegno n. 636 del Taccuino rosso, di qualche anno prima.

5 F. Mazzocca, Canova e la svolta romantica. Appunti sulla Maddalena penitente, in “’800 italiano”, II, 5, 1992, ora in

Idem, L’ideale classico, Neri Pozza, Vicenza 2002, pp. 83-98. 6 F. Mazzocca, Invito a Hayez, Rusconi Libri,

Santarcangelo di Romagna 1982, pp. 93-94 e Mazzocca,

Francesco Hayez cit., n. 159, p. 210.

7 Hayez, Le mie memorie cit., p. 160.

8 A. Musiari, I calchi da opere classiche, in G. Agosti, M.

Ceriana (a cura di), Le raccolte storiche dell’Accademia di

Brera, Centro Di, Firenze 1997, pp. 172-192: in parti-

colare pp. 177-178. Sull’arrivo dei calchi in Italia, V. Farinella, S. Panichi, L’eco dei marmi. Il Partenone a Londra:

un nuovo canone della classicità, Donzelli Editore, Roma

2003, pp. 35-40; Il Partenone a Firenze. I calchi delle sculture

del Partenone nelle raccolte fi orentine, a cura di D. Savelli e U.

Tramonti, atti della giornata di studi (Firenze, Accademia di Belle Arti, 1° giugno 2004), Centro Associazioni Culturali Fiorentine, Firenze 2008.

9 Mazzocca, Invito a Hayez cit., p. 94.

10 Mazzocca, Francesco Hayez cit., n. 159, p. 210.

11 I fogli nn. 673 e 674.

12 I fogli nn. 706, 707, 708, 710 del Taccuino giallo. 13 Esposizione retrospettiva di alcune opere del defunto pro-

fessore di Pittura Francesco Hayez…, a cura di G. Mongeri,

catalogo della mostra (Milano, Palazzo di Brera), Tipografi a Alessandro Lombardi, Milano 1883, p. 16. 14 Mazzocca, Francesco Hayez cit., n. 159, p. 211.

8 9

T

ra 1867 e 1868, a settantasette anni, quindici prima della morte, Francesco Hayez suggellava emblematica- mente la sua gloriosa esperienza di pittore di storia donando all’Acca- demia di Brera Gli ultimi momenti del doge Marin Faliero e all’Accademia di Belle Arti di Venezia La distruzione del tempio di Gerusalemme (ill. 1, tav. 20).

La prima opera, off erta alla scuola dove aveva insegnato per trent’anni, nella città che lo aveva accolto e reso famoso, epitomava il mito di Venezia “su un piano di partecipazione personale al dramma dell’indi- viduo oppresso dalle inique ragioni del destino e della storia”. Come scrisse Ferdinando Mazzocca,

la testimonianza quindi dell’artista, che aveva il coraggio di tramandare ai posteri la propria immagine nei tratti, stanchi ma fi eri, del vecchio Faliero, vinto e spogliato delle insegne dogali, assumeva il signifi cato di un supremo atto di sfi ducia nelle possibilità “progressive” di quella storia, in nome della quale egli aveva speso la sua militanza artistica.1

Sulla scala del Palazzo Ducale denominata come nella leggenda – ovvero del Piombo – in realtà da identifi care ovviamente con la scala dei Giganti come indicato nel Marin Faliero di George Byron, un numero limitato di monumentali personaggi proclama, come in un fermo immagine, l’imperituro omaggio ai grandi maestri rinascimentali della pittura della Serenissima: Bellini, Carpaccio, Tiziano. Al contrario, il quadro inviato a Venezia ha come protagonista un intero popolo ed è una:

macchina drammatica in cui si agitano più di duecento fi gure, senza contare le macchiette […], un messaggio, secondo Camillo Boito, ormai divenuto l’esegeta più accreditato di Hayez, di insolita durezza, in cui colpiva, quasi in polemica con la pittura di storia uffi ciale, la testimonianza diretta del vec- chio artista in favore dei popoli oppressi in un momento storico che vedeva addensarsi sull’orizzonte internazionale la minaccia dell’imperialismo.2