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di emulazione nel ritrovato dipinto landiano

62 STEFANO GRANDESSO

L’ambientazione era fedele al dettato letterario. Il rapimento ordinato da Creonte, che intendeva ricondurre Edipo a Tebe poiché l’oracolo aveva predetto fortunato il suolo dove fosse stato sepolto, avveniva dunque nei pressi del tempio delle Eumenidi e del bosco sacro, con il sobborgo di Colono sullo sfondo. Nella rispondenza tra testo e pittura, secondo il principio dell’ut pictura poësis, Guattani riconosceva i versi del tragico nell’attitudine di Edipo, brancolante incerto per la cecità (ill. 3): “Figlia ove sei? o Figlia dammi la mano”, e in Ismene (ill. 4), che tenta invano di raggiungerlo, “per cui risponde la misera = non poss’io, sono con- dotta a forza: ond’egli allora = oh me infelice! Oh veramente infelice!” Le espressioni rivelavano la varietà dei sentimenti dettati dal soggetto:

l’indiff erenza nel soldato, l’avvilimento in Ismene, la disperazione in Antigona, la malizia in Creonte, ed in Edipo? Tutti i più vivi rammarichi di un uomo macerato dalle angustie, agitato dai rimorsi, esule, ramingo, e che per ultimo de’ suoi cordogli vedesi al punto di cedere, e dover suo malgrado giovare a quel nemico, che vorrebbe oppresso. Quante passioni? E pur tutte le mostra la sua faccia, la quale perciò viene meritamente giu- dicata un capo d’opera […].

Volendo aggiungere alcune osservazioni si può considerare che la com- posizione su tre piani – il principale con la disposizione classica delle fi gure a piramidare – si avvale delle luci secondarie che Landi intro- duceva secondo la lezione leonardesca. La profondità spaziale fi no al fondo indefi nito, secondo la prassi della prospettiva aerea, era dunque affi data al colore e al chiaroscuro attraverso modulati passaggi di toni, in grado di assecondare il movimento dei pan-

neggi e di suggerirne la consistenza fi no alla trasparenza e, negli incarnati, di distinguere il diverso carattere dei protagonisti.

Nonostante le citazioni non siano pedisse- que, le fi gure evocano l’antico (i gruppi di

Pasquino e del Galata che uccide la moglie e se stesso), i modelli del classicismo seicentesco

come La strage degli innocenti di Poussin – che proprio allora passava dai Giustiniani a Luciano Bonaparte e che Landi ammirava per “lo stile grande ed eccitante il terrore insieme e la compassione”, oltre che per le linee e l’economia compositiva – e i proto- tipi canoviani. Come nel dipinto di Bossi, la fi gura di Edipo ricorda il cieco Demodoco del rilievo della Danza dei fi gli di Alcinoo e la statua di vecchio del Monumento a Maria

Cristina d’Austria, mentre il gruppo centrale

si può riferire alla concitata scena del rilievo della Morte di Priamo.

3. Gaspare Landi,

Edipo a Colono,

particolare delle teste di Edipo e Creonte (foto Giulio Archinà per StudioPrimoPiano, Siderno)

4. Gaspare Landi,

Edipo a Colono,

particolare di Ismene (foto Giulio Archinà per StudioPrimoPiano, Siderno)

L’EDIPO A COLONO: GIUSEPPE BOSSI E GASPARE LANDI IN GARA 63

Pur nella chiave dell’emulazione dunque, i riferimenti canoviani e leo- nardeschi del dipinto di Bossi appaiono qui risolti in modo autonomo, soprattutto grazie a quella sensibilità nel tocco pittorico, che Landi chiamava “tatto” e assimilava alla sublime tecnica canoviana nella lavo- razione fi nale delle statue, la cosiddetta “ultima mano”. In una lettera di Landi, eloquente come dichiarazione di poetica, proprio Bossi era chia- mato in causa laddove giudicava questa qualità superfl ua per il pittore che possedesse tutte le altre, venendo prontamente corretto dall’amico e da Canova che la giudicavano invece essenziale14.

1 In S. Fermi, Alcune lettere inedite di Gaspare Landi, in “Bollettino Storico Piacentino”, a. I, fasc. 5, 1906, p. 203. 2 L. Scarabelli, Opuscoli artistici, morali, scientifi ci e lettera- rii, A. del Majno, Piacenza 1843, pp. 87, 117.

3 Sammlung O.E. Messinger, München. Antiquitäten,

Kunst und Einrichtungsgegenstä, Gobelins und Textilen, Ölgemälde alter Meister, Helbing, München 1916, n.

452; S. Grandesso, Gaspare Landi e la riforma del gusto

nella pittura storica, in La pittura di storia in Italia 1785- 1870. Ricerche, quesiti, proposte, a cura di G. Capitelli, C.

Mazzarelli, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008, pp. 21-22.

