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Manfroni, commissario di Borgo

1. Ettore Ferrari,

Monumento commemorativo di Vittorio Emanuele II,

1880-1887. Venezia, riva degli Schiavoni, veduta frontale, sul basamento

Venezia liberata dalla tirannia austriaca (lato

corto) e Simboli della

liberazione di Roma dal governo pontifi cio (lato

lungo) (Foto storica Studio Carlo Naya, archivio Giulio Archinà, 1887 circa)

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lungamente preparate e molto chiacchierate dalla stampa, che registrò con scandalo il rifi uto dello scultore, fervente antimonarchico, di incon- trare i sovrani3.

Manfroni conferma l’attendibilità di un’informazione che all’opinione pubblica del tempo fu possibile solo fi utare ma non accertare per- ché immediatamente tacitata, ovvero che all’invenzione elaborata dal Ferrari erano state imposte in extremis varianti volte a smorzare l’enfasi fi eramente ostile alla sovranità temporale del papato che in origine la scultura comportava. Il programma iconografi co del monumento pre- vedeva infatti paritariamente la celebrazione del “padre della patria” in quanto liberatore di Venezia dal dominio austriaco con il plebiscito del 1866, e insieme di Roma dalla tirannia pontifi cia nel 1870. Stando al referto del commissario Manfroni, nella versione dell’opera conse- gnata dal Ferrari e collocata a Venezia nell’ubicazione defi nitiva, la sta- tua equestre presentava, calcate dagli zoccoli del cavallo reale, la tiara e le chiavi papali. A seguito di subitanee proteste da parte del patriarca, Domenico Agostini, giunte fi no a Roma, fu disposta l’eliminazione di tali elementi, facendo passare l’operazione sotto massimo silenzio per evidenti ragioni di ordine diplomatico:

Da alcuni si è tentato di negare il fatto; ma io ho potuto vedere nella fonderia N… [è la fonderia di Alessandro Nelli in via Manara4] le tracce

evidentissime della fusione di quei due attributi della podestà papale; e so da chi, e quando e come fu eseguita la rimozione di essi dal monumento già eretto sulla Riva degli Schiavoni.

Così si spiega il contegno dello scultore, che alla cerimonia dell’inaugura- zione (il primo maggio) ha rifi utato, quantunque presente, di comparire dinanzi al Re.5

Il commissario si spingeva poi a connettere a questo pronto intervento di censura l’atteggiamento più conciliativo mostrato da Leone XIII

2. Ettore Ferrari, Simboli

della liberazione di Roma dal governo pontifi cio, particolare

del Monumento

commemorativo di Vittorio Emanuele II,

1880-1887 (foto © Giovanni Dall’Orto 2007)

NOTIZIOLE DI STORIA DELL’ARTE NELLE MEMORIE DI GIUSEPPE MANFRONI 1 5 1

nell’allocuzione tenuta nel concistoro del 23 maggio, in cui aveva auspi- cato la composizione del “funesto dissidio” con il Regno d’Italia. Certamente l’eliminazione delle insegne pontifi cie aveva reciso il nesso immaginato dallo scultore tra la statua del sovrano a cavallo in atto di spronare alla battaglia e la “natura morta” bronzea formata in basso (ill. 2), lungo uno dei lati lunghi del basamento, dallo scudo con la lupa capitolina, la lancia, lo stendardo con la data 1870 e il ramo di alloro, lasciando isolati e privi di collegamento con il gruppo principale questi riferimenti alla lotta contro la sovranità territoriale del pontefi ce intesa come motore del processo unitario, e alla breccia di Porta Pia come suo indispensabile traguardo. Protagonista unica restava così Venezia, rap- presentata soggiogata sul retro e liberata sulla fronte del monumento, e insieme all’allegoria della città gli immancabili leoni, carissimi al reper- torio risorgimentale, l’uno che “rode le catene ed è terribile nella sua posa”, l’altro “pur fi ero, ma per la vittoria conseguita. Con una delle zampe esso straccia il Trattato del 1815; l’altra la tiene sulla Tavola del plebiscito del 1866”6.

Il memoriale del Manfroni trasmette poi molte notizie sulla presen- tazione al pubblico, tenutasi in Campo dei Fiori il 9 giugno 1889, del monumento di Giordano Bruno, eseguito dallo stesso scultore, la cui inaugurazione fu un’imponente prova di forza anticlericale, accom- pagnata da provvedimenti di ordine pubblico seguiti con scrupolosa attenzione dal commissario di Borgo7.

Di grande interesse, ma di più arduo riscontro, è ancora un episodio raccontato tra i ricordi della primavera 1891. Manfroni attesta come un’esplosione avvenuta il 23 aprile di quell’anno, inizialmente scambiata per un attentato di matrice anarchica e poi subito rivelatasi eff etto dello scoppio dell’enorme polveriera di Monteverde, avesse arrecato gravis- simi danni alla porta bronzea del Filarete della basilica di San Pietro:

Lo scoppio della polveriera fuori porta Portese (23 aprile 1891) ha fatto temere per un istante che si trattasse d’un attentato anarchico contro il Vaticano e che fosse scoppiata la famosa mina, di cui tanto si era minac- ciato il Papa in lettere anonime, provenienti anche dall’estero […] Il mini- stro [Giovanni] Nicotera ha mandato da me un alto funzionario del mini- stero, ordinandomi di accompagnarlo in Vaticano […] per avere notizie sulle conseguenze dell’esplosione ed off rire i servizi del governo nel caso in cui vi fossero feriti o danni materiali.8

Il sopralluogo svolto personalmente dal commissario comprese anche la basilica,

dove abbiamo constatato lo strano eff etto prodotto dallo spostamento dell’aria sul portone centrale; foderato di bronzo, e chiuso con un catenac- cio colossale, esso è tutto contorto; alcuni dei magnifi ci bassorilievi artistici sono guastati irrimediabilmente. Il Papa ha fatto chiudere la basilica per le riparazioni più urgenti: si sono raccolte ventiquattro carrette di vetri rotti!9

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L’accadimento è ben noto, e un primo provvisorio bilancio, per difetto, di perdite, danni e costi stimati per le riparazioni era fornito sulle pagine della rivista “Cracas. Diario di Roma”:

Nel Palazzo Vaticano i danni delle opere d’arte e delle invetriate distrutte superano le 450.000 lire; occorreranno L. 200.000 a riparare i danni della Basilica, fra cui lagrimevole jattura il trasparente dello Spirito Santo, opera del Bernini, raggiante di sopra alla famosa Cattedra di San Pietro […].10

Tra le drammatiche conseguenze dell’esplosione è infatti accertata la distruzione della vetrata dipinta con la colomba dello Spirito Santo attraversata dalla vera luce del cielo che Gian Lorenzo Bernini aveva concepito come spettacolare culmine illusionistico della cattedra di San Pietro, oggi sostituita da un rifacimento dell’originale11. Invece, nono-

stante sia indiscutibile il riferimento di Manfroni agli illustri battenti bronzei del Filarete, la notizia di danni e interventi di restauro aff rontati dall’antica porta della basilica sembra ignota agli studi che la riguardano, e meritevole di nota12.

1 Sulla soglia del Vaticano 1870-1901. Dalle memorie di

Giuseppe Manfroni, saggio introduttivo di A. C. Jemolo,

Longanesi, Milano 1971.

2 E. Passalalpi Ferrari, Ettore Ferrari tra le Muse e la

politica, Edimondi, Città di Castello 2005, pp. 65-67, pp.

115-117.

3 Per un profi lo dello scultore e del suo impegno politico: E. Guidoni, Il gesto della Rivoluzione. Il Bruto

di Ettore Ferrari e la linea «mazziniana» della scultura ita- liana, in Ettore Ferrari 1845-1929, a cura di B. Mantura,

P. Rosazza Ferraris, catalogo della mostra (Latina, Palazzo della Cultura, 10 dicembre 1988-30 gennaio 1989), Mondadori, Milano 1988, pp. 15-23; A.M. Isastia, P. Roccasecca, ad vocem Ferrari, Ettore, in Dizionario

Biografi co degli Italiani, vol. 46, Istituto della Enciclopedia

Italiana, Roma 1996, pp. 550-555; L. Simonato, Bernini

scultore. Il diffi cile dialogo con la modernità, Electa, Milano,

2018, pp. 192-194, 210-211.

4 E. Colle, Storicismo, in E. Colle, A. Griseri, R. Valeriani, Bronzi decorativi in Italia. Bronzisti e fonditori dal Seicento all’Ottocento, Electa, Milano 2001, pp. 301-329: 323-324.

5 Sulla soglia del Vaticano, cit., pp. 621-622.

6 La citazione è dalla cronaca dello scoprimento del monumento nella “Gazzetta di Venezia”, 1° maggio 1887, p. 2. Sulla diff usione dei leoni nell’iconografi a della scultura del Risorgimento: F. Mazzocca, L’immagine

di Garibaldi da Lega a Guttuso. I percorsi di un mito uni- versale, in Garibaldi, il mito da Lega a Guttuso, a cura di

F. Mazzocca, A. Villari, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 17 novembre 2007-2 marzo 2008), Giunti, Firenze 2007, pp. 16-35: 35.

7 Sulla soglia del Vaticano cit., pp. 625, 634, 643, 645-649. Sull’origine della scultura: E. Passalalpi Ferrari, Il monu-

mento a Giordano Bruno in Campo de’ fi ori di Ettore Ferrari,

Associazione Culturale Ettore Ferrari, Roma 2009. 8 Sulla soglia del Vaticano cit., pp. 658-659. 9 Ivi, p. 659.

10 La notizia compare nella rubrica Cose nuove. Cronaca

della capitale, “Cracas. Diario di Roma”, CXXXVI, n.s. V,

2, 193, 2 maggio 1891, pp. 26-28.

11 L’esecuzione della vetrata originale per mano di Giovanni Paolo Schor è documentata nel 1666 (R. Battaglia, La cattedra berniniana di San Pietro, Reale Istituto di Studi Romani, Roma 1943, pp. 51-52 e 180, n. 191). Alla letteratura specialistica odierna risulta che la vetrata attuale sia un rifacimento, ma non di che epoca (cfr. A. Angelini, Gian Lorenzo Bernini e i Chigi, Banca Monte dei Paschi di Siena, Siena 1998, p. 122, nota 192; A. Sutherland Harris, La Cattedra di San Pietro in Vaticano:

dall’idea alla realizzazione, in Bernini a Montecitorio. Ciclo di conferenze nel quarto centenario della nascita di Gian Lorenzo Bernini in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma, a cura di M.G. Bernardini,

Camera dei Deputati, Roma 2001, pp. 115-128: p. 128, nota 34: i vetri “dovettero essere rifatti parecchie volte dopo il 1666”).

12 Un’accurata ricostruzione della storia di quest’o- pera è fornita da M. Beltramini, Antonio Averlino detto

Filarete (1400 ca - post 1466), Porta (1433-1445), in La Basilica di San Pietro in Vaticano, a cura di A. Pinelli, Panini,

Modena 2000, Schede, pp. 480-487, in particolare p. 483 per le vicende storiche e conservative.

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Gioacchino Barbera