4 2 S E R G E J A N D R O S O V
1783 ricevette l’autorizzazione all’esportazione da Roma di “2 vasi di marmo copia di antichi de’ Medici”5. Purtroppo non è stato possibile
collegare questi documenti con i vasi dell’Ermitage, perché le copie dei vasi Medici e Borghese sono molto numerose e anche nella collezione dell’Ermitage si trovano altri due vasi Medici e un vaso Borghese (ma dalle misure più modeste). Va detto che il testo del documento era citato da Bertolotti in maniera non molto accurata. Si tratta dell’autorizza- zione datata 23 maggio 1783 e fi rmata dall’assessore Alessandro Bracci: “Due Vasi copie degl’antichi di Medici, e di Villa Borghese” hanno il prezzo comune di “scudi mille”6. In considerazione del prezzo piutto-
sto elevato, possiamo ritenere che si trattasse proprio dei due grandi vasi che attualmente si trovano all’Ermitage.
Indubbiamente il succitato “Gran Ciambellano” era Ivan Ivanovicˇ Šuvalov (1727-1797), fondatore e primo direttore dell’Accademia delle Belle Arti di San Pietroburgo (dal 1757). Dopo la morte della zarina Elisabetta, Šuvalov, in quanto suo favorito, nel 1763 preferì lasciare la patria per trasferirsi in Italia e in Francia. Egli risiedette a Roma dalla primavera del 1766 fi no al 1773 e acquistò regolarmente opere d’arte non soltanto per le corte imperiale e per se stesso, ma anche per diversi
1. Lorenzo Cardelli (?),
Vaso Borghese,
1782-1783, marmo. San Pietroburgo, Museo Statale dell’Ermitage (foto © The State Hermitage Museum, Photo Leonard Kheifets)
S T O R I A D I D U E VA S I M O N U M E N TA L I D E L TA R D O S E T T E C E N T O R O M A N O 4 3
collezionisti d’arte e viaggiatori russi7. Nel 1783 Šuvalov si trovava di
nuovo a Pietroburgo, dov’era ritornato già nel 1777, pertanto il per- messo all’esportazione fu ottenuto da un suo incaricato.
Un’altra informazione sulla storia dei due vasi si trova nel fondo Sutherland dell’Archivio Storico Russo di San Pietroburgo. Richard Sutherland, fi glio di un armatore navale di origine scozzese, era nato in Russia in 1739 e fi n dalla giovinezza si occupò di commercio. Dal 1785 fu nominato banchiere di corte da Caterina II, pertanto coprì le spese dell’imperatrice per l’acquisto di opere d’arte. Egli fu responsabile anche per l’invio di danaro ai diplomatici e viaggiatori russi in Europa. Caterina II sembrava soddisfatta del suo banchiere, che nel 1788 rice- vette il titolo di barone. Più tardi, invece, la sua posizione peggiorò per- ché i nobili russi debitori nei suoi confronti non sempre restituirono il danaro prestato. Al momento della morte nell’ottobre 1791 Sutherland era prossimo al fallimento. È suffi ciente notare che il primo ministro non uffi ciale (e probabile consorte) di Caterina II, il principe Grigorij Potëmkin, ottenne da Sutherland un prestito per una cifra enorme, superiore ai 749 mila rubli.
Allo stesso tempo, l’archivio della ditta di Sutherland testimonia della
2. Lorenzo Cardelli (?),
Vaso Medici,
1782-1783, marmo. San Pietroburgo, Museo Statale dell’Ermitage (foto © The State Hermitage Museum, Photo Leonard Kheifets)
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sua accuratezza e puntualità negli aff ari. Egli ebbe contatti con ban- chieri di tutta Europa e anche della Russia. La corrispondenza rice- vuta da Sutherland è testimoniata da otto-dieci volumi per ciascun anno, con le copie delle risposte in diverse lingue. Per esempio a Roma Sutherland ebbe regolare corrispondenza con i banchieri Francesco Barazzi, Gaspare Santini e Giuseppe Cioja. Proprio Cioja fu responsa- bile dell’acquisto delle opere d’arte a Roma prima del suo fallimento nell’agosto 1786. Di solito le opere comprate a Roma venivano spedite a Pietroburgo via mare con cambio a Livorno grazie all’aiuto dei fratelli Calamai (Giovanni Calamai, console russo a Livorno, e Pietro). A nostro avviso, i vasi attualmente all’Ermitage rappresentano l’oggetto della corrispondenza del banchiere Francesco Barazzi (1709-1786) con Sutherland. Nella lettera datata 11 gennaio 1782 (probabilmente in realtà 1783) Barazzi parlava del pagamento allo scultore di due vasi di marmo e scriveva che aveva la speranza che sarebbero stati ultimati entro due mesi. Quei vasi erano destinati al “Gran chambellan Schvualoff ”8.
Il 14 maggio 1783 lo stesso Barazzi scrisse a Sutherland: “je efectuesé l’expedition de les Deux Grand Vases de Marbre, suivant les orders que S[on] E[ccelence] le Grand Chambellan de Schvualoff m’a ordonné et je prends Mon Remboursement sur le Meme M[onsieur] Calamai”9.
La persona di Francesco Barazzi è già nota agli storici dell’arte. Egli presentò regolarmente delle suppliche per ottenere il permesso d’e- sportare da Roma delle opere d’arte, specialmente negli anni sessanta del Settecento10. Nell’inventario della sua casa del 1786 sono segna-
lati “il ritratto del Re di Russia” e “una mezzo fi gura di gesso rap- presentante l’Imperatrice delle Russie”11. Egli ebbe anche relazioni
con alcuni viaggiatori russi a Roma e con Ivan Šuvalov. Quest’ultimo scrisse ad Aleksandr Saltykov, segretario dell’Accademia delle Belle Arti a Pietroburgo il 9 aprile 1771: “qui [a Roma] c’è un banchiere, assai ben conosciuto al conte Kirill Grigorievich Razumovskij e a me, François Barazzi, uomo operoso e buono, penso che sarà utile in futuro”12. Il
conte Kirill Razumovskij visitò Roma insieme al suo amico Šuvalov nella prima metà del 1766 e fu in rapporto con Barazzi. Proprio Barazzi ricevette l’autorizzazione all’esportazione dei quadri e delle sculture per Razumovskij, probabilmente anche per Šuvalov. Per esempio, il 1° maggio 1766 Barazzi ricevette l’autorizzazione all’esportazione dei quadri di Pompeo Batoni, “un ritratto di un Inglese e l’altro Ercole in mezzo il piacere la virtu’”13. La seconda opera senza dubbio corri-
sponde al dipinto di Batoni Ercole al bivio acquistato da Razumovskij a Roma (oggi all’Ermitage). Successivamente, il 13 dicembre 1769, lo stesso Barazzi ricevette l’autorizzazione per la statua di una sacerdo- tessa in marmo: “picciola statua rappresentante una sacerdotessa scolpita di scultore francese vivente la quale si stima scudi cento sessanta”14. È
molto probabile che questa statua coincida con la fi gura di sacerdo- tessa ordinata da Šuvalov e scolpita dal giovane Louis-Simon Boizot, che si trova adesso nel Museo-Tenuta “Pavlovsk” presso Pietroburgo15.
STORIA DI DUE VASI MONUMENTALI DEL TARDO SETTECENTO ROMANO 4 5
ritratto di Razumovskij eseguito da Pompeo Batoni (ora in collezione privata). Probabilmente si tratta di quest’opera in un documento del 22 settembre 1767, quando Barazzi ricevette il permesso d’esportazione di “un ritratto istoriato fatto da Pompeo Batoni”, insieme con due quadri attribuiti a Nicolas Poussin e una copia dell’Aurora di Guido Reni, ese- guita da Anton von Maron, al costo complessivo di mille scudi16.
Dunque i due vasi furono eseguiti a Roma all’inizio degli anni ottanta da un scultore, il cui nome sembra sconosciuto. A mio parere, il possibile autore dei vasi fu Lorenzo Cardelli (1733 circa-1794). Questo scultore non è molto studiato, perché ha lavorato prevalentemente per la scul- tura decorativa e si era specializzato nei camini e vasi. Šuvalov senza dubbio era in contatto con Cardelli e nel 1769 spedì a Pietroburgo due vasi acquistati da “Gardel e Grangiaquet Sculpteurs” (“Deux vases modernes de Marbre ornés des bas reliefs très bien copies d’après les antiques et leurs piédestaux”)17.