4 L’opera, di ragguardevoli dimensioni (260 × 356 cm), si trova in uno stato di conservazione compromesso. Estese lacune ad andamento orizzontale sono dovute forse a un’incauta operazione di arrotolamento della tela, in vista del trasporto o del deposito. Le cadute di colore sono risarcite da vecchi restauri che si estendono ben oltre le stuccature. Ma le parti originali conservano intatte le velature e le ultime fi niture sotto l’attuale vernice opaca e ingiallita. Sono grato a Giulio Archinà per le riprese fotografi che e alla famiglia Cioce per la disponibilità. Per la fortuna critica della pittura storica dell’autore cfr. S. Grandesso, La vicenda esemplare di un

pittore “neoclassico”: Gaspare Landi, Canova e l’ambiente eru- dito romano, in L. Barroero, S. Susinno (a cura di), La città degli artisti nell’età di Pio VI, in “Roma moderna e con-

temporanea”, a. X, 1-2, gennaio-agosto 2002, pp. 179- 203; Idem, Landi, Gaspare, in Dizionario Biografi co degli

Italiani, vol. 63, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma

2004, con bibliografi a precedente; Idem, Gaspare Landi

e la riforma cit., pp. 13-27; sull’artista cfr. anche Gaspare Landi, a cura di V. Sgarbi, catalogo della mostra (Piacenza,

Palazzo Galli), Skira Milano 2005.

5 G.G. De Rossi, Lettera contenente la descrizione di una

Pittura del Sig. Cav. Gaspare Landi. Estratta dal Magazzino di Letteratura, Scienze, Arti, Economia Politica e Commercio. Opera Periodica di Accademici Italiani. Al Chiarissimo Sig. Canonico Giacomo Sacchetti, Segretario dell’Accademia Italiana, Firenze 1805, p. 8.

6 In F. Arisi, La vita a Roma nelle lettere di Gaspare Landi (1781-1817), Banca di Piacenza, Piacenza 2004, p.

243. Testimonianza dell’ispirazione leonardesca in Landi è Scarabelli, Opuscoli artistici cit., p. 75.

7 G.G. De Rossi, Al Sig. Onofrio Boni Direttore delle

Fabbriche di S.M. il Re d’Etruria il Cavaliere G.D.R. Direttore della R. Accademia di Portogallo in Roma, s.n.t.

[1804]; anche in “Giornale de’ Letterati”, IX, Pisa 1804, pp. IX-X.

8 In Arisi, La vita a Roma cit., p. 247.

9 P. Giordani, Sopra un dipinto del cav. Landi e uno del cav. Camuccini, in Idem, Opere, IX, Borroni e Scotti,

Milano 1859, pp. 122-139.

10 In Arisi, La vita a Roma cit., pp. 236, 242.

11 Per questi riferimenti cfr. C. Nenci, Il tema di Edipo

in Giuseppe Bossi, in E. Lissoni, M. Bettini (a cura di), L’Edipo ritrovato, un capolavoro di Giuseppe Bossi nella villa comunale di Trezzo sull’Adda, Comune di Trezzo sull’Adda

2004, pp. 39-53.

12 Cfr. le lettere in Arisi, La vita a Roma cit., pp. 257, 273, 274, 275.

13 G.A. Guattani, Memorie enciclopediche romane sulle

belle arti, antichità, etc., Salomoni, Roma 1806-17, II

[1807], pp. 4-6.

14 Pubblicata in Scarabelli, Opuscoli artistici cit., p. 93; cfr. S. Grandesso, La vicenda esemplare cit., p. 198.

6 4

Alla grande edizione del Dante detta dell’Ancora fece [Luigi Ademollo] da Principio (cioè per l’Inferno) i disegni ed in seguito incise a contorno i rami fi no a tutto il Purgatorio, ma essendo chiamato alla pittura (sic!) del Salone di Lucca, gli Editori del Dante credettero che egli trascurasse il loro lavoro onde, promosse diffi coltà, gli lasciò liberi di provvedersi di altri. Così seguì dell’altra opera le Metamorfosi di Ovidio, che avanzato il lavoro alquanto in disegni nacque questione e fu troncato.1

C

osì il pittore raccontava il maggiore e non del tutto fortunato impegno editoriale della sua vita, la sontuosa edizione della commedia in folio (1817-1819)2 da lui illustrata per due

terzi; se non sappiamo come fosse stata accolta da Antonio Canova cui era stata dedicata, di certo non piacque né a un critico come Leopoldo Cicognara3 che preferiva lo stile troubadour delle incisioni paradisiache

del Nenci, né a uno studioso ed editore di Dante come Ugo Foscolo il quale annotava che proprio “le incisioni che la adornano non sono tutte di pari pregio, e tutte, a quanto io ne so, esagerate e alle volte volgari nell’espressione delle fi gure, e nella composizione de’ gruppi” 4.

Se la fi gurazione sublime e terribile fi n quasi alla brutalità delle bolge infernali è verosimile potesse urtare Foscolo, non è detto che, per con- tro, non facesse risuonare la corda più severa e sublime del genio di Possagno, anche se la lettera a lui inviata dall’Ademollo stesso il 4 marzo 1817 ha il percepibile sapore di una giustifi cazione: “non hanno avuto la confi denza che io da me incidessi tali contorni per servirsi di chi lo faccia con maggior precisione secondo il gusto presente, non so poi se avessero tutta la ragione”5. Non è diffi cile immaginare come il pittore

lombardo si sentisse tradito dal segno elegante e preciso ma ben più anodino di Giovanni Paolo Lasinio6, antitetico ai suoi modi incisori

caricati e vibranti, a tratti approssimativi e disordinati, quasi antigraziosi ma sempre molto espressivi ed effi cacissimi a tradurre la drammaturgia della narrazione.

In questi anni ormai il gusto virava verso un purismo che aprirà a brevissimo alla pittura romantica, facendo sembrare inesorabilmente sorpassato il manuale di mitologia e di storia antica di Ademollo il