Un altro argomento per attribuire i vasi dell’Ermitage a Lorenzo Cardelli è rappresentato dall’informazione che lo scultore eseguì per il re di Polonia Stanislao Augusto (1785 circa-1786), una copia del vaso Medici a un prezzo comparabile con il prezzo dei vasi dell’Er- mitage. Purtroppo il vaso non esiste più, ma grazie alla collega polacca Katarzyna Mikocka-Rachubova abbiamo una descrizione assai detta- gliata nella lettera dell’architetto Jan Chrystian Kamsetzer spedita da Roma e indirizzata al pittore Marcello Bacciarelli (senza data esatta, probabilmente nel 1786):
La vase et la cheminée dont j’ajoute ici les dessins sont deux pièces que j’ai trouvé parmi autres d’une parfait exécution chez un sculpteur ici nommé Lorenzo Cardelli, et j’ai cru que l’une et l’autre meritoit être employé. La vase est une copie d’après une antique qui se trouvoit autre fois a Villa Medici et elle est d’un très beau marbre blanc assez joliment travaillé. Le bas-relief présente le Sacrifi ce d’Iphigénie: le piédestal est creux pour faciliter le transport […] Le prix de la vase est de 600 scudi et celui de la cheminée de 250 […]18.
Sembra possibile adesso proporre l’attribuzione dei due vasi a Lorenzo Cardelli, eseguiti probabilmente con la bottega.
La storia dei due vasi in Russia è simile alla storia della collezione impe- riale di scultura. Probabilmente i vasi furono commissionati da Šuvalov per la decorazione del palazzo imperiale. Caterina II preferì avere le opere di scultura nella sua residenza estiva di Zarskoe Selo nel padi- glione chiamato “la grotta”. Probabilmente i vasi furono collocati nella “grotta” insieme al Ragazzo accovacciato di Michelangelo, Voltaire assiso di Houdon e alle sculture antiche della collezione Lyde Browne. Dopo la morte di Caterina II, il fi glio Paolo I trasferì la maggior parte della col- lezione nella nuova residenza imperiale, il castello Mikhailovskij (di San Michele) a Pietroburgo. Per qualche tempo i vasi Medici e Borghese furono utilizzati per la decorazione della facciata del maniero. Quando
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Paolo I fu assassinato nella sua residenza, il castello Mikhailovskij fu abbandonato e le opere d’arte furono trasferite nel palazzo Tavricˇeskij (di Tauride), altro palazzo imperiale a Pietroburgo. Probabilmente nel 1839-1840 circa i due vasi cambiarono ancora una volta la loro col- locazione tornando al Palazzo d’Inverno, ricostruito dopo l’incendio del 1837. Ancora adesso i due vasi si trovano al piano terra dello stesso palazzo, accanto alla scala d’onore. La nostra ricerca sembra rendere possibile includere le due opere nel repertorio della scultura romana del tardo Settecento.
Esprimo la mia riconoscenza a Benedetta Sforza per il perfezionamento del testo italiano.
1 Canova alla corte degli zar. Capolavori dell’Ermitage di
San Pietroburgo, a cura di S. Androsov, F. Mazzocca, cata-
logo della mostra (Milano, Palazzo Reale), Federico Motta Editore, Milano 2008.
2 Vasa Medici, inv. 737. H. 174; Vasa Borghese, inv. 738. H. 174.
3 F. Haskell, N. Penny, Taste and the Antique. The Lure of
Classical Sculpture. 500-1900, Yale University Press, New
Haven-London 1981, n. 81-82.
4 Živopis’ i skul’ptura v Rime vo vtoroj polovine XVIII
veka (La pittura e la scultura a Roma nella seconda metà del XVIII secolo), a cura di S. Androsov, catalogo della mostra,
Izdatel’stvo Gosudarstvennogo Ermitaza (Edizioni dell’Ermitage), San Pietroburgo 2011, n. 75-76.
5 A. Bertolotti, Esportazione di oggetti di belle arti da
Roma nei secoli XVII e XVIII, in Archivio storico artistico archeologico e letterario della Città e provincia di Roma, Roma
1877, II, p. 293.
6 Roma, Archivio di Stato, camerale I, busta 696, f. 25 (anche camerale II, Antichità e Belle Arti, busta 12). Si veda S. Androsov, I.I. Šuvalov v Rime: priobrete-
nie proizvedenij iskusstva (I.I. Šuvalov a Roma: gli acqui- sti di opere d’arte), in Dalla Russia in Italia. Intellettuali e artisti a Roma (XVIII e XIX secolo), Edizioni Culturali
Internazionali, Salerno 2015, p. 295 (con la pubblica- zione dei documenti originali degli archivi di Roma e di San Pietroburgo). Stranamente i succitati documenti non sono utilizzati da A. Imbellone, L’arte moderna esce da
Roma: regesto delle licenze d’esportazione dal 1775 al 1870,
in Roma fuori di Roma. L’esportazione dell’arte moderna
da Pio VI all’unità. 1775-1870, a cura di G. Capitelli, S.
Grandesso, C. Mazzarelli, Campisano Editore, Roma 2012. pp. 627-726.
7 Oltre ad alcune pubblicazioni in lingua russa segna- liamo un articolo di A. Busiri Vici, L’erudito della corte
russa del Settecento Ivan Ivanovich Schuvaloff ed i suoi rapporti con Roma, in “L’Urbe”, 39, 1976, pp. 39-46.
8 Archivio Statale Storico Russo di San Pietroburgo (RGIA), fondo 602, busta 59, f. 146.
9 Ivi, f. 148.
10 I. Bignamini, C. Hornby, Digging and Dealing in
Eighteenth-century Rome, Yale University Press, New
Haven-London, 2010, pp. 231-234; P. Coen, Il mercato dei
quadri a Roma nel diciottesimo secolo, Olschki, Firenze 2011,
pp. 132-135, 626-666.
11 Coen, Il mercato dei quadri cit., p. 632.
12 Archivio Statale Storico Russo di San Pietroburgo, fondo 789, elenco 1, parte 1, busta 440, f. 8.
13 Roma, Archivio di Stato, camerale II, Antichità e belle arti, busta 11.
14 Ivi, busta 12.
15 Živopis’ i skul’ptura v Rime cit., n. 61.
16 Roma, Archivio di Stato, camerale II, Antichità e belle arti, busta 11.
17 Androsov, I.I. Šuvalov v Rime cit., p. 297.
18 K. Mikocka-Rachubova, Rzezba Wloska w Polsce okolo 1770-1839, Instytut Sztuki Polskiej Akademii
4 7
I
l 16 febbraio del 1811 Amedeo Lavy, erede della dinastia di artisti torinesi1, omaggiava Canova con l’invioper il tramite dell’avvocato Revelli2 di un medaglione con un suo
ritratto.
Le lettere dell’Epistolario canoviano aggiungono alcune informazioni rispetto alla segnalazione di Hugh Honour e consentono di chiarire i modi dell’esecuzione e l’ambiente tra Roma e Torino nel quale avviene l’esecuzione e l’omaggio a Canova3. Il medaglione con il ritratto del
grande scultore veneto, non sappiamo se fuso in bronzo o nella ver- sione in gesso4, conservato dal 1913 nelle raccolte di Palazzo Madama
(ill. 1)5, era stato, come racconta lo stesso Lavy nella sua Autobiografi a,
eseguito nel 1806 durante un soggiorno romano in occasione di una visita al grande scultore, presso il quale Amedeo Lavy aveva lavorato l’anno precedente6. Faceva parte di una serie di medaglioni realizzati
dallo scultore torinese, a partire dal 1793, originariamente in cera su fondo di lavagna, modelli che servivano per la duplicazione e il trasfe- rimento in metallo. I primi della serie raffi guravano Ignazio e Filippo Collino, i maestri torinesi del Lavy7. Alcuni anni dopo il medagli-
sta torinese avrebbe voluto realizzare un busto di Canova ma gli impegni lavorativi non ne avevano consentito l’esecuzione. Nel frattempo il grande scultore gli aveva trasmesso il suo apprezzamento per il tramite del torinese abate Richeri, un personaggio dei primi anni francesi a Torino, poeta giacobino, autore di un omaggio
post mortem a Canova8, e Lavy in risposta aveva
destinato al grande scultore il medaglione di alcuni anni prima. Canova vi è raffi gurato stem- piato con i capelli lunghi, molto simile, con capelli più corti e un profi lo meno allungato, al ritratto di Raff aello Morghen del 1805, in modi analoghi a quello dipinto da Lampi proprio tra il 1805 e il 1806, nel ritratto ora nella collezione Liechtenstein a Vienna, e non troppo dissimile